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Diverse interpretazioni del ruolo dei Saraceni di Fraxinetum

L'articolo scritto dal Sénac nel 1996 su Fraxinetum per l'incontro internazionale di Roma186, è a grandi linee un riassunto leggermente epurato delle sue opere precedenti, ma merita di essere discusso perché serve a chiarire qualche punto interessante riguardante il nostro argomento.

Innanzi a tutto si viene a conoscere la composizione della frangia di storici che rifiutano la tesi di Marc Bloch, che Fraxinetum fosse solo un “nido di briganti”, ed anche quella di J.P. Poly che limita il ruolo dei Saraceni a quello di “rivelatori di una crisi interna”: sono i seguaci delle tesi di Lévi- Provençal, ovvero P. Chalmeta, P. Guichard, lo stesso Ph. Sénac e J. Lirola.

Secondo il Sénac gli storici delle altre due correnti, pur se una di esse considera i Saraceni di

Fraxinetum come co-protagonisti sulla scena delle lotte intestine dell'aristocrazia in Provenza,

hanno una visione parziale perché, trascurando l'origine andalusa dei Saraceni, ignorano i dati forniti dalle fonti arabe187: e col ritrovamento negli anni '70, di alcuni relitti di imbarcazioni saracene lungo la costa provenzale, da Cannes a Marsiglia, si giustificherebbe una rilettura delle fonti scritte ed un'interpretazione differente di questo episodio.

Francamente il ritrovamento di relitti è senza dubbio una cosa interessante e da prendere in considerazione: anche perché vi risultano all'interno numerose ceramiche e suppellettili di provenienza andalusa, che sopperiscono alla mancanza di ritrovamenti di questa origine presso il sito della Garde-Freinet. Tuttavia non riesco a comprendere come possa implicare una rilettura delle fonti, sicuramente solo finalizzata allo stravolgimento delle conclusioni raggiunte dalle altre due correnti storiografiche: che vi fossero anche delle ragioni commerciali nell'insediamento nel golfo di Saint-Tropez è stato affermato già dal Reinaud nel primo ottocento, che vi fossero rifornimenti dalla Spagna è stato riportato da tutti gli storici di tutte le correnti, che la figura del pirata fosse condivisa con quella del mercante è un classico della marineria mediterranea dal tempo dell'antica Grecia, se non prima.

Quello che è veramente interessante è il fatto che nei relitti delle imbarcazioni saracene naufragate, siano state ritrovate delle ossa ed una parte di un cranio: se fosse tecnicamente possibile, sarei ad auspicare che grazie alle tecnologie, in un futuro prossimo disponibili, si potessero effettuare degli esami sul DNA di queste ossa, per poter stabilire se appartenessero a marinai di etnia araba o berbera, oppure a persone di discendenza celto-iberica o romano-germanica, per aggiungere una piccola, ma concreta prova, finalizzata a confermare o smentire la tesi del Lévi-Provençal sulla “origine non araba” dei Saraceni di Fraxinetum. Per altro la ceramica e le giare ritrovate nei relitti sono le stesse ritrovate durante gli scavi di Pechina, aspetto che per il Sénac confermerebbe la teoria

186 Sénac, Le califat de Cordoue ...cit. 187 Ibidem, p. 114.

del Lévi-Provençal sulla provenienza dei Saraceni di Fraxinetum da quel porto: l'eventualità che fosse un semplice carico commerciale acquistato a Pechina da Saraceni di altra provenienza non viene nemmeno preso in considerazione.

Alcuni punti da tener presente della storia evenementielle riportata dal Sénac sono:

● l'inizio degli attacchi sulle Alpi e in Piemonte a partire dal 920: questo significa che l'autore rifiuta la cronologia di Liutprando e della Cronaca della Novalesa, che li datavano al primo decennio del X secolo. Quindi, solotra il 920 ed il 929 furono incendiati la Novalesa ed Oulx

● L'attacco vittorioso della flotta greco-bizantina al quartier generale del golfo di Saint-Tropez nel 931 avrebbe riportato la tranquillità sulle Alpi dunque solo per un breve periodo, fino al 933, quando si ritrovano i Saraceni a presidiare i colli di frontiera: in posizione per le incursioni attestate negli anni successivi in Piemonte.188

● Nel 936 fu la volta di San Gallo; nel 940 fu occupato San Maurizio d' Agauno, almeno fino al 942:in sostanza tra il 921 e il 942 per il Sénac furono lanciate almeno una decina di imprese militari sulle Alpi e in Piemonte, ovvero una ogni due anni.

● L'altro punto su cui insiste l'autore è il luogo di cattura di San Maiolo di Cluny nel 972: ad Orciére sulla Durance, e non nel Vallese. Su questo punto ci siamo già soffermati e non possiamo non ribadire il nostro disaccordo geografico, in linea con numerosi altri autori transalpini.189

Dal punto di vista dell'analisi delle fonti il nostro autore evidenzia tre aspetti, che andremo a confrontare con le tesi del Picard:

1. Sulle fonti latine: queste mettono l'accento solo sugli attacchi ed incursioni di carattere terrestre, senza mai menzionare operazioni marittime: tuttavia gli interventi bizantini del 931 e del 942 dimostrano che per mettere in scacco Fraxinetum serviva anche una flotta, per bloccare il porto, al fine di impedire una eventuale fuga, e di evitare dei trasferimenti di truppe alle spalle dello schieramento di fanteria cristiano.

