FONDAMENTI E PROIEZIONI IDEOLOGICHE E CULTURALI DEL NUOVO ORDINE CINESE: ARMONIA, ORDINE ED ASCESA PACIFICA
2.8 La geopolitica della coesione
Come sottolineato ampiamente nelle pagine precedenti qualsiasi riflessione od analisi sulla Cina, sia nella sua dimensione politica che culturale, non può non tenere conto della dicotomia che tradizionalmente caratterizza questo grande paese. Una dicotomia che nel corso della storia è stata definita nei termini di yin e yang, di confucianesimo e taoismo, di socialismo e capitalismo, di unità e frammentazione, di costa e continente, di regioni orientali e regioni occidentali, di nord e sud. È già stato sottolineato come alla ideologia del potere spetti il compito di sovrapporsi a queste opposizioni creando appunto una visione armonica ed unitaria. Uno degli scopi più importanti di questa narrazione unitaria è appunto quella di garantire l’unità e la coesione all’interno di un sistema che, anche e soprattutto a seguito delle riforme, ha raggiunto dei livelli talora preoccupanti di disequilibrio.
L’influsso della rinascita confuciana e l’accento su una società e su uno sviluppo armoniosi ha inevitabilmente avuto un influsso anche sul discorso geopolitico, il cui compito è appunto quello di confermare anche dal punto di vista della proiezione territoriale una visione armonica e unitaria in grado di confutare quelle teorie che, a più riprese, hanno messo in discussione la sostenibilità territoriale dello sviluppo cinese. Non è infatti mancato che ha individuato proprio nell’instabilità geografica creata dalla riforma – con regioni costiere molto più ricche e sviluppate dell’interno – uno dei maggiori rischi per la sopravvivenza stessa della coesione territoriale cinese. Secondo queste visioni non sarebbe del tutto da escludere nei prossimi decenni una nuova frammentazione del territorio cinese in entità statali differenti, secondo un modello e delle dinamiche già ampiamente visti nel corso dello sviluppo storico cinese. Queste visioni ben note a Pechino - per quanto duramente avversate – puntano anche l’accento sull’impatto regionale che una tale prospettiva potrebbe provocare, giocando tuttavia sul dato di una sostanziale impossibilità geografica da parte di Pechino di implementare una reale politica di riforma nella parte più continentale del paese, che sarebbe quindi destinata a rimanere in posizione defilata e distaccata rispetto alla dinamica area costiera.
della Repubblica Popolare Cinese all’ideologia del partito unico al potere. Gli inviti alla costruzione della società armoniosa ed all’adozione di una visione scientifica dello sviluppo, costituiscono i due pilastri su cui è attualmente retta l’azione di propaganda e informazione del partito e del governo.
Un riflesso di questa visione, dalle importanti implicazioni regionali, si rinviene anche nella discussa e controversa teoria dell’Arch of Freedom and Prosperity elaborata dall’ex ministro degli esteri e, tra il 2008 e il 2009, primo ministro giapponese Taro Aso. Nel 2006, nel corso di una ormai celebre conferenza202 cui fecero seguito diverse pubblicazioni, Taro Aso ha espresso quella che può essere definita la visione geo-strategica e geoculturale giapponese in Asia orientale, un continente i cui equilibri sono sempre più segnati dal ruolo politico, economico e strategico cinese. La teoria di Taro Aso ha provocato molte discussioni ed un aperto rifiuto nella Repubblica Popolare Cinese, per ragioni che possono avere una duplice natura: la prima risiede nel retaggio storico che, dopo gli eventi drammatici del XX secolo, vede la Cina in posizione fortemente avversa alla riaffermazione di un qualsiasi discorso geopolitico giapponese non inserito nel più vasto contesto della cosiddetta “protezione” americana; la seconda ragione, e forse la più importante, sta nella posizione che la Cina si troverebbe ad occupare all’interno di questo arch of freedom and prosperity. Si tratta di una posizione che sembra spaccare e dividere la Cina tra la sua parte costiera e le province dell’interno, mettendo in discussione, seppur non esplicitamente, la stessa unità ed indivisibilità del territorio cinese.
