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L’esercizio delle competenze dell’Unione europea nella cooperazione in materia penale ed il principio di sussidiarietà

3.1. Il principio di sussidiarietà e la riforma di Lisbona: aspetti introduttivi

Il Trattato di Lisbona, oltre a dare nuova linfa al principio di attribuzione, ha evidenziato la rilevanza dei princìpi che presidiano l’esercizio delle compe- tenze dell’Unione, con particolare riferimento per il principio di sussidiarietà477. Consacrata all’art. 5, par. 3, TUE, la necessità di un prudente bilanciamento fra tendenza all’accentramento decisionale e coinvolgimento attivo dei singoli

 

474 Sentenza 30 maggio 2013, causa C-168/13 PPU, Jeremy F. non ancòra pubblicata. F.-

X.MILLET, How much lenience for how much cooperation? On the first preliminary reference of the french constitutional council to the Court of Justice, in Common Market Law Review, 2014, p. 195.

475 Cfr. H.LABAYLE,R.MEHDI, Le droit au juge et le mandat d'arrêt européen: lectures

convergentes de la Cour de justice de l'Union européenne et du Conseil constitutionnel, in Revue française de droit administratif, 2013, p. 691.

476

V. i punti 53 e seguenti della sentenza.

477 Per un’analisi esaustiva della riforma del sistema delle competenze apportata dal Trat-

tato di Lisbona, dall’angolo di visuale del principio di sussidiarietà, v. O.PORCHIA, Sussidiarie- tà attraverso il riordino delle competenze?, in Studi sull’integrazione europea, 2010, p. 631.

Stati membri è infatti «endemica» in tutte le politiche europee non esclusive, che interessino dunque più livelli di governo478.

Il principio è di fatto enucleato anche all’art. 1 TUE, a mente del quale, nel contesto dell’Unione, le decisioni devono essere prese al livello più pros- simo possibile al cittadino479. In quest’ultima accezione di regola sistematica che impone la tendenziale prossimità ai governati delle scelte regolatorie, il principio in esame si connota per una inevitabile carica politica e per un certo grado di indeterminatezza, tutti fattori che hanno spesso attratto considera- zioni fortemente critiche in dottrina480. A più riprese è stato infatti evidenziato come la vaghezza della nozione di sussidiarietà imponga di relegare l’istituto ad un piano prettamente atecnico481, o, quanto meno, di considerarlo un pro- filo secondario ed ancillare rispetto al principio di proporzionalità482 ed alle ulteriori regole che strutturano il sistema delle competenze.

 

478 La definizione è stata fornita da P.C

RAIG, Subsidiarity: a political and legal analysis, in

Journal of Common Market Studies, 2012, p. 73.

479 Questa indicazione coglie nella sostanza la portata del principio, con consapevole sem-

plificazione. Cfr. M.MACCORMICK, Questioning Sovereignty, Oxford, 1999, p. 135: «The doc- trine of subsidiarity requires decisionmaking to be distributed to the most appropriate level. In that context, the best democracy – and the best interpretation of popular sovereignty – is one that insists on levels of democracy appropriate to levels of decision-making»In dottrina, taluni evi- denziano la maggiore complessità della sussidiarietà rispetto al principio di prossimità, consi- derato concettualmente complementare, ma distinto: cfr. U.DRAETTA, Le competenze dell’U- nione europea nel Trattato di Lisbona, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 2008, p. 245.

480

È stato evidenziato come il principio in esame sia «one of the most debated, analyzed, criticized, despised and, in very few cases, loved concepts of EU law». Cfr. A.BIONDI, Subsidiari-

ty in the Courtroom, in A.BIONDI,P.EECKOUT,S.RIPLEY (a cura di), EU law after Lisbon, Oxford, 2012, p. 211. Per un sguardo complessivo sulle criticità sollevate dalla sussidiarietà v. A.ESTELLA, The EU principle of subsidiarity and its critique, Oxford, 2002.

