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Le esigenze di chiarezza, semplificazione e trasparenza del sistema delle competenze sottese alla riforma di Lisbona: la centralità del principio d

attribuzione e le ricadute sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale

Il Trattato di Lisbona ha innovato in misura significativa la disciplina delle competenze dell’Unione europea. Le riforme in materia hanno la loro origine nella volontà, espressa manifestamente e con puntualità sin dalla Dichiarazio- ne di Laeken sul futuro dell’Unione126, di pervenire ad una migliore e più chiara individuazione delle competenze dell’Unione.

Appariva infatti necessario compiere un esercizio di semplificazione e tra- sparenza, in un contesto che a più riprese aveva generato dubbi interpretativi e problematiche applicative. In effetti, a dispetto della visione ottimistica talo- ra propugnata in dottrina127, l’approccio funzionalista del processo di integra- zione, unitamente all’assenza di clausole generali e di una precisa lista di at- tribuzioni accordate all’Unione128, avevano determinato diffusi timori di scon-  

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La Dichiarazione, adottata il 15 dicembre 2001 dal Consiglio europeo riunitosi a Lae- ken, ha segnato l’avvio della stagione di riforme costituzionali dell’Unione, aprendo la strada alle riflessioni politiche per la redazione del Trattato costituzionale. Nell’ottica di questo am- bizioso progetto di riforme istituzionali, il Consiglio europeo intendeva indicare i passi da compiere per improntare il processo di integrazione europea ad una crescente attenzione per la democrazia, la trasparenza e l’efficacia dell’azione UE. Erano in particolar modo enumerati sessanta nodi problematici, il confronto sui quali era demandato alla Convenzione sul futuro dell’Unione, convocata proprio attraverso la Dichiarazione in esame. Fra le priorità elencate, specifico risalto era accordato proprio alla revisione del sistema delle competenze europee, nell’àmbito di un generale tentativo di semplificare il panorama normativo dei Trattati. Veniva in particolare evocata una «migliore definizione e ripartizione delle competenze nell’Unione europea», in uno con la «semplificazione degli strumenti dell’Unione». Per approfondimenti sul contenuto della Dichiarazione, in generale, v. A.PACE, La Dichiarazione di Laeken e il pro- cesso costituente europeo, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 2001, p. 613. Sull’avvio delle riflessioni politiche ed istituzionali verso il processo costituente v. G.MILTON,J.KELLER- NOËLLET, The immediate origins of the European Constitution: from Nice to Laeken, in G.

AMATO,H. BRIBOSIA.B. DE WITTE (a cura di), Genèse et destinée de la Constitution euro- péenne. Commentaire du Traiteé Ètablissant une Constitution pour l'Europe à la lumière des travaux préparatoires et perspectives d’avenir, Bruxelles, 2007, p. 26.

127 V. ad esempio il paragone offerto da alcuni autori, ormai più di vent’anni fa, tra il si-

stema europeo e quello americano, alla luce del quale il primo sarebbe risultato «unmistakably a clear, logical structure with fewer inconcistencies and gaps than its American counterpart». V. S.KRISLOV,C.D.EHLERMANN,J.H.H.WEILER, The political organs and the decision-making process in the United States and the European Community, in M.CAPPELLETTI,M.SOCCOMBE, J.H.H.WEILER (a cura di), Integration through law: Europe and the American federal experi- ence, Berlino-New York, 1986, p. 17.

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Sin dal Trattato di Roma, in effetti, in luogo di una indicazione puntuale delle materie attribuite all’Unione si era optato per un approccio che potremmo definire orizzontale, me- diante una tecnica normativa che prevedeva per ciascuna area di intervento delle istituzioni europee una base giuridica ad hoc idonea a definire l’estensione delle competenze, gli stru-

finamento nelle sfere di intervento statale, unitamente ad incertezze operative non di rado risolte in via contenziosa129. Secondo molti autori, invero, il pro- blema di fondo riposava nella stratificazione successiva di molteplici testi, cia- scuno dei quali espressione di una faticosa limatura fra differenti sensibilità e priorità politiche. L’esigenza di pervenire a più riprese a compromessi, so- prattutto a decorrere dall’Atto unico europeo, così come la necessità – conte- stuale ed ineludibile – di approfondire vieppiù il cammino di integrazione eu- ropea avevano condotto ad un sostanziale snaturamento del «clear, sober and

