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L’INQUADRAMENTO NORMATIVO DELLA DIGNITA’.

Nel documento Persona,dignità,libertà contrattuale (pagine 54-57)

IL CONCETTO DI DIGNITA’ NEGLI ORDINAMENTI EUROPEI.

3.3 L’INQUADRAMENTO NORMATIVO DELLA DIGNITA’.

La clausola di dignità dell’art. II-61 non è sottoponibile a restrizioni o bilanciamento e rappresenta la positivizzazione dell’idea assoluta di dignità. Per questo non è inseribile fra i diritti fondamentali, ai quali si applicano per definizione limiti e bilanciamenti con le analoghe posizioni soggettive dei terzi. La dignità, intesa come diritto fondamentale, opererebbe con riferimento e in “relazione” ai terzi, svuotando così il suo contenuto assoluto.

Non è casuale che la dignità preceda la lista dei diritti fondamentali dell’intero Titolo I, Parte II, che è a sua volta modellato sulla nozione di dignità che lo precede. Essa è il fondamento di un catalogo di diritti che in una esperienza giuridica secolarizzata non possono avere un proprio ulteriore fondamento, ed assume, inoltre, l’antico ruolo di chiave di volta dell’intero sistema di diritti e libertà fondamentali di cui rappresenta l’originaria clausola assoluta e generale.

Proprio per la sua natura assoluta, la clausola di dignità non circoscrive un ambito di tutela ben determinato, come avviene per i diritti fondamentali, dove ciascuno di essi dà protezione ad una determinata posizione soggettiva. Essa non prefigura un singolo soggetto di protezione ben specificato, o un bene riservato all’autonomo soggetto che ad esso si riferisce ed è precluso all’intrusione del potere pubblico. Il suo ruolo è quello di modellare l’ordinamento sociale di riferimento e dare ad esso un ethos, che rifletta quello della società circostante. La sua influenza varia a seconda del contenuto del diritto da tutelare, della materia disciplinata e del grado di vicinanza con le norme a cui fa da fondamento.

Se la dignità è centro del sistema, questo non ci deve indurre a pensare circa l’esistenza di una completa separazione fra diritti fondamentali e dignità : è invece vero il contrario, ovvero una commistione articolata e un legame indissolubile che è più chiaramente evidente in certi diritti, come quello alla vita, alla libertà di pensiero e all’integrità fisica.

Il preambolo degli art. II-61, è quindi un principio generale del diritto. Questo non esclude che, se riconosciuta formalmente con riguardo a specifiche fattispecie, la clausola di dignità non dia origine

ad una pretesa soggettiva al suo rispetto di fronte a possibili e diverse violazioni. Per ottenere questo tipo di protezione sarebbe però auspicabile definire con certezza l’oggetto di tutela, e laddove non ben definito, crearne uno nuovo113.

In quanto principio, la dignità costituisce la chiave di interpretazione di molte norme, oltre che talvolta esserne la ratio ispiratrice. Qualche giurista l’ha definita, in modo appropriato, idea 114, perché non dà diretta protezione ad un bene giuridico, ma è il terreno in cui si radicano un determinato complesso di beni giuridici. Da questa posizione apicale risolve i conflitti fra attribuzioni configgenti di diritti e le sue sollecitazioni in materia di risoluzione di conflitti hanno una natura etica. Esse necessitano di essere positivizzate, anche se ciò non le farà mai venir meno di quel quid pluris esclusivamente etico che le caratterizza.

Se vogliamo raggiungere delle conclusioni, si può quindi pacificamente affermare che, come è proprio del rapporto tra ratio legis e lex ,oltre a guidare il processo ermeneutico delle norme sottostanti, la dignità rinvia necessariamente alle medesime norme. In altre parole essa garantisce, specificando la norma e il suo contenuto, la sua effettività. Questo eviterebbe le banalizzazioni circa la nozione di dignità, che la relegavano ad un piano astratto e ultroneo rispetto alla esigenze di implementazione ed efficacia del diritto. Come conseguenza, le corti tutelano la dignità umana sanzionando i comportamenti contrari al catalogo dei diritti e delle libertà fondamentali e a tutti gli altri precetti normativi fondati sul principio di garanzia della dignità. Istituti giuridici, e non pura astrazione ideale, fanno da corollario alla esigenza di garantire la dignità. E’, però, interessante notare come la natura peculiarmente etica e ideale della dignità apra a prospettive che vanno ben al di là degli istituti giuridici sopra menzionati, rendendola parametro che misura e, conseguentemente, legittima una coerente e adeguata attuazione di questi stessi istituti. Dall’assoluto dell’idea di dignità si scende al relativo dei casi di specie che vanno bilanciati con riferimento all’idea di dignità medesima. L’assolutezza che gli è propria non impedisce, però,

113 A riguardo, Piepoli, op.cit, 58, suggerisce l’introduzione dell’area della personalità del malato nell’ambito sanitario;

quella dell’onore o della vita privata del prestatore di lavoro nell’ambito del diritto del lavoro… etc.

l’eliminazione della precarietà e dei limiti dell’ordinamento giuridico positivo che rendono la dignità e la sua protezione emblema controverso e contraddittorio della società stessa.

In conclusione, attraverso la clausola la persona viene ritenuta come soggetto unico e infungibile, oltre che rappresentazione della “famiglia umana universale”. Se per umanità, abbiamo visto che si intendono relazioni fra individui fondate su di un imperativo di reciproco riconoscimento, da un lato la dignità tutela una rete di rapporti sociali vicendevoli impedendo esclusione e sfruttamento della persona, con particolare riferimento a tutti quei casi che sono testimonianza di abuso e dominio reale o parziale su soggetti più deboli e vulnerabili, da parte di terzi, gruppi di soggetti o potere pubblico; dall’altro “la dignità comune a tutti gli individui implica una protezione oggettiva e indisponibile dell’essere umano “115. In questo caso la dignità è tutta interna al soggetto stesso e si identifica con il potere di limitazione a disporre di sé stessi, che deriva dall’indisponibilità della persona intesa come qualità degli elementi che compongono la comune dignità. In questo caso si legittima l’ordinamento ad intervenire per limitare l’agire umano che non segua comportamenti consoni alla tutela della dignità umana.

Questa è la dialettica fra universale e particolare sulla quale si muove l’intera storia, presente, passata e futura della dignità.

Nel documento Persona,dignità,libertà contrattuale (pagine 54-57)