481 D.W

YATT, Subsidiarity. Is it too vague to be effective as a legal principle?, in K.NICO- LAIDIS,S.WEATHERILL (a cura di), Whose Europe? National models and the Constitution of the European Union, European Studies at Oxford, 2003, p. 86, e dottrina ivi citata. Il testo è reperibile altresì all’indirizzo http://www.law.ox.ac.uk/themes/iecl/pdfs/whoseeurope.pdf (2 aprile 2014). Ritiene il principio intrinsecamente politico, ma non per questo privo di implica- zioni giuridiche, B.BERTRAND, Un principe politique saisi par le droit. La justiciabilité du prin- cipe de subsidiarité en droit de l’Union européenne, in Revue trimestrielle du droit européen, 2012, p. 329.

482 G.B

ERMANN, Proportionality and Subsidiarity, in C.BARNARD,J.SCOTT (a cura di),

The law of the single European market, Oxford, 2002, p. 75, per il quale «this chapter is con- cerned with proportionality ad very subsidiarily about subsidiarity». Cfr. altresì G.DAVIES, Sub- sidiarity: the wrong idea, in the wrong place, at the wrong time, in Common Market Law Revi- ew, 2006, p. 63: per l’autore il principio di sussidiarietà è radicalmente mal fondato e ben po- trebbe essere fuso nel principio di proporzionalità. Da ultimo, secondo altra parte della dottrina il principio di sussidiarietà dovrebbe essere meglio qualificato come «federal propor- tionality»: cfr. R.SCHÜTZE, Subsidiarity after Lisbon: reinforcing the safeguards of federalism?, cit., p. 525.

Di conseguenza, sin dalla sua codificazione e dalla successiva introduzio- ne, con il Trattato di Amsterdam, di un Protocollo che disciplinava procedure e meccanismi istituzionali per la verifica del suo rispetto483, la sussidiarietà ha costituito nell’opinione di molti un oggetto concettualmente misterioso e pressoché futile nella prassi delle istituzioni europee484. Da quest’ultimo pun- to di vista, in particolare, la denunciata vaghezza ha imposto alle istituzioni europee, Corte di giustizia dell’Unione europea in testa, di maneggiare con cura il principio, spesso con esiti ritenuti non soddisfacenti rispetto alla ratio ad esso sottesa485.

Queste criticità hanno fortemente influito sull’impostazione della riforma del sistema delle competenze in occasione del Trattato di Lisbona, i cui redat- tori hanno inteso rafforzare la portata del principio, sia sotto il profilo della portata politica, sia per quanto riguarda gli strumenti ed i rimedi posti a ga- ranzia della sua corretta applicazione. L’accelerazione impressa appare in special modo evidente nel campo della cooperazione penale, nel quale la deli- catezza delle scelte sulla repressione dei fenomeni criminosi ha determinato più che altrove il sostanziale svuotamento del contenutotecnico-giuridico del principio, in favore dei suoi connotati politici.

 

483 Il protocollo in questione ha consentito di cristallizzare un accordo interistituzionale

sul rispetto del principio di sussidiarietà del 1993 e le linee guida sulla portata del principio approvate dal Consiglio europeo di Edimburgo del 1992. Per approfondimenti v. G. DE BUR- CA, Reappraising subsidiarity’s significante after Amsterdam, Jean Monnet Working Paper 7/1999, reperibile all’indirizzo internet http://www.jeanmonnetprogram.org/archive/papers/ 99/990701. html (14 ottobre 2014).