precise wording» dei Trattati di Roma130, in favore di una «mobile nature» del-  

menti giuridici e normativi a disposizione del legislatore e le procedure da rispettare. Questa impostazione rifletteva l’approccio funzionalista, orientato al riconoscimento all’Unione dei poteri necessari a perseguire gli scopi previsti dal Trattato. Competenze, strumenti e procedu- re costituivano – e tutt’oggi esprimono – i parametri di riferimento per quantificare l’ampiezza dei poteri conferiti alle istituzioni europee per il conseguimento di tali fini. V. in questo senso R.SCHÜTZE, The European Community’s federal order of competences. A retrospective analysis,

in M.DOUGAN,S.CURRIE (a cura di), 50 years of the European Treaties. Looking back and thinking forward, Oxford – Portland, 2009, p. 63. L’autore in particolare ricorre alla nozione di competenza come una sottocategoria del concetto di potere giuridico, riproponendo il di- battito dottrinale sorto sul punto e derivante dalla mancata definizione, nel testo dei Trattati, delle due espressioni in questione. Per una differente accezione, incentrata su una relazione dialettica fra le due nozioni, v. V.CONSTANTINESCO, Compétences et pouvoirs dans les Com-

munautées européennes. Contribution à l’étude de la nature juridique des Communautées euro- péennes, Parigi, 1974. L’autore propone una duplice visione del potere: in senso istituzionale, come organo chiamato all’esercizio delle competenze attribuite alla Comunità; in senso mate- riale, quale espressione fattiva delle prerogative connesse al riconoscimento di competenza. Sulle questioni terminologiche v. altresì G. DE BURCA,B. DE WITTE, The delimitation of pow- ers between the European Union and its member States, in A.ARNULL,D.WINCOTT (a cura

di), Legitimacy and accountability in the European Union after Nice, Oxford, 2002, p. 201. An- che il Trattato di Lisbona omette di fornire una definizione del concetto di competenza, anche se, a fortiori alla luce delle innovazioni in vigore dal 2009, può forse essere ritenuta una sem- plice sintesi del concetto di settore o materia nei quali l’Unione, a seconda dei casi, è legittima- ta o, più raramente, come nel caso dell’adesione alla CEDU ex art. 6, par. 2, TUE, investita del còmpito di adottare atti giuridici.

129 Si è registrata, nel tempo, un’attenta opera di “protezione dei confini” da parte della

Corte di giustizia, che, come si avrà modo di considerare, ha in molte occasioni vigilato sul ri- spetto del principio di attribuzione e sul corretto utilizzo delle basi giuridiche consacrate nel Trattato. V. ad es. le sentenze sulle controversie interpilastro del 12 maggio 1998, causa C- 170/96, Commissione c. Consiglio, in Racc. p. I-2763; 13 settembre 2005, causa C-176/03, Commissione c. Consiglio, in Racc. p. I-7879; 23 ottobre 2007, causa C-440/05, Commissione c. Consiglio, in Racc. p. I-9097, sulle quali si tornerà più diffusamente nel prosieguo dell’analisi. V. altresì, con riferimento alla clausola di flessibilità, il parere 28 marzo 1996, n. 2/94, in Racc. p. I-1759, riguardante la proposta di accordo di adesione della Comunità alla CEDU, nel qua- le la Corte ha precisato che l’allora art. 308 TCE non poteva costituire la base per ampliare i poteri conferiti dal Trattato.

130 V. in questo senso P.P

ESCATORE, Some critical remarks on the Single European Act, in

Common Market Law Review, 1987, p. 15. Riflessioni parimenti critiche sono state successi- vamente proposte in relazione alle ulteriori riforme dei Trattati. Si segnala per efficacia espres-

le attribuzioni dell’Unione e della loro netta delimitazione rispetto alle sfere di intervento nazionali131. Tra le pieghe di un contesto normativo capace di mar- gini di flessibilità, si erano inseriti l’azione propulsiva delle istituzioni euro- pee132 e, soprattutto, come è stato osservato in dottrina, il ruolo proattivo del- la Corte di giustizia, considerata «engine of the competence creep»133.

Per queste ragioni, a fronte delle molteplici sollecitazioni e proposte di ri- considerazione della materia134, gli Stati membri hanno valorizzato l’occasione  

siva, ad esempio, l’immagine dell’Europa «of bits and pieces» risultante dai Trattati di Maastri- cht, considerati un momento di rottura dell’ordine costituzionale sino ad allora mantenuto. V. D.CURTIN, The constitutional structure of the Union: a Europe of bits and pieces, in Common

Market Law Review, 1993, p. 17. Con riferimento al Trattato di Amsterdam, inoltre, S. Wea- therill ha denunciato la «accumulation of texts, breeding ever deepening intrasparency», mentre P. Pescatore, rispetto alla riforma di Nizza, ha giudicato il nuovo disposto primario «a patch- work of incoherent additions to the provisions of the EU and EC Treaties». V. Rispettivamente S.WEATHERILL, Flexibility and fragmentation: trends in European integration, in J.USHER (a cura di), The state of the European Union, Londra, 2000, p. 18; P.PESCATORE, Nice: the after-

math. Guest editorial, in Common Market Law Review, 2001, p. 265. Nella dottrina italiana, con particolare attenzione per il contributo della giurisprudenza v. A.TIZZANO, Lo sviluppo delle competenze materiali delle Comunità europee, in Rivista di diritto europeo, 1981, p. 139.

