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Donne immigrate: una risorsa indispensabile per le aree rural

Nel documento Gli immigrati nell'agricoltura italiana (pagine 109-114)

L E DINAMICHE DEMOGRAFICHE DELLE AREE RURALI ITALIANE 8.1 Il fenomeno della senilizzazione e femminilizzazione

8.3 Donne immigrate: una risorsa indispensabile per le aree rural

L’immigrazione femminile e il suo impatto nelle aree rurali sul lavoro agricolo risultano un feno- meno particolarmente difficile da analizzare sia rispetto all’immigrazione totale, sia rispetto a quella gio- vanile di cui si è parlato nel precedente paragrafo. Essa si presenta con caratteristiche del tutto particolari rispetto a quella maschile e si è caratterizzata per nazionalità, attività svolta e luogo di insediamento. Questi processi solo di recente hanno cominciato ad interessare il territorio rurale italiano, risultando, per- tanto, impossibile valutarne le dinamiche dal punto di vista del settore e delle aree a vocazione primaria. Più facile è immaginare quale potrebbe essere l’impatto sulle dinamiche socio-economiche di tali territori.

In tutta l’Unione Europea si segnala una sempre più forte tendenza all’immigrazione femminile che rappresenta il 54% del totale. Questa tendenza è particolarmente evidente anche in Italia che, nonostante

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registri una percentuale di arrivi più bassa (48%) rispetto al resto dei paesi comunitari, ha visto aumentare tra il 2000 e il 2005 la presenza femminile straniera del 74% in termini di diritti di residenza e del 48% quella per permesso di soggiorno (ISTAT, 2005).

Le ragioni che spingono le donne ad emigrare risultano abbastanza diversificate. Negli ultimi anni, gli arrivi sono stati dominati da “ragioni di tipo familiare”, essenzialmente ricongiungimenti con il coniu- ge; naturalmente non mancano arrivi per motivi di lavoro, richieste di asilo politico e movimenti di profu- ghi. La ricerca di lavoro fa muovere soprattutto donne ucraine, filippine, ecuadoregne e peruviane.

Di contro, i ricongiungimenti familiari caratterizzano gli spostamenti di donne dalla Tunisia, dal Marocco e dall’India . Viene da sè la considerazione che la condizione della donna, gli status legali ad essa riconosciuti, le tradizioni e la cultura del paese d’origine sono tutti elementi di forte caratterizzazione del- l’immigrazione femminile che, da questo punto di vista, sembra fortemente differenziarsi da quella maschile.

E’ possibile osservare che l’Italia è meta soprattutto di donne dell’Europa orientale seguite a molta distanza dalle nord-africane e dalle asiatiche (CNEL, 2006b).

Dal punto di vista territoriale, le donne si concentrano, soprattutto, nelle grandi città e nelle aree Nord-orientali del paese, dove il fabbisogno di manodopera attira centinaia di lavoratori stranieri. La con- centrazione territoriale è comunque il frutto di una sorta di caratterizzazione temporale che ha accompa- gnato l’immigrazione femminile. Tra gli anni sessanta e settanta l’immigrazione ha visto come protagoni- ste donne, principalmente africane, il cui arrivo era sostenuto da missioni evangeliche, che si insediavano nelle grandi città per svolgere lavori domestici (De Filippo, Pugliese, 2000).

Negli anni ottanta l’immigrazione femminile è stato un fenomeno più contenuto che ha riguardato soprattutto filippine e sudamericane richiamate dalla sempre più alta domanda di collaboratrici domestiche nelle grandi città. In questo periodo è prevalente il flusso migratorio di maschi di origine africana (soprat- tutto maghrebini) e asiatica (pakistani, indiani) che hanno visto come luogo privilegiato di arrivo le aree industriali dell’Italia settentrionale o i grossi centri agricoli del Mezzogiorno.

Migranti che si sono adattati a condizioni di vita e di lavoro difficili e che, solo, in un secondo momento hanno richiamato mogli e figli. L’immigrazione maschile degli anni ottanta è quella che ha dato vita successivamente al fenomeno dei ricongiungimenti familiari.