484 In dottrina, è stato evidenziato come il principio in questione alimentasse il dibattito

sui confini delle competenze UE, invece di contribuire a risolverlo: S.WEATHERILL, Better competence monitoring, in European Law Review, 2005, p. 23. Altri hanno sottolineato come di fatto l’ambiguità del concetto in esame consentisse di utilizzare la sussidiarietà sia per estendere le attribuzioni UE che per circoscriverle. V. in questo senso R.DEHOUSSE, The Eu-

ropean Court of Justice, Londra, 1998, p. 1861. In realtà, analoga opinione era stata espressa dalla Commissione, nella comunicazione COM(1993) 545 def., in séguito all’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, quando le aspettative sulle potenzialità operative del principio era- no accentuate: «Far from having the effect of freezing Community action, the dynamic of the subsidiarity principle should make it possible to expand it if required, or limit or even abandon it when action at Community level is no longer warranted».

485

Sono emblematiche a questo proposito le conclusioni dell’avvocato generale Geelhoed alla causa BAT, nelle quali veniva suggerito alla Corte che «La questione inerente alla sussidia- rietà mi sembra di facile soluzione […] la Corte può constatare senza una motivazione troppo estesa che il relativo principio non è stato violato»: cfr le conclusioni del 10 settembre 2002, causa C-491/01, BAT e Imperial Tobacco, in Racc. p. I-11543, punto 285. Al contrario, è inte- ressante rilevare come la Corte costituzionale tedesca, sin dal 1992, in occasione della sua nota sentenza sul Trattato di Maastricht, si sia dimostrata piuttosto ottimista circa l’evoluzione del principio di sussidiarietà nell’ordinamento UE e la sua importanza per la tutela delle identità nazionali e la conservazione dei settori di competenza degli Stati: v. la sentenza 12 ottobre 1993, BverfGE89, par. 255.

A conferma di ciò, vi è chi in dottrina, nel recente passato, ha sollevato l’interrogativo circa l’effettiva esistenza ed operatività del principio nel terzo pilastro486. La sua importanza secondaria nella cooperazione in materia penale era in effetti desumibile dalla originaria e frequente carenza di riferimenti ad esso nelle proposte di decisione quadro, così come, specularmente, dai docu- menti della Commissione sull’applicazione dei princìpi di proporzionalità e sussidiarietà, che non facevano menzione alcuna della loro incidenza nel con- testo del terzo pilastro487.

3.2. Principio di sussidiarietà e cooperazione penale all’esito della riforma del Trattati: fra limiti all’esercizio delle competenze dell’Unione e ricorso al di- ritto penale quale ultima ratio

La descritta originaria “accezione debole” del principio di sussidiarietà nella materia penale trovava in via principale spiegazione nella natura dell’istituto e nei meccanismi istituzionali attraverso i quali si esprimeva la cooperazione fra Stati membri nel quadro intergovernativo, fortemente anco- rato alla manifestazione di volontà degli Stati membri488.

Grazie all’eliminazione della ripartizione in pilastri, la riforma del Trattato di Lisbona segna dunque un significativo cambiamento di prospettiva, che consegue alla comunitarizzazione della materia ed alla definizione di ambizio- si obiettivi di politica criminale sovranazionale. A conferma della volontà di riconoscere crescenti spazi operativi all’istituto in esame, l’art. 69 TFUE, tra le disposizioni generali in tema di spazio di libertà, sicurezza e giustizia, reite- ra per il solo Titolo V la necessità che le proposte di atto legislativo siano re- datte in ossequio al principio di sussidiarietà, sul quale potranno esercitare un puntuale controllo i parlamenti nazionali489. In ossequio a questa rinnovata  

486 Cfr. E.H

ERLIN-KARNELL, Subsidiarity in the Area of EU justice and home affairs law. A

lost cause?, in European Law Journal, 2009, p. 351. L’autrice evidenzia in particolare l’esi- stenza di un frattura tra il dato positivo del Trattato, caratterizzato da richiami al principio ne- gli allora artt. 1, 2 e 5 TUE, e la prassi, che evidenzia la sua natura anonima ed impalpabile. Un’efficace descrizione del problema è fornita in S. WEATHERILL, Competence creep and com- petence control, cit., p. 23, secondo cui «subsidiarity appears to serve as an ineffective antidote to the toxin of the insufficiently restrained or, at least, questioned centralisation».

