SULLE QUESTIONI DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE DEGLI ARTICOLI 13 E 14 DELLA L 40/2004.
2.2 Divieto di crioconservazione degli embrioni, limite di tre embrioni e contemporaneo impianto.
Una volta consacrato il divieto di produrre embrioni di fuori di un progetto procreativo, la legge italiana affronta la questione degli embrioni soprannumerari. Con precisione, la legge all’articolo 14 comma 1 stabilisce che « È vietata la crioconservazione e la soppressione di embrioni, fermo restando quanto previsto dalla legge 22 maggio 1978, n. 194 ».
La crioconservazione è « una tecnica volta a prolungare la vitalità dell’embrione attraverso il suo congelamento e successivo mantenimento in azoto liquido112». Tale pratica a parere di alcuni113 è in contrasto con la dignità della vita umana (o dell’uomo laddove si dovesse accettare l’equiparazione tra embrione e nato) quando non finalizzata a garantire un successivo impianto: in questi casi poi è stato ritenuto che si tratterebbe di una manipolazione priva di ogni utilità per l’embrione medesimo, equiparabile a un accanimento terapeutico114.
Ad avviso però di altri bioeticisti, « ciò che dovrebbe apparire priva di dignità sarebbe piuttosto sia la generazione in provetta di esseri umani, che sarebbe molto meno rispettosa della dignità degli embrioni, rispetto alla crioconservazione, sia una loro intenzionale e programmata distruzione115». Secondo l’intenzione del legislatore la crioconservazione è giustificata prioritariamente dall’ esigenza di
111. Fuschetto, Uso e abuso della parola eugenetica, cit., 81. In senso conforme B. Mastropietro,
Procreazione assistita: limiti e contraddizioni di una legge al vaglio del referendum (28 aprile 2005), in www.diritto.it/archivio/1/ 20023. pdf.; R. Prodromo, Test genetici e controllo delle nascite, in ID. (a cura), La nascita. Mille volti di un'idea, Torino 2006, 187 e C. Lalli, Libertà procreatica, Napoli, 2004, 93 ss.
112G. De Francesco, G. Fidelbo, Leggi penali complementari, Milano, 2007, 646. 113Casini, Casini, Di Pietro,op. cit., 236.
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Casini, Casini, Di Pietro,op. cit., 243.
115Commissione di studio sugli embrioni crioconservati nei centri di PMA nominata con Decreto
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evitare la morte dell’embrione, quando l’impianto in utero si riveli nell’immediato impossibile, e di garantire così la possibilità di un impianto in tempi successivi. Più in generale, la crioconservazione serve a garantire comunque la vita dell’embrione, nei casi di rinuncia all’impianto da parte della madre. L’articolo 14 comma 3, consente la crioconservazione, ma quando il trasferimento non sia possibile per lo stato di salute della donna116. In stretta correlazione poi con il divieto di crioconservazione si trova il limite di produzione di non più di tre embrioni. Infatti stabilisce l’art. 14 comma 2 che « le tecniche di produzione degli embrioni […] non devono creare un numero di embrioni superiori a tre ». Considerata nel suo insieme la disciplina dell’articolo 14 come più volte detto, mira a realizzare una forte tutela dell’embrione umano. Proprio il divieto di produrre non più di tre embrioni rappresentava il punto nodale della normativa in esame117. L’intento del legislatore era quello di evitare la sovrapproduzione di embrioni, i quali sarebbero stati conservati nei centri specializzati per essere, in alcuni casi, riutilizzati dalla coppia che avesse richiesto un ulteriore impianto, e in altri casi destinati a una malaugurata sorte118. Prima dell'entrata in vigore della legge si procedeva, in genere, all'inseminazione di più di tre ovociti e si procedeva al successivo impianto degli embrioni di migliore qualità119. Ciò consentiva una selezione a monte degli embrioni, dettata dalla necessità di mirare ad un intervento di successo e si ovviava, attraverso la crioconservazione degli embrioni in eccesso, al problema della reiterazione del trattamento in caso di fallimento.
116 Negli stessi termini in cui è consentita dalla legge 194/78 l’interruzione della gravidanza per la
salute della tutela della gestante, allo stesso modo la donna potrà legittimamente rifiutare l’impianto dell’embrione prodotto in vitro allorquando la conoscenza dell’esistenza di gravi malattie genetiche o cromosomiche nell’embrione medesimo abbiano determinato in lei una patologia tale per cui procedere ugualmente all’impianto sarebbe di grave nocumento per la sua salute fisica o psichica. In questo caso infatti non si tratterebbe di pratica eugenetica, certamente vietata ai sensi dell’articolo 13, ma di impossibilità di procedere all’impianto per «grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione»che ai sensi dell’articolo 14 comma 3 legittima espressamente la crioconservazione dell’embrione sino a quando e se l’impedimento all’impianto venga meno (Tribunale di Cagliari 24 09 2007, in Giust. Civ., 2008, 6, 1553).
