LA FECONDAZIONE ETEROLOGA TRA ORDINAMENTO INTERNO E CEDU
3.2 Le questioni di legittimità costituzionale sul divieto di eterologa proposte alla Corte Costituzionale dai Tribunali di Firenze del 6 settembre 2010 d
Catania del 21 ottobre 2010 e di Milano del 2 febbraio 2011.
Le implicazioni della sentenza della Corte EDU del 1°aprile del 2010 pronunciata nel caso austriaco231, anche se con provvedimento non definitivo, sono risultate di rilievo immediato per il nostro ordinamento232.
Infatti i Tribunali di Firenze, Milano e Catania233 hanno tenuto conto della, all’epoca, recentissima sentenza della CEDU del 1° aprile del 2010. In particolare i Tribunali hanno sollevato, in riferimento agli articoli 117, comma 1 e 3 della Costituzione- in relazione agli articoli 8 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali –nonché degli articoli 2, 3, 31, 32 della Costituzione(i Tribunali di Firenze e Catania) e all’articolo 29 della Costituzione (l’ordinanza del Tribunale di Milano), questione di legittimità costituzionale dell’articolo 4 comma 3 della legge 40/2004 e degli articoli 9 comma 1 e 3, limitatamente all’inciso «in violazione del divieto di cui all’articolo 4 comma 3» e art. 12, comma 1 di detta legge( l’ordinanza del Tribunale di Catania e di Milano).
Ciò che accomuna le cause proposte dinnanzi ai Tribunali è il fatto che i ricorrenti si trovavano in una situazione di totale sterilità o infertilità assoluta per i quali non sarebbe stato possibile accedere alla PMA se non utilizzando una fecondazione eterologa espressamente vietata dalla legge 40/2004. Dopo aver indicato le ragioni della rilevanza e della incidentalità della questione, i Tribunali approfondiscono la sentenza della Corte EDU e in particolare il Tribunale di Milano espone diffusamente gli argomenti in virtù dei quali non può trovare accoglimento a suo avviso la richiesta di interpretazione convenzionalmente e
231Tale pronuncia ha ribaltato quanto affermato dalla Corte Cost. Austriaca 14 ottobre 1999 che si
era già pronunciata sulla questione ritenendo cheil divieto di eterologa non violava la CEDU.
232Sul punto : F.D.Busnelli, Cosa resta della legge 40/04? Il paradosso della
soggettività del concepito, cit., 465 ss; A Lurni, La fecondazione eterologa al vaglio della Corte Europea, in Fam. pers. succ. 2011, 6 , 409 ss.
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Trib. di Firenze, 6 settembre 2010, Riv. it. dir. e proc. pen., 2010, 3, 1425 commento di E. Dolcini, Trib. di Catania 21 ottobre 2010, in Dir. Fam. 2011, 1, 73,commento di M. Casini, Trib. di Milano, 2 febbraio 2011. In www.penalecontemporaneo.it
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costituzionalmente orientata del cit. art. 4 comma 3. Infatti il giudice non può disapplicare la legge nazionale che risulti in contrasto con la Convenzione Europea dei diritti dell’uomo come interpretata dalla Corte di Strasburgo, dando diretta applicazione delle norme CEDU. I giudici rimettenti deducono che le norme da essi rispettivamente censurate violerebbero l’articolo 117 Cost., in relazione agli articoli 8 e 14 come interpretati dalla pronuncia della Corte EDU 1 aprile 2010.
Secondo il giudice europeo, nonostante l’ampio margine di discrezionalità degli Stati, qualora sia disciplinata la PMA, la relativa regolamentazione deve essere coerente e considerare adeguatamente i differenti interessi coinvolti in accordo con gli obblighi derivanti dalla Convenzione. Ne consegue che secondo la Corte EDU (interpretazione seguita dai tribunali) vi sarebbe irragionevolezza del divieto assoluto delle tecniche di PMA eterologa e lesione delle disposizioni convenzionali, dal momento che lo stesso divieto non costituirebbe l’unico mezzo possibile per evitare il rischio di sfruttamento delle donne e di abuso di tali tecniche e per impedire parentele atipiche234 non costituendo il diritto del bambino a conoscere la sua discendenza effettiva un diritto assoluto235.
A parere del Tribunale di Catania, poi, le norme censurate violerebbero anche gli artt. 3 e 31 Cost. e, in particolare, i principi di non discriminazione, ragionevolezza, coerenza dell'ordinamento giuridico ed il diritto fondamentale alla «creazione di una famiglia236».
Ancora, sarebbe violato l'art. 2 Cost., dato che le coppie affette da sterilità o infertilità irreversibile sarebbero private del proprio diritto alla vita privata e familiare, di identità e di autodeterminazione, di costruire liberamente la propria vita ed esistenza sia se interpretato in modo aperto sia in quanto tali diritti sono previsti sono previsti dalle norme internazionali convenzionali comunitarie sui diritti umani, che non possono non essere considerati quale strumento interpretativo ed evolutivo dei diritti umani tutelati dalla Costituzione.
