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Tar Lazio n 398 del 2008: annullamento linee guida del ministero della salute del 2004.

SULLE QUESTIONI DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE DEGLI ARTICOLI 13 E 14 DELLA L 40/2004.

2.3.4 Tar Lazio n 398 del 2008: annullamento linee guida del ministero della salute del 2004.

Un'altra importante decisione è stata quella emessa dal TAR del Lazio nel 2008169, che si pone nella stessa direzione delle precedenti ordinanze170, in un percorso che sempre di più va verso una più completa ammissibilità della diagnosi pre-impianto.

La sentenza in commento muove da un ricorso, presentato dalla Warm (World Association Reproductive Medicine), associazione che organizza e rappresenta gli interessi collettivi di centri e di professionisti svolgenti attività di procreazione medicalmente assistita), che ha ad oggetto ben nove motivi di richiesta di annullamento delle Linee Guida di cui solo due sono stati accolti171.

Il sesto motivo di ricorso aveva come oggetto la previsione contenuta nelle Linee guida in ordine alla sola possibilità di osservazione dell’embrione (Misure di tutela dell’embrione e collegamento all’art. 13 della Legge 40). Veniva lamentato dai ricorrenti l’eccesso di potere per «ingiustizia manifesta, irrazionalità e violazione dei principi comuni in materia di tutela della salute172», laddove le Linee guida proibivano ogni diagnosi pre-impianto a finalità eugenetica e aggiungevano che ogni indagine relativa allo stato di salute degli embrioni creati

dovrebbe essere riconosciuta alla donna anche quando «l'impianto non è stato ancora praticato, coll'accesso alla diagnosi preimpianto».

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Per un primo commento vedi:TAR Lazio, Sez. III-quater, 21 gennaio 2008, n. 398, in: Foro.it., 3/2008, 207 ss. Tar Lazio 21 gennaio 2008 n. 398 in Altalex, 21 aprile 2008. Per un commento a caldo che esprime apprezzamento per il coraggio con cui alcuni giudici si sono recentemente richiamati sui grandi temi etici ai valori costituzionali può vedersi U. Veronesi, Sentenze di civiltà, in Repubblica, 24 gennaio 2008, 1 ss

170Trib. di Cagliari del 16 luglio del 2007, Trib. di Cagliari 24 settembre 2007, in Giust. civ.,

2008, I, 217 e Trib. di Firenze. 17-18 dicembre 2007 in Fam. e dir., 7, 2008, 723 ss.

171I sette motivi non accolti di richiesta di annullamento delle Linee Guida riguardano

rispettivamente le modalità di approvazione dello stesso regolamento, l'omessa definizione di embrione, la mancata differenziazione dei termini infertilità e sterilità, dichiarati sinonimi, la natura della certificazioni sullo stato di infertilità, i costi delle strutture, la mancata indicazione al medico del comportamento che deve essere tenuto nel caso di crioconservazione, la donazione ad altra coppia e la distruzione dell'embrione, il trattamento e la conservazione dei dati sensibili relativi alle coppie.

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in vitro, poteva essere solo di tipo osservazionale, prevedendo inoltre che qualora dall’indagine fossero state evidenziate gravi anomalie irreversibili dello sviluppo di un embrione, dopo averne informato la coppia, secondo le Linee Guida era possibile arrivare alla estinzione dell’embrione stesso173. In tal senso Il Ministero della Salute aveva illegittimamente ampliato i divieti e imposto comportamenti difformi dal dettato legislativo, in quanto «mentre nella legge si consente la ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano sia pure per finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione stesso, nelle linee guida tale possibilità viene contratta al punto da essere limitata alla sola osservazione dell’embrione174». Dunque il giudice ritenne che la restrizione delle Linee guida, che riducono la possibilità di ricerca alla sola osservazione, risulta illegittima e sussiste in tal senso il denunciato eccesso di potere. Le Linee guida sono, infatti, atto amministrativo di natura regolamentare, avente natura di circolare applicativa e immediatamente precettiva e non possono intervenire, positivamente, sull’oggetto della procreazione medicalmente assistita che rimane consegnata alla legge. Il giudice amministrativo ha ritenuto che quando nella comunità scientifica manca una univocità di soluzioni, in ambiti di forte impatto sociale, l’autorità amministrativa non può dettare definizioni che spettano solo al legislatore175. Di qui la conseguenza dell’illegittimità delle Linee guida nella parte in cui restringono le possibilità di intervento di tipo diagnostico e terapeutico dell’embrione.

Il settimo motivo esaminato dal TAR Lazio riguarda il tema ancora più stringente inerente la previsione contenuta nelle Linee guida e nella Legge 40 circa l’obbligo di creazione di un numero di embrioni comunque non superiore a tre e del loro contestuale impianto, nonché il divieto della crioconservazione tranne ipotesi del tutto eccezionali (art. 14 comma 2 e 3). Si è contestato al riguardo la mancata previsione nelle Linee guida, anche in via esemplificativa, di situazioni legate a patologie e condizioni morbose non prevedibili al momento del trasferimento

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Linee guida nel capo relativo alle « Misure di tutela dell’embrione» in applicazione dell’articolo 13 della l. n. 40 del 2004.

