SULLE QUESTIONI DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE DEGLI ARTICOLI 13 E 14 DELLA L 40/2004.
2.3.1 Prima questione di legittimità costituzionale concernente l’articolo 14 della legge 40/2004.
La prima decisione, a distanza di pochi mesi dalla entrata in vigore della l. n. 40/2004, ha dato la prima conferma pratica dell’estrema rigidità del testo normativo e dei suoi numerosi limiti.
Venne emessa dal Tribunale di Catania126, cui si erano rivolti una coppia di coniugi, portatori sani di beta-talassemia, i quali, dopo essersi rivolti ad un Centro medico per realizzare una procreazione medicalmente assistita, chiedevano di procedere alla diagnosi genetica pre-impianto e, all'esito delle risultanze di questa, eventualmente di non procedere all'impianto degli embrioni malati. Tra l'altro, la moglie, con la piena adesione del marito, affermava anche che l'impianto di un embrione malato avrebbe comunque comportato la sua richiesta d’interruzione della gravidanza. Il Centro medico rifiutava però di consentire a tale richiesta, adducendo a motivo del rifiuto il disposto dell'art. 14, comma 2 della l. n. 40 del 2004, il quale pone l'obbligo di contemporaneo impianto di tutti gli embrioni prodotti fino a tre. A questo punto i coniugi domandavano al Tribunale di volere dichiarare, con provvedimento ex art. 700 c.p.c., il loro diritto a impiantare i soli embrioni rivelatisi sani all'esito della diagnosi genetica di pre-impianto e di ordinare al Centro medico la prosecuzione in questi nuovi termini del protocollo di procreazione medicalmente assistita.
125errando, G., Fecondazione in vitro e diagnosi pre-impianto dopo la decisione della Corte
Costituzionale, Atti dell’incontro di studio promosso dall’ Ufficio per gli incontri di Studio del Consiglio Superiore della Magistratura sul tema «Il giudice e le decisioni di inizio e fine vita», Roma, 16–18 settembre 2009.
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I ricorrenti proposero questione di legittimità costituzionale dell’articolo 14 comma 1 e 2 della l. n. 40 del 2004 con riferimento agli artt. 2, 3 e 32 Cost127. In particolare la prima questione riguardava il controverso rapporto fra la disciplina della fecondazione assistita e la legge n. 194/1978 in materia d’interruzione volontaria della gravidanza. I problemi sollevati coinvolgono in primo luogo l'impossibilità di crioconservare e poi selezionare gli embrioni malati (art. 14, comma 1), a fronte del fatto che altra legge dello Stato, appunto la l. n. 194 del 1978 preveda l'interruzione della gravidanza128: bisogna però sottolineare che la l. 194 opera un bilanciamento d’interessi tra la salute della donna e il nascituro e sottopone l’interruzione a vincoli precisi, nel senso che non è sufficiente la potenziale patologia dell’embrione per interrompere la gravidanza. Si lamenta l'illogicità della norma e quindi il mancato rispetto del criterio di ragionevolezza (articolo 3 Cost.) per il fatto che invece l'art. 4 della l. n. 194 del 1978, fa espressa menzione della previsione di anomalie o malformazioni del concepito tra le circostanze che potrebbero legittimare l'interruzione volontaria della gravidanza a tutela della salute fisica o psichica della donna che è il presupposto su cui si fonda la legge n.194 del 1978. Se dunque - affermano i ricorrenti - la malformazione o la grave anomalia del feto è causa di legittima interruzione della gravidanza (non è proprio cosi, per quanto detto sopra), non avrebbe alcun senso logico costringere la donna all'impianto di uno o più embrioni già diagnosticati come affetti da gravi patologie, di fronte alla dichiarazione anticipata di volontà della donna di volere successivamente interrompere la gravidanza a tutela della propria salute psichica.
La seconda questione di legittimità costituzionale esaminata dal Tribunale di Catania riguarda l’art. 14, 2° comma, della legge n. 40, nella parte in cui obbliga l'impianto di tutti e tre gli embrioni prodotti, indipendentemente dal loro stato di salute e dalla volontà della madre, così da prefigurare un trattamento sanitario obbligatorio. Ne risulterebbe violato non solo il diritto alla salute di cui all'art. 32 Cost., ma anche l'art. 2 Cost., dal cui combinato disposto con l'art. 32 Cost. si desume un diritto di autodeterminazione che «esclude ogni subordinazione della
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L. d'Avack, La legge sulla procreazione medicalmente assistita: un'occasione mancata per bilanciare valori ed interessi contrapposti in uno Stato laico, in Dir. E Fam., 2004, 793 ss.