La visione geografica di Taro Aso fa riferimento alla massa del continente euro-asiatico comprendendo anche una parte di quello africano. Egli disegna sulla cartina una sorta di arco che va dal Giappone ai paesi scandinavi, toccando la pressoché totalità della fascia costiera cinese, includendo inoltre Taiwan l’India, la penisola arabica, la fascia tra Egitto e Medio Oriente, la penisola italiana e l’Europa centro-occidentale. Secondo tale visione sarebbe proprio su questa fascia del continente euroasiatico che sarà concentrato nei prossimi decenni lo sviluppo, dal punto di vista politico, economico e culturale, sottolineando nel contempo come sia fondamentale per il Giappone giocare il proprio ruolo proprio nell’ambito di questa fascia203.
Ad una analisi più approfondita si può chiaramente notare come la visione di Taro Aso riprenda da un lato alcuni concetti base nel discorso geopolitico giapponese, come è evidente nell’individuazione di quelle che possono essere considerate delle sfere di influenza giapponesi, riprendendo nello stesso tempo alcune figurazioni tipiche della geopolitica del contenimento heartlandico. In questa visione la Repubblica Popolare Cinese si trova evidentemente in una ambigua posizione, venendo solo parzialmente compresa nell’arco disegnato da Taro Aso, nella sua parte costiera appunto. Pur presentandosi come nuova, questa visione geopolitica riprende, almeno nell’area estremo orientale e in riferimento alla Cina in modo particolare, una visione non molto diversa da quella che aveva portato all’occupazione giapponese di parte del territorio cinese nella prima metà del XX secolo. Queste similitudini non sono certo passate inosservate a Pechino, che ne ha fortemente criticato i fondamenti teorici e geografici. Questa teoria rientra per esempio tra gli argomenti su cui vige uno stretto controllo
202 Il testo dell’intervento del primo ministro giapponese è reperibile nella sua interessa sul sito internet http://www.hu.embjapan.go.jp/download/seijikeizai/AsoSpeech070313(english).pdf (ultimo accesso gennaio 2011).
203 Haruhiru Fukui, Japan from Deterrence to Prevention, in Emil J. Kirchner, James Sperling, National Security Cultures, Routlegde, London/New York, 2010, pp. 247-248.
della censura anche sulla rete. Ad essere in particolare avversata è l’immagine, anche e soprattutto cartografica, di una Cina non omogenea, divisa tra il mare ed il continente, tra la polarità costiera e quella interna. Trattandosi di un’immagine che riflette, pur in termini semplicistici, la condivisione di determinati valori (quale è appunto il riferimento alla libertà), ne esce anche l’immagine di una Cina culturalmente non coesa o, nella migliore delle ipotesi, incapace di porre in essere un’adeguata strategia culturale verso l’esterno. Una situazione che, storicamente, va a netto vantaggio delle proiezioni giapponesi nella definizione degli equilibri regionali.
Da qui è derivata la necessita da parte cinese di elaborare una narrazione geopolitica in grado di contrastare econfutare questa visione giapponese, affermando nello stesso tempo la centralità della Cina anche, e soprattutto, dal punto di vista continentale e regionale. Ancora una volta quindi a svolgere un ruolo determinante è il rapporto tra il mare e la terra, tra la costa e il continente, in una dinamica di armonizzazione che appare fondamentale dal punto di vista strategico. Tutto ciò viene elaborato con il beneplacito del Partito Comunista Cinese e non è forse del tutto fuori luogo parlare di un orientamento confuciano che condiziona in maniera determinante l’elaborazione del discorso geopolitico cinese.
Una delle teorie più interessanti a tal propositi è quella elaborata da Su Hao, docente presso la China Foreign Affairs University di Pechino, che parla a proposito della geopolitica cinese di uno strategic pinnacle, la cui definizione è fondamentale per la visione unitaria cinese204. Il punto di partenza è ancora strettamente continentale e riprende il dato, culturalmente fondamentale, dell’importanza dell’elemento fluviale all’interno dello sviluppo della civiltà cinese. Dopo l’immaginario fluviale critico e decadente proposto da Heshang – River Elegy si torna pertanto a riprendere in considerazione in maniera positiva e costruttiva l’apporto dei fiumi all’interno della cultura e della geografia cinese. All’interno di questa visione è nuovamente la questione della centralità ad assumere un ruolo fondamentale ed a venire piegata ad una dimensione che va ben oltre l’aspetto nazionale, per assumere dei connotati che investono l’intero continente asiatico. Dal centro della Cina, collocato nella provincia dello Shaanxi, si passa al centro del continente asiatico, individuato proprio all’interno dei confini cinesi, per l’esattezza nella provincia autonoma del Xinjiang, che si trova in tal modo ad essere il vero e proprio cuore del continente asiatico. Si tratta di una visione in totale antitesi rispetto a quella giapponese esposta poc’anzi e che punta l’accento sul carattere heartlandico della Cina come essenziale fattore della stabilità regionale. Per questa ragione le regioni periferiche della nazione cinese, Xinjiang e Tibet in primis, si trovano ad occupare una posizione strategica, in quanto dal controllo di queste aree dipende il rapporto del “gallo cinese” con tutte le nazioni circostanti. Era già stato Mao, in una delle sue poesie giovanili a definire la Cina un gallo proprio in virtù della sua conformazione sulla carta geografica.
