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L’inserimento nel mercato del lavoro agricolo

Nel documento Gli immigrati nell'agricoltura italiana (pagine 43-45)

A SPETTI SOCIALI DELL ’ IMMIGRAZIONE IN AGRICOLTURA 3.1 Premessa

3.2 L’inserimento nel mercato del lavoro agricolo

La stagionalità è caratteristica costante del lavoro prestato dagli immigrati. Essi trovano impiego prevalentemente nei comparti ad agricoltura intensiva (frutticolo, viti-vinicolo, orticolo, tabacchicolo) per le fasi della raccolta in periodi temporali ristretti in cui bisogna agire in fretta, con ritmi di lavoro piuttosto sostenuti ed orari che, spesso, soprattutto in estate quando le ore di luce sono tante, esauriscono tutta la giornata. Tale caratteristica della domanda, prevalente sia al Nord che al Sud del paese, pur con modalità diverse rispetto al reclutamento, alla posizione regolare o irregolare, al compenso retribuito, ecc., può essere soddisfatta solo da un serbatoio di manodopera flessibile quale è quello degli immigrati. Gli immi- grati si avvicinano al settore agricolo soprattutto all’inizio del loro percorso migratorio, o anche

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ASPETTI SOCIALI DELL’IMMIGRAZIONE IN AGRICOLTURA

in seguito come occasione per guadagnare qualcosa in più nei periodi di ferie; frequentemente si trovano in posizione debole per essere ricattati e sfruttati, esiste ancora una buona percentuale di irregolarità soprattut- to nel Sud del paese; alternano spesso il lavoro agricolo al lavoro, sempre agricolo, nei loro paesi di origine (è il caso soprattutto dei Nord-africani, dei polacchi e degli immigrati dell’area balcanica). Nella maggior parte dei casi la mobilità degli immigrati è molto elevata nelle diverse aree geografiche, non solo all’interno del settore agricolo, ma anche negli altri settori, soprattutto nell’edilizia e nel commercio ambulante.

Indizi di maggiore stabilizzazione si rinvengono soprattutto nel Centro-Nord all’interno del settore zootecnico, per la cura e gestione degli animali in stalla ma anche per la pastorizia semi-libera dell’Appennino centrale, dove gli immigrati indiani e slavi sono molto apprezzati dai nostri allevatori. Si tratta anche in questi casi di lavori poco graditi ai lavoratori locali, per gli orari di lavoro particolarmente pesanti (le mungiture all’alba), le condizioni di vita a dir poco “omeriche” dell’allevamento di montagna, la solitudine e la lontananza dagli affetti e da qualsiasi relazione sociale, il tempo di vita che coincide pra- ticamente con quello del lavoro e spesso erode anche quello del riposo. Nell’allevamento si sta assistendo ad una graduale sostituzione della manodopera locale da parte degli immigrati, con la sopravvivenza di poche realtà, come quella sarda, dove un mercato del lavoro povero di opportunità non consente la fuga massiccia delle nuove generazioni.

Maggiore stabilizzazione si riscontra sempre in alcune zone del Nord, nelle aziende vitivinicole (Piemonte), dove il lavoratore immigrato trova impiego non solo nella raccolta ma anche nelle successive operazioni colturali e nella stessa lavorazione del vino. Un rapporto continuo di lavoro è anche sempre più frequente nelle aziende florovivaiste ed in quelle orticole protette (nel ragusano, ad esempio, sono molti gli immigrati che di fatto gestiscono le coltivazioni di serra).

Un’altra caratteristica del lavoro agricolo, assieme alla stagionalità, è la forte presenza di lavoro irregolare, che diventa si può dire un elemento strutturale del settore stesso. In alcune aree del paese le attività agricole ad alta intensità di lavoro presuppongono l’uso endemico di lavoratori stranieri irrego- lari. … “L’immigrato irregolare ha una ragionevole certezza di riuscire a trovare un datore di lavoro

che non sia troppo rigido in tema di documenti. Questa generosa disponibilità dei datori di lavoro – generalmente ampiamente ripagata dall’evasione contributiva che tale rapporto lavorativo consente – è peraltro radicata e giustificata dall’aspettativa che i rischi di assumere un lavoratore straniero irre- golare siano minimi…. (Sciortino 2006, p.1041).

Tale atteggiamento “disinvolto” dei nostri imprenditori si giustifica anche con la gestione poco razionale e attenta ai fabbisogni del settore agricolo dei flussi di ingresso che più che favorire l’assun- zione l’hanno di fatto ostacolata. La programmazione delle quote d’ingresso per il settore agricolo non è di fatto così programmabile da un anno all’altro come negli altri settori ma dipende dalle condizioni cli- matiche, dall’andamento stagionale, dalle emergenze fito-sanitarie che vanno a incidere sugli esiti pro- duttivi, sulla durata delle operazioni colturali e, di conseguenza, sul fabbisogno di manodopera.

Secondo l’indagine INEA, la condizione di irregolarità riguarda una fetta consistente di immigrati

impiegati nelle grandi raccolte (pomodoro, agrumi, uva e olive) nel Sud del paese. In Calabria, per esem- pio, si stima che ben il 95% degli immigrati assoldati nelle raccolte siano clandestini. Una componente non irrilevante di irregolarità si riscontra anche in alcune aree del Nord: attorno al 10-15% nel Veneto e Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta per il lavoro negli alpeggi. Il fenomeno interessa in modo ampio anche il Lazio dove, pur in assenza di stime precise, diverse indagini territoriali hanno rilevato un ricorso mas- siccio alla manodopera irregolare e l’Umbria, dove i sindacati e l’ufficio del lavoro stanno sperimentando una modalità di assunzione plurima di lavoratori ad opera di un consorzio garantito, di cui potranno servir- si le aziende a seconda dei bisogni.

Il fenomeno del lavoro nero interessa anche i lavoratori neocomunitari perché rappresentano un rischio minore per il datore di lavoro che non teme così una denuncia per favoreggiamento dell’immi- grazione clandestina. A riguardo dei lavoratori neocomunitari c’è da evidenziare che non hanno visto

Capitolo 3

migliorare le loro condizioni di lavoro e di vita per il solo fatto di essere divenuti cittadini comunitari ma la loro situazione è rimasta analoga a quella degli altri immigrati.

Nel documento Gli immigrati nell'agricoltura italiana (pagine 43-45)