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Il Congedo de La casa in mare: l’apoteosi serriana.

5. I versi liguri: La casa in mare.

5.3 La cornice de La casa in mare: dalla Prefazione al Congedo.

5.3.2 Il Congedo de La casa in mare: l’apoteosi serriana.

«Perché non farmi riposare al fondo?», recita lo scafo nel verso conclusivo di Salvataggio, quesito che troverà risposta nel congedo de La casa in mare dove alla risalita, messa in scena nell’avvio della raccolta, corrisponde lo speculare movimento di discesa, con il quale si conclude il breve racconto Apoteosi di un lanaiolo musico (pp. 81-86).

In un’ambientazione mitica fuori dal tempo viene narrata la storia di Corymbo, alter ego del poeta, figlio di un ricco lanaiolo, nato e cresciuto su di un’isola. Occupato sin dalla puerizia nell’allevamento del bestiame, un giorno mentre è al pascolo scorge in lontananza il mare; questa visione lo impressiona a tal punto da spingerlo a fabbricarsi una siringa che nei momenti ritagliati al lavoro, grazie al suo «musicale abbandono155», gli consente «di dimenticare il padre, i magazzini, le lane», causando però il dissenso e l’incomprensione da parte della comunità. Poi Corymbo cresce ed è costretto ad assumersi la responsabilità degli affari, anche se continua a coltivare segretamente la passione per il canto, che lo spinge a fuggire per tre notti in riva al mare accompagnato dalla sola siringa. Al suo ritorno scopre che l’assemblea dei

155 Il termine «abbandono» indica la capacità di sapersi abbandonare al canto, al contrario del

personaggio ungarettiano Mohamed Sceab suicida perché non aveva saputo «sciogliere / il canto / del suo abbandono», vv. 19-21, pp. 21-22.

vecchi ha decretato la confisca dei suoi beni, a esclusione dell’inutile fistola; così Corymbo abbandona la sua casa e si dirige nuovamente in riva al mare (pp. 85-86):

E che felicità sull’acque, chiare in fremito, che freschezza nell’aria; come leggiadri i molli voli degli albatri! Maraviglioso dovette essere l’inno da Corymbo cantato in lode del mare, delle sue creature, innumerevoli, delle onde ricurve come labbra, degli abissi filtrati da pallide opalescenze, dei giardini e delle foreste sì lievi; maraviglioso, se Nettuno ascoltandolo ne fu commosso, tanto da emergere fra sprazzi di luce, attorniato dal corteggio suo di vergini, efebi pinnipedi, abbagliante sul carro cui sono attaccati cavalli che il dorso hanno simile all’onda, quando s’incurva. Fu presso la spiaggia, (tutt’intorno sonava un’allegra fanfara di buccine), e a un cenno del dio, tritoni e sirene avvolsero in un cerchio di spume il cantore, e tutti, fluendo, scesero insieme alla Reggia.

Caproni, nelle parole conclusive de La casa in mare ’69, esprime il suo apprezzamento nei confronti di Apoteosi d’un lanaiolo musico, definendolo uno dei «poemetti più belli di Serra», e sottolineando la sua natura di «prosa tutta governata da misteriose corrispondenze ritmiche». Le frequenti inversioni che rimandano allo stile poetico, le pause dettate dall’utilizzo della punteggiatura, l’impiego di termini dotti e inerenti all’ambito del mito, le numerose allitterazioni (come quella all’inizio di questo estratto: «felicità… fremito… freschezza»), il termine in ricorrenza anaforica «maraviglioso» (anche voce dotta) che nella sua prima occorrenza è seguito da un’enumerazione, le espressioni metaforiche, quali «onde ricurve come labbra» e «cavalli che il dorso hanno simile all’onda», danno prova della profonda ricercatezza stilistica serriana e dell’orditura musicale del testo.

Questo breve poemetto, ripercorrendo in chiave bucolica le tappe principali della vita del poeta, offre anche una riflessione sul significato della poesia, concretizzato nel testo attraverso la rappresentazione del dissidio classico tra otium e negotium: la predisposizione al canto di Corymbo da un lato si scontra con i valori e con l’incomprensione di una società pragmatica, che ritiene inutile e superflua la sua

fistola, mentre dall’altro rappresenta per il poeta un’esigenza necessaria, l’unica via d’uscita agli affanni imposti dalla routine quotidiana. Così, oltre a ribadire il legame orfico tra gli abissi e la parola poetica (la casa in mare del titolo può alludere anche all’assunzione di Corymbo presso la corte di Nettuno), Serra attraverso il suo doppio intende evidenziare il potere consolatorio del canto, quale suo più profondo e alto valore. Infine, questo episodio, scelto dall’autore come conclusione dell’intero volume, pone un argine al clima cupo e apocalittico che si era progressivamente affermato nella sezione precedente, Il timoniere di pietra, e offre così una prospettiva d’apertura all’intera raccolta.

Per concludere l’analisi di Apoteosi d’un lanaiolo musico, si può notare come anche Montale, in uno dei componimenti conclusivi degli Ossi di seppia, faccia muovere sulla scena un suo doppio: Arsenio, dal quale prende il titolo la lirica omonima (pp. 83-84). Come Corymbo, Arsenio subisce la forza centripeta del mare, che lo attira in un progressivo movimento di discesa: «sul corso, in faccia al mare, tu discendi / in questo giorno / or piovorno ora acceso» (vv. 5-8). I due episodi, dall’atmosfera molto differente, divergono totalmente sul finale: Serra, seppur in chiave mitica, riserva al suo alter ego la possibilità di riscatto presso la corte del dio marino, mentre al contrario Montale – che non prospetta mai per se stesso la possibilità di fuga – raffigura Arsenio come un giunco «che le radici / con sé trascina, viscide, non mai / svelte» (vv. 46-48), destinato a rimanere ancorato a terra.

Anche dall’analisi onomastica emerge il carattere divergente di questi due personaggi: se la scelta del nome ‘Arsenio’ rimanda all’area semantica dell’arsura, dell’aridità che rende impossibile la fioritura, l’analisi etimologica di ‘Corymbo’ rivela una connessione con la vitalità del mondo naturale. Dal suo primo significato di ‘sommità, vertice’, il termine greco ‘κόρυµβος’ individua in ambito botanico le infiorescenze di fiori o frutta, o più nello specifico, la corona di edera in uso presso i Greci nel culto di Dioniso, mentre in ambito marittimo – da collegare allo sfondo dell’intera raccolta – indica l’ornamento che decorava la poppa e la prua nelle navi greche e romane. Infine, è interessante notare come il termine ‘corimbo’ sia impiegato da Montale nel componimento Ripenso il tuo sorriso tratto dagli Ossi di

seppia: «ripenso il tuo sorriso, ed è per me un’acqua limpida / scorta per avventura tra le petraie d’un greto, / esiguo specchio in cui guardi un’ellera i suoi corimbi» (vv. 1- 3, p. 32), dove indica le ‘infiorescenze’ dell’edera; a sua volta questa espressione è calco del passo dannunziano «pendulo corimbo d’ellera», tratto da Suavia in Primo vere156.

156 Come viene notato nell’edizione degli Ossi di seppia, a cura di Pietro Cataldi e Floriana d’Amely,