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POTENZIALITA’ E LIMITI NELL’AFFERMAZIONE DI UN SOFT POWER CINESE

3.5 Il drago guarda a sud

Proprio per garantire una adeguata realizzazione dei propri imperativi strategici nell’ambito della sicurezza, la Repubblica Popolare Cinese, fin dall’inizio della politica del gaige kaifang 改革开放, ha individuato nel contesto regionale asiatico - ed in particolare nel Sudest asiatico – un’area di primaria importanza, anche in virtù della continuità di consolidati rapporti storici, solo brevemente interrotti dalla parentesi maoista. L’attuale interesse della Cina per il Mar della Cina Meridionale - laddove ancora da sciogliere sono alcuni fondamentali nodi relativi alle acque territoriali soprattutto con il Vietnam – dimostra anche dal punto di vista strategico la volontà cinese di allargare la sfera dei propri interessi e della propria influenza in un’area dove un’adeguata esportazione del soft power cinese ha

quindi un’importanza fondamentale253. Indipendentemente dalla non risolta questione del Mar Cinese

Meridionale, la Repubblica Popolare Cinese ha, nel corso dell’ultimo decennio, cercato di dirimere le principali dispute e questioni territoriali con i paesi confinanti, arrivando in alcuni casi a fare delle significative concessioni territoriali. Dall’altro lato la Cina ha assunto un ruolo di primo piano nella creazione di organizzazioni regionali per la cooperazione economica o per la sicurezza quali, per citare le più importanti, l’ASEAN, l’East Asian Summit, Shanghai Cooperation Organization e l’Asian Development Bank. Dall’altro lato la Repubblica Popolare Cinese sta giocando un ruolo di primo piano in molti progetti per la realizzazione di fondamentali infrastrutture in tutta l’area del Sudest asiatico, oltre che in larga parte dell’Asia centrale. In particolare nel Sudest asiatico la Cina sta esercitando un’influenza via via più importante, in virtù di un’attenta promozione diplomatica che ha puntato sulla condivisione di un determinato apparato di valori basati su una presunta identità asiatica. Accanto a ciò vi è l’esportazione di un modello, quale è quello cinese, che pare godere di una sempre maggiore ammirazione ed influenza nella regione254. Come già sottolineato in precedenza, a proposito del modello rappresentato da Singapore per le riforme denghiste, l’arrivo della Cina nella regione sta










252 David Kang, East Asia Before the West – Five Centuries of Trade and Tribute, Columbia University Press, New York, 2010, pp.165-171.

253 Thomas Lum, Wayne M. Morrison, Bruce Vaughn, China’s Soft Power in Southeast Asia, Washington, Congressional Research Service, 2008. Reperibile sul sito http://www.fas.org/sgp/crs/row/RL34310.pdf (ultimo accesso gennaio 2011)

254 Wang Gungwu, China and Southeast Asia: Changes in Strategic Perceptions, in Khai Leong Ho, Samuel C. Y. Ku (Ed.), China and Southeast Asia: global changes and regional challenges, Institute for Southeast Asian Studies, Singapore, 2005, pp. 3-14.

assumendo in maniera sempre più evidente le caratteristiche di un ritorno che sta dando rinnovata linfa, nel contesto della globalizzazione, ad equilibri e legami secolari.

Proprio sulla scia della condivisione di un supposto patrimonio culturale “asiatico”, il Sudest asiatico è attualmente l’area in cui appare maggiormente consolidato il soft power cinese. Un ruolo quello cinese nell’area che è emerso in tutta evidenza già nel corso della crisi finanziaria asiatica del 1998, in cui le scelte operate da Pechino vennero valutate come altamente positive rispetto a quella che venne percepita invece come una debolezza americana nel prendere misure per arginare gli effetti regionali della crisi. Sicuramente l’ascesa economica della Cina, che ha garantito alle esportazioni cinesi un ruolo di primo piano nella regione, ha contribuito ad affermare l’importanza e l’influenza di Pechino sull’intera regione. Tuttavia tale importante ruolo commerciale è visto a Pechino soltanto come un lato di un poligono di rapporti ben più complesso255.