131 Così A.T

IZZANO, Powers of the Community, in European Commission Official Publi-

cations, Thirty years of Community law, Bruxelles, 1981,p.43.

132 La Commissione, in particolare, ha sempre orientato il proprio approccio al sistema

delle competenze ad un risoluto favor integrationis, esemplificato dalla altrettanto ferma con- trarietà all’introduzione, nel testo del Trattato, di espressi cataloghi di competenze dell’U- nione. Simile eventualità, infatti, era ritenuta dannosa per la preservazione di margini di flessi- bilità del sistema, utili ad assicurare maggiore una libertà di evoluzione del processo di inte- grazione. In questo senso v. ad esempio la posizione espressa sul punto dalla Commissione in occasione dei lavori della Convenzione sull’avvenire dell’Europa e, in particolare il documento di M.PONZANO, Un schéma pour conjuguer clarté et flexibilité dans le système des compétences de l’Union européenne, Working Group V, Working Document n. 26 del 24 settembre 2002.

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In questi termini B.GUASTAFERRO, The European Union as a Staatenverbund? The en- dorsement of the principle of conferral in the Treaty of Lisbon, in M.TRYBUS,L.RUBINI (a cura

di), The Treaty of Lisbon and the future of European law and policy, Cheltenham, 2012, p. 118.

134 Cfr. ad es. A.

VON BOGDANDY,J.BAST, I poteri dell’Unione: una questione di competen-

za. L’ordine verticale delle competenze e proposte per la sua riforma, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2002, p. 303. Gli autori, sulla scorta delle criticità sollevate dal sistema successivo al Trattato di Nizza, proponevano ad esempio l’inserimento di una nuova categoria di competenze, cd. competenze-quadro, rispetto alle quali l’Unione avrebbe dovuto limitarsi a definire i princìpi direttivi, lasciando la normazione di dettaglio agli Stati. Gli autori riprende- vano inoltre, pur criticandole, alcune proposte formulate dai Länder tedeschi, come la previ- sione di un meccanismo di coordinamento partecipato per l’attivazione della clausola di flessi- bilità di cui all’art. 308 TCE, oggi 352 TFUE. Veniva altresì sottolineata l’importanza strategi- ca di rafforzare il ruolo della Corte di giustizia nel sindacato di legittimità sugli atti dell’U- nione, così come l’opportunità – poi in parte accolta nel Trattato di Lisbona con riguardo al principio di sussidiarietà – di prevedere meccanismi politici preventivi di controllo sulla legit- timità degli atti UE. Anche l’espressa elencazione delle competenze è stata talora sollecitata in dottrina, v. ad es. lo studio pubblicato dallo European University Institute nel 2000, intitolato A basic Treaty for the European Union. A study of the reorganization of the Treaties, reperibile

offerta dalla riforma di Lisbona per tentare di cogliere nel segno delle istanze di razionalizzazione e maggiore chiarezza. In particolare, ad una lettura com- plessiva, le novelle introdotte dal Trattato del 2009 sono state ispirate a quat- tro finalità principali: la maggiore accessibilità e trasparenza dell’organigram- ma delle competenze, con una più precisa indicazione dei suoi confini, a tute- la degli Stati e dei singoli135; l’apposizione di (e l’individuazione dei) limiti al progressivo ampliamento delle competenze dell’Unione verificatosi grazie alla prassi delle istituzioni136; la razionalizzazione del sistema, mediante la forma- lizzazione di competenze già esercitate nella prassi137; il tentativo di chiarire i confini tra le diverse categorie di attribuzioni138.

 

all’indirizzo internet www.iue.it/RSC/Treaties.html (14 novembre 2014). Lo studio suggeriva una ripartizione in competenze esclusive, concorrenti, parallele e non regolatorie, in larga par- te anticipando le riflessioni elaborate per il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa ed il Trattato di Lisbona. Sulle proposte di riforme tese a rafforzare il principio di sussidiarietà v. A.VERGES BAUSILI, Rethinking the methods of dividing and exercising powers in the EU: re-

forming subsidiarity and national parliaments, Jean Monnet Working Paper n. 9/02, in http://centers.law.nyu.edu/jeanmonnet/papers/02/020901.html (20 novembre 2014).