La Corte ha infatti affermato che «il diritto di una coppia di concepire un figlio e a far uso a tal fine della procreazione assistita dal punto di vista medico rientra
234Tale questione era stata proposta dal Governo Austriaco per sostenere la fondatezza del divieto
di eterologa.
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Vedi con riguardo a queste osservazioni C. Murgo, op. cit., 861.
236Trib. di Catania 21 ottobre 2010, in Fam. dir., 2010, 1135 ss., con nota di V. Salanitro,
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nell’ambito dell’articolo 8, in quanto tale scelta è chiaramente un’espressione della vita privata familiare237».
Vi sarebbe contrasto, infine, con gli artt. 3 e 32 Cost., in quanto la preclusione comprometterebbe «l'integrità fisio-psichica delle coppie infertili o sterili», per un verso inducendole a sottoporsi alle «pratiche mediche meno indicate, dai risultati più incerti e magari pericolosi per la salute», con possibilità di essere contagiati da malattie trasmesse dal donatore per carenze di controlli o informazioni e così incentivando forme di «turismo procreativo238» che aumenterebbero i rischi per la salute psicofisica di tutti gli interessati.
Quanto al Tribunale di Milano, le norme censurate violerebbero anche gli artt. 2, 29 e 31 Cost., comprimendo il diritto fondamentale alla piena realizzazione della vita privata familiare, considerato che l'art. 2 Cost. tutela anche il diritto alla formazione di una famiglia (riconosciuto, altresì, dall'art. 29 Cost). Inoltre, poiché la disciplina discrimina tra le coppie non fertili a seconda della patologia di volta in volta rilevante e poiché dette differenze di patologia non valgono ad escludere l'assimilazione delle aspettative e delle necessità degli interessati, sarebbero violati anche gli artt. 3 e 31 Cost.
Infine, la limitazione della autonomia e della responsabilità del medico nelle scelte professionali utili alla cura della infertilità comporterebbe l'ulteriore violazione degli artt. 3 e 32 Cost.239.
Le questioni di legittimità costituzionale delle norme della l. 19 febbraio 2004, n. 40 che impediscono l'accesso alle tecniche di fecondazione eterologa (artt. 4, comma 3; 9, commi 1 e 3, e 12, comma 1) sollevate dalle tre ordinanze di rimessione, vengono ritenute non decidibili nel merito dalla Corte costituzionale, che dispone la restituzione degli atti ai rispettivi giudici, a causa della sopravvenuta decisione della Grande Camera della Corte di Strasburgo del 3 novembre 2011 resa nel caso S.H. e altri c. Austria, che ha ribaltato il precedente della Prima sezione della della Corte del 1º aprile 2010, con cui era stato ritenuto contrario agli artt. 8 e 14 CEDU il divieto posto dalla legislazione austriaca di accedere alle tecniche di fecondazione eterologa diverse dal trasferimento in vivo
237 Cedu n. 57813/00 del 1 aprile 2010,in Fam. e dir., 2010, 977, con nota diSalanitro, commento
della sentenza, Catalano S., Ragionevolezza del divieto di procreazione assistita eterologa, tra ordinamento italiano e CEDU,
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Per tutte Trib. di Catania 21 ottobre 2010, in Fam. dir., 2010, 1135 ss.
239Vedi in questo senso E. Dolcini , Stretto d’assedio il divieto di fecondazione assistita di tipo
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del seme maschile. Un precedente, quest'ultimo, che era stato variamente posto a fondamento delle censure d’incostituzionalità nei giudizi a quibus: sia in via diretta, unitamente agli artt. 8 e 14 della CEDU, per dare corpo alla violazione dell'art. 117. Cost., sia indirettamente quale argomento utile a sostenere alcune delle censure riferite ai restanti parametri costituzionali (artt. 2, 3, 29, 31 e 32 Cost.).
Con l’ordinanza n. 150 del 2012 la Corte costituzionale240 ha dunque ordinato la restituzione degli atti ai giudici rimettenti, in ragione del fatto che la seconda decisione della Corte EDU «incide sul significato delle norme convenzionali […] e costituisce un novum che influisce direttamente sulla questione di legittimità costituzionale così come proposta241». La Corte costituzionale, in particolare, ha rilevato come nella stesura delle ordinanze di rimessione sia stato conferito particolare rilievo al profilo d’illegittimità costituzionale relativo all’asserita violazione della CEDU. Proprio tale considerazione ha condotto il Giudice delle Leggi a ritenere del tutto assorbiti gli ulteriori parametri costituzionali, più propriamente «interni», senza svolgere alcuna considerazione in merito agli stessi. La restituzione degli atti si è, quindi, fondata sul fatto che i giudici rimettenti non avevano potuto considerare, nel momento in cui avevano deciso di sollevare la questione, la seconda pronuncia della Corte EDU, poiché questa è intervenuta in epoca successiva rispetto alle stesse ordinanze di rimessione. La Corte rileva come i giudici di Catania e Milano «non solo hanno proposto la questione di legittimità costituzionale riferita all’art. 117, primo comma, Cost. in linea preliminare rispetto alle altre pure sollevate, ma hanno altresì ripetutamente richiamato la suindicata sentenza della Prima Sezione della Corte di Strasburgo, allo scopo di trarne argomenti a conforto delle censure proposte in relazione agli ulteriori parametri costituzionali242», mentre il giudice di Firenze ha sollevato la questione con esclusivo riferimento all’art. 117 Cost.
Si deve osservare243, alla luce della giurisprudenza costituzionale relativa al rapporto fra Corte Costituzionale da un lato e Corte di Giustizia e Corte EDU
240Vedi per un commento C. Murgo, in La nuova giur. Civ. e Comm, 10 ottobre 2012, 870 ss. 241Si veda, per una ricostruzione dell’istituto, A. Pizzorusso, La restituzione degli atti al giudice a
quo nel processo costituzionale incidentale, Milano, 1965, 120ss.
242
Corte costituzionale 22 maggio n. 150/2012, in www.forumcostituzionale.it., cit.
243In questo senso, E. Malfatti, Un nuovo (incerto?) passo nel cammino convenzionale della Corte,
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dall’altro, come la Corte Costituzionale abbia rivolto il suo «sguardo244» all’intervento di quest’ultima sulla materia della fecondazione eterologa, ricordando una scelta di tipo processuale che già da tempo viene operata con qualche frequenza quando, nelle more del giudizio di costituzionalità, intervenga una pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione europea che, alla stregua dello jus superveniens, condizioni i limiti entro cui la norma interna possa conservare efficacia ed essere applicata dall’operatore giuridico nazionale245. In relazione al secondo profilo, strettamente processuale, l’assorbimento degli ulteriori parametri costituzionali si determina, ad avviso della Corte, quale conseguenza della ritenuta preminenza data dalle ordinanze di rimessione alle argomentazioni poste a fondamento della questione in relazione al primo comma dell’art. 117 Cost. e, dunque, con riguardo alla decisione definitiva della Grande Camera nel caso austriaco246. In questo caso, però, la Corte costituzionale ha adottato tale tecnica senza dichiarare l’illegittimità costituzionale della disciplina censurata247.
La questione relativa all’assorbimento dei parametri si pone, quindi, avuto riguardo al tipo di decisione adottata. L’ordine di restituzione degli atti, infatti, determina da un lato l’obbligo per i giudici remittenti di procedere a una nuova valutazione intorno alla rilevanza e alla non manifesta infondatezza con riguardo a un solo parametro (il primo comma dell’art. 117 Cost.), mentre lascia del tutto impregiudicata la stessa questione in relazione agli altri parametri.
A fronte della considerazione per cui i giudici remittenti hanno tratto dalla prima decisione della Corte EDU argomentazioni a sostegno delle censure relative agli altri parametri, si potrebbe anche ritenere che si sia potuta rilevare una mancanza di autonomia degli stessi rispetto alle argomentazioni svolte in relazione al
244Ibidem
245Così E. Malfatti, Un nuovo (incerto?) passo nel cammino convenzionale della Corte, 29 giugno
2012, in www.forumcostituzionale.it, 1 ss., cit., che sottolinea anche come « Tale novità non parrebbe di poco conto, considerando il diverso significato degli interventi delle due Corti europee, ed i differenti effetti che essi sono capaci di riverberare sull’ordinamento nazionale (anche alla stregua degli stessi insegnamenti della Corte costituzionale)».
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In senso fortemente critico rispetto a questa tecnica si veda A. Ruggeri, « La Corte costituzionale, i parametri ‘conseguenziali’ e la tecnica dell’assorbimento dei vizi rovesciata », cit., 1, che rileva come « La Corte si guarda bene dal dichiarare che la pronunzia della Grande Camera del novembre scorso sia, in tutto e per tutto, da assimilare allo ius superveniens; è, però, qualcosa che gli somiglia molto (se non pure nella natura giuridica) al piano degli effetti, tant’è che, al pari di ciò che si ha in presenza di norme sopravvenienti ed idonee ad alterare i termini della questione, esso giustifica appunto la restituzione degli atti alle autorità remittenti ». Ruggeri
247A questo proposito, sempre A. Ruggeri, « La Corte costituzionale, i parametri ‘conseguenziali’
e la tecnica dell’assorbimento dei vizi rovesciata» cit., si chiede « Qual è, allora, il senso della restituzione degli atti in relazione ad uno di tali parametri, quando poi resterebbe in ogni caso aperta la questione con riferimento ai parametri restanti?».
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parametro costituito dall’art. 117 Cost.248, in tal modo sempre giustificandosi l’adozione della tecnica dell’assorbimento.
3.3 Pronuncia della Grande Chambre del 3 novembre 2011: ribaltamento