Un ruolo particolarmente importante nella diffusione del soft power cinese nell’area è indubbiamente rappresentato dalla presenza di numerose e storicamente radicate comunità cinesi in vaste aree del Sudest asiatico, frutto della rete di scambi secolari tra la costa cinese, su cui sarebbe fiorita la rifoma denghista, e i vari regni un tempo in vario modo soggetti al pagamento del tributo all’impero cinese. Nonostante il bando imposto, in particolare dalle ultime dinastie, contro le attività commerciali sulla fascia costiera, sempre numerosi e assai solidi sono stati i legami con le comunità di oltremare che, nel corso dei secoli, sono spesso riuscite nei vari paesia guadagnarsi una posizione di indubbio primato dal punto di vista economico, ponendo le basi per quello che Aihwa Ong e Donald Nonini hanno definito un ungrounded empire, un contenitore di cultura cinese atipico basato sulla liquidità marina piuttosto che sulla solidità territoriale propria invece della Cina continentale nella sua espressione eminentemente confuciana256.

Limitando e concentrando i limiti dell’esposizione alle epoche più recenti, si può senza ombra di dubbio sostenere come, tutt’altro che secondario, sia stato l’apporto della diaspora asiatica nel processo di modernizzazione che ha caratterizzato la cultura cinese, in particolare a partire dall’inizio del XX secolo. Già si è fatto cenno in precedenza alla figura di Sun Yatsen, il cui dato biografico è stato profondamente influenzato dal contatto con la cultura cinese della diaspora, di cui egli stesso ebbe modo di fare parte in determinate fasi della propria esistenza. All’indomani della caduta del sistema imperiale e della creazione del regime repubblicano il supporto degli huaqiao 华侨 - così vengono chiamati i cinesi d’oltremare - era considerato di fondamentale importanza, al punto che il loro supporto aveva avuto una grande importanza nella creazione del nuovo stato cinese. La situazione mutò progressivamente, ma radicalmente, con la vittoria del comunismo e l’avvento del regime maoista. Pur optando inizialmente per una politica conciliante – quelli tra madrepatria e huaqiao erano










255 Johannes Dragsbaek Schmidt, China's Soft Power Diplomacy in Southeast Asia, in The Copenhagen Journal of Asian Studies, No 26, 2008, pp. 22-49.

256 Aihwa Ong, Donald Nonini (Eds), Ungrounded Empires. The Cultural Politics of Modern Chinese Transnationalism, Routledge, 1996, pp. 3-7.

pur sempre legami economici di cospicua entità per le finanze di una nazione spossata da decenni di guerra civile ed occupazione straniera – ed pur essendo orientato alla rieducazione ideologica di quanti intrattenevano legami con le comunità huaqiao, il maoismo finì già nel corso degli anni Cinquanta per escludere totalmente l’apporto dei cinesi d’oltremare, considerati di fatto elementi ideologicamente avversi alla rivoluzione cinese. Il regime maoista contribuì addirittura ad ingrossare le fila delle comunità cinesi all’estero, favorendo la fuga dalla Cina comunista di gran parte dell’elite borghese che aveva costituito la spina dorsale dello sviluppo economico ed industriale della fascia costiera nei decenni precedenti. Fino alla fine del maoismo nella seconda metà degli anni Settanta, gli huaqiao si trovarono collocati in una posizione di netta opposizione nei confronti del governo di Pechino, che fino a quel momento aveva negato loro un qualsiasi ruolo nell’affermazione della nuova Cina.