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In questo senso v. R.BARATTA, Le competenze interne dell’Unione tra evoluzione e prin- cipio di reversibilità, in Il diritto dell’Unione europea, 2010, p. 518.

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Tale ampliamento, operato in primis attraverso il principio della pre-emption, la clauso- la di flessibilità e la teoria dei poteri impliciti ha costituito la principale preoccupazione degli Stati in sede di negoziato del Trattato di Lisbona. Ciò è reso evidente dai frequenti richiami, in più punti del Trattato, al rigoroso rispetto delle competenze attribuite all’Unione, nonché dal- la previsione di ulteriori e multiformi cautele in favore delle sfere di intervento statale, profilo oggetto di accentuato rafforzamento nelle materie comprese nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Nel disegno approntato dal Consiglio europeo di Laeken, peraltro, il contenimento dell’estensione delle competenze UE non avrebbe dovuto frenare in misura eccessiva l’incedere del processo di integrazione.

137 Si pensi ad esempio alla competenza in tema di conservazione delle risorse biologiche

del mare, qualificata come competenza esclusiva “di fatto” dalla Corte di giustizia, con la sen- tenza 5 maggio 1981, causa 804/09, Commissione c. Regno Unito, in Racc. p. 1045. Cfr. altresì la cd. teoria dei poteri impliciti, elaborata dalla Corte di giustizia ed in forza della quale l’UE può intervenire laddove l’esercizio di un determinato potere sia ritenuto indispensabile per il perseguimento dei fini dell’Unione o l’esercizio di una competenza espressamente riconosciuta dai Trattati. Questo approccio ha trovato particolare linfa nel campo della competenza esterna dell’UE, che, nell’opinione originaria della Corte, «non dev’essere in ogni caso espressamente prevista dal Trattato […] ma può desumersi anche da altre disposizioni del Trattato e da atti adottati, in forza di queste disposizioni, dalle istituzioni della Comunità». Cfr. la sentenza 31 marzo 1971, causa 22/70, Commissione c. Consiglio (AETS), in Racc. p. 263. Il tema delle competenze esterne dell’Unione è oggi oggetto di espressa previsione normativa, all’art. 3, par. 2, TFUE.

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Ne è esempio la politica europea di vicinato, oggi prevista all’art. 8 TUE e già avviata dal 2003, a séguito della comunicazione della Commissione COM(2003) 104 def. al Consiglio ed al Parlamento europeo sull’Europa ampliata – Prossimità: un nuovo contesto per le rela- zioni con i nostri vicini orientali e meridionali. Lo stesso dicasi per la politica energetica (artt. 4, par. 2, lett. i) e 194 TFUE), il turismo (artt. 6 lett. d) e 195 TFUE), la protezione civile (artt. 6 lett. f) e 196 TFUE), la proprietà intellettuale (artt. 118 e 207 TFUE), la sanità (artt. 4 lett. k)

Questi obiettivi condividono una radice comune, che dà loro linfa e soste- gno: la rinnovata centralità dei princìpi regolatori del sistema delle competen- ze dell’Unione. In questo quadro, una posizione di particolare preminenza deve essere accordata al principio delle competenze di attribuzione139, la cui valorizzazione nella sistematica del diritto primario appare una delle chiavi di lettura più efficaci per la piena comprensione delle scelte operate in occasione del Trattato di riforma140. I reiterati richiami a questo principio, invero, sem- brano orientare verso una ricostruzione dogmatica rigorosa della sua portata, in controtendenza rispetto all’accezione avvalorata negli ultimi decenni. Come evidenziato in dottrina141, il previgente regime primario ha consentito alle isti- tuzioni europee – Corte di giustizia in primis – di declinare il principio di at- tribuzione come uno strumento posto al servizio di un interesse più grande ed ambizioso: il conseguimento degli scopi posti dai Trattati. In un’opposta pro- spettiva, nell’attuale sistema l’insistenza sulla chiarezza del dato positivo e sul- la necessaria subordinazione di ogni competenza sovranazionale all’espressa volontà degli Stati concorrono a delineare un’immagine essenziale del princi- pio in esame, che diviene un valore fondativo dell’ordinamento europeo, non

 

e 168 TFUE), l’adozione di misure sanzionatorie nei confronti di soggetti sospettati di colle- gamenti con realtà terroristiche (art. 75 TFUE), i servizi di interesse economico generale (art. 14 TFUE).

