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EVOLUZIONE DELLA INCLUSIONE DELLA CATEGORIA ANIMALI NELLA NOZIONE DI PERSONA.

Nel documento Persona,dignità,libertà contrattuale (pagine 38-43)

Severino Boezio definiva l’individuo come “l’unità o la mente o ciò che non si può dividere per la sua solidità, come il diamante”70. Usava, quindi, un termine generico capace di accomunare ogni entità indivisibile, comprese cose e animali. La definizione che egli dava di persona differiva da quella data di individuo in quanto persona è l’individuo caratterizzato “dalla razionalità della sua natura” 71. Da questa definizione di persona erano chiaramente esclusi cose e animali.

69 Dig., 3.4.7.1. 70

Boeth. Sec.t. 64, c.97 Migne.

La nozione di persona diffusasi nel diritto romano muoveva dallo stesso principio; persone erano tutti gli uomini , perché dotati di una uguale natura razionale ( schiavi compresi ), mentre cose erano tutti gli enti corporali non aventi natura razionale, fra i quali venivano inclusi anche gli animali72. Gli enti appartenenti alla categoria cose avevano la caratteristica di poter diventare oggetto di dominio pubblico e privato in quanto privi di natura umana.

L’elemento fondamentale di discernimento delle due categorie era quindi dato dalla razionalità, propria dell’uomo, non presente nell’animale. Ed è questa natura razionale, cui corrisponde l’agire consapevole e naturalmente libero, che consentiva l’affrancazione in qualunque momento dalla schiavitù, il che permette, peraltro, di distinguere tra le cose oggetto di dominio pubblico e privato e le persone oggetto dello stesso. L’essere oggetto di dominio altrui era contro la natura umana e proprio della natura non umana, un accidente che poteva essere oggetto di cancellazione in qualsivoglia momento, in modo così da ripristinare la situazione precedente lo sconvolgimento naturale73. E’ ancora il filosofo Kant, in età moderna, a ribadire questo assunto sostenendo che “gli esseri ragionevoli prendono il nome di persone, perché la loro natura ne fa già fini in sé”74, seguito, nella prima metà del Novecento da Nicolai Hartmann, che dice “se “persona e cosa”formano una relazione di opposizione all’interno del mondo reale”, solo la persona e non l’animale, è portatrice “nel suo comportamento di valori e disvalori morali”75.

Sulla base di queste teorie non sembra affacciarsi alcuna possibilità nella rettificazione della distinzione delle due categorie uomo-animale, in modo da consentire anche a quest’ultima categoria di assumere, entro certi limiti, la dignità di persona. In realtà, come ben sappiamo visto quanto da me precedentemente affermato, qualsiasi rigore classificatorio è facilmente sovvertibile in presenza di un contesto di interessi e valori la cui esigenza di soddisfazione e realizzazione sia più forte del desiderio di mantenere la coerenza del sistema giuridico.

72 Inst. Iust. 2.1.12. 73 Dig. 1.5.4.1. 74

I. Kant, Fondazione della metafisica dei costumi,in Scritti morali, Utet, Torino, 1995, 87.

E’ lo stesso diritto romano a fornire le fondamenta per tale sovvertimento tramite la categoria dello schiavo, nonostante abbia cristallizzato in modo piuttosto netto la distinzione persona-cosa. Pur essendo classificato quale persona, in alcune fonti, come ad esempio Le Istituzioni di Gaio , era invece assimilato espressamente alle cose corporali, alla stregua di un fondo o di un vestito, cose con le quali il servo aveva in comune il regime di oggetto di dominio privato. Così come il fondo o il vestito, lo schiavo aveva un valore di mercato e poteva essere alienato verso corrispettivo, anche se con modalità tecnicamente diverse rispetto a quelle usate nella compravendita di beni di altro genere.

Se per gli schiavi era possibilmente essere al contempo persone e cose si potrebbe azzardare la stessa soluzione per altre categorie, come ad esempio gli animali.

Negli ultimi decenni, soprattutto in Occidente, sono nati diversi movimenti, che attraggono consensi sempre più significativi presso l’opinione pubblica, e che si battono per il riconoscimento agli animali di alcuni diritti fondamentali come ad esempio il diritto a non essere maltrattati, uccisi, torturati o usati per esperimenti scientifici ; il diritto alla conservazione dei loro habitat naturali e il diritto a non essere sottoposti ad una caccia indiscriminata che ne mina la sopravvivenza e pone alcune delle loro categorie a rischio di estinzione. La lista potrebbe essere potenzialmente infinita ed è soggetta sicuramente a nuove, più recenti, aggiunte.

Il legislatore, forse per spontanea generosità o per necessità politica e propaganda elettorale, guarda con sempre maggiore attenzione a tali movimenti e alle loro proposte, fino al punto di averne positivizzate alcune76.

76

In Germania, nel 2002, sono state aggiunte le parole “ e degli animali ” alla clausola che obbliga lo Stato a rispettare e proteggere la dignità degli esseri umani. Più recentemente, in Spagna, è stata varata una carta “per la protezione sociale e legale” delle grandi scimmie antropomorfe; e il parlamento delle Isole Baleari ha riconosciuto “ i diritti fondamentali” a scimpanzè, bonobo ,gorilla e orangutan.