487

V. ad es. La comunicazione Legiferare meglio, COM(2007) 286 def. del 6 giugno 2007. V. sul punto i rilievi sollevati dallo European Union House of Lords Committee, Strengthen- ing National parliamentary scrutiny of the EU: the Constitution’s subsidiarity early warning mechanism, Report n. 14, Session 2004-2005, in http://www.publications.parliament.uk/ pa/ld200405/ldselect/ldeucom/101/101.pdf (7 aprile 2014).

488 Ricollega questa «much softer form of cooperation» allo statuto del principio di sussidia-

rietà G. DE BURCA, Reappraising Subsidiarity’s significance, cit.

489 Occorre altresì rammentare l’insistenza del Trattato sulla tutela degli elementi essenzia-

li degli ordinamenti interni e sulla conservazione, da parte delle autorità nazionali, delle re- sponsabilità riguardanti la tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza interna.

attenzione, anche le istituzioni dell’Unione – segnatamente il Consiglio, il Par- lamento europeo e la Commissione – nei loro documenti sulla futura politica penale dell’Unione hanno operato un rimando al principio, sottolineandone la rilevanza490.

Allo stesso tempo, però, esse si sono soffermate su un piano strettamente dichiarativo, senza tentare di definire con maggiore precisione il contenuto e la portata del principio o i criteri di valutazione utili a garantirne il rispetto. A fronte dunque del sensibile incremento delle competenze europee in materia penale e della definizione di obiettivi di sempre maggiore respiro e lungimi- ranza, si ripropone il problema della denunciata incertezza concettuale dell’istituto, che in questo campo appare anzi ulteriormente accentuata dalle caratteristiche della politica in esame.

Operando uno sforzo di astrazione sistematica, la riscoperta centralità del- la sussidiarietà nel riformato contesto primario comporta per la cooperazione penale due principali implicazioni: da un lato, la volontà di limitare l’incisività e l’estensione dell’azione normativa dell’UE; dall’altro lato, l’affermazione an- che in sede europea di un principio radicato negli ordinamenti nazionali, in forza del quale la repressione per mezzo del diritto penale costituisce l’extrema ratio, alla quale fare ricorso solo ove soluzioni di minore incisività si dimostrino inefficaci491.

Nel primo senso, il potenziamento della sussidiarietà diviene anche nella cooperazione penale un elemento ineludibile di garanzia per gli Stati membri e sollecita un approfondito scrutinio su entrambi i parametri valutativi sottesi al principio: la sufficienza dell’azione statale e, contestualmente, la migliore efficacia dell’intervento legislativo UE492.

Il secondo profilo orienta invece il principio di effettività del diritto UE, ad esempio espresso all’art. 83, par. 2, TFUE, indirizzandolo ad una tenden- ziale preferenza per scelte regolatorie che non implichino l’adozione di norme  

490

Sui documenti in questione v. infra, nel presente Capitolo, par. 6.2.

491 La dottrina evidenzia peraltro come, nella prassi quotidiana, le esigenze dell’attività po-

litica portino a considerare utile ed opportuno il ricorso frequente ad opzioni di criminalizza- zione, non di rado connesso a situazioni di carattere emergenziale o all’asserita volontà di im- porre “giri di vite” a fenomeni di particolare rilevanza agli occhi della collettività: v. in questo senso M.DONINI, Il diritto penale di fronte al nemico, in Cassazione penale, 2006, p. 772.

492

Per riprendere una formula suggerita in dottrina, il principio di sussidiarietà costitui- rebbe «one way of preserving the political functions of national borders in criminal law». Cfr. P.