Anche da questo punto di vista la scelta di Deng Xiaoping di lanciare il modello delle riforme da Singapore, prendendo la stessa Singapore come modello, aveva delle implicazioni che andavano ben oltre la pura e semplice sfera economica: evidente è infatti la volontà di fare leva su una affinità culturale, che potesse rinsaldare i legami, precedentemente troncati, con tutta la Cina al di fuori della Cina257. È in questo periodo che si pongono le basi anche per l’affermazione, dal punto di vista geografico, del concetto di Da Zhonghua 大中华 o Greater China, per indicare un’estensione geografica della cultura, dell’economia e della politica cinesi oltre i confini della Repubblica Popolare Cinese. Il concetto di Greater China può essere inteso in senso strettamente territoriale, includendo l’estensione territoriale della Repubblica Popolare Cinese e Hong Kong, poi estesa a Macao ed, idealmente, a Taiwan secondo la fortunata espressione denghista yi guo liang zhi 一国两制, “un paese due sistemi”. Dal punto di vista non strettamente territoriale, il termine Greater China, ha iniziato ad essere utilizzato per indicare la più vasta rete transnazionale di legami tra la Repubblica Popolare Cinese e le varie comunità residenti all’estero, con particolare riferimento a quelle del Sudest asiatico, assai numerose ed in alcuni casi particolarmente influenti nei paesi ospitanti. Nell’ambito di una politica particolarmente attenta alle proiezioni regionali, la creazione di un soft power cinese in grado di rinsaldare questi legami risulta fondametale. In questo senso la cosiddetta rivoluzione informatica ha rappresentato uno strumento di straordinaria importanza per creare un condiviso ed omogeneo bacino di consumo culturale cinese in tutta l’area asiatica, con particolare riferimento al Sudest asiatico258.

Sotto vari aspetti quindi il governo di Pechino sta affidando alle comunità cinesi sparse un po’ in tutto il continente asiatico un ruolo assai importante dal punto di vista diplomatico nella promozione di quelli che sono gli interessi politici, economici e culturali provenienti dal continente, all’interno di una chiara strategia geo-culturale. Nei numerosi viaggi compiuti in tutta l’area del Sudest asiatico da parte










257 Stephen Fitzgerald, China and the Overseas Chinese: Perceprions and Policies, in Hong Liu (Ed.) The Chinese Overseas, Vol. IV, Routledge, London/New York, 2006, pp. 274-309.

258 William A. Callahan, Contingent States: Greater China and Transnational Relations, University of Minnesota Press, Minneapolis, 2004, pp.1-24.

di Hu Jintao, una grande importanza è stata attribuita all’incontro ed al rafforzamento dei legami con le comunità cinesi locali, con particolare riferimento a paesi come Thailandia od Indonesia dove, pur minoritari rispetto al totale della popolazione, la comunità cinese storicamente ricopre un ruolo

fondamentale ed assai attivo dal punto di vista economico259. Ad essi la Cina ha offerto un più aperto

sostegno contro eventuali politiche discriminatorie ed ostili da parte dei paesi ospitanti – proprio per non limitare l’impatto del potere delle comunità cinesi alla sola sfera economica – in cambio della non opposizione nei confronti del governo di Pechino e della disponibilità ad investire ingenti somme nello sviluppo di una patria tornata, da matrigna, a ricoprire il ruolo di madre.

Il tema della tutela delle minoranze cinesi presenti nel sudest asiatico è di grande importanza per Pechino, costretta a declinarlo tuttavia in modo da non incrinare i rapporti non sempre privi di tensioni con i paesi ospitanti. Il tema dell’identità dei cosiddetti cinesi d’oltremare è comunque assai sfaccettao, e numerosi sono gli studi che hanno indagato la complessa stratificazione identitaria che caratterizza molte delle comunità cinesi residenti nel Sudest asiatico: essendo frutto di flussi migratori in alcuni casi secolari, molti dei cinesi che attualmente risiedono in paesi come Malesia, Thailandia, Indonesia, Singapore sono caratterizzati da un forte legame identitario con il paese in cui vivono, rendendo di fatto più complesso un legame con la Repubblica Popolare Cinese, in quanto basato su visioni nazionali e culturali non omogenee260. La politica attuata dal governo di Pechino negli ultimi decenni ha tuttavia cercato di limitare le contraddizioni insite in processi identitari così complessi, favorendo proprio tramite le comunità cinesi storicamente presenti in quesi paesi la diffusione di un’immagine della Cina positiva e costruttiva che ha, nel contempo, ridotto notevolmente le resistenze e in taluni casi le vere e proprie forme di discriminazione che erano state messe in atto nei confronti delle minoranze cinesi. A mutare sensibilmente l’immagine ed il ruolo della Repubblica Popolare Cinese nell’area è stata proprio una maggiore presenza della Cina continentale accanto alle comunità della diaspora. Un fattore importante è dato per esempio dall’aumento esponenziale del turismo cinese in Asia, in particolare in vaste aree della Thailandia e dell’Indonesia. Un aumento dei flussi turistici che ha fatto della nuova middle-class cinese un fondamentale e vitale bacino per l’intero settore turistico dell’area. A ciò si possono aggiungere alcuni interessanti esempi di cooperazione nel campo della higher education: sempre più alta è infatti la mobilità universitaria che sta portando numerosi studenti










