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Le frequentazioni liguri degli anni ’70: Gherardo Del Colle.

6. Le frequentazioni liguri: Sbarile, Barile e Gherardo Del Colle.

6.2 Le frequentazioni liguri degli anni ’70: Gherardo Del Colle.

Nelle pagine conclusive del Tascapane di Ungaretti si possono leggere altre venticinque lettere firmate da Barile, questa volta tratte dall’epistolario con un altro poeta ligure: il frate cappuccino Gherardo Del Colle162. Nel cappello introduttivo alle missive, Serra introduce e motiva così l’inserimento di questa appendice all’interno della sua raccolta di saggi163:

Il canto-preghiera di Angelo Barile, espresso in sobrie purissime forme, mi sembra il più alto che mai abbia avuto la moderna poesia religiosa italiana. Ora, però, una voce da tempo è sorta che ad esso fa bordone, ed è quella di un altro

161 E. Serra, Tu sei quasi un sereno, in Per Angelo Barile, Savona, Sabatelli 1967, pp. 39-40. 162

A. Barile, Lettere di Angelo Barile a padre Gherardo Del Colle, in E. Serra (1983), cit., pp. 211- 230; questo carteggio è stato poi integralmente stampato, completato anche dalle missive di Gherardo Del Colle nel recente volume: “Amor di poesia”. Lettere (1940-1966) (2010), cit.

ligure, di un fraticello di San Francesco che della fede e della poesia ha fatto una sola realtà: padre Gherardo Del Colle. Giovanissimo, ricevette il battesimo della poesia da Angelo Barile che dal ’41 fino agli ultimi giorno lo predilesse. Il carteggio Barile-Del Colle, copioso e vario, va dal ’41 al ’66, e rivela compiutamente la gentile umanità del poeta di Albisola che in padre Gherardo, poeta vero e sacerdote ferventissimo, aveva trovato il confidente ideale.

È da sperare che questo luminoso documento umano, religioso e letterario sia quanto prima pubblicato nella sua integrità; intanto ringrazio padre Gherardo Del Colle di avermi permesso di farlo conoscere almeno in parte. […]

Queste lettere vengono pubblicate come ulteriore testimonianza della forte personalità di Barile e allo stesso tempo hanno anche la funzione di spostare l’attenzione sul suo interlocutore: Gherardo Del Colle. Quest’ultimo, a sua volta poeta, è considerato da Serra l’erede intellettuale dell’amico di Albisola e, a partire dagli anni ’70, rivestirà un ruolo importante anche all’interno della sua vita privata.

Paolo Repetto nasce nel 1920 a Cesino, un paesino dell’entroterra genovese, entra in seminario all’età di nove anni, dove persegue studi teologici e classici, nel 1935 veste l’abito francescano e nel 1942 viene ordinato sacerdote con il nome di Gherardo Paolo da Cesino; grazie ai suoi studi umanistici gli viene affidata la cattedra di letteratura italiana presso lo Studentato filosofico dei padri Cappuccini di Savona, compito svolto per circa trent’anni e mai disgiunto dal servizio nei confronti degli infermi presso gli ospedali; durante la sua vita viene spostato in diversi conventi, pur rimanendo sempre sul territorio ligure: Voltri, Varazze, Savona, Voltaggio, San Bernardino e infine Pontedecimo, luogo nel quale avviene la sua dipartita nel 1978, all’età di soli cinquantotto anni164.

Scrittore e giornalista, la sua attività principale è quella poetica, che si manifesta già in giovane età; come testimoniano i volumetti dattiloscritti, rinvenuti nel suo archivio, e la pubblicazione di alcune poesie su «Maestrale» nel ‘41, quando viene ordinato

164 Queste e le seguenti informazioni sono tratte dall’introduzione di Francesco De Nicola, Gherardo

Del Colle, la limpida poesia dell’inquieta letizia, apposta alla recente pubblicazione di tutte le poesie

sacerdote compone già versi, adottando il nome di Gherardo Del Colle in omaggio all’altura che sovrasta il suo paese nativo. Rosso di sera è il primo volume a essere distribuito su ampia scala e viene stampato nel 1946 soprattutto grazie alla vendita degli orecchini d’oro da parte della sorella; infatti, l’ordine cappuccino ligure si dimostrò impossibilitato a sostenere le spese della stampa del confratello, dovendo impiegare i fondi di denaro nella ricostruzione degli edifici distrutti dai bombardamenti, causati dal secondo conflitto mondiale – anche il Convento di S. Bernardino, dimora di padre Gherardo, venne colpito dalle bombe.