DE HERT, Division of Competences between national and European levels with regards to Justice and Home Affairs, in J. AAP (a cura di), EU Justice and Home Affairs, Amsterdam, 2004, p. 156. A monte, è stato osservato come anche la più netta classificazione delle competenze, uni- tamente alla creazione della categoria di attribuzioni cd. del terzo tipo, costituisca un’espres- sione di sussidiarietà “all’origine”, rilevante peraltro anche nella materia penale, se si conside- ra l’articolazione e complessità interna della basi giuridiche previste dai Trattati e poc’anzi de- scritte. V. in questo senso V.CONSTANTINESCO, Les compétences et le principe de subsidiarité, in Revue trimestrielle de droit de l’Union européenne, 2005, p. 305.

penali493. Da questo punto di vista occorre ricordare come proprio l’efficienza – usualmente tradotta in termini di costi e benefìci economici e di coerenza ed effettività dell’ordinamento UE – abbia tradizionalmente costituito il princi- pale criterio del giudizio comparativo operato dalla Commissione europea in materia, spesso capace di orientare l’esito di tale valutazione in favore del ri- conoscimento di competenza in capo al legislatore europeo. Allo stesso modo, come si avrà modo di considerare, il sindacato giurisdizionale sul rispetto del- la sussidiarietà è stato spesso relegato ad eccezionali ipotesi di errore manife- sto o sviamento di potere, così temperando in maniera sensibile la portata del principio.

Sorge dunque l’esigenza di verificare se la tradizionale declinazione del principio di sussidiarietà ed i criteri sinora avvalorati in sede politica e giuri- sprudenziale per sindacarne il rispetto ben si attaglino alla cooperazione in materia penale, alla luce della rinnovata disciplina dei Trattati. Se infatti le norme rilevanti suggeriscono una crescente valorizzazione del principio, la prassi futura risulterà decisiva per confermare questa tendenza o per smor- zarne i toni.

A questo riguardo, si intende in primo luogo focalizzare l’analisi sulle due principali forme di valutazione dell’esercizio delle competenze non esclusive dell’Unione: il controllo politico ex ante definito dal Protocollo n. 2 allegato ai Trattati ed il sindacato giurisdizionale ex post ad opera della Corte di giu- stizia. In secondo luogo, verranno proposte alcune riflessioni sulla specificità del contenuto e dei parametri di valutazione della sussidiarietà nel contesto della cooperazione in materia penale.

3.3. Il controllo politico ex ante sul rispetto del principio di sussidiarietà 3.3.1. Profili istituzionali e prime evidenze applicative

Il Protocollo n. 2 sull’applicazione dei princìpi di proporzionalità e sussi- diarietà fissa le procedure per la supervisione da parte delle autorità nazionali – segnatamente i parlamenti – sull’esercizio delle competenze dell’Unione eu- ropea494. Esso delinea un controllo di carattere politico e preventivo, che  

493 È interessante rilevare come la Commissione, nella relazione sulla sussidiarietà e la pro-

porzionalità pubblicata con la comunicazione COM(2010) 547 def., abbia evidenziato come la cooperazione in materia penale si focalizzerà essenzialmente sugli strumenti volti all’af- fermazione del reciproco riconoscimento. Al contrario, l’adozione di norme minime comuni di diritto penale sostanziale verrà tendenzialmente circoscritta ad alcuni settori specifici. Peral- tro, il documento appare stridere con le indicazioni pervenute dalla stessa istituzione in ordine ai futuri sviluppi della politica penale UE, sulla quale v. infra, par. 6.2.

494

Il Protocollo in esame coglie anzitutto l’eredità dell’accordo interistituzionale tra Par- lamento europeo, Commissione e Consiglio del 25-26 ottobre 1993 e del documento approva- to dal Consiglio europeo di Edimburgo del 12 dicembre 1992 sull’impostazione generale dell’applicazione da parte del Consiglio del principio di sussidiarietà e dell’art. 3B del Trattato

dunque interviene nel corso dell’iter decisionale, anticipando la formale ado- zione dell’atto legislativo e la sua entrata in vigore495.

