5. I versi liguri: La casa in mare.
5.2 Le due edizioni de La casa in mare.
Nel 1969, dieci anni dopo la prima edizione, il poeta decide di pubblicare nuovamente La casa in mare presso la casa editrice genovese Tolozzi, apportando una variazione al sottotitolo – che diventerà Ritratti di Liguria, come la sezione d’esordio – e facendo corrispondere alla nota introduttiva di Ungaretti una postfazione firmata da Caproni. Oltre a queste differenze paratestuali, la nuova edizione si distanzia dalla precedente per alcuni cambiamenti a livello d’indice: se due componimenti, Leggenda e Rifiuto di Naufragio, vengono eliminati, altri sette vengono selezionati per la nuova raccolta. Inoltre, in collegamento a questo ricambio di testi, si assiste ad alcuni mutamenti interni nella disposizione e composizione delle sezioni, tra i quali due appaiono di particolare rilievo: la soppressione di Echi della conchiglia con il conseguente inserimento di tre nuove sezioni (Per mio fratello Fortunato Serra, Arco sereno e L’amoroso ritorno), dove confluiranno soprattutto i testi inediti, e la sostituzione della sezione conclusiva Il timoniere di pietra (fatta risalire a metà indice) con L’amoroso ritorno, che implica la rottura del disegno parabolico a favore di una conclusione più leggera e spensierata.
Dopo aver constatato la vicinanza parziale delle due edizioni, risulta necessario stabilire quali siano le motivazioni critiche che spingono a prediligere l’edizione del ‘59. A rendere questa raccolta coesa è una struttura lineare e ricca di richiami interni, aspetto che andrà ad affievolirsi con il passaggio all’edizione successiva, nella quale l’ampliamento delle sezioni determina la perdita di spontaneità espressiva. Tuttavia il fattore di maggiore interesse risulta essere un altro: nella seconda edizione vengono
inseriti sette nuovi componimenti, non selezionati da precedenti pubblicazioni, per lo più inediti e composti nell’intervallo di tempo che separa le due pubblicazioni. Questi testi si distinguono per una forte impronta “ligure” (come si rileva a partire da alcuni titoli, come Liguria e Pace in Liguria) da mettere in collegamento alle parole di Caproni, scelte come suggello per la nuova raccolta: la postfazione ricalca, infatti, un articolo uscito nel ’61, dedicato alla prima edizione, nel quale il suddetto scrittore aveva recensito positivamente La casa in mare, annoverando il suo autore tra i poeti della “linea ligure”149. Forse alla base dell’ampliamento bisogna leggere proprio la spinta fornita a Serra dagli apprezzamenti caproniani: sembra plausibile che il poeta spezzino, sempre alla ricerca di consensi, abbia pensato di proseguire sulla strada che gli aveva fatto ottenere riconoscimenti. Tuttavia saranno proprio la dilatazione e le modifiche apposte all’indice a determinare lo sconvolgimento della struttura parabolica de La casa in mare, facendo apparire così la nuova edizione artefatta e meno convincente.
Un altro aspetto che va ad avvalorare lo spirito promozionale della seconda raccolta è l’abbondante presenza delle dediche: se già risultavano numerose nell’edizione del ’59 (nove su venti componimenti), con il passaggio alla nuova edizione il fenomeno risulta incrementato, arrivando a contare sedici dediche su venticinque componimenti, ovvero più della metà. Tra i nomi dei nuovi dedicatari, per lo più intellettuali liguri, risaltano quello di Caproni, assente nell’edizione del ’59, e quello di Angelo Barile, che ricorre ben tre volte, poiché alla dedica già presente nella prima pubblicazione, si sommano le due nuove intestazioni.
L’etichetta coniata da Caproni, «Serra poeta della “linea ligure”», richiama alla mente i due principali poeti liguri del Novecento: Eugenio Montale e Camillo Sbarbaro. Sebbene l’influenza di questi due poeti sia evidente, nella ripresa di alcune immagini e soprattutto nella scelta del lessico e nell’attenzione fonico-musicale alla base della costruzione del verso, questo accostamento potrebbe risultare fuorviante ai
149
G. Caproni, Il «gentile Ettore Serra», postfazione a La casa in mare, Tolozzi, Genova (1969, pp. 115-125); questo articolo era già stato pubblicato in «Il Punto», 21 ottobre ’61; gli altri scritti di Caproni dedicati a Serra sono: Versi liguri, in «La Fiera Letteraria», 7 giugno 1959; Passa e rifiorisce
fini dell’analisi del volume serriano: la poesia dello spezzino si distanzia, infatti, dalle atmosfere rarefatte – e a tratti espressionistiche – dei due autori, prediligendo sempre l’aspetto della chiarezza espressiva e della limpidezza formale.
Questi caratteri richiamano piuttosto la poesia di un altro ligure, come sottolinea lo stesso Serra nelle note conclusive de La casa in mare, che dove dopo aver espresso la sua maggiore vicinanza nei confronti di Ungaretti rispetto a D’Annunzio continua così (in questo passo Serra parla di sé in terza persona):
Comunque, se dovesse scegliere un avvocato per farsi giustificare o difendere, senza dubbio ricorrerebbe all’amico Angelo Barile, quello, per intenderci, che ha scritto Lamento per la figlia del pescatore ed altre poesie che resteranno, come resteranno certe «rimanenze» di un altro caro estroso umanissimo poeta di Liguria.
Infatti è proprio Barile che giudicando obiettivamente la propria opera ha enunciato alcune verità «valide», a nostro avviso, non solo per la sua, ma per la poesia in generale. Queste, fra le altre: «… La voce (non la parola) nella lirica è tutto… e la mia attenzione vocale è continua […] Il segno vero dell’arte è di raggiungere quella purezza casta e senza rigore che è la più difficile di tutte. […]»150.
Angelo Barile, poeta di Albisola, fortemente cristiano e legato a Serra da una profonda amicizia, costituisce uno dei maggiori punti di riferimento per il poeta spezzino. E proprio la sua poesia, “ligure” ma con una forte attenzione per il quotidiano (aspetto mediato dalla lettura di Saba), rappresenta il più vicino punto di paragone per il poetare serriano de La casa in mare, come si vedrà nel capitolo dedicato alle amicizie liguri.
150
E. Serra, Note a La casa in mare (1959), cit., pp. 89-90. Il ligure «estroso» del quale persisteranno altre «rimanenze» è Sbarbaro, come si intuisce dalla scelta dell’attributo che richiama l’incipit dell’Epigramma montaliano («Sbarbaro, estroso fanciullo […]», v. 1, p. 19) e dal riferimento al titolo di una sua raccolta, Rimanenze.