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Per un commento alla sentenza di Catania vedi, Lorenzo d'Avack, L’Ordinanza di Catania: una decisione motivata attraverso una lettura testuale della l. n. 40 del 2004, in Dir. Fam., 2005, 2, 550.
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volontà del singolo ad un interesse che lo trascende129». A sostegno della tesi i ricorrenti richiamano alcune pronunce della Corte Costituzionale (n. 27 del 1975; n. 26 del 1981 e n. 35 del 1997) ed altre della Cassazione in materia di responsabilità medica per omessa diagnosi di malformazione del feto (n. 12195 del 1998 e n. 6735 del 2002). « Attraverso queste decisioni richiamate si vuole desumere non solo il diritto alla salute della donna nella sua dimensione psicologica e fisica, ma anche un interesse costituzionalmente protetto del bambino a "nascere sano"130».
Il giudice ha rigettato il ricorso osservando che il divieto di legge è netto e chiaro sul punto; e che gli stessi lavori preparatori dimostravano come il divieto non dipendesse da una lacuna, avendo il Parlamento espressamente considerato il caso dei coniugi portatori di malattie genetiche, decidendo però, a conclusione di un ampio dibattito, di limitare il proprio obiettivo alla introduzione di un rimedio medico per le sole malattie che producono la sterilità della coppia. Il giudice ritenne di non poter evincere dal testo della norma, la possibilità di non impiantare gli embrioni che fossero risultati malati per effetto della trasmissione di malattie da parte dei genitori. La prestazione medica che i coniugi volevano ottenere come oggetto del provvedimento richiesto al giudice in via di urgenza risultava, quindi, illecita, perché contraria a norme imperative che ne sanzionavano penalmente l'esecuzione.
Inoltre il giudice catanese, negò che nell'art. 4 della l. n. 194 del 1978 potesse leggervisi una palese antinomia con il disposto di cui all'art. 14 della l. n. 40 del 2004. L'aborto, ha sottolineato, è infatti consentito solo a protezione della salute della donna e non invece al fine di garantirle la nascita di un bambino sano. Quanto alla salute del nascituro, questa viene configurata dal giudice come un diritto del nascituro stesso e non come un diritto della donna, comprensivo del corrispettivo diritto di non condurre a termine la gravidanza di figli malati. Dichiarata, quindi, priva di fondamento la tesi affermativa della facoltà della donna d’interrompere la gravidanza del feto malato o malformato (se non per motivi di salute connessi ai rischi derivanti dalla continuazione della gravidanza), viene meno - secondo il giudice - anche la tesi fondata sulla necessità logica di
129Trib. Catania,3 maggio n 4612/ 2004, in Dir.Fam.,2005, 1, 97, cit. 130Trib. Catania,3 maggio n. 4612/2004, in Dir.Fam.,2005, 1, 97, cit.
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permetterle di rifiutare l'impianto dell'embrione destinato a soffrire di quelle stesse patologie131.
Molte sono state le critiche132 mosse a questa decisione. Il giudice, avrebbe esercitato il potere di entrare nel merito della questione, sovrapponendo il proprio giudizio a quello del giudice costituzionale. La decisione del giudice di Catania di dichiarare manifestamente infondate le questioni di costituzionalità poste dai ricorrenti, «costituisce senz’altro un’occasione perduta per sottoporre al vaglio della Corte Costituzionale una legge che obiettivamente solleva numerosi dubbi», come sottolineato anche in dottrina133. Alcuni autori134 pur condividendo l'interpretazione data dal giudice alla l. n. 40 del 2004 e della sua decisione sull'impossibilità di accogliere il ricorso dei coniugi, non ha però condiviso la dichiarazione di manifesta infondatezza del dubbio sulla legittimità costituzionale di tale disciplina.
2.3.2 La posizione della Consulta sulla diagnosi preimpianto a distanza di due