204 L’esposizione delle teorie di Suhao è frutto di alcuni colloqui avuti con l’autore tra ottobre e novembre 2010, presso la China Foreign Affairs University di Pechino. Suhao può essere considerato uno dei maggiori esperti cinesi nell’ambito degli studi strategici cinesi, con particolare attenzione ai temi della sicurezza regionale.
Se la parte orientale e costiera della Cina è fondamentale dal punto di vista economico, soprattutto alla luce degli eventi degli ultimi due secoli, dal punto di vista di una definizione geografica è tuttavia la parte occidentale a giocare un ruolo insostituibile. Tornando all’immaginario fluviale già citato in precedenza, questa importanza è proprio dovuta al fatto che proprio nell’ovest della Cina, e nell’altopiano tibetano in particolare, hanno origine i tre fiumi fondamentali che sono alla base dello sviluppo delle civiltà cinese: lo Huanghe 黄河, il Fiume Giallo, che attraversa regioni importantissime come lo Shaanxi, lo Henan, lo Hebei ed il cui suo bacino rappresenta la culla ed il simbolo della coesione culturale dell’intero universo cinese; il Changjiang 长江 o Yangtzi, che pure ha origine sul plateau tibetano, rappresenta lo sviluppo ed i legami economici all’interno della Cina, tenendo conto come ancora oggi l’area intorno al suo delta produca circa il 20% del PIL cinese; infine il Lancang Jiang 澜沧江 o Mekong, il cui tratto superiore, partendo sempre dal plateau tibetano, attraversa la provincia dello Yunnan per poi toccare Myanmar, Lhaos, Cambogia e Vietnam, rappresentando di fatto il legame della Cina con il sud, con le minoranze e con il Sudest asiatico in generale205.
Questa visione, basata sulla direzionalità di questi fiumi esprime anche un orientamento che culturalmente intende proseguire in maniera opposta rispetto allo sviluppo economico che dalla costa dovrebbe spingersi verso l’interno: se l’economia va da est ad ovest, la cultura e gli imperativi della sicurezza vanno da ovest verso est, dal continente verso la costa e la dimensione del mare. Individuando nelle “remote” province del Tibet e del Xinjiang una sorta di nuova centralità della strategia cinese, queste ultime, a dispetto di una evidente diversità culturale e rivendicazione di autonomia, vengono saldamente inglobate nella visione cinese, nella stessa misura, seppur con narrazioni geo-culturali diverse, di quanto era avvenuto nel corso delle precedenti dinastie, con particolare riferimento alla dinastia Qing. Occorre considerare inoltre come l’altopiano tibetano sia il luogo in cui si trovano le sorgenti di molti fiumi che prendono da qui la via del subcontinente indiano, primo fra tutti il Bramaputra, sulle cui risorse idriche si sta da anni combattendo una forte tensione tra India e Bangladesh da un lato e Cina dall’altro. Da più parti infatti viene ventilata l’esistenza di progetti cinesi per deviare verso nord ovest il corso cinese del Bramaputra, sottraendo in tal modo preziose risorse idriche ai paesi confinanti.
Nella visione di Su Hao quindi, la sovranità sul Tibet risulta fondamentale per la Cina in quanto esso costituisce una autentica riserva idrica, una sorte di torre d’acqua da cui dipende l’intera rete fluviale cinese, fatto quest’ultimo che ha profondissime implicazioni dal punto di vista politico, economico e
205 Su Hao, Zhongguo de di yuan zhong xin Zhonghua wenming xiandai jincheng de dongliyuan
(苏浩,中国的地缘重心 - 中华文明现代化进程的动力源), [Il perno geopolitico della Cina – Origini
del processo di modernizzazione culturale cinese].
http://www.cas.cn/zt/jzt/ltzt/dlqzgxdhyjltwx/dhbg/200809/t20080928_2671069.shtml (ultimo accesso gennaio 2011).