Il titolo della prima raccolta appare emblematico e in grado di anticipare le linee portanti della prima fase poetica dell’autore: come esplicitano i versi d’avvio della lirica omonima – «Rosso di sera: / e tu bel tempo speri, anima mia!» – Gherardo, attraverso la scelta di un detto popolare evidenzia l’atmosfera quotidiana e dimessa della sua poesia e, attraverso la scelta di questo particolare proverbio, sottolinea la dimensione della speranza nei confronti dell’avvenire. Tuttavia «la sua poesia non si limita ad essere un semplicistico e poco credibile inno alla letizia», appunta De Nicola nell’introduzione a Il fresco presagio, «ma è piuttosto un percorso irto di ostacoli per avvicinarsi ad essa, per giungere al tramonto, al “rosso di sera”», infatti, prosegue, «la poesia di Gherardo Del Colle ha una sua forte cifra di autenticità e originalità perché, nel quadro di una produzione lirica novecentesca spesso segnata dal montaliano “male di vivere” o anche dalla rassegnazione sbarbariana dell’apatia al soffrire come al godere, essa riesce a raggiungere il lettore con versi di accettazione del bene della vita165».

La successiva raccolta, Biancospino (Vicenza, La Locusta, 1957), mostra la forza poetica del frate cappuccino nella sua evoluzione: la struttura più articolata delle poesie è spia di «una dialettica più intensa e fors’anche più tormentata e quasi drammatica, talora persino polemica come aveva rilevato con rincrescimento Angelo Barile a proposito delle Lamentazioni, dove il vocabolario era assai espressionistico166». Questo aspetto viene rilevato anche da Caproni, nella recensione

165 Ibidem, p. 18. 166 Ivi.

a Biancospino uscita su la «Fiera Letteraria», che definisce Gherardo «poeta, ricco di passione non in esclusivo senso religioso (anche se religiosissimo rimane sempre) ma soprattutto in senso umano», e sottolinea inoltre «la martellante energia di Ballata per la città di Balal, dove davvero risuona , nelle tronche finali, una non remota eco di Villon167».

A seguire questi due primi volumi sono nel 1964 Sotto la gronda, nel 1971 L’angelo dei suburbi e infine nel 1975 l’auto-antologia Poesie. Parallela alla produzione in lingua italiana è quella dialettale, che definisce e fa trasparire un aspetto importante della personalità di Gherardo; tra queste pubblicazioni si possono ricordare il poemetto Peccòu veniale e la plaquette A fòa do Bestento, uscita all’interno della collana I libretti di Mal’Aria a cura di Arrigo Bugiani168.

Sebbene quella lirica sia l’attività principale di Gherardo Del Colle, anche la produzione in prosa appare interessante e variegata: egli fu autore di opere a sfondo strettamente teologico e religioso, come Vita della Beata Maria Vittoria rielaborata da padre Gherardo Del Colle (1976), di saggi divulgativi utilizzati nel suo lavoro di insegnante di letteratura italiana, di testi teatrali, sia in lingua (per esempio Ernesto tornapresto ospite funesto. Farsa in tre atti su “idee” di Achille Campanile del 1967), sia in dialetto (A neutte di Remaggi), e infine di volumi ‘autobiografici’, quali Guanciali e testoline, nato dalla sua esperienza di cappellano ospedaliero, Viaggio a Lourdes-Diario di Lourdes scritto con Primo Mazzolari e Diario di un fraticello francescano, nel quale attraverso un alter-ego, padre Fazio Ceranesi, ripercorre il suo soggiorno presso il convento di Voltri169.

