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Constitucionalismo Latinoamericano Defensa del Pueblo y Derechos Humanos Introducción al tema

1. Bisogno della difesa della libertà nelle organizzazioni umane

2.2. Due forme di governo, ovverosia di volizione: rappresentanza contro partecipazione

La individuazione della contrapposizione tra i due (macro-tipi di) “mezzi per la difesa della libertà” è punto di partenza – principium – per la comprensione della questione (domanda e risposte) della “difesa della libertà”; le cui risposte sono ancora troppo sovente ridotte – per debolezza della memoria scientifica contemporanea –22 alla sola “divisione [o “separazione”] dei poteri”23.

Per avanzare, ora, in misura e maniera consistenti in tale comprensione, è necessario ampliare l’orizzonte dell’esame storico-giuridico alle corrispon- denti “forme di governo”, per le quali quei mezzi sono pensati e fuori delle quali essi perdono il proprio senso.

A compiere questo ulteriore esame ci obbligano ugualmente la logica giu- ridica e la osservazione storica.

squieuiana, è scritto (Art. 16.) «Toute Société dans laquelle la garantie des Droits n’est pas assurée, ni la séparation des Pouvoirs déterminée, n’a point de Constitution».

21 Montesquieu (sempre in EdL, 11.6) scrive che la «distribution des trois pouvoirs» è «le seul moyen conforme à la raison, de suppléer à la tyrannique magistrature des éphores, & aux inquisiteurs de Venise, qui sont aussi despotiques».

22 Sulla “dimenticanza” del “potere negativo” ha richiamato la attenzione Pierangelo Catalano: Un concepto olvidado. «Poder negativo», in Revista General de Legislación y

Jurisprudencia (segunda época) 80.3, 1980, 233 e in aa.VV., Costituzionalismo latino,

vol. I, [= Progetto Italia-America Latina. Ricerche giuridiche e politiche, Materiali, IX/1], Sassari s.d., 40 ss.; cfr., supra, nt. 13.

La dimenticanza scientifica contemporanea nei confronti degli istituti giuridici romani non è circoscritta al mezzo antico per la difesa della libertà. Essa, come vedremo, è stata denun- ziata anche a proposito dei Concili provinciali di città (vedi, infra, § 5.c) e, più in generale, concerne (anzi colpisce per prima) la forma di governo antica (vedi, infra, § 5.a).

23 «È certo però che ogni qual volta il criticato principio di separazione è stato radical- mente eliminato, anche se con opposte intenzioni (Stati autoritari di tipo fascista, Stati del socialismo cosiddetto reale, ecc.) i risultati non sono stati molto incoraggianti. Ed ogni volta, dall’interno o dall’esterno si è invocato il ritorno alle vecchie garanzie che rappresen- tano il nucleo invariato del prin cipio» (G. silVesTri, voce Poteri dello Stato (divisione dei

Lo stesso pensiero scientifico dialettico del Settecento, che contrappone i due macro-tipi di mezzi per la difesa della libertà, colloca questa contrap- posizione all’interno di quella tra altrettanti macro-tipi di forme di governo, per i quali anche vale l’alternativo riferimento alla antichità o alla moder- nità. Lo stesso autore contemporaneo, il quale ha richiamato la attenzione scientifica sulla contrapposizione settecentesca tra due mezzi per la difesa della libertà, lo ha fatto anche per la contrapposizione settecentesca tra due forme di governo24.

La interpretazione degli istituti per la difesa della libertà, isolati dai con- testi delle rispettive forme di governo, è particolarmente pericolosa per la comprensione scientifica del tribunato e per la gestione de iure condito e de

iure condendo di aspiranti tribunati. La “separazione dei tre poteri” è – per

così dire – scolpita sulla stessa forma di governo, cui inerisce25. Non è così la magistratura del tribunato, il quale si presta – quindi – ad essere pensato ‘in sé’ e – per tanto – come istituto inseribile in (ovvero buono per) ogni

24 P. caTalano, Constitutionnalisme latin et constitution de la République romaine de 1848 (à

propos du droit public romain du tribunat), in L. reVerso (sous la direction de), Constitutions,

républiques, mémoires. 1849 entre Rome et la France, Paris 2011, 31: «On oublie facilement que

les modèles constitutionnels tracés par ces deux auteurs de langue française [scl. Montesquieu e Rousseau] sont opposés entre eux et déterminent deux lignes de pensée politique et juridique qui sont en conflit parfois violent entre elles, notamment pendant la Révolution française: la ligne de pensée girondine et libérale contre la ligne jacobine et démocratique». Discriminante tra le «deux lignes» è, sempre secondo Catalano, la concezione del popolo: “concreta” e “roma- na” quella “democratica”, “astratta” e “moderna” quella “liberale” (vedi id., Populus Romanus

Quirites, Torino 1974, in part. § I.IV.A “ ‘Magistrat’ e ‘Volk’ nel pensiero del Mommsen, e gli

sviluppi della visione dello «Stato astratto»”; id., Diritto e persone, vol. I, Torino 1990, in part.

il cap. V. “Alle radici del problema delle persone giuridiche”).

La attenzione di Catalano per la dialettica settecentesca si fonda – a mio avviso – nella preferenza già tributata dallo stesso autore alla categoria di “sistema” rispetto alla categoria di “ordinamento” per la interpretazione del Diritto romano: id., Linee del sistema sovranna-

zionale romano, Torino 1965, 30 ss., in part. 37 nt. 75; quindi ribadita: id., Aspetti spaziali

del sistema giuridico-religioso romano. Mundus, templum, urbs, ager, Latium, Italia, in ANRW – Aufstieg und Niedergang der römischen Welt, vol. II.16.1, BerIin-New York 1978,

445 s.; id., Diritto e persone. Studi su origine e attualità del sistema romano, Torino 1990,

57. Al contrario di quanto potrebbe apparire, infatti, è proprio la concezione sistemica del Diritto romano che consente a Catalano di prendere distanza da scelte capitali della dottrina pandettistica, il cui testo-chiave è il System des heutigen römischen Rechts di Friedrich Carl von Savigny (vedi, infra, ntt. 87 e 124-130).

25 Per lo stato (a mio avviso largamente insoddisfacente) della riflessione, si può vedere, J.-P. duPraT, Le législateur et le juge, in aa.VV., Le concept de représentation dans la pen-

sée politique, Aix en Provence 2003 (digitalizzato dal 2015) § I “Représentation et séparat-

contesto. È però un errore e una illusione. La lezione che ci viene dai suoi massimi teorici, a iniziare da Cicerone, è un’altra.

Cicerone – lo abbiamo visto – non scrive che il tribunato è necessario

tout court. Egli scrive che il tribunato è necessario per la repubblica. E la

affermazione ciceroniana deve essere letta non nel senso che la repubblica si costituisce a partire dal tribunato ma nel senso che alla repubblica già costituita manca un elemento necessario per il suo corretto funzionamento ovvero per la sua vita fin tanto che non vi è inserito il tribunato. Cicerone, infatti, affronta la questione del rapporto tra tribunato e repubblica verso la fine del de legibus (3.15 s.) e in un punto avanzato del de re publica (2.49): soltanto, cioè, dopo aver risposto puntualmente alla domanda cosa sia la repubblica, scrivendo in maniera giuridicamente molto tecnica che la repub- blica è la “cosa del popolo” e il popolo è la “società dei molti” (rep. 1.39). Cicerone aveva inoltre già detto in un discorso tenuto dinnanzi al popolo nel 63 a.C., che «la libertà consiste nella legge» (agr. 2.102; cfr. rep. 47) e la legge – come ricorderanno Ateio Capitone e Aulo Gellio – «è il comando generale del popolo su proposta del magistrato» (A. Gell. n.A. 10.20.2; cfr. Gai. 1.3). Ciò che ha senso giuridico precisamente sul presupposto dalla natura societaria del popolo26.

La crono-logìa presente nella riflessione antica/ciceroniana su repubblica e tribunato è fatta propria e sviluppata all’inizio della epoca moderna da Nicolò Machiavelli, nei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio (redatti tra il 1513 e il 1519 ma pubblicati postumi, nel 1531), e, quindi, durante il secolo XVIII da Jean-Jacques Rousseau, in varie opere, principalmente (ol- tre le già citate Contrat e Considérations) il Projet de constitution pour la

Corse (redatto tra il 1764 e il 1765 ma anche esso pubblicato postumo, nel

1861).

Nei Discorsi machiavelliani (dove la parola “libertà” è estremamente ricorrente: circa 100 volte) la libertà non esiste nel regno ma nasce con la repubblica (§ 1.2 “Di quante spezie sono le republiche, e di quale fu la

26 Est igitur, inquit Africanus, res publica res populi, populus autem non omnis hominum

coetus quoquo modo congregatus, sed coetus multitudinis iuris consensu et utilitatis com- munione sociatus; cfr. rep. 1.48 s.

Per comprendere il senso della interpretazione ciceroniana del populus come societas, oc- corre prima liberarsi della interpretazione pandettistica di questa (vedi, esemplarmente, M. Talamanca, voce Società (dir. rom.), in ED, vol. XLII, Milano 1990, 814 ss.) come istituto

da un lato ‘allzuspezialisiert’ (privatistico) e da altro lato ‘allzuallgemein’ (naturalistico). Cfr. G. lobrano, voce Società. Concetti e principi, in Enciclopedia di Bioetica e Scienza

giuridica, vol. XI, Napoli 2017, P.P. onida, La causa della societas fra Diritto romano e

Diritto europeo, in Diritto@Storia 5, 2006, ntt. 27-29. Sul ruolo deliberante delle assem-

republica romana”). Il paragrafo dedicato al tribunato (§ 1.3) è significa- tivamente intitolato «Quali accidenti facessono creare in Roma i Tribuni della Plebe, il che fece la republica più perfetta», dove è assolutamen- te notevole il concetto del tribunato come “ulteriore perfezionamento” di una repubblica già perfetta. Tale paragrafo è ‘incastonato’ tra il paragrafo dedicato alla collocazione della «republica» romana nelle varie «spezie di republiche» (§ 1.2 cit.) e il paragrafo sulla sorgente della libertà nella repubblica romana nella forte inter-azione tra istituzioni plebee e istituzio- ni patrizie (§ 1.4 “Che la disunione della Plebe e del Senato romano fece libera e potente quella republica”).

La percezione moderna della esigenza di rispettare l’ordine logico tra repubblica e tribunato (ovvero tra forma di governo e mezzo per la difesa della libertà) è espressa nella maniera più matura presso Rousseau, for- se perché posta all’interno di una riflessione in esplicita contrapposizione alla riflessione montesquieuiana27. Rousseau affronta – prima di tutto – la questione della forma di governo repubblicana, la cui specificità è colta sia in negativo sia in positivo. La demarcazione in negativo della repubblica è fatta con la forte sottolineatura della sua alterità anzi incompatibilità ri- spetto alla forma di governo “rappresentativa”, definita spregiativamente ma correttamente “feudale” (CS, 1.4 “De l’esclavage” e 3.15 “Des Députés ou Représentans”). Lo studio ‘in positivo’ della “repubblica”, come forma di governo, occupa i primi tre libri del CS, dedicati, nell’ordine: il libro 1° alla “società”, unica forma di aggregazione capace di coniugare unità e libertà (cap. 6 “Du Pacte Social”); il libro 2° alla “legge”, espressione del “Popolo/sovrano”; il libro 3° alla “esecuzione” (della legge) affidata al “governo”. La definizione della repubblica («tout Etat régi par des loix») è data nel libro 2°, capitolo 6 “De la Loi”, subito dopo la definizione della legge («quand tout le peuple statue sur tout le peuple»). Il prioritario e po- ziore impegno di Rousseau per la comprensione della “forma di governo repubblica” è, dunque, dedicato ai due elementi (da lui, evidentemente, giudicati) costitutivi di tale ‘forma’: α) la natura del Popolo, cioè la so- cietà (elemento trattato nel primo libro) e β) il suo regime, cioè la artico- lazione della volizione collettiva/pubblica in due azioni volitive, la legge e la sua esecuzione (elemento, conseguentemente, affrontato in due libri, il secondo e il terzo). Soltanto a conclusione di tale impegno e in virtù dei risultati così raggiunti, Rousseau può affrontare la questione del mezzo per la difesa della libertà e lo fa – a questo punto, agilmente ma perfettamente

27 Questo ordine logico diventa caratteristica saliente nel ‘discorso’ rousseauiano; anche in ciò agli antipodi di quello montesquieuiano, il quale (almeno nel famoso cap. 6 del libro 11 dell’EdL, sulla «constitution d’Angleterre») prende l’avvio dal mezzo per la difesa della libertà e appare restarvi sempre appeso.

– nel capitolo 5 (“Du Tribunat”) del libro 4° del CS. A sottolineare il carat- tere sopravveniente di tale istituto, Rousseau vi precisa che «Le Tribunat n’est point une partie constitutive de la Cité» (CS, 4.5)28.

Per comprendere il “mezzo per la difesa della libertà – tribunato” occorre comprendere la “forma di governo – repubblica” e l’ordine dei due termini non è invertibile.