259 Oltre a Thailandia ed Indonesia la presenza cinese è particolarmente importante anche in paesi come la Malesia, Singapore. In tutti i paesi citati si tratta di comunità storicamente radicate che hanno spesso vissuto ed elaborato in maniera originale gli apporti culturali e i cambiamenti che nel corso dell’ultimo secolo si sono verificati nella madrepatria. Si veda a tal proposito Qinghuang Yan, The Chinese in Southeast Asia and beyond: socioeconomic and political dimensions, World Scientific Publishing, Singapore, 2008.

260 Sul complesso processo di stratificazione identitaria si veda Khor Yoke Lim, Ng Miew Luan, Chinese Newspapers, Ethnic Identities and the State: the case of Malaysia, in Wanning Sun (Ed.), Media and the Chinese Diaspora – Community, Communication and Commerce, Routledge, London/New York, 2006, pp. 137-48. Sempre nello stesso volume si veda inoltre Chang-yao Hoon, ‘A Hundred Flowers Bloom’: The re-emergence of Chinese Press in post-Suharto Indonesia, in Ibid., pp. 91-118.

cinesi a completare i propri studi in università del Sudest asiatico, come pure il contrario avviene per programmi cinesi di cooperazione universitaria con questi stessi paesi261.

Tutti questi fattori, dovuti proprio ad una maggiore attenzione da parte di Pechino per l’intera area del Sudest Asiatico, hanno favorito l’emergere di una nuova percezione nei confronti della Cina in tutta la regione. Un paese che è chiaramente in grado di esercitare con il proprio peso economico e culturale un’influenza sconosciuta in precedenza. Ciò ha, negli ultimi decenni, rinsaldato secondo dinamiche complesse e pluridirezionali il legame con le comunità cinesi residenti all’estero, facendone sia rappresentanti degli interessi cinesi all’estero che sostenitori dello sviluppo interno. Un esempio interessate è quello rappresentato dall’Indonesia, paese caratterizzato dalla presenza di una cospicua comunità cinese che onta quasi otto milioni di cinesi, tradizionalmente assai attiva ed intraprendente dal punto di vista economico. Durante la caotica transizione che, a cavallo del nuovo secolo, avrebbe portato all’affermazione di un regime democratico a Jackarta, spesso era stata proprio la comunità cinese ad essere bersaglio del malcontento per la situazione generale del paese che era stato fortemente colpito dalla crisi finanziaria del 1998. Tali eventi non hanno però comportato una dura presa di posizione da parte di Pechino, che invece ha scelto una posizione conciliante e di non interferenza negli affari interni, che sarebbe stata premiata successivamente con una maggiore apertura da parte di Jackarta nei confronti degli interessi cinesi. A migliorare progressivamente la situazione e l’influenza dei cinesi in Indonesia è stato proprio l’apporto cinese, sia proveniente dall’interno che dal’esterno, nel superamento della crisi economica asiatica. Proprio questo ha garantito un nuovo riconoscimento per lo status della Cina e dei cinesi in generale. Un segnale sicuramente non secondario fu la decisione, nel 2003, di includere il capodanno lunare cinese tra le principali feste nazionali della nazione indonesiana, pur in un contesto di crescente influenza della componente islamica262.

Analoghi esempi potrebbero essere citati a proposito di altri paesi dell’area: Thailanda, Filippine, Malesia, pur essendo in recenti fasi storiche entrate a far parte del cosiddetto ventaglio di contenimento predisposto dagli Stati Uniti nei confronti delle ambizioni cinesi, si trovano a subire l’influsso di legami storici e geografici con la Cina, le cui radici affondano in assai più complessi fenomeni storici e culturali. Proprio per questa ragione quindi il rapporto con tutta l’area del Sudest asiatico rappresenta, nel suo insieme, una questione di primaria importanza per Pechino, con delle forti implicazioni anche nell’ambito di quelle che sono le dinamiche della sicurezza regionale. Questi legami storici, culturali ed economici rientrano sempre più in una dimensione strategica allargata, che mira a ridefinire gli equilibri regionali mettendo in discussione quella che è stata sino ad ora l’assoluta supremazia statunitense nell’area. In questa dimensione si può cogliere appieno la portata epocale del passaggio dal secolo dell’Atlantico a quello del Pacifico. Riprendendo uno schema tradizionale, ma non per questo










261 Bronson Percival, The Dragon Looks South: China and Southeast Asia in the New Century, Greenwood Publishing, 2007, pp. 113-125.

262 Circa le storica comunità cinese in Idonesia si rimanda a Aimee Dawis (Ed.), The Chinese of Indonesia and their Search for Identity: the Relationship Between Collective memory and the Media, Cambria Press, 2009.

meno valido, di scontro tra un continente che mira ad espandere la propria sfera di influenza (la Cina) ed un potere marittimo impegnato a contenerne la ambizioni (gli Stati Uniti) si può comprendere come sull’intera regione del Sudest asiatico si stia giocando una partita di estrema importanza circa i nuovi equilibri globali263.

In quest’ottica i legami di Pechino con le comunità della diaspora viene abilmente utilizzato per promuovere quella che può essere definita la faccia positiva del potere cinese nella regione, basato tra l’altro sul successo e sulla stabilità di un modello economico che sembra destinato, in alcuni ambiti, a rivaleggiare con quello statunitense, fortemente messo in crisi dalla crisi finanziaria degli ultimi anni. Nel nome della non interferenza negli affari interni dei singoli paesi, Pechino sta mostrando una notevole spregiudicatezza diplomatica, intessendo rapporti assai vantaggiosi, anche con i regimi più discussi della regione che vengono invece fortemente avversati dagli Stati Uniti: esemplare è in tal caso il legame con il regime militare in Myanmar. La sopravvivenza del regime risulta vincolata a complessi equilibri in cui non è assolutamente secondario l’interesse e l’intervento cinese.

La strategia culturale attuata da Pechino nell’area asiatica in generale è quindi basata su una sorta di promozione di una comunità culturale, che punta da un lato alla condivisione di un substrato culturale confuciano laddove sia storicamente presente. Un caso importante è inoltre dato dalla scrittura: tutte le aree dell’Asia in cui sono in uso i caratteri cinesi (anche solo parzialmente come in Giappone o in Corea) sono ovviamente predisposte a subire una più o meno intensa penetrazione del prodotto culturale cinese, secondo uno schema che non è del tutto dissimile da quello in auge in altri periodi storici. La rivoluzione rappresentata dai new media ha quindi velocizzato ed amplificato questa possibilità di ricezione, consentendo pertanto la creazione di nuovi equilibri e stratificazioni nell’area, secondo dinamiche le cui origini possono, ancora una volta, essere rintracciate in consolidati processi storici e culturali: quello che David Kang ha definito the East before the arrival of the West264.

È questa dimensione della Greater China a rappresentare sicuramente uno dei motivi di maggior interesse nella ridefinizione degli equilibri nel contesto regionale asiatico, e del Sudest in modo particolare. Quella che molti analisti hanno definito la sottile spregiudicatezza della diplomazia cinese nell’area e della generale visione geoculturale proposta da Pechino, rientra quindi in una visione strategica più ampia che dovrebbe consentire alla Cina di avere un più ampio e sicuro accesso all’area regionale e globale nel suo insieme.

Come già sottolineato il rapporto della Cina con il Sudest asiatico rappresenta il complesso rapporto della cultura cinese con il mare: un rapporto che rappresenta un nodo fondamentale nell’equilibrio tra cultura cinese e modernità. Le implicazioni di questo complesso equilibrio sono tutte presenti nella










263 Ralph Pettman, China’s Region-Building Strategy in Southeast Asia, in Emilian Kavalski (Ed.), China and the global politics of regionalization, Ashgate Publishing, 2009, pp. 139-152.

264

David Kang, East Asia Before the West – Five Centuries of Trade and Tribute, Columbia University Press,