117Ravvisa in tale divieto, nonché nel complesso della disciplina contenuta nell’articolo 14
“l’aspetto più irragionevole e ingiusto” dell’intera legge italiana sulla PMA, D’Amico, I diritti contesi, Milano, Franco Angeli, 2008, 45.
118Molti degli embrioni prodotti in passato sono stati eliminati. Solo in Gran Bretagna, tra il 1991
ed il 1998, sono stati gettati 237.601 embrioni umani. In Italia il numero attuale di embrioni crioconservati nelle strutture italiane è stimato intorno ai 30.000,B. Mastropietro, Procreazione assistita: limiti e contraddizioni al vaglio del rferendum, in Dir. Civ. comm., 2005,12.
119M. Manetti, Procreazione medicalmente assistita: una political question disinnescta, in Giur.
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Per altro la produzione di più di tre embrioni era ritenuta funzionale per eseguire con buon successo la diagnosi pre-impianto (consentita prima della legge del 2004). Tuttavia l’ovvia conseguenza che questo meccanismo realizzava era una sovrapproduzione di embrioni che rimanevano nei centri, per poi essere destinati a una fine infausta . Questa tecnica (cioè la previsione normativa) ha portato dunque a una netta inversione di tendenza. E ha portato il legislatore a ritenere sufficiente l’impianto contemporaneo di soli tre embrioni.
Il comma 4 dell’articolo 14 poi vieta la riduzione embrionaria delle gravidanze plurime, facendo salva tuttavia l’applicabilità della legge sull’interruzione volontaria di gravidanza. Una delle preoccupazioni emerse in sede parlamentare prima dell’entrata in vigore della legge riguardava la probabilità che l’obbligato impianto simultaneo di tre embrioni avesse potuto generare gravidanze multiple, fonte di seri rischi per la salute dei nascituri e della madre, con aumento della mortalità, delle malattie, degli handicap e di considerevoli complicazioni pre e post partum120. La scelta del legislatore, di prevedere un unico impianto, di tutti gli embrioni prodotti in vitro, per evitare il problema degli embrioni sovranummerari, ha suscitato fortissimi rilievi critici121. Dal punto di vista clinico, si è obiettato che la scelta di creare un numero massimo di tre embrioni non garantirebbe una ragionevole probabilità di successo ed esporrebbe la donna, in caso di insuccesso, a successive stimolazioni ormonali -interventi dolorosi, invasivi e dannosi- per ottenere nuovi ovuli per la fecondazione in vitro122. Sul punto della (possibile) gravidanza plurigemellare, cui la donna potrebbe andare incontro, qualora decida di sottoporsi all’unico e contemporaneo impianto di tre embrioni, il comma 4° dell’art.14, enuncia astrattamente il principio del divieto di riduzione embrionale di gravidanze plurime, ma subito dopo, per ridare una sua razionalità alla norma, fa salva l’applicazione della L. 194/78, accettando in conclusione una riduzione fetale nelle ipotesi in cui sarebbe consentita la interruzione della gravidanza123. Senza dubbio, una volta iniziata una gravidanza
120 Ferrando, op. cit., 252.
121 Con una nota presentata alla 12° Commissione permanente Igiene e Sanità, il Prof. Giuseppe
Benagiano, Segretario generale della Federazione internazionale di ginecologia ed ostetricia, ha rilevato come, una pratica
di tal fatta, sarebbe passibile, se non fosse imposta dalla legge, di denuncia all’autorità giudiziaria, per quella che viene comunemente denominata malsanità.
122Sul tema R.Villani, op.cit., 207 ss.; nonché Stanzione e Sciancalepore, op.cit., 214 ss. 123
Stanzione e Sciancalepore, op. cit., 219 ss., secondo cui sembra, ancora una volta, che il legislatore della legge 40 voglia evitare di “sporcarsi le mani”, scaricando la responsabilità delle scelte difficili sui compilatori della legge sull’aborto. Da un lato si enuncia il principio che vieta la
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multipla, qualora si presentino seri rischi per la salute della madre e dei nascituri, la riduzione fetale sembra essere la soluzione più ragionevole, poiché garantisce una (prosecuzione della) gravidanza sicura sia per la madre che per il feto o i feti che si vuole o si vogliono salvare. Ma tale soluzione tradisce l’incoerenza delle scelte del legislatore che, per evitare lo «spreco» di vite umane, «impone» il rischio di una gravidanza plurima che può condurre ancora una volta al ricorso all’aborto124.
2.3 Orientamenti giurisprudenziali dal 2004 ad oggi in relazione ai divieti