139 Si è scelto di considerare in via prioritaria ed autonoma il principio di attribuzione allo

scopo di considerare in prima battuta il riparto formale delle competenze tra UE e Stati mem- bri, sulla scorta delle riformate disposizioni del Trattato. Quanto all’esercizio delle competen- ze ed ai princìpi generali che lo orientano – ovverosia i princìpi di sussidiarietà e proporziona- lità, che pur hanno conosciuto una significativa valorizzazione nella riforma dei Trattati – si intende affrontare l’analisi solo una volta chiariti, a monte, il nuovo assetto delle attribuzioni dell’Unione e la sua declinazione nel settore penale.

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Il richiamo a questo principio è a più riprese proposto in varie disposizioni dei Trattati, fra cui gli artt. 1, 3 e 5 TUE e l’art. 7 TFUE, ed è inoltre alla base degli artt. 3, 4, 5 e 6 TFUE, che presentano l’elencazione dei singoli settori conferiti all’Unione europea. L’insistenza sulla centralità del principio è stata descritta in dottrina come una vera e propria «obsession with conferral». In questo senso v. L.S.ROSSI, Does the Lisbon treaty provide a clearer separation of competences between EU and Member States?, in A.BIONDI,P.EECKHOUT (a cura di), EU law after Lisbon, Oxford, 2012, p. 85, in particolare v. pp. 94 ss. Con un’espressione più colorita, altra dottrina ha qualificato l’insistita attenzione del Trattato per questo principio come una ripetizione «ad nauseam»: B.GUASTAFERRO, The European Union as a Staatenverbun?, cit., p. 123.

141 Cfr. J.H.H.WEILER, Il sistema comunitario europeo, Bologna, 1985, p. 122. V. altresì S.

WEATERHILL, Competence creep and competence control, in Yearbook of European Law, 2004, p. 1. Von Bogdandy e Bast sono giunti ad ipotizzare che l’accento posto a più riprese sulla ne- cessità di ancorare ogni intervento dell’Unione ad una previa manifestazione di volontà da parte degli Stati costituisca un’incrinatura dell’autonomia dell’ordinamento dell’Unione soste- nuta dalla Corte di giustizia: cfr. A. VON BOGDANDY,J.BAST, The federal order of competen-

cies, in A. VON BOGDANDY,J.BAST (a cura di), Principles of European constitutional law, Ox- ford-Monaco, 2010, p. 298.

più in funzione servente, ma meritevole esso stesso di tutela da indebite elu- sioni.

In quest’ottica, acquista accresciuto vigore la valenza del principio di at- tribuzione quale limite all’azione dell’Unione europea, sulla direttrice vertica- le del riparto di attribuzioni fra ente sovranazionale e Stati membri, in osse- quio all’assunto per cui l’Unione deve rispettare i confini entro i quali «gli Stati hanno rinunciato, anche se in settori limitati, ai loro poteri sovrani»142. Una rinnovata ribalta che la dottrina ha spiegato proprio in relazione allo svi- luppo del processo di integrazione, che ha condotto l’Unione verso finalità ulteriori rispetto agli originari obiettivi di carattere economico e verso la pro- gressiva acquisizione di crescenti competenze, soprattutto in settori di forte radicamento nazionale: «A flexible and fuzzy system of competences was suited

to the original European system, based on functionalism. But the child has grown up. […] Clearer and stricter rules on the conferral and exercise of compe- tences are part of a process of democratization and constitutionalization of the European Union»143. L’apposizione ed il rafforzamento di limiti e confini ap- pare dunque il leitmotiv sul quale è ordito il sistema delle competenze, a for-

tiori in settori di particolare rilevanza per gli interessi degli Stati membri, co-

me nel caso della normativa penale processuale e sostanziale.

In quest’ottica, parallelamente alla ricerca di un maggiore rigore classifi- catorio, il riformato sistema delle competenze si distingue altresì per l’intro- duzione o rivisitazione di clausole destinate a sottolineare l’esigenza di una marcata tutela del riparto di attribuzioni fra Unione e Stati. Da un lato, ven- gono in rilievo previsioni di portata sistematica, che evidenziano la premura dei redattori del Trattato di assicurare adeguata considerazione per i settori di intervento degli Stati membri; dall’altro lato, si registrano disposizioni specifiche, volte a tutelare le prerogative degli Stati in singoli settori di competenza o ad accordare al legislatore interno maggiore flessibilità di in- tervento144.

Con riguardo alla prima tipologia di norme, è fortemente indicativo in primo luogo il richiamo all’obbligo dell’Unione di rispettare le identità nazio-