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PERSONA COME ISTITUZIONE

Nel documento Persona,dignità,libertà contrattuale (pagine 35-38)

disporre del proprio corpo, dall’altra.

I giuristi antiabortisti sostengono, al contrario, che non vi sarebbe una vera e propria ragione ultima che possa far prevalere un diritto , e quindi il diritto della donna, su di un altro e aggiungono che seguire il broccardo per cui “chi esercita il suo diritto non cagiona offesa ad alcuno” è solo funzionale alla conservazione di quell’assetto vigente che continua a perpetrare l’idea che chi è nessuno debba rimanere nessuno.

Essi aggiungono, inoltre, che è proprio il diritto della persona che afferisce il corpo della donna ad introdurre quella logica dell’esclusione che è tanto deprecata dagli abortisti e che deriva dal fatto che i diritti della persona da cui dipendiamo, che derivano dalle costituzioni dell’ottocento, sono modellati sulla struttura e le prerogative della proprietà immobiliare; ma la reazione contro l’occupante abusivo di un fondo non ha a niente a che vedere con l’”occupante abusivo dell’utero”. Il discorso potrebbe continuare all’infinito, e come già premesso, questioni filosofiche, etiche e morali ivi coinvolte, lo rendano estremamente delicato, al di là dei tecnicismi giuridici. Quello che si voleva ottenere era, più modestamente, porre nel modo più oggettivo possibile i termini di una questione ancora problematicamente aperta.

2.5 PERSONA COME ISTITUZIONE

In svariate occasioni, nelle fonti , si affaccia l’uso del termine persona in relazione a enti istituzionali, a carattere pubblico o privato, che prendono la denominazione di persone giuridiche. Nelle fonti gromatiche, il termine persona veniva associato a civitas o colonia , cioè persone pubbliche, tra le quali assumeva posizione preminente la res publica63 . Ed è in queste medesime fonti che l’ istituzione viene fisicizzata e dotata di corporeità : la metafora più ricorrente è l’attribuzione del termine corpora alle istituzioni sia pubbliche che private. L’uso della metafora va

ancora più avanti quando si parla di eredità giacente, ovvero di quel complesso di beni che diventa sostituto della persona che manca ( l’ereditando morto così come l’erede che deve ancora presentarsi per l’accettazione dell’eredità )64 e che, in quanto padrone delle cose ereditarie in luogo del defunto assume la denominazione di dominus.( con l’eredità giacente che declinata al femminile diventa domina )65.

Queste metafore fornirono ai giuristi medioevali lo spunto per la costruzione della teoria delle persona giuridica come concepita nell’età moderna. A queste metafore va poi aggiunto l’apporto del pensiero del Cristianesimo delle origini e la sua equazione generalizzante che portò il concetto di persona a non essere più solamente identificato con l’individualità biologica ma anche con l’universitas. E’ a partire da questo momento in poi che prende forma la nozione di istituzione, con il Cristianesimo, che una volta diventato religione ufficiale dell’Impero, inizia a pretendere che le sue istituzioni – chiese, conventi, monasteri, fondazioni a carattere religioso dedite alle “opere pie” -abbiano nei rapporti giuridici proprietari e contrattuali la stessa capacità attribuita alle persone fisiche. Questo permise alla chiesa cristiana di crescere in ricchezza, e i fasti dei mosaici giustinianei ravennati ne sono un esempio evidente. Nell’Alto Medioevo, l’arcivescovo di Ravenna, Mosè, nel caso di morte di tutti i membri di una comunità monastica od ecclesiale arrivò addirittura a sostenere che “il luogo consacrato e circondato da pareti”, cioè le mura con la terra da esse cinta, avrebbero acquisito il possesso e la proprietà di sé stesse. Questa opinione66non incontrò un favorevole consenso, perché, invece, prevalse la soluzione in base alla quale nell’ipotesi di dispersione dei religiosi, i beni rimasti dovessero attribuirsi al fisco pontificio67.

La tesi dell’Arcivescovo non è tanto degna di nota per la sua supposta bizzarria o singolarità ma piuttosto perché dimostra come la presenza di forti interessi a cui attribuire adeguata protezione

64 Dig. 46.1.22 afferma che “l’eredità fa le veci della persona, alla stregua di quanto accade per un municipio, una

decuria, una società”.

65 A proposito si veda Dig. 11.1.5; 41.1.61; 9.2.13.2; 28.5.31.1. 66

Il glossatore Azione ci riferisce di questa opinione nella Summa Codicis,1.2, n°3, Venetiis 1584,9.