La prima forma di vigilanza è disciplinata dall’art. 2, ai sensi del quale la Commissione, ogniqualvolta intenda formulare una proposta di atto legislati- vo496, è chiamata a procedere ad ampie consultazioni, che le consentano di te- nere conto della dimensione regionale e locale dell’azione intrapresa. Quest’obbligo ha portata generale e può essere derogato solo ove sussistano comprovate esigenze di urgenza, che devono essere espressamente indicate nelle motivazioni a sostegno dell’iniziativa normativa497.

L’adempimento inaugurale della procedura è l’invio di ogni progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali498. Questa operazione anticipa l’avvio  

sull’Unione europea. Con la riforma di Amsterdam è stata inoltre inaugurata una disciplina ad hoc in un apposito Protocollo, che ha costituito la base per la proposta di riforma in occasione del Trattato costituzionale e l’incisiva revisione portata a termine col Trattato di Lisbona. In dottrina v., per una presentazione esaustiva dell’evoluzione del principio e della disciplina ad esso correlata, F.DELPERÉE, Le principe de subsidiarité, Bruxelles, 2002. Con riferimento alla Costituzione europea v. L.M.HINOJOSA MARTINEZ, La regulaciòn del principio de subsidiarie- dad en el Tratado Constitucional: espejismos y realidades, in Revista de Derecho Comunitario y Europeo, 2004, p. 787. Il tema della sussidiarietà, nell’àmbito dei lavori della Convenzione sul futuro dell’Unione, era stato oggetto di un gruppo di lavori ad hoc, il Gruppo I, i cui lavori possono essere consultati in A.TIZZANO (a cura di), Una Costituzione per l’Europa, Bologna,

2004. Il Protocollo in esame è oggetto di espressa citazione all’odierno art. 5, par. 3, TUE.

495 Anche il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa recava allegato un Proto-

collo dedicato ai princìpi di sussidiarietà e proporzionalità. In quel contesto veniva parimenti attribuito un centrale ruolo di vigilanza ai parlamenti nazionali. Cfr. N.W.BARBER, Subsidiari-

ty in the draft Constitution, in European Public Law, 2005, p. 197. In termini generali, sull’at- tuale Protocollo n. 2, v., fra gli altri, P.KIJVER, The Treaty of Lisbon: the national parliaments

and the principle of subsidiarity, in Maastricht Journal of European and Comparative Law, 2008, p. 77; M.GENNERT, Les parlements nationaux dans le Traité de Lisbonne: évolution ou révolu- tion?, in Cahiers de droit européen, 2010, p. 46; O.PORCHIA, Le competenze dell’Unione, il Protocollo sul principio di sussidiarietà ed il potenziamento del ruolo delle assemblee legislative, Universitat de Barcelona, Institut de Dret Public, Working paper 2/2011.

496 Occorre puntualizzare come, da questa prospettiva, il Protocollo n. 2 abbia un àmbito

di applicazione più circoscritto rispetto al principio di sussidiarietà: se il primo è limitato ai soli atti legislativi ed alle proposte ex art. 352 TFUE, analoga previsione non caratterizza inve- ce il principio nel suo complesso, che la giurisprudenza ha tradizionalmente applicato anche ad esempio agli atti esecutivi: cfr. la sentenza del Tribunale del 7 novembre 2007, causa T- 374/04, Germania c. Commissione, in Racc. p. II-4431. Il Protocollo, pertanto, come sottoli- neato in dottrina, non trova applicazione in relazione alle categorie di atti più corpose: O. PORCHIA, Le competenze dell’Unione, cit., p. 17.

497 L’art. 1, invece, esordisce con una clausola di portata generale, precisando che ogni

istituzione è chiamata a svolgere, per quanto le compete, il controllo sul rispetto del principio