L'evoluzione del potere nella marca di Ivrea è uno degli argomenti su cui si è cimentato il nostro autore e che ci permette di aggiungere dei preziosi tasselli al mosaico che si sta delineando sulla presenza e l'attività sui due versanti alpini del X secolo.
Non sorprenderà il lettore venir a sapere che dopo la metà del IX secolo, per un certo periodo, mancano notizie di sbarchi ed aggressioni via mare sulle coste liguri: per un verso attribuibili alla notoria mancanza di fonti, ma per un altro a causa di un possibile calo delle iniziative saracene. Alla fine del IX secolo si erano in effetti delineate nuove esigenze difensive sul versante italico delle Alpi: tra l'891 e l'892, Guido da Spoleto istituì la nuova marca di Ivrea, esempio dell'evoluzione amministrativo-territoriale post-carolingia; i suoi confini non sono agevoli a definire, ma senza timore di venir smentiti si può ipotizzare che ne facessero parte tutto il Piemonte centro-settentrionale, senza il litorale ligure che era ormai da parecchio tempo parte della marca di Tuscia, ma senza una effettiva organizzazione difensiva.
Anche se qualche studioso aveva considerato che la marca di Ivrea comprendesse tutti i territori dalle Alpi al Mar Ligure, il Settia ritiene che alla fine del IX secolo non fosse il caso, e che la sua funzione peculiare già nei primi tempi, sotto i regni di Guido e Lamberto269, fosse la sorveglianza dei passi alpini a difesa del Regno d'Italia. In seguito divenne semplicemente il patrimonio e la base della dinastia marchionale reggente e delle sue ambizioni di influenza sulle scelte e le incoronazioni dei re d'Italia: secondo il nostro autore, specie dopo l'improvvisa morte di re Lamberto durante una
269Guido da Spoleto (855-894), re d'Italia (889-894) ed imperatore (891-894), della potente dinastia dei Guidoni,
discendente per via femminile dai Carolingi, padre di Lamberto II di Spoleto ( 880 circa- 15/10/898), imperatore e re d'Italia (891-898), furono avversari di Berengario del Friuli.
battuta di caccia e l'ascesa al trono di Berengario I del Friuli, gli Anscarici d'Ivrea270, invece di
dedicarsi al controllo della frontiera occidentale al servizio del re, opereranno per aiutare i pretendenti al trono provenienti d'oltralpe.
Tenendo conto di queste informazioni forniteci sulla situazione subalpina ed inserendole come complemento a quelle già riportate in occasione dell'analisi dei lavori del Poupardin e del Poly, per ciò che concerneva il quadro geo-politico d'oltralpe, si possono incominciare a chiamare con i loro nomi numerosi dei personaggi protagonisti nell'anarchica situazione politica imperante su entrambi i versanti delle Alpi, e che riduce la presenza saracena in Fraxinetum, se non ad un epifenomeno, almeno ad un dettaglio, “seccante” per una gran parte della società e per la maggior parte del tempo, ma secondario nell’ottica della politica di un regno, di un impero o di un califfato.
A confermare questa conclusione, il nostro autore ribadisce che sotto il regno di Ugo di Provenza, per la precisione durante il secondo decennio dalla sua ascesa al potere, la marca di Ivrea non garantiva più alcuna attiva responsabilità militare contro le forze esterne al regno d'Italia, anzi, per gli espliciti obiettivi dei marchesi, era chiaramente una spina nel fianco di re Ugo, inserita esattamente tra i suoi domini provenzali e quelli del centro-nord Italia: la sempre maggior attività dei predoni di Fraxinetum, non può certo essere paragonata con l'esplicita ostilità di una dinastia di marchesi, ma entrambi i nemici dovettero essere inseriti nella lista delle priorità del re, che si vedeva ormai obbligato ad organizzare le difese contro i predoni saraceni, ed a operare contemporaneamente per eliminare il pericolo rappresentato dagli Anscarici d'Ivrea. Queste due opinioni sono dal mio punto di vista alquanto discutibili.
