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IL RECESSO COME FORMA DI TUTELA DELLA DIGNITA’ PERSONALE.

Nel documento Persona,dignità,libertà contrattuale (pagine 128-130)

IL CONTRATTO COME STRUMENTO DI PROTEZIONE DELLA DIGNITA’ PERSONALE.

6.4 IL RECESSO COME FORMA DI TUTELA DELLA DIGNITA’ PERSONALE.

Per quanto riguarda la vincolatività dei contratti di disposizione degli attributi della persona, qualora un individuo decida in piena libertà e consapevolmente di consentire alla circolazione dei propri attributi personali sul mercato esso si sottopone contemporaneamente ai conseguenti rischi che derivano dalla sua esposizione e non può poi invocare per illogica incongruenza la prerogativa della tutela della umana personalità per sciogliersi unilateralmente dal vincolo. Questo è quanto andava affermando la tesi tradizionale della revocabilità del consenso salvo indennizzo che è stata rifiutata perché contrastante con il disposto dell’art. 1372 c.c.

La negazione di questa posizione teorica non aiuta molto, però, nella problematica relativa alla incompatibilità di una identità personale dinamica, identificata come flusso all’interno di determinati spazi temporali e contestuali, con la staticità del regolamento patrizio che tenda a fissare una volta per tutte una immagine del sé che prescinde dalle vicende contestuali della personalità del contraente. La distinzione è qui, per l’interprete, fra l’esigenza di garantire il libero sviluppo della personalità dell’individuo, talvolta anche contro un vincolo contrattuale non forzatamente ma liberamente assunto, e la conservazione della affidabilità delle dichiarazione negoziali che si concretizza nella più generale esigenza di preservare la certezza delle relazioni di scambio che a sua volta richiama il principio pacta sunt servanda.

La migliore soluzione per contemperare due interessi confliggenti di uguale portata qualitativa non è certamente una chiusura totale verso forme di deroghe al principio consolidata ma l’adozione di soluzioni bilanciate che consentano la contestuale valorizzazione di entrambi le posizioni in conflitto.

Se, ad esempio, un rapporto contrattuale è a tempo indeterminato è applicabile il principio della recedibilità per contratti ad esecuzione continuata senza termine finale266, il che impone al recedente il solo obbligo di preavviso ed è riferito espressamente a certe tipologie contrattuali ( artt. 1596, 1616, 1750 c.c. ), nonostante in dottrina e giurisprudenza sia ormai pacifica la sua applicazione generale, compresa la materia dei diritti della personalità. La questione diventa più complessa nel caso di contratto con limite temporale di durata più o meno lunga dove la soluzione economicamente più favorevole va nella direzione di una inversione delle posizioni iniziali di partenza, ovvero nella attribuzione al titolare del diritto della personalità di un diritto di recesso con

all’autonomia contrattuale di quanto non faccia quella francese ma gli può essere imputata una insufficiente tutela degli interessi degli autori, soprattutto di fronte a condizioni oggettive di disparità di potere contrattuale.

266

GABRIELLI, Vincolo contrattuale e recesso unilaterale, Milano, 1985, 13ss.; GABRIELLI – PADOVINI, Recesso (

presupposti vincolati e corresponsione di un indennizzo267. Il rispetto dell’autonomia negoziale imporrebbe la richiesta della vincolatività del contratto con la possibilità di acquistare posizioni di maggiore rendita contrattuale nell’ambito di una libera contrattazione. Tuttavia è stato dimostrato che in tali contesti sussiste un rischio elevato di fallimento del mercato poiché la controparte ha forti incentivi ad assumere atteggiamenti opportunistici e a celare le proprie valutazioni con la conseguenza dell’imposizione di un prezzo onerosamente eccessivo rispetto all’oggettivo valore delle prerogative alle quali si è rinunciato, che aumenta notevolmente i costi di transazione e impedisce il buon fine delle negoziazioni268.

Necessarie precisazioni devono essere aggiunte alla soluzione sopra menzionata ed esse includono : il carattere eccezionale del rimedio inteso come strumento sussidiario di salvaguardia solo nelle ipotesi incontestabili di violazione della dignità personale a cui segue la conseguente verifica puntuale dell’organo giudiziario circa la reale sussistenza dei presupposti previsti dalla legge per l’applicazione del recesso. E’ infatti pacifico che il giudice potrà concedere il recesso solo quando, dopo aver valutato le motivazioni addotte dal disponente e effettuati gli idonei riscontri probatori, riconosca tali motivazioni effettivamente sovraordinate all’interesse della controparte alla prosecuzione del rapporto, sempre alla luce di tutte le circostanze del caso e conformemente alla scala dei valori costituzionali269. E’ ovvio, inoltre, che l’ammissibilità del rimedio vada esclusa ogniqualvolta esso sia esercitato in maniera opportunistica, ovvero per approfittare di migliori occasioni di negoziato con i terzi270.

267 RUSHTON, The Law and Economics of Artists’ Inalienable Rights, Discussion Paper 95, University of Regina Department of Economics, 2001, spec. 14-19 sottolinea la necessità di subordinare il diritto di recesso alle gravi ragioni

morali, sempre che venga assicurato che tale diritto verrà invocato solo quando i potenziali benefici del recesso sono alti, il potenziale defraudamento alto e la possibilità che la transazione volontaria fallisca alta.

268 L’art. 2582 c.c.; e l’art 142, l. n. 633/1941 in materia di diritti di sfruttamento dell’opera acquisita da terzi

sostengono che la presenza di “gravi ragioni morali”, ivi compreso il semplice mutamento delle convinzioni artistiche e personali, attribuisce all’autore il diritto di ritirare l’opera dal commercio previa corresponsione di un indennizzo agli aventi causa. Il diritto in questione è personale e intrasmissibile, il che costituisce una deroga significativa rispetto alle ragioni dello scambio ex art. 1372 c.c, la cui ratio è proteggere gli interessi ideali dell’autore da un lato e ristabilire l’efficienza dello scambio, dall’altro.

269 Sul tema si veda, ancora di grande attualità, Bigliazzi Geri, Contributo ad una teoria dell’interesse legittimo nel diritto privato, Milano, 1967, 182 e Id., Mora del creditore, in Enc. giur., XX, Roma, 1990, 2, dove si afferma che la

valutazione ha da essere compiuta in concreto ed evitando ogni automatismo e si contraddice così quella tesi opposta che vuole che in ogni ipotesi di lesione dell’onore e della reputazione della personalità il consenso del disponente debba sempre ritenersi “revocabile”. E’ del resto evidente che se la lesione è sopravvenuta allora si dovrà verificare in concreto se tale lesione ha una portata tale da giustificare il sacrificio dell’interesse della controparte alla continuazione del rapporto, mentre se è originaria si tratterà soltanto di capire se il contratto è valido oppure nullo per illiceità della causa.

270 In giurisprudenza, al riguardo, si segnala Pret. Montebelluna, 11-8-1984, FP, 1989, 272, ed il caso giudiziario avente

ad oggetto un atleta che aveva revocato il consenso all’utilizzazione del nome e dell’immagine di un previo contratto di sponsorizzazione con l’intento di concludere un più proficuo contratto con un’impresa concorrente.

Capitolo 7

Nel documento Persona,dignità,libertà contrattuale (pagine 128-130)