67 A tal proposito si veda l’approfondita analisi di E. Cortese, in Per la storia di una teoria dell’Arcivescovo Mosè di Ravenna (m.1154) sulla proprietà ecclesiastica,in Proceedings of the Fifth International Congress of Medieval Canon Law, Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, 1980, 117 sg, che espone, tra l’altro le contrapposte

valutazioni in ordine alla teoria di Mosè, di Bartolo, che condivide l’assunto di Mosè, e di Baldo, che vi si oppone veementemente ritenendo l’opinione una opinio damnata.

possa far approdare a soluzioni distoniche rispetto alle categorie consolidate o alla creazione di nuove categorie della cui ricaduta in un sistema collaudato e razionalmente costruito non si prende nota.

Volontariamente o involontariamente, l’Arcivescovo Mosè giungeva, infatti, a voler introdurre nel sistema giuridico la nuova e sconvolgente identità della persona come cosa, unica interpretazione possibile al suo assunto che vedeva le mura dell’edificio come proprietarie del relativo complesso patrimoniale.

Alla possibilità di incomprensibili deviazioni dal quadro razionale originario nell’elaborazione della nuova nozione giuridica di persona come istituzione trovarono rimedio i giuristi commentatori del XVI secolo, che intrapresero la via dell’assimilazione dell’istituzione impersonale alla persona in quanto soggetto giuridico provvisto di capacità patrimoniale, come già suggerito nei testi del

Corpus Iuris Giustinianeo. Quei giuristi correttamente dettero la qualifica a qualsivoglia istituzione,

di carattere quindi pubblico o privato, di persona ficta, ovvero di finzione68, un’immagine che ha vita soltanto in iure.

Anche se “finzione”, l’istituzione, soprattutto quella privata, avrà gran successo nei rapporti economici, politici e sociali dei secoli successivi. La società di capitali, ovvero l’istituzione con il grado più elevato di costruzione fittizia, si dimostrerà un potentissimo propulsore di crescita economica nelle società moderne e contemporanee. E’ utile sottolineare che la finzione relativa ad una persona che in realtà non esiste si dimostrerà oltremodo utile per tutti gli uomini di affari che proprio in quella finzione troveranno, attraverso lo schermo della personalità giuridica dell’istituzione societaria, un rifugio sicuro per i loro profitti, perché la persona giuridica è tecnicamente funzionale a risparmiarli da ogni responsabilità patrimoniale verso i creditori nel caso in cui l’impresa economica fallisca : a fallire infatti sarebbe la società e non il suo padrone.

68 Bartolo di Sassoferrato nel Commentarium in Digestum Novum, a Dig. 48.19.16.9; afferma che “l’istituzione non è

propriamente una persona, ma noi giuristi abbiamo introdotto una finzione in luogo del vero”. A questa affermazione si aggiunge quella del suo allievo Baldo Degli Ubaldi che scriverà della istituzione-persona come di “un’immagine che si percepisce più con l’intelletto che con il senso” nel In Decretarum Volumen Commentaria c. 3. X.1. 31. n° 14.

L’istituto della separazione del patrimonio dagli uomini appartenenti all’istituzione deve le sue origini al principio enunciato dal giurista Ulpiano che sostiene “quel che è dovuto all’istituzione non è dovuto ai singoli; e, d’altra parte, i singoli non debbono quanto deve l’istituzione”69. Tale principio caratterizza la personalità giuridica di qualsiasi istituzione, pubbliche comprese, e rovescia il principio che si era affermato in età comunale secondo il quale ogni singolo era chiamato a rispondere in solido con il Comune per qualunque debito gravante su quell’istituzione.

Se si vuole concludere con una osservazione, è facile indicare questo concetto di persona come istituzione come uno di quelli che sembra maggiormente alimentare la critica imputata al diritto, da parte di alcuni, di avere il grave difetto di mistificare la realtà. Questo è il classico esempio di una regola giuridica che crea una realtà prima inesistente, con ciò privando gli uomini della capacità di plasmare la realtà. Si nega così l’idea del diritto come “specchio” del reale, un’idea ormai abiurata dalla dottrina contemporanea e dalla visione che essa ha della legge. Quest’ultima infatti, si riduce a mera manifestazione della volontà del titolare del potere, che si crea la realtà artificiale che vuole e che poi impone come verità.

2.6 EVOLUZIONE DELLA INCLUSIONE DELLA CATEGORIA ANIMALI NELLA NOZIONE

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