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SULLE QUESTIONI DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE DEGLI ARTICOLI 13 E 14 DELLA L 40/2004.

2.3.5 Prima pronuncia di incostituzionalità della l 40/2004.

Nel 2009 finalmente la Corte Costituzionale si pronuncia, con la sentenza n. 151, su alcune delle questioni più annose della legge n. 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita.

Le questioni erano state sollevate da tre distinte ordinanze: una dal TAR Lazio179 e due dal Tribunale di Firenze180. Le problematiche sollevate hanno riguardato la legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 1, 2, 3 e 4, nella parte in cui: impone il divieto di crioconservazione degli embrioni soprannumerari al di fuori delle

178Tar Lazio 21 gennaio n. 398/2008, in Guida dir., 2008, n. 6, 60 ss, cit. 179

Tar Lazio 21 gennaio 2008 n. 398, in Guida dir., 2008, n. 6, 60 ss

180Trib. di Firenze con ordinanze del 12 luglio n. 323/2008, in Foro it., 2008, I, 3355 e Trib.

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limitate ipotesi previste dalla norma stessa; nella parte in cui prevede, ai fini dell'applicazione della procedura della procreazione medicalmente assistita, la formazione di un numero limitato di embrioni, fino ad un massimo di tre; nella parte in cui prevede la necessità dell'effettuazione di un unico e contemporaneo impianto; nella parte in cui prevede il divieto di riduzione embrionaria di gravidanze plurime, salvo nei casi previsti dalla l. 22 maggio 1978 n. 194; la legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 3, ultima parte, della stessa legge per contrasto con l'art. 32, 2° comma, Cost., laddove prevede l’irrevocabilità del consenso da parte della donna all'impianto in utero degli embrioni creati.

Con la sentenza dell' 8 maggio 2009 n. 151, la Corte Costituzionale, dopo aver affrontato tutta una serie di problemi meramente procedurali ai fini dell'ammissibilità delle questioni di costituzionalità, ha riunito i giudizi e dichiarato: l'illegittimità costituzionale dell'art. 14, comma 2, limitatamente alle parole « ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre»; l'illegittimità costituzionale dell'art. 14, comma 3, nella parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile, come stabilisce tale norma, debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna; l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 1 (che vieta la crioconservazione e la soppressione di embrioni); l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 4 (che vieta la riduzione embrionaria per gravidanze plurime), per difetto di motivazione sulla rilevanza nel giudizio a quo; l'inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 3 (sulla non revocabilità del consenso informato), per difetto di motivazione sulla rilevanza nel giudizio a quo. Sicuramente questa rappresenta una svolta fino al 2009 mai verificatasi, nella quale la Corte ha deciso in modo del tutto differente da come aveva fatto nel 2006, quando si trovò per la prima volta di fronte a una questione di legittimità costituzionale sulla legge in tema di procreazione medicalmente assistita entrata in vigore 2 anni prima.

Il giudice nell’applicazione della legge ha operato un interpretazione della stessa che ha tenuto conto di altri aspetti che prima non aveva considerato rilevanti. Infatti, come si legge nella sentenza, il giudice afferma che « la tutela dell’embrione non è comunque assoluta ma limitata dalla necessità di individuare

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un giusto bilanciamento con la tutela delle esigenze di procreazione181». Il giudice ha notato una contraddizione insita nell’articolo 14 comma 2 che vietando di creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto, e comunque non superiore a tre, comporta paradossalmente il ricorso a una reiterazione di cicli di stimolazione ovarica nel caso in cui l’esito del primo impianto non sia andato a buon fine, con il conseguente aumento della possibilità di patologie collegate a tale iperstimolazione. Osserva ancora la Corte per un altro verso che nei casi in cui sono più alte le possibilità di attecchimento dell’embrione il metodo previsto dall’articolo 14 determina un diverso pregiudizio per la salute della donna, cioè l’insorgenza di gravidanze plurime avuto riguardo al divieto di riduzione embrionaria selettiva di tali gravidanze di cui all'art. 14, comma 4, salvo il ricorso all'aborto182. La salute della donna viene irragionevolmente e gravemente compromessa e ciò la Corte lo imputa ad una previsione legislativa che non consente al medico di effettuare valutazioni, riguardo al limite numerico di embrioni da impiantare nel singolo caso di volta in volta affrontato183. Una disciplina, dunque, che contraddice il principio al quale deve essere improntata la pratica terapeutica: in tale materia - come più volte ha sottolineato la stessa Corte184- « la regola di fondo deve essere l'autonomia e la responsabilità del medico185». In definitiva, secondo la Corte Costituzionale, l'art. 14 comma 2 l.

181Corte Cost., n. 151/’09, in Giur. cost. 2009, 3, 1696, cit. 182

Corte Cost. n. 151/2009, Di Genio, L. Trucco, D. Chinni, S. Agosta e sono reperibili nel sito sito www.giurcost.org/decisioni/index.html

183 La Corte sostiene che la legge « non riconosce al medico la possibilità di una valutazione sulla

base delle più aggiornate e accreditate conoscenze tecnico scientifiche del singolo caso sottoposto al trattamento, con conseguente individuazione, di volta in volta del limite numerico di embrioni da impiantare»,Corte Costituzionale n. 151/2009, in Giur. cost. 2009, 3, 1696.