Secondo il Settia i problemi di re Ugo nella parte Nord-Occidentale del suo regno, si sarebbero potuti risolvere ricuperando l'organizzazione politico militare dell'ultimo periodo carolingio, ovvero reinstallando un dispositivo di difesa lungo le coste del Mar Ligure,facendo scomparire, proprio fisicamente, la dinastia anscarica, come aveva già annientato il potere della dinastia titolare della
270Anscario, fondatore della dinastia dei marchesi d'Ivrea, originario della Borgogna, giunse in Italia al seguito di Guido
da Spoleto; gli succedette il figlio Adalberto: i suoi legami con i Guidoni non gli impedirono di sposare la figlia di Berengario I del Friuli, da cui ebbe come figlio il futuro Berengario II d'Ivrea. Sotto il regno di Ugo di Provenza gli Anscarici con Berengario ed il fratellastro Anscario, raggiunsero la massima potenza dominando in Piemonte, Liguria, Valle d'Aosta, in parte della Lombardia e nella vasta marca di Spoleto e Camerino. Rendendosi conto del pericolo costituito da questa famiglia, re Ugo nel 940 inviò un esercito contro Anscario a Spoleto, che lo vinse e lo uccise nella battaglia. Berengario preferì fuggire nel ducato di Svevia, che confinava con la marca d'Ivrea presso il duca Ermanno, che lo accompagnò dal suo re, il futuro imperatore Ottone I. Questa scelta segna il passaggio degli Anscarici dal campo borgognone, gestito e monopolizzato da re Ugo, a quello germanico. Nei fatti Berengario non scese mai con un esercito per riconquistare i suoi feudi, ma temporeggiò per tre anni attendendo che la scellerata politica di re Ugo gli alienasse il favore dei grandi feudatari del Nord-Italia, e scendendo nel 945, non attraverso le Alpi occidentali presidiate dai Saraceni assoldati da re Ugo, ma attraverso la Val Venosta, suscitò le prime defezioni tra le fila dei grandi feudatari, ormai insofferenti verso le vessazioni di un re ormai sminuito nel prestigio e nel potere reale. Pur potendo mettere in difficoltà il re, Berengario preferì trovare un accordo con lui, e quando morì nel 948, lasciò che gli succedesse al trono suo figlio Lotario, che morì il 22 novembre 950 di malattia o avvelenato su ordine di Berengario. Ormai non vi erano più ostacoli per l'ascesa al trono d'Italia degli Anscarici, e Berengario d'Ivrea, con suo figlio Adalberto vennero incoronati re d'Italia il 15 dicembre 950 a Pavia. (P. Delogu, Berengario II, marchese d'Ivrea, re d'Italia, in Dizionario
marca di Tuscia, e riorganizzando dal punto di vista distrettuale il territorio subalpino, come da lui già effettuato con finalità difensive nella valle dell'Adige. È ormai chiaro che le priorità di re Ugo erano i problemi di politica interna o quelli creati da competitori cristiani, e questo implicava il trascurare i problemi rappresentati dagli Ungari e dai Saraceni, che ripetutamente saccheggiavano le provincie del Regno, senza tuttavia mai arrivare a mettere in serio pericolo la stabilità del regime, del re e della sua dinastia, e che, oltretutto vennero a più riprese assoldati.
Altrettanto importante è inserire l'ipotizzata invasione del regno d'Italia da parte di Arnaldo di Baviera nel 935, prendendo in considerazione le contemporanee iniziative saracene: la reazione di re Ugo fu pronta ed immediata e dissuasiva, perché una discesa dal Brennero dei Bavaresi poteva realmente mettere in pericolo la sua corona, ed era ritenuta molto più pressante di qualsiasi razzia ungara o saracena, che avrebbe infierito piuttosto sui beni della Chiesa, sul popolo, o sui feudi della nobiltà minore.
Re Ugo intervenne nel 942 contro Fraxinetum, per il Settia, solo quando l'attività di questi briganti rischiò “di mettere in pericolo la sua credibilità di regnante”: questa affermazione del nostro autore sarebbe sicuramente condivisibile, se non vi fosse stato l'accordo in extremis con i Saraceni, che li salvò dall'annientamento per dislocarli come mercenari alla sorveglianza dei confini alpini nord- occidentali, riducendo, dal mio punto di vista, la “credibilità di regnante” di re Ugo ai minimi storici. Tanto re Ugo era stato pronto a fronteggiare il tentativo di Arnaldo di Baviera nel 935, quanto fu preoccupato e contraddittorio nell'affrontare il pericolo dell’eventuale ritorno di Berengario II, nel 942.
Ritengo che la difesa degli interessi economici sia stato uno dei moventi principali della campagna militare del 942 di re Ugo di Provenza, perché i contatti diplomatici a fini commerciali con il califfato erano già stati allacciati, ma l'ostacolo ancora rappresentato da Fraxinetum al commercio nel mar Ligure e nel Mediterraneo occidentale, dopo le tregue violate, non poteva più essere tollerato in quelle dimensioni, ben più dell'orgoglio o dell'esigenza di credibilità di un re, anche se allo stesso tempo andava inviato un messaggio forte al califfo, per dimostrargli che la pace sarebbe stata più redditizia.