L’ultima caratterizzazione temporale del fenomeno migratorio femminile, iniziata a metà anni novanta a seguito degli scossoni geo-politici che hanno interessato l’Europa, ha visto e vede tutt’ora come protagoniste donne dell’est Europa che si muovono essenzialmente per far fronte alle indigenze familiari. E’ in questa fase che le migranti cominciano a privilegiare anche le aree rurali dove la richiesta di mano- dopera agricola e di servizi alla persona diventa sempre maggiore.

Oggi è possibile stimare che circa un 1/5 delle immigrate vive in aree rurali6. Questo dato è parzial- mente sostenuto e confermato dalle informazioni sulle principali occupazioni per cui vengono concessi permessi di soggiorno alle donne. Le straniere risultano attive soprattutto nei servizi (domestici, assisten- ziali e sanitari) e nell’agricoltura.

Utilizzando dati di diversa fonte statistica7emerge che l’attività primaria occupa il 36% delle donne presenti, mentre i servizi domestici interessano il 27% delle migranti (Fig. 8.3). Naturalmente si tratta di stime che non tengono conto di irregolarità e lavoro nero e, quindi, fortemente distorsive rispetto alla realtà quotidiana che mostra situazioni differenti, con le straniere principalmente impiegate come “badanti”, ma pre- senti oltre che in agricoltura anche nel settore manifatturiero e nel commercio.

6 La stima tiene conto della presenza di donne immigrate rilevata dall’ISTATnelle province rurali determinate utilizzando la metodologia

OCSEla quale classifica appunto come aree significativamente rurali quelle in cui almeno il 50% della popolazione vive in aree la cui

densità è sotto i 150 ab./kmq.

LE DINAMICHE DEMOGRAFICHE DELLE AREE RURALI ITALIANE

Fig. 8.3 - Stima della tipologia occupazionale delle straniere presenti in Italia - 2004

Fonte: elaborazioni su dati INPSe ISTAT

Le donne occupate (Tab. 8.4) in agricoltura sono oltre 420.000, pari al 44% della forza lavoro stra- niera che lavora nel settore primario. Le donne sono particolarmente presenti nell’agricoltura meridionale (Campania e Calabria) dove è più forte la richiesta di lavoro stagionale, di manodopera non qualificata (perché dedicata essenzialmente ad attività di raccolta) e dove l’offerta di lavoro in altri settori economici è più contenuta. Sono aree in cui la presenza con solo permesso di soggiorno è di gran lunga superiore al numero di residenti straniere e quindi essenzialmente motivata da esigenze lavorative temporanee.

Tab. 8.4 - Le immigrate nell'agricoltura italiana rispetto al totale immigrati - 2006

Regione Donne Totale Donne/totale %

Piemonte 7.176 24.216 30 Valle d'Aosta 358 2.029 18 Lombardia 7.339 39.048 19 Liguria 1.509 4.466 34 Trentino-Alto Adige 9.454 39.258 24 Veneto 14.655 40.858 36 Friuli-Venezia Giulia 4.489 11.774 38 Emilia-Romagna 34.521 78.687 44 Toscana 14.052 51.202 27 Umbria 3.470 12.171 29 Marche 4.798 13.953 34 Lazio 11.117 25.725 43 Abruzzo 4.977 13.675 36 Molise 1.167 3.743 31 Campania 68.522 97.708 70 Puglia 87.336 165.065 53 Basilicata 16.954 28.810 59 Calabria 83.118 131.998 63 Sicilia 42.781 155.248 28 Sardegna 5.493 20.863 26 Totale 423.286 960.497 44 Dati: INPS

Poco possiamo dire sulle loro caratteristiche; in genere sono giovani (il 47% delle stesse ha meno di 40 anni), provengono soprattutto dall’Europa orientale e dal Nord Africa, tendono ad abbandonare il settore primario. Altro 37% Lavori domestici 27% Agricoltura 36%

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L’abbandono dell’attività agricola dipende soprattutto dalle condizioni di vita cui spesso sono sotto- posti i lavoratori stagionali. Mancanza di alloggi, precarie condizioni igienico-sanitarie, condizioni lavora- tive estreme e caporalato (MSF, 2008), bassi salari, sono tutti elementi che scoraggiano le donne, portando-

le a favorire altre occupazioni capaci di garantire condizioni di vita migliori. Ulteriore elemento di scorag- giamento è l’elevato tasso di mobilità che caratterizza la stagionalità agricola diventando particolarmente frustante per le donne.

