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Ecomuseo della Via Appia: un progetto di sviluppo sostenibi le per la piana di Brindis

1. L’Ecomuseo della via Appia

L’Ecomuseo della Via Appia (EVA) nasce a Latiano (BR) nel 2016, con l’obiettivo di avviare un progetto pilota in grado di coinvolgere tutti i comuni attraversati dalla Via Appia Antica, nel tratto compreso tra Taranto e Brindisi1.

L’EVA è attualmente organizzato attorno all’antenna ecomuseale del Parco dei Messapi di Muro Tenente, gestito da un Comitato tecnico-scientifico compo- sto dalla Soprintendenza A.B.A.P. per le province di Brindisi, Lecce e Taranto, dalla Vrije Universiteit Amsterdam, dall’Università del Salento e dai Comuni di Mesagne e Latiano (Fig. 1).

Fig. 1 – Inquadramento territoriale dell'area archeologica di Muro Tenente.

L’area archeologica di Muro Tenente conserva i resti di un insediamento fortificato messapico che si estende su circa 50 ettari, oggetto di numerose campagne di scavo a partire dagli anni ’60 del secolo scorso (BURGERS,1998; BURGERS, YNTEMA,1999; BURGERS,NAPOLITANO, 2010). L’area attualmente destinata a Parco Archeologico (oltre 30 ettari), di proprietà dei comuni di Me- sagne e Latiano, è stata recentemente oggetto di un importante intervento di recupero, valorizzazione e fruizione finanziato nell’ambito dell’Accordo di Pro-

gramma Quadro Rafforzato Beni e Attività Culturali.

Nel processo di costituzione del Parco, grande importanza hanno avuto i dibattiti più recenti circa la creazione di questi parchi in tutta Europa (HODDER,1992;BENDER,1992;KOLEN,1995). Nelle riflessioni della comuni- tà scientifica, i più critici sostengono che in questi particolari istituti culturali la

storia venga imprigionata e allontanata dalla vita e dalle esperienze di tutti i giorni, dal momento che la gente li utilizza prevalentemente a scopo ricreativo.

Altri sostengono che tali parchi siano estranei al contesto locale dal momen- to che, per gli abitanti del posto, il passato non è una serie di nozioni sui libri di storia, ma parte integrante della vita di tutti i giorni. Le persone vivono l’ambiente storico, rendendolo produttivo, come nel caso di Muro Tenente dove le comunità locali sono state coinvolte attivamente in questo processo mediante attività di edutainment dedicate alle scuole, visite guidate, conferenze pubbliche e formazione sul campo, ma anche attraverso mostre e festival open

air, in cui vengono valorizzati i diversi punti di vista e rielaborati i principi alla

base della percezione del patrimonio. Cifra del successo di questo approccio è che, con il consenso e la partecipazione dei cittadini, i Consigli comunali di Mesagne e Latiano sono riusciti ad accedere a differenti fondi regionali, candi- dando progetti per la riqualificazione e il potenziamento del parco archeologico. È in questa fase che si fa spazio l’idea della creazione di un eco- museo. Il concetto di ecomuseo è radicato in un trend internazionale, che ha avuto inizio nella prima metà del secolo scorso, quando sono emerse idee ‘ra- dicali’ capaci di mettere in discussione l’impostazione di alcuni istituti culturali come, ad esempio, i musei (DAVIS, 2004). Si è trattato di un processo lento culminato negli anni ‘70 in quello che oggi chiamiamo new museology. Un pas- saggio fondamentale è stato il Round Table on the Development and the Role of

Museums in the Contemporary World, organizzato dall’UNESCO e dall’ICOM nel 1972 (GUIDO,1973;DAVIS,2004), durante il quale è emersa la necessità di at- tribuire maggiore responsabilità sociale ai musei, considerando le comunità locali come stakeholders di riferimento. Di conseguenza, invece di concentrarsi sugli oggetti decontestualizzati all’interno dei musei, ci si focalizza sulle comu- nità e sul modo in cui definiscono il patrimonio nell’ambiente in cui vivono.

L’ecomuseologia, che promuove la partecipazione democratica- nell’interpretazione della storia e nella gestione del patrimonio locale, rappresenta un esempio di questo recente approccio (HOWARD, 2002; VAN MENSCH,2005;DAVIS,2008;CORSANE ET AL.,2007;CROOKE,2010).

Gli ecomusei non sono edifici con all’interno collezioni di opere e reperti vari, ma si riferiscono a un milieu specifico e, dunque, anche ai suoi abitanti (aree urbane, borghi e periferie), con lo scopo di rafforzare i legami nelle co- munità e fra queste e il territorio di riferimento. Fino agli inizi del nuovo millennio gli ecomusei erano concepiti secondo una prospettiva ‘essenzialista’, come entità socio-spaziali relativamente chiuse. Erano istituiti prevalentemente in comunità rurali, dove la stabilità sociale, la condivisione di valori, tradizioni, storia e patrimonio, ne ha favorito la realizzazione. Tuttavia, gli ecomusei, co-

me la museologia in generale, si stanno muovendo sempre più verso un ap- proccio aperto, collettivo e ‘costruttivista’ al complesso tema della gestione del patrimonio. Proprio quest’ultimo approccio rappresenta il fondamento teorico dell’Ecomuseo della via Appia, con il suo intento di dare voce a gruppi di sta-

keholders interessati al patrimonio culturale dell’area di Brindisi, dalle istituzioni

civili ai cittadini, agli imprenditori locali. La finalità principale dell’ecomuseo è, infatti, il dialogo, il confronto aperto tra punti di vista differenti in merito al paesaggio, alla storia e al patrimonio (Fig. 2).

Fig. 2 – Muro Tenente, incontro di progettazione partecipata.

Il progetto EVA nasce in un territorio a forte connotazione agricola, dove, nonostante la presenza dei due poli industriali di Brindisi e Taranto, l’agricoltura rappresenta ancora l’elemento identitario predominante sia dal punto di vista socioeconomico, sia dal punto di vista paesaggistico. Tuttavia, in una situazione comune a gran parte dell’Italia meridionale, la disaffezione ai va- lori del paesaggio, dell’ambiente e della storia sta diventando un problema che, se non affrontato con strumenti, risorse e idee adeguate rischia di diventare un fenomeno difficilmente arginabile, dai potenziali risvolti catastrofici per un di-

stretto già fortemente penalizzato. L’esperienza dell’Ecomuseo della Via Appia si sviluppa a partire da questo approccio critico, da questa riflessione sul rap- porto fra le comunità locali contemporanee e il contesto storico, ambientale e paesaggistico che da millenni contraddistingue il territorio della piana di Brin- disi.

L’Ecomuseo della Via Appia e il Parco dei Messapi di Muro Tenente rap- presentano, all’interno di questo difficile contesto socio-economico, una scommessa suggerita dalle ricerche condotte nel territorio dalla Vrije Universi- teit Amsterdam, guidate dal Prof. Gert-Jan Burgers, da sempre convinto dell’importanza del coinvolgimento delle comunità del territorio nei processi di ricerca e sostenitore dei principi fondanti dell’Unione Europea, della Convenzio-

ne Europea del Paesaggio2 e della Convenzione di Faro3. Le comunità locali hanno spontaneamente accolto tale suggerimento in quanto l’area attualmente interes- sata dal Parco, fino a pochi anni fa, rappresentava una porzione di paesaggio sostanzialmente ‘rifiutata’.

Attraverso l’Ecomuseo della Via Appia, la comunità ha avviato un processo di riscoperta e valorizzazione del proprio patrimonio culturale e paesaggistico, orientandosi verso un piano di sviluppo sostenibile. La creazione di laboratori ecomuseali, fondati sulla partecipazione attiva dei cittadini, grazie al confronto, alla conoscenza e alla riflessione, ha aperto la strada a una nuova consapevo- lezza delle proprie risorse e all’attuazione di forme gestionali autonome e sostenibili. In questo contesto, un esempio è rappresentato dalla Impact, Cooperativa Sociale a r.l. Onlus, società fondata da giovani archeologi, molto ben radicata sul territorio, a cui la VU Amsterdam delega le attività di gestione ordinaria del Parco e che si occupa di far convergere il capitale sociale e cultu- rale del territorio in un progetto di gestione sempre più complesso e autonomo, che possa generare valore sostenibile sul medio-lungo termine per tutti gli stakeholders. Il laboratorio ecomuseale, infatti, consente alla comunità locale di partecipare attivamente alla progettazione strategica territoriale, con lo scopo di ricucire il perduto rapporto fra il paesaggio umano e il paesaggio rura- le, inteso dal punto di vista diacronico. In questo modo il progetto si focalizza su quelle che sono le esigenze delle comunità che vivono il territorio. La Map- pa di comunità di Latiano, in cui la stratigrafia geologica e storica si presentano come pagine di un libro, rappresenta uno dei prodotti dell’autorganizzazione comunitaria (Fig. 3).

2 Firenze 20 Ottobre 2000, ratificata con legge 2 gennaio 2006 n. 14, GU n. 16 del 20 gennaio 2006,

suppl. ord. n. 16.

Fig. 3 – Mappa di Comunità di Latiano (elaborazione di Vincenzo Camassa).

Grazie al contributo della VU Amsterdam, inoltre, è stato possibile far con- vergere sul progetto tutta una serie di portatori di interesse, quali amministratori, enti, associazioni, imprese, giornalisti, etc., avviando un proces- so che ha portato alla realizzazione di diversi progetti di tutela e valorizzazione.

L’elemento più importante del progetto è, tuttavia, rappresentato dai gruppi di pressione (gruppi informali, che sostengono il Parco, esprimendosi soprat- tutto attraverso la rete e la carta stampata) generati grazie al coinvolgimento delle comunità locali che hanno reso Muro Tenente un vero e proprio ‘museo partecipato’.

Nell’ambito delle attività di EVA, Nana Zheng, dottoranda della Vrije Uni- versiteit Amsterdam, sta conducendo (con l’aiuto di un team composto da studenti provenienti da diverse università italiane), un’indagine quantitativa e qualitativa al fine di comprendere la percezione che la comunità di Latiano ha del proprio patrimonio culturale. La survey, che è parte del progetto The Con-

straints of Community Heritage Discourse, ha finora permesso di realizzare circa 70

interviste individuali e ha sottoposto all’attenzione della comunità un questio- nario online.

A supporto del progetto, è stata avviata una strategia comunicativa che sta contribuendo al suo riposizionamento in chiave inclusiva, intelligente e social.

Elemento caratterizzante del programma comunicativo è la comunicazione di- gitale, insieme all’utilizzo dello storytelling e di una narrazione veicolata su differenti canali mediatici. Tra le finalità di tale approccio vi è quella di rag- giungere una inedita profondità nell’esperienza di fruizione e favorire il processo di co-creazione di contenuti da parte degli utenti.

L’attivazione gestionale del Parco dei Messapi, e la sua scelta come elemen- to catalizzante dell’ecomuseo, ha portato indubbi benefici sociali nel territorio di riferimento. L’aver dimostrato che una porzione di paesaggio destinata al degrado e all’abbandono possa divenire un punto di riferimento e un modello da imitare a livello sovraregionale, sta modificando la percezione dei paesaggi agrari, restituendo valore alle componenti identitarie del territorio. Nell’arco di pochi anni, nonostante programmi di attività limitati per via dei lavori di po- tenziamento (in corso fino alla fine del 2017), il numero di fruitori del Parco è passato da 0 a circa 30.000: outsiders, insiders, scolaresche, disabili, giovani e meno giovani hanno avuto la possibilità di fruire dei servizi offerti e delle ini- ziative proposte e gestite da un gruppo di giovani professionisti del settore, regolarmente retribuiti. Nel corso degli anni il numero di giovani operatori cul- turali che si sono formati grazie al Parco dei Messapi è salito a oltre 20 unità, mentre un numero crescente di operatori economici (agricoltori, imprese edili, fabbri etc.) possono definirsi ormai esperti in interventi su aree di interesse ar- cheologico.

Fra la primavera e l’autunno, infatti, il Parco diventa un punto di riferimen- to per il mondo dell’associazionismo, delle scuole, della ricerca e della cultura, grazie ad una serie di eventi molto partecipati quali laboratori didattici, osserva- tori astronomici, visite guidate, corse campestri, concerti, eventi teatrali, living

La continuità gestionale del Parco dei Messapi nel corso degli ultimi quattro anni ha portato a un significativo incremento del numero di persone interessa- te. Il forte coinvolgimento delle comunità locali (la gente del posto è coinvolta anche nei processi di comunicazione), sta generando effetti positivi anche in merito al problema dell’abbandono dei rifiuti (l’area di Muro Tenente, infatti, è stata sempre considerata una porzione di paesaggio rