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IL DIVIETO DI COMMERCIALIZZAZIONE DI PARTI DEL CORPO : AMBITO DI APPLICAZIONE.

Nel documento Persona,dignità,libertà contrattuale (pagine 115-118)

LA DIGNITA’ DELLA PERSONA NEL DIRITTO PRIVATO.

5.3 IL DIVIETO DI COMMERCIALIZZAZIONE DI PARTI DEL CORPO : AMBITO DI APPLICAZIONE.

E’ pacifico che il divieto degli scambi onerosi è preordinato a tutela di un interesse generale e comporta la nullità di tutte le pattuizioni che contrastano con questo principio. Quello che è molto più difficile capire è il suo ambito di applicazione. Le norme interdittive di riferimento sono costituite da un coordinato di disposizioni prese dalla legislazione di settore affiancato a principi sopranazionali come l’art. 21 della Convenzione sulla Biomedicina e l’art. 3 della Carta dei Diritti d’Europa che rende non facile una chiara comprensione dell’ambito di applicazione del divieto di commercializzazione. Questo non è tanto dovuto alla supposta complessità data dall’interazione di fonti dal rango il più variegato – fonti municipali accanto a quelle sopranazionali- che rende incerto, sul piano del diritto interno, la diretta sanzionabilità dei vincoli imposti all’autonomia privata, ma all’innegabile genericità di ogni disposizione che vieta la circolazione di organi a fini di lucro. Per rendere la materia che trattiamo più chiara sono necessarie due precisazioni : la prima è che il principio è circoscritto alle ipotesi applicative nell’ambito di medicina e biologia, escludendo così

242 Sul punto si vedano le riflessioni di Gambero, La proprietà. Beni, proprietà, comunione, in Trattato di diritto

privato, a cura di Iudica- Zatti, Milano, 1990, 41; Zatti, Dal consenso alla regola : il giurista in bioetica, RCDP, 1994, 523 ss, 535-537.

numerose fattispecie di disposizione del corpo a titolo oneroso fra cui la prostituzione243, la prestazione di lavoro subordinato in ambito sportivo244, sino allo sfruttamento commerciale dell’immagine del corpo245; la seconda è che il divieto di commercializzazioni è riferito al corpo e alle sue parti in quanto tali246, ovvero che la proibizione attiene unicamente alla relazione fra cedente e primo beneficiario non riguardando tutti i successivi rapporti giuridici che interessino il corpo, rendendolo oggetto di trasformazione, manipolazione e scambio.

Queste precisazioni non risolvano il problema di una chiara e definita applicabilità del principio247, ma consentono di tracciare un quadro più definito con il corollario della casisitica. Rientrano nella disciplina la destinazione di organi a fini di trapianto ( Art. 6, l. n. 458/1967; art. 1, l. 483/1999 ); il prelievo di tessuti e cellule, ivi comprese le cellule staminali, a scopo di innesto e trasfusione ( Artt. 2,4 e 22, l , n. 219/2005 ); la cessione di gameti in funzione procreativa (Arg. ex art., 12, 6° co., l. n. 40/2004 ); la conduzione di una gravidanza per conto terzi ( Art. 12, 6° co., l. n. 40/2004 ). Per quanto riguarda l’uso scientifico, il d.lg. 211/2003 ha chiaramente escluso la liceità dei negozi a titolo oneroso volti ad assicurare la partecipazione di volontari sani a programmi di sperimentazione clinica dei medicinali ( Art. 1, 5° co., e art. 5, 1° co., lett. d, d.lg. n. 211/2003 ) e è noto il divieto di pratiche di clonazione e produzione umana a scopo di ricerca ( art. 13, l. n 40/2004 )248. I margini di patrimonializzazione lecita sarebbero quindi ristretti ad ipotesi di disposizioni di parti del corpo a scopo commerciale o industriale249 che includerebbero la cessione dietro corrispettivo di prodotti di

243 E’ interessante notare il processo di relativa liberalizzazione del fenomeno prostituzione, testimoniato da sentenze

delle corti ( C.G.C.E. 20-11-2001, causa C-269/99 ) e da posizioni assunte dalla dottrina sul tema come quella di Lucani, Il lavoro autonomo della prostituta, Quad. cost., 2002, 398.

244

Sul punto si veda Rizzo, A’ propos de la rèification de la personne du sportif professionel salariè, Pet. aff., n. 121, 2005, 4 ss.

245 A proposito si veda Mazzoni, Il corpo e le sue immagini, RCDP, 2005, 449 ss., 452-454.

246 Questo è quanto si trova citato nell’art. 4 della Dichiarazione Universale dell’Unesco sul menoma umano e i diritti

dell’uomo, del 1997, dove si afferma che “poiché il genoma umano è per sua natura naturale non può dare luogo a guadagni di natura pecuniaria.”

247 Dubbi permangono al proposito nella dottrina e fra tutti si veda Tallachini, Bodyright. Corpo biotecnologie e diritto, Bibl. Lib., 1988, 21-40; EAD., Biotecnologie e diritto. Metafore e analogie nel diritto del “come se”, in Montanari, a

cura di Biotecnologie. Profili scientifici e giuridico-sociali, Milano, 2000, 105 ss, ; EAD., Habeas Corpus ? Il corpo

umnao fra non commerciabilità e brevettabilità, Bioetica, 1998, 531 ss.

248 Manna, La tutela penale della vita in fieri, tra funzione promozionale e protezione di beni giuridici, Leg. Pen., 2005,

345 ss.

249

Per una comprensione più approfondita delle tipologie ammesse si veda Mahoney, The Market for Human Tissue, in 86 Va. L. Rev. 163 (2000).

scarto ed elementi riconducibili del corpo, come denti, unghie, capelli, fatte salve dalla Relazione illustrativa alla Convenzione di Oviedo, escluse perché non lesive della dignità umana250.

Ben più complesso è il problema relativo alla disposizione di campioni di materiale biologico, come tessuti, cellule, liquido amniotico, e campioni di DNA, a scopi di ricerca e sfruttamento industriale251. Sono tutte ipotesi destinate ad assumere un rilievo pratico e commerciale sempre maggiore anche per effetto della recente proliferazione di tecniche informatiche applicate alla biomedicina e della proliferazione delle c.d. biobanche genetiche252. La possibilità di conservazione temporanea di materiale biologico consente di studiarne le mutazioni a cause di malattie genetiche, valutare le reazioni individuali a terapie mirate e registrare, se i risultati sono positivi, brevetti su farmaci e test genetici derivati da tali ricerche. Tutto ciò ha sensibilmente accresciuto l’utilità e il valore di scambio del materiale biologico “grezzo” che si connota ormai come ricerca strategica nell’ambito delle biotecnologie, e conseguentemente ha aperto un fiorente dibattito sulle modalità di regolamentazione di tali collezioni e sui requisiti che presiedono raccolta, conservazione e successivo “trattamento” dei campioni di DNA253. Fra i pochi punti fermi del dibattito segnaliamo il principio della necessità del consenso dell’individuo254 per usi ulteriori del materiale genetico oltre quello della raccolta.

250 Se questo è quanto affermato non si può condividere quanto ipotizzato da Grossi, Dignità umana e libertà nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, in Siclari, a cura di, Contributi allo studio della Carta dei diritti

fondamentali dell’Unione Europea, Torino, 2003, 41 ss., 50, che osserva che : “la formulazione nella sua genericità sembra estesa sino a comprendere anche il commercio di parti staccate dal corpo nel divieto, che non implichino una menomazione nella sua integrità: sicchè, paradossalmente, non si potrebbe nemmeno, per esempio, vendere una fluente capigliatura per una sua possibile utilizzazione come parrucca”.

251 Per una completa rassegna del diritto francese si veda a titolo esemplificativo Belliver- Noiville, La circulation du vivant humain : modale de la propriètè ou du contract ?, in Revet, a cura di , Code civile et modèles. Des modèles du

Code au code comme modèle, Paris, 2005, 101 ss.

252 In particolare si veda Andrews, Harnessing the Benefits of Biobanks, in 33 Journ. L. Med. & Ethics 22 ( 2005 );

Andrews – Nelkin , Whose body is it anyway? Dispute over body tissue in a biotechnology age, in 351 The Lancet 53 ( 1998 ).

253 Per quanto riguarda l’ampia letteratura sulle bio-banche si veda Camion-Thomsen, The Social and Ethical Issues of Post-Genomic Human Bio-banks, in Nature, 2004, vol.5, 866 ss; Thouvenin, Le banques de tissues et d’organes: les mots pour les dire, les règles pour les organiser, Pet. Affich., 2005, 31 ss., ; Knoppers – Hirtle – Lormeau – Laberge –

Laflamme, Control of DNA Samples and Information, in 50 Genomics 385 (1988).

254 Alcuni autori come Rodotà, Fra diritto e società. Informazioni genetiche e tecniche di tutela, RCPD, 2001, 571 ss,

hanno introdotto l’idea della necessità del consenso del c.d. gruppo genetico di riferimento, motivando questo allargamento della nozione con l’idea che ogniqualvolta vengano in questione materiali ed informazioni genetiche, avendo queste ultime la caratteristica di essere strutturalmente condivise da più soggetti, è necessario l’abbandono di una visione strettamente individualistica e uno sguardo più largo nei confronti di tutte le relazioni biologiche che

5.4 LA TUTELA DEL SOGGETTO COINVOLTO NELLA DISPOSIZIONE DI PARTI DEL

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