174Tar Lazio 21 gennaio 398/2008, cit., in Guida dir., 2008, n. 6, 60 ss., cit.

175Il Tar Lazio osserva infatti che «in assenza di una soluzione scientifica univoca non compete

all’autorità amministrativa la scelta delle definizioni da adottare che in considerazione delle conseguenze e delle implicazioni sul tessuto sociale della stessa non può che spettare al legislatore», Tar Lazio 21 gennaio 398/2008, in Guida dir., 2008, n. 6, 60 ss., cit.

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degli ovociti per i quali potesse essere prevista la crioconservazione176. Ciò sarebbe in contrasto con l’art. 32 comma 2 e con gli art. 2 e 3 della Costituzione stante la compromissione della «genitorialità intesa come espressione della personalità umana177».

In ordine a tale motivo di ricorso e sulla conseguente richiesta di adire la Corte Costituzionale, il TAR ha ritenendola fondata, sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 14 commi 2 e 3 della Legge 40/2004, essendo le norme regolamentari letterale e pedissequa espressione della Legge. Il ragionamento che seguono i giudici del Tar si fonda sulla lettura dei seguenti principi ispiratori della Legge 40/2004, che si sostanziano nello scopo di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana, nella tutela di tutti i soggetti coinvolti compreso il concepito (e l’embrione), nella gradualità di applicazione delle tecniche finalizzata alla minore invasività delle stesse. L’ambito di riferimento è evidentemente quello inerente alla tutela della salute di cui all’art. 32 della Costituzione, configurandosi le tecniche di procreazione medicalmente assistita quali trattamenti sanitari, vale a dire pratiche terapeutiche tese a sopperire ad alterazioni dell’organismo. Posto tale contesto, il Tar si interroga sulla congruenza delle disposizioni concrete contenute nelle Linee Guida e nella Legge n. 40 alla luce dell’art. 1 della Legge stessa che ne indica lo scopo. Dopo un articolato ragionamento, i giudici concludono che è rilevabile una contraddittorietà intrinseca della legge, laddove in altri articoli e in particolare all’articolo 14 sono imposti obblighi e divieti che appaiono in contrasto con i principi ispiratori della normativa. Secondo la previsione dell’art. 14 comma 2, infatti, deve essere effettuato un unico impianto con tutti gli embrioni prodotti e, ai sensi dell’art. 14 comma 3, il trasferimento degli embrioni deve essere sempre effettuato, salvo i casi per cui ciò non risulti possibile per grave e documentata causa di forza maggiore, relativa allo stato di salute della donna, non prevedibile al momento della fecondazione. Il Tar osserva che «la tutela dell’embrione non è assoluta, ma si spinge fino al punto di assicurare concrete aspettative di gravidanza » e quindi « la Legge 40 del 2004 […]non avrebbe dovuto escludere la possibilità di accertamento delle molte variabili che accompagnano la vicenda della procreazione assistita, quali la salute e l’età della donna interessata nonché la

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Rileva la WARM che « le linee guida avrebbero dovuto elencare in via esemplificativa, patologie e condizioni ».

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possibilità che la donna produca embrioni non forti – fatto del tutto diverso dalla produzione di una “razza migliore”178» e cioè non idonei a realizzare il risultato della gravidanza e della procreazione. Tale mancata possibilità di accertamento e la predeterminazione per legge del numero di embrioni, può rivelarsi un inutile sacrificio degli stessi embrioni e con una diminuzione delle possibilità di successo. In tal senso le disposizioni rivelano la loro intrinseca irragionevolezza. Ciò rileva anche per la mancata considerazione dell’età della donna, producendo una disparità di trattamento dovuta alla circostanza che situazioni diverse debbono soggiacere allo stesso trattamento predeterminato per legge. Non di meno, essendo una pratica sanitaria, non è possibile non riconoscere al medico curante la valutazione del singolo caso sottoposto al trattamento e operare secondo la minore invasività. In ciò risiede un contrasto anche con il diritto alla salute sancito dall’art. 32 della Costituzione.

Su tali ragioni il TAR rinvia alla Corte Costituzionale, ritenendo che si tratti ormai di questioni e situazioni che interessano una percentuale in aumento della popolazione adulta in età cosiddetta fertile. A differenza di altre pronunce, i giudici del TAR hanno ritenuto di operare una valutazione ponendo al centro il bilanciamento d’interessi diversi da quelli notoriamente richiamati in tale materia, vale a dire la tutela della donna e quella del concepito. Nella sentenza in oggetto sussiste un altro bilanciamento posto all’attenzione: quello tra l’interesse alla tutela dell’esigenza di procreare e quello di tutela dell’embrione, nonché la protezione della salute.