La voce schietta di Gherardo Del Colle emerge anche dalla sua intensa attività di collaboratore con diverse testate genovesi – «Il Cittadino» e «Il Corriere mercantile» –, savonesi – «Il Letimbro» – e anche su scala nazionale – «L’Osservatore Romano»

167 G. Caproni, Poesie di Gherardo Del Colle. Canti di un cappuccino, in «La Fiera Letteraria», 7

aprile 1957.

168 Anche Serra annovera una pubblicazione all’interno di questa collana, con precisione il 95° libretto:

Paola, con disegni di Enrico Fuseli e Orso Bugiani, I libretti di mal’aria, stamperia lombardo di

Genova, luglio 1965.

169 Per i riferimenti bibliografici più dettagliati si rimanda alla nota bibliografica dedicata a padre

–, o anche di periodici – «Diogene», «Liguria», «Arte stampa» e «Ponente d’Italia»; gli articoli di Gherardo, incentrati per lo più su scrittori contemporanei o problemi di etica e di estetica, rappresentano letture acute apprezzate dai lettori, come dimostra il ringraziamento di Raimondo Manzini, direttore dell’Osservatore Romano: «I suoi articoli sono sempre seguiti con grande interesse e so che hanno dato luce alla nostra pagina letteraria. La Sua nota, culturalmente moralizzatrice, farà un gran bene170». Ripercorrendo la sua carriera giornalistica, è possibile rilevare un episodio particolarmente significativo, dal quale emergono sia il carattere tenace del frate cappuccino, sia la sua idea di poesia. Nell’aprile 1950 sul mensile genovese «Il Gallo», di chiara ascendenza evangelica, all’interno della rubrica «Cartella dei prestiti», Gherardo pubblica un articolo polemico nei confronti di Montale. Le sue riflessioni investono un precedente articolo montaliano, uscito sul «Corriere della Sera» il 16 febbraio dello stesso anno, nel quale il poeta ironizza attaccando i critici incapaci di comprendere le sue recenti poesie dei Mottetti171. Il frate cappuccino controbatte severo rilevando «l’astio [di Montale] contro quelli stessi che, primi, hanno manifestato consensi alla sua poesia», e sostenendo la tesi «che un lettore debba battersi il petto, quando inconsapevolmente, non riesce a capire ciò che un poeta non gli fa capire, è davvero pretendere troppo»; per Gherardo, infatti, la poesia non deve essere «un indecifrabile rebus che celi trabocchetti per chi legge e un pretesto di sollazzo per chi scrive», e conclude che «la torpidezza mentale di certi critici pure intelligenti e onesti che sia, quasi sempre è determinata dalla torpidezza d’ingegno e di cuore di certi illustri criticati». A un intervento del direttore del periodico, che intendeva ammorbidire la polemica iniziata dal frate, segue una lettera sprezzante dello stesso Montale: questo episodio oltre a determinare la conclusione graduale della collaborazione con il mensile, provocherà in Gherardo soprattutto un

170 Lettera inedita, riportata in F. De Nicola nell’introduzione all’edizione delle poesie di Gherardo (Il

fresco presagio (2008), cit., p. 12).

171 E. Montale, Due sciacalli al guinzaglio, in «Il Corriere della Sera», giovedì 16 febbraio 1950; in

questo articolo Montale ironizza contro i critici mettendo a nudo il motivo ispiratore di alcune sue poesie, tratte dalla sezione Mottetti de Le occasioni.

sentimento crescente di diffidenza e di distacco nei confronti della “società letteraria” riconosciuta e dei suoi componenti.

Dalle critiche sollevate nei confronti di Montale, emerge per contrasto la profonda fede di Gherardo nell’assoluta limpidezza e comprensibilità della parola poetica a favore del lettore. Questi principi, infatti, verranno osservati dal frate cappuccino lungo tutto l’arco della sua produzione, anche durante la sua ultima fase compositiva, quando all’interno dei suoi versi entreranno con forza le asperità della vita e le ingiustizie sociali, senza tuttavia minare la chiarezza del linguaggio poetico.

6.3 «Dalla navicella di Caronte»: lettere di Ettore Serra a fra Gherardo