culturale. Puntare tuttavia sulla fluvialità, significa puntare sulla componente continentale della cultura e della storia cinese, riprendendo quindi una visione geografica per molti aspetti speculare alle narrazioni confuciane che celebrano l’unità e l’armonia quali valori imprescindibili. Per questa ragione quindi è più che mai necessaria la coesione tra dongbu 东部 (l’oriente) e xibu 西部 (l’occidente), attraverso quella che, sempre Su Hao, chiama la Strategy for the Grand Development of the West: la parte orientale del paese, soprattutto in virtu della riforma, è divenuta la parte più ricca, il cuore economico della nazione cinese, tuttavia in termini di national building è fondamentale mantenere il saldo controllo sull’hearthland cinese, onde evitare che il confronto tra est ed ovest si traduca in una contrapposizione in grado di minare la stabilità, la sicurezza e l’integrita della nazione cinese. Appare quindi evidente come, pur in una retorica unitaria, vi sia tra gli studiosi cinese una consapevolezza circa l’esistenza di potenziali fattori di frammentazione, che il governo sta sapientemente cercando di contrastare anche con una politica culturale adeguata. Se è vero dunque che dallo haiyang 海洋, dall’oceano deriverà nei prossimi decenni la prosperità della Cina, come del resto ha dimostrato il successo della politica di riforme, è altrettanto vero che solo dal controllo dei fiumi – quindi da una visione eminentemente continentale – può essere garantita la stabilità della Cina, contro quelle che la geopolitica cinese definisce le cospirazioni per dividere la Cina. Si tratta nello specifico di: 1) dongluan Zhongguo 动乱中国, destabilizzare la Cina; 2) tingdai Zhongguo 停带中国, contenere la Cina; 3) fenlie Zhongguo 分裂中国, separare la Cina. In tutte queste definizioni vengono sottolineati rischi e tendenze contrarie rispetto alla tradizionale visione centralizzatrice. A differenza di quanto si ritiene abitualmente in Occidente sono proprio aree periferiche, come Tibet e Xinjiang, a giocare un ruolo fondamentale nella visione geopolitica della coesione cinese, esattamente come in epoca e Ming e Qing fu in una capitale periferica e di confine come Pechino che venne creata e implementata l’ideologia imperiale206.
Questa visione continentale spiega, sempre secondo Su Hao, il motivo per cui se è di fatto tollerabile da parte di Pechino uno status di indipendenza per Taiwan, questo non sarebbe accettabile nel caso di del Xinjiang e, a maggior ragione del Tibet, vista la posizioni strategica di quest’ultimo in merito alle risorse idriche. La continentalità e la centralità della Cina in Asia sono quindi un fattore fondamentale per la stabilità dell’intero continente asiatico, secondo una prospettiva ben diversa rispetto all’arch of freedom and prosperity di Taro Aso. Su Hao parla a proposito della Cina di un gravitational centric state, fondamentale pilastro dell’ordine prima regionale e poi globale. Come si può notare è sempre il tema della centralità a risultare fondamentale.
Le sempre più frequenti tensioni tra Pechino e Tokyo sul controllo delle ormai celebri isole
206 Questo tipo di impostazione richiama in manioera evidente le teorie geopolitiche espresse in precedenza da un altro importante esponente dell’area cinese, Zhang Wenmu, espresse in una celebre pubblicazione nei primi anni duemila, Zhang Wenmu, Shijie di yuan zhengzhizhong de zhongguo guojia anquan liyi fenxi, Shandong renmin chubanshe, 2004, (张文木,世界地缘政治中的中国国家安全利益分析, 山东人民出版社, 2004), [Analisi degli interessi della sicurezza nazionale cinese all’interno della geopolitica mondiale].
Diaoyu/Senkaku riflettono, da un lato, proprio lo scontro tra queste due visioni antitetiche della geopolitica asiatica e, dall’altro, la volontà cinese di proiettare una solida influenza sul mare, come testimonia la questione sempre più centrale delle acque territoriali nel Mare Cinese Meridionale. Tensioni nuove che da un lato riprendono la vecchia contrapposizione tra hearthland e rimland ma anche, nell’ottica cinese, la complessa dialettica tra principi continentali (forza centripeta) e marittimi (forza centrifuga), fra unità e frammentazione. Una visione del potere, della sovranità e dell’influenza cinese che trae i propri presupposti dalla forte narrazione neoconfuciana, alla base anche del nuovo nazionalismo cinese, e che costituisce una sorta di nuovo punto di partenza dopo la chiusura, con successo, del primo trentennio delle riforme volute da Deng Xiaoping.