184 La stessa Corte costituzionale richiama in proposito alcuni precedenti tratti dalla propria

giurisprudenza: in particolare, la sentenza 19-26 giugno n. 282/2002, in Giur. cost., 2002, 2012 ss., con note di A D’Atena, La Consulta parla... e la riforma del titolo V entra in vigore e di D. Morana, La tutela della salute, fra libertà e prestazioni, dopo la riforma del titolo V, A proposito della sentenza 282/2002 della Corte costituzionale) e la sentenza 10-14 novembre n. 338/2003, 2003, 3547 ss.. In quest'ultima sentenza, che a sua volta richiama la precedente, si legge tra l'altro: « Scelte legislative dirette a limitare o vietare il ricorso a determinate terapie - la cui adozione ricade in linea di principio nell'ambito dell'autonomia e della responsabilità dei medici, tenuti ad operare col consenso informato del paziente e basandosi sullo stato delle conoscenze tecnico- scientifiche a disposizione - non sono ammissibili ove nascano da pure valutazioni di discrezionalità politica... Stabilire il confine fra terapie ammesse e terapie non ammesse, sulla base delle acquisizioni scientifiche e sperimentali, è determinazione che investe direttamente e necessariamente i principi fondamentali della materia, collocandosi all'incrocio fra due diritti fondamentali della persona malata: quello ad essere curato efficacemente, secondo i canoni della scienza e dell'arte medica; e quello ad essere rispettato come persona, e in particolare nella propria integrità fisica e psichica »

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40/2004 si pone in contrasto con gli artt. 3 e 32 Cost.: con il primo, in quanto « il legislatore riserva il medesimo trattamento a situazioni dissimili » non tenendo in considerazione che nella procreazione assistita le possibilità di successo variano «in relazione sia alle caratteristiche degli embrioni, sia alle condizioni soggettive delle donne che si sottopongono alla procedura di procreazione medicalmente assistita, sia, infine, all'età delle stesse, il cui progressivo avanzare riduce gradualmente le probabilità di una gravidanza».; con il secondo, perché il legislatore una volta chiamato a intervenire « avrebbe dovuto farlo sulla base degli indirizzi ricavabili dallo stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite e verificate da parte degli organismi competenti. Non avendolo fatto, ha violato l'art. 32 Cost., limitando ingiustificatamente l'autonomia e la responsabilità del medico e, di conseguenza, la tutela del diritto alla salute186». Come opportunamente chiarisce la Corte Costituzionale187, « l'intervento demolitorio mantiene salvo il principio secondo cui le tecniche di produzione non devono creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario188». Come è stato osservato189 la Corte non ha affermato la necessità di produrre il maggior numero possibile di embrioni, ma ha affidato al medico, attraverso un accertamento da compiersi in concreto di determinare il numero minimo di embrioni da produrre per assicurare al trattamento apprezzabili prospettive di successo; d'altro lato, la Corte, chiede di non creare un numero di embrioni che, alla luce delle condizioni di salute e dell'età della donna, comporti un significativo rischio di una gravidanza plurima.

Ancora una questione è importante: detto che il divieto di crioconservazione di embrioni (ex art. 14 comma 1 l. 40/2004), nel sistema originario della legge, ammetteva la sola deroga di cui all'art. 14 comma 3 - relativa al caso in cui il trasferimento nell'utero degli embrioni non risulti possibile per grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione - la Corte costituzionale sottolinea che il nuovo tenore dell'art. 14 comma 2 comporta un'ulteriore deroga al divieto di

186C. Tripodina, La Corte costituzionale, la legge sulla procreazione medicalmente assistita e la

«Costituzione che non vale più la pena difendere»?, in Giur. cost. 2009, 3, 1696.

187 Circa l'opportunità di tale precisazione da parte della Corte Costituzionale, A. Porracciolo

Nella creazione del materiale genetico resta il limite dello "strettamente necessario", in Guida dir., 23 maggio 2009, 36 ss.

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Corte Cost, n. 151 del 2009, in Dir. famiglia 2009, 3, 1021.

189E. Dolcini, Embrioni nel numero "strettamente necessario": il bisturi della Corte costituzionale

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crioconservazione. Il venir meno, nei limiti indicati dalla Corte dell’articolo 14 comma 2 comporta il ricorso alla tecnica di congelamento con riguardo agli embrioni prodotti ma non impiantati per scelta del medico: tali embrioni possono, e anzi devono, essere sottoposti a crioconservazione190. La Corte conclude dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'art. 14 comma 3 l. 40/2004, « nella parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile (...) debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna191»: in altri termini, secondo la Corte, il trasferimento degli embrioni, sospeso per causa di forza maggiore dipendente da malattia grave e imprevedibile della donna, dovrà avvenire non appena sia possibile effettuarlo in modo tale da escludere qualsiasi pregiudizio per la salute della paziente.