2. Fraxinetum è, dalle fonti greche pervenuteci, completamente assente: eppure si hanno le prove di contatti diplomatici tra Bisanzio e il Cordova. Aver citato questo aspetto, potrebbe essere un errore dialettico da parte del Sénac, dato che altri storici potrebbero ribadire che

188Luppi, op. cit., p. 17: le fonti sono gli “Annales Rhemenses” di Frodoardo, in MGHS, cit. 189

Pons Ursarii; il passaggio di Orcières esiste ancora oggi. Il Sénac dà per sicura la tesi del Reinaud, che lui stesso

aveva dei dubbi in proposito, ma numerosi altri storici sono per un itinerario più logico che avrebbe valicato il Gran San Bernardo, per scendere nel Vallese.

l'assenza di citazioni bizantine, pur in presenza di azioni della flotta bizantina, riduca queste imprese a semplici azioni di routine anti-piratesca, così trascurabili e frequenti in tutto il mediterraneo da far considerare l'insediamento del golfo di Saint-Tropez come relativamente insignificante.

3. Da tener presente sempre riguardo alle fonti latine che, secondo Liutprando, informato dal vescovo mozarabo Recemundo,i Saraceni di nostra pertinenza provenivano dall'Andalusia ed erano tributari del califfo, mentre quelli del Garigliano dall'Africa settentrionale.

4. L'esame delle fonti arabe di Cordova, mostra che le informazioni sull'insediamento nel golfo di Saint-Tropez sono estremamente rare: l'autore spiega questo fatto con la ragione che le loro incursioni erano più o meno ufficiali, e che i fatti accadevano lontano dai luoghi di redazione delle cronache.

5. Secondo le fonti arabe l'insediamento del golfo di Saint-Tropez era comandato da un qâ'id e non da un governatore: da questa differenza se ne deduce che era solo una base militare e commerciale e non una colonia di popolamento; presso il dizionario biografico andaluso non risulta che nessun sapiente o uomo celebre abbia mai vissuto in Fraxinetum.

6. Ancora dalle fonti arabe risulta conferita una maggior importanza all'aspetto marittimo dell'insediamento di cui sopra, rispetto a quello terrestre privilegiato dalle fonti latine

7. Dalle cronache del regno di al-Hakam II, non risulta che vi sia stata nessuna reazione militare o diplomatica alla cacciata dell'insediamento saraceno nel 972. E su questo punto l'autore non si sbilancia più di tanto, ma non sarebbe da escludere un parziale ripiegamento strategico degli elementi preminenti di Fraxinetum, piuttosto che una complessiva disfatta sanguinosa: che vi siano stati prigionieri di fede musulmana è accertato dalle fonti latine, tuttavia mancano fonti chiare ed inconfutabili di un grande scontro per la presa di

Fraxinetum da parte dei conti cristiani.

Dunque per il Sénac la tesi, basata solo su fonti latine che porterebbe alla visione tradizionale tramandata su Fraxinetum, merita di essere rivista: vederne solo un rifugio di briganti significa che la storiografia occidentale ha voluto minimizzare la funzione dell'insediamento. 190 Posizionandosi nella prospettiva di un'Europa ridotta ad una cittadella assediata, Marc Bloch scriveva che “ nel controllo dei mari, i Saraceni (…) vedevano soprattutto il mezzo per raggiungere le coste e praticarvi delle fruttuose razzie”.

Mentre per il Sénac i nostri protagonisti sono ben lontani dall'essere solo dei briganti in caccia di bottini e di prigionieri, perché i mugahidun furono anche i pedoni di una politica che oltrepassava largamente il quadro provenzale: la sua posizione geografica, le rappresentazioni cartografiche del

Gabal al-qilal, i termini degli accordi del 940 tra il califfo e re Ugo, il tragitto delle offensive

portate dalla flotta omeyyade, secondo l'autore suggeriscono che questa politica associò le Baleari ed i porti costieri dell'Andalusia a Fraxinetum, con l'obiettivo di intralciare le relazioni tra le città italiane ed il resto della cristianità meridionale.

In effetti abbiamo potuto constatare che furono anche mercenari oltre che pirati, ma da qui a poter affermare che avessero qualche reale potere di influenzare la storia delle regioni che li videro saccheggiare, ce ne passa. Tuttavia un reale ostacolo ai rapporti, commerciali o meno, tra la Gallia e l'Italia lo rappresentarono effettivamente per alcuni decenni.

Se in un primo tempo l'insediamento nel golfo di Saint-Tropez fu il frutto di un'iniziativa “privata”, fuori dal controllo di Cordova, passando le città portuali della costa spagnola, nel terzo decennio del X secolo, sotto lo stretto controllo del califfato, secondo l'autore, è più che probabile che anche

Fraxinetum sia entrata per lo meno sotto l'influenza, se non sotto il dominio diretto del califfo.

Divenne evidente a partire dagli anni quaranta del X secolo che la presenza dei “nostri” Saraceni poteva essere più negativa che redditizia, anche dal punto di vista di Cordova, specie per l'interesse dimostrato dalle classi mercantili andaluse ad avere relazioni economiche con i mercanti italiani, e per primi gli Amalfitani.

Voler mantenere questo insediamento come una spina nel fianco dello schieramento cristiano, nel momento in cui gli omeyyadi volgevano lo sguardo alle opportunità loro offerte nel Maghreb, poteva essere pericoloso, come lo è sempre il dover guerreggiare su due fronti, e su questa analisi non possiamo non concordare con il Sénac. Ne conseguì che il califfato non fece nulla per difendere la base che per tanti decenni aveva concretamente danneggiato la Provenza e le regioni alpine limitrofe.