Per quanto riguarda l’Italia, l’art.5 della legge 20 Luglio 2004, n° 189, ha introdotto la parola “rispetto” riferita agli animali e, più in generale, ha previsto l’integrazione dei programmi scolastici di ogni ordine e grado “ai fini di una effettiva educazione degli alunni in materia di etologia comportamentale degli animali”. Significativa in questa direzione è anche la modifica dell’art. 9 della Costituzione, sulla base del disegno di legge costituzionale 29 aprile 2006, ove la parola “rispetto” è espressamente riferita agli animali e si insiste sulla tutela dell’ecosistema “come bene inviolabile della nazione e del pianeta, appartenente a tutto il genere umano”.

Alcune proposte sono prive di fondamento, come quella che sostiene l’estensione della tutela dei diritti umani alle scimmie sulla base dell’identicità del loro DNA con quello umano. Questa richiesta è priva di fondamento perché da un punto di vista scientifico questa quasi identità dei due codici genetici è tutt’altro che certa, e anche se vi fosse identicità, la natura umana, elemento caratterizzante la categoria persona, continuerebbe a mancare, perché non è il DNA che attribuisce questa caratteristica. Altra argomentazione inconsistente e piuttosto miserabile è quella che vorrebbe attribuire i diritti fondamentali agli animali perché l’assunzione della ragionevolezza come elemento distintivo le due categorie sarebbe contraddetta dall’attribuzione degli stessi diritti a infermi di mente e handicappati gravi che ne sarebbero privi. C’è chi deduce la doverosità di tale estensione dal postulato dell’uguaglianza morale di tutti gli esseri viventi. Questa posizione, pur contraddetta da altri che vedono l’esistenza di una gerarchia dell’ordine naturale, proverebbe troppo, allargando il dibattito alla possibilità di introdurre nella categoria delle persone anche gli esseri vegetali.

Onde evitare ambiguità e contraddizioni di regime giuridico, sarebbe opportuno domandarsi se metodologicamente la consolidata distinzione persona-cosa sia ancora valida o se possa essere nuovamente definita. Gli estensori della Carta della Terra77 ritengono di sì e nel loro ambizioso progetto di ridefinizione hanno sostituito la vecchia categoria di persona con quella nuovissima di “comunità di vita” la quale, per la sua genericità, avrebbe la capacità di accomunare e equalizzare uomini, animali e piante. La nuova categoria è troppo ampia e potrebbe dar adito all’inclusione di altre entità come i minerali o addirittura le pietre. La sua eccessiva ampiezza ne mina l’attitudine a distinguere e a svolgere, quindi, una funzione conoscitiva del reale, sia pure a scopo normativo. Per

Fra le esemplicazioni possiamo aggiungere il regolamento approvato dal Comune di Torino per “la tutela e il benessere degli animali”che impone il rispetto delle categorie etologiche e biologiche di ogni specie e definisce le norme di detenzione di cani, gatti, animali esotici ed altre specie.

77 Fra gli estensori più autorevoli di questo documento va menzionato l’ex-presidente dell’Unione Sovietica Michail

Gorbacev, in qualità di presidente di Green Cross International. Il testo di questa carta è interamente riprodotto nell’ultimo libro dell’ex statista dal titolo Manifesto for the Earth: Action Now for Peace,Global Justice and

questo non è proposta condivisibile e avrebbe come risultato l’ampliamento di ambiguità e contraddizioni di regime giuridico, che farebbero precipitare nello scompiglio più totale.

L’interrogativo più giusto da porsi è riguardo l’idoneità della vecchia dicotomia persona - cosa ad ordinare la complessità del contesto attuale dove si agitano interessi e domande di protezione ignoti o comunque non considerati fino a pochi decenni fa. Più nello specifico bisognerebbe essere in grado di determinare se animali e ambiente potrebbero ottenere lo stesso grado di tutela e protezione al di là della loro qualifica di persona giuridica o se tale compito fosse reso più facile con la creazione di una categoria unica e indistinta, idonea a comprendere tutti gli esseri viventi (e oltre).

Un primo dato fattuale di immediato rilevo giuridico è la capacità propria dei soli uomini di agire giuridicamente per la tutela dei propri interessi. La capacità d’agire è e sempre rimarrà un elemento fondamentale di demarcazione fra le due categorie, non assimilabile. Chi si è provato con argomenti tecnico-giuridici a teorizzare la soggettività giuridica di animali e piante, ha finito per perdersi in congetture degne di sofisti, senza provarne il contrario. Hanno solo sottolineato la svolta epocale nella concezione del diritto soggettivo occidentale che l’attribuzione della soggettività ad animali e cose porterebbe, perché il diritto soggettivo verrebbe a perdere il tratto di gretto individualismo derivategli dalla sua stessa struttura ricalcata sulla proprietà e sulle prerogative del proprietario finendo per assumere, invece, un fine altruistico caratterizzato dall’attività compiuta dall’uomo a vantaggio esclusivo del soggetto titolare del diritto, che è l’animale. Ciò conferma quanto il limite di distinzione fra le due categorie sia difficilmente superabile. Se questo è vero, la questione dei diritti di animale, piante e ambiente va risolta nell’ambito dei rapporti giuridici che intercorrono fra uomini e non in ambito definitorio-descrittivo. Sono gli uomini che dovrebbero sentirsi moralmente obbligati a proteggere gli esseri viventi non-umani dalle aggressioni di altri uomini. L’obiettivo si persegue, infine, imponendo vincoli di protezioni a singoli e comunità.

Capitolo 3

Nel documento Persona,dignità,libertà contrattuale (pagine 38-43)