Un dato particolarmente interessante è invece legato all’auto-imprenditorialità delle migranti nel settore agricolo. Circa il 38% delle imprese agricole nate per iniziativa di uno straniero è condotta da una donna. Questo a conferma della forte potenzialità dei fenomeni migratori per il settore primario italiano (Unioncamere, 2008).

L’occupazione agricola coinvolge, comunque, solo una parte delle straniere, infatti le dinamiche demografiche che caratterizzano le aree rurali e che stanno, a poco a poco, cambiando la struttura sociale di questi luoghi, trovano una risposta pronta e, per certi versi, esclusiva nei fenomeni migratori. Già nel precedente paragrafo si è accennato al processo di invecchiamento che caratterizza gran parte del territorio italiano. Tale fenomeno si traduce in un più generale processo di abbandono che, da una parte, travolge le attività economiche in termini di risorse umane e competenze, dall’altro fa nascere fabbisogni di carattere sociale nuovi che, fino a pochi anni fa, erano sopperiti perlopiù in ambito familiare. Oggi la famiglia rura- le è più piccola, si dedica ad attività differenti, ha completamente modificato la propria struttura e pertanto non è in grado di soddisfare al suo interno tutte le esigenze e ricorre sempre più spesso al supporto ester- no. Questo supporto deve essere in grado di assicurare un impiego esclusivo, continuo, attento e completo, garantito soprattutto dalle straniere arrivate in Italia per lavorare, senza altra pretesa se non quella di invia- re denaro a casa. Non a caso le “badanti” hanno una sorta di identikit ben preciso.

Tendono ad avere compiti specifici a seconda della nazionalità, cura di anziani e bambini per le Sud americane, assistenza sanitaria e pulizie domestiche per le donne dell’Est Europa, servizi domestici per le africane. Sono donne di età matura, spesso con una famiglia da mantenere nel proprio paese di origine e con la quale ricongiungersi il prima possibile. La temporaneità del loro stato le rende disposte a condizioni di lavoro più estreme e difficili, poco esigenti in termini di fabbisogni e scarsamente attive nei processi di integrazione.

Non possiamo certo esaurire la complessità dell’immigrazione femminile con lo stereotipo della badan- te, infatti ci sono almeno altre due categorie di straniere con cui le aree rurali cominciano a confrontarsi.

La prima categoria è quella delle giovani donne, soprattutto dell’Europa orientale, che arrivano come stagionali agricole. Queste, nel caso si presentino le giuste occasioni, tendono a rimanere nell’area in cui trovano lavoro. La giovane età e un livello culturale più alto le porta a meglio confrontarsi con le realtà locali e ad inserirsi in esse. Molte riescono a costruirsi una famiglia che le porta ad adattarsi più facilmente agli stili di vita locale. L’inserimento avviene gradualmente e i traumi risultano attenuati dal contesto e dalle relazioni che tendono ad instaurarsi. Nello stesso tempo sono le donne più fragili in quan- to oggetto di particolare attenzione dei fenomeni di sfruttamento e maltrattamento.

Del secondo gruppo fanno parte le donne arrivate anche nelle aree rurali per ricongiungimenti fami- liari. A differenza delle prime dimostrano un atteggiamento fortemente conservativo delle proprie tradizio- ne e della propria cultura anche perché esse tendono a dedicarsi soprattutto alla cura della famiglia e della casa, limitando le occasioni di incontro con le comunità locali che l’attività lavorativa potrebbe invece garantire. E’ questa la categoria di donne che fa registrare maggiori problemi di integrazione ma è, nello stesso tempo, quella che esprime maggiori bisogni che spesso non riesce a tradurre in un effettiva doman- da di servizi. Queste donne hanno esigenze quotidiane con un impatto tutt’altro che trascurabile sulle comunità locali. Sono donne che spesso conoscono molto male l’italiano, di religione differente di cui conservano riti e tradizione, hanno tradizioni alimentari proprie che i mercati locali non riescono a soddi- sfare, seguono metodi differenti nell’educazione dei propri figli e nella gestione casalinga.

