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PERSONA COME ESSERE VIVENTE.

Nel documento Persona,dignità,libertà contrattuale (pagine 33-35)

Stabilire che cosa significa essere vivente, o meglio quando si può considerare un essere umano come vivente, è sempre stato al centro di accese controversie filosofiche, etiche e giuridiche. La chiesa cattolica si batte perché l’inizio della esistenza in vita venga fatto coincidere con il concepimento57. Il problema maggiore è che non vengono fornite prove scientifiche, ma il solo assunto che quanto affermato è verità di fede e come tale incontrovertibile verità. E’ per questo che coloro abituati a seguire la via della ragione piuttosto che quella della fede per giustificare certi accadimenti, non possono accettare questo postulato. I più convinti razionalisti sostengono addirittura che l’opera dei cattolici ha avuto un effetto controproducente per quanto riguarda il progresso della conoscenza e il più corretto riconoscimento del momento di inizio della vita umana. Il miglior modo per risolvere tale controversia non è certamente quello, che sembra oggi avere molto successo, della contrapposizione fra opposti estremismi; ovvero l’estremismo religioso da una parte e quello laico dall’altra. Entrambi hanno il difetto di fondarsi su posizioni aprioristiche, che finiscono per avvilupparsi in una dialettica distorta dalla quale escono soluzioni antitetiche che sono sopratutto dettate dall’esigenza della contrapposizione a ogni costo.

La risposta alla domanda circa il perché di tanta risoluzione da parte di movimenti laici e femministi nella difesa della massima giuridica che risale a duemila anni fa secondo la quale il parto, prima della nascita, è una porzione della donna o delle sue viscere58, può aiutarci nella risoluzione del dilemma relativo all’esatto momento della nascita. Ancora oggi le argomentazioni favorevoli

57 La chiesa cattolica per lungo tempo ha abbracciato la dottrina “dell’animazione successiva” alla cui base sta l’idea

della evoluzione umana per stadi successivi, ripresa dalla dottrina tomista. Secondo questa dottrina , l’essere sarebbe stato prima un “vegetale”, poi un “animale” e soltanto all’ultimo stadio, quando le strutture cerebrali hanno acquisito un grado di autonomia sufficiente, l’essere diverrebbe un uomo dotato di anima razionale direttamente infusa da Dio. Nel novecento, Jack Maritain si presentava come uno dei maggiori sostenitori di questa tesi e nel suo Approches sans

entraves: scritti di filosofia cristiana, Città Nuova, Roma, 1977, 87 sgg affermava : “ammettere che il feto umano

dall’istante della sua concezione riceva l’anima intellettiva, quando la materia non è ancora in nulla disposta a questo riguardo, è, ai miei occhi, un’assurdità filosofica. E’ tanto assurdo come chiamare bebè un ovulo fecondato.”

Quanto affermato darebbe ragione a tutti coloro che, contrariamente a quanto si pensa, affermano che è la chiesa degli ultimi anni che più si batte per il riconoscimento dell’embrione come essere vivente. Tale battaglia per l’embrione, non sarebbe quindi parte della storia e della teologia della chiesa più consolidate.

58

Questo è quanto affermava Ulpiano in Dig. 25.4.1.1 quando diceva : partus enim antequam edatur,mulieris portio est

all’aborto volontario e al non riconoscimento all’embrione di alcuna soggettività in qualunque stadio della sua evoluzione biologica si fondano su questa massima59.

A proposito dell’inizio della vita, si segue oggi una corretta metodica fondata su di un protocollo che postula la consultazione indefettibile della scienza60. La scienza contemporanea ci dice che l’essere umano esiste da un punto di vista biologico a partire da un periodo successivo ma non lontano da quello della fecondazione. Questa è una risposta diversa da quella data dalla dottrina tradizionale e ci permette di introdurre il concetto di pre-embrione che è cosa ben diversa dall’embrione. Il pre-embrione, a differenza dell’embrione, avrebbe quindi un’esistenza biologica precisa, ma non una identità individuale precisa. Da questa identità biologica può derivare lo sviluppo di certi tessuti, ma non può, invece, conseguire un individuo umano.

Il diritto, visto che è in grado di creare gli uomini che vuole e di equalizzarli alla misura che vuole “normalizzandoli”, potrebbe prescindere da quello che è lo stadio della conoscenza scientifica attuale61. Quanto appena sostenuto contrasta, però, con quanto ci insegna la migliore tradizione giuridica; ovvero che il diritto è ( e deve essere ) lo specchio della realtà. Una norma che contraddice la conoscenza acquisita, laddove non esistano buone ragioni per sovrapporvi la realtà artificiale imposta dalla legge, sarebbe quindi inaccettabile.

I giuristi in favore dell’aborto argomentano che l’attribuzione di una qualche soggettività all’embrione introdurrebbe, in un ambito così delicato, una logica di esclusione o comunque di competizione62. Nel caso in cui a rischio non fosse la vita della madre, la competizione si verrebbe a

59 E’ interessante far notare che il movimento femminista non è mai stato particolarmente entusiasta della legislazione

romana in materia di diritto delle persone e della famiglia e ha invece espresso una quasi totale condanna di alcuni dei suoi istituti basilari come la supremazia del pater rispetto alla moglie e ai figli e la deteriore condizione delle femmine rispetto ai maschi, ben esemplificate nel Digesto 1.5.9.

60 Anche il diritto romano faceva forte affidamento sulla scienza medica per la fissazione dell’inizio della vita : per la

soluzione di questioni inerenti la gestazione e il parto si seguiva la “dottrina di Ippocrate”, che offriva le sue soluzioni con la formula di apertura Ippocrate scrisse ( Dig. 38.16.3.12 ) o con quella alternativa secondo l’autorità del

dottissimo Ippocrate ( Dig. 1.5. 12 ).

61 M. L. Marella ha confermato che, in tema di persone, il diritto dovrebbe prescindere dalla realtà biologica affermando

nel La logica e i limiti del diritto nella procreazione medicalmente assistita,in www.costituzionalismo.it, Rivista Giuridica on-line, III, 2005, 2, che il giurista non deve lasciarsi impressionare dalla immagine dell’ecografia pre-natale, affermazione, che, peraltro, ha lasciato più di qualcuno perplesso.

creare fra il diritto di nascere ( ovvero il diritto alla vita ), da una parte, e il diritto della donna a disporre del proprio corpo, dall’altra.

I giuristi antiabortisti sostengono, al contrario, che non vi sarebbe una vera e propria ragione ultima che possa far prevalere un diritto , e quindi il diritto della donna, su di un altro e aggiungono che seguire il broccardo per cui “chi esercita il suo diritto non cagiona offesa ad alcuno” è solo funzionale alla conservazione di quell’assetto vigente che continua a perpetrare l’idea che chi è nessuno debba rimanere nessuno.

Essi aggiungono, inoltre, che è proprio il diritto della persona che afferisce il corpo della donna ad introdurre quella logica dell’esclusione che è tanto deprecata dagli abortisti e che deriva dal fatto che i diritti della persona da cui dipendiamo, che derivano dalle costituzioni dell’ottocento, sono modellati sulla struttura e le prerogative della proprietà immobiliare; ma la reazione contro l’occupante abusivo di un fondo non ha a niente a che vedere con l’”occupante abusivo dell’utero”. Il discorso potrebbe continuare all’infinito, e come già premesso, questioni filosofiche, etiche e morali ivi coinvolte, lo rendano estremamente delicato, al di là dei tecnicismi giuridici. Quello che si voleva ottenere era, più modestamente, porre nel modo più oggettivo possibile i termini di una questione ancora problematicamente aperta.

2.5 PERSONA COME ISTITUZIONE

In svariate occasioni, nelle fonti , si affaccia l’uso del termine persona in relazione a enti istituzionali, a carattere pubblico o privato, che prendono la denominazione di persone giuridiche. Nelle fonti gromatiche, il termine persona veniva associato a civitas o colonia , cioè persone pubbliche, tra le quali assumeva posizione preminente la res publica63 . Ed è in queste medesime fonti che l’ istituzione viene fisicizzata e dotata di corporeità : la metafora più ricorrente è l’attribuzione del termine corpora alle istituzioni sia pubbliche che private. L’uso della metafora va

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