LE DINAMICHE DEMOGRAFICHE DELLE AREE RURALI ITALIANE

Per quanto le comunità locali siano ben disposte verso le straniere, le difficoltà linguistiche, il con- fronto con culture e religioni differenti creano tensioni, sulle quali è necessario agire con specifici pro- grammi di integrazione che oltre ad essere rivolti agli immigrati devono coinvolgere la popolazione locale. Comunque si configuri il fenomeno dell’immigrazione femminile, esso diventa risorsa per le aree rurali in quanto fortemente pronto ad attenuare le maggiori problematiche che caratterizzano questo territorio.

8.4 Il ruolo dell’immigrazione giovanile e femminile nelle aree rurali

La breve analisi svolta evidenzia come l’immigrazione in generale, ma soprattutto quella di giovani e donne, sia un fenomeno rilevante sia in termini sociali, sia economici per le aree rurali: una “risorsa inaspettata”, come sostiene Carchedi (De Filippo, Carchedi, 1999), per attenuare i fenomeni socio-demo- grafici ed economici che hanno caratterizzato le aree rurali negli ultimi decenni.

L’immigrazione può rivelarsi un’ottima opportunità da sfruttare nell’ambito della politica di sviluppo locale dei territori rurali che si trova a fare i conti con l’abbandono socio-economico e l’invec- chiamento della popolazione. Il migrante potrebbe dedicarsi alle attività ormai abbandonate, far fronte alla forte carenza di servizi, ripopolare aree abbandonate e più in generale rivitalizzare il quotidiano di questi territori.

Per favorire ciò è necessario che:

- si avvii un generale processo conoscitivo che approfondisca il fenomeno sia in termini quantitativi sia qualitativi. Infatti, per i numeri ridotti con cui si presenta e per la scarsa percezione che se ne ha, l’immigrazione extra-urbana risulta ancora un fenomeno poco conosciuto; - si metta in atto una forte azione politica finalizzata all’integrazione sociale dell’immigrato. Nelle aree rurali i processi relazionali sono fortemente radicati e caratterizzati dall’abitudine. Le popolazioni locali rispondono con atteggiamenti assai contrastanti ai flussi migratori, ora accettandoli incondizionatamente perché irrilevanti dal punto di vista numerico, altre volte rivolgendosi ad essi con estrema diffidenza, anche perché spesso si pretende dagli immigrati uno sforzo unilaterale in termini di integrazione a cui tali soggetti non sanno o non possono rispondere soprattutto se il loro arrivo è dovuto a motivi familiari o hanno una occupazione irregolare che ne condiziona qualsiasi rapporto.

Questi elementi influenzano soprattutto l’immigrazione femminile che per natura e tipologia di atti- vità svolta si confronta di più con la quotidianità. Per le immigrate vivere e lavorare in un paese straniero può essere estremamente complicato in quanto oggetto di un doppio processo discriminativo: perché donne, perché straniere, processo che spesso si triplica qualora la cultura familiare impone loro regole estreme. Nello stesso tempo sono figure che possono garantire meglio processi di insediamento e di radicamento. E’ però necessario che questi ultimi vengano accompagnati da attente politiche di inseri- mento sociale.

Ad oggi, il problema dell’integrazione dell’immigrato e della migrante non sono affrontate con politiche unitarie e spesso sono lasciate alla buona volontà di organismi no profit, di volontari e alla sensi- bilità delle comunità che si confrontano con il fenomeno.

Accanto ai problemi di carattere sociale, le politiche di integrazione dovrebbero guardare con parti- colare attenzione al potenziale impatto dell’immigrazione sulle dinamiche economiche dei territori rurali. Infatti, per territori caratterizzati da abbandono, senilizzazione e processi economici poco attrattivi, l’im- migrazione potrebbe determinare un radicale cambiamento dei processi.

Lo sforzo da compiere sarebbe quello di creare condizioni tali da poter invogliare, soprattutto i più giovani, a rimanere, a lavorare e, perché no, a creare impresa sperando di poter avere in cambio una buona qualità di vita e una dimensione sociale che avrebbero la possibilità di offrire una migliore integrazione.

PARTE

III

L’INDAGINE INEA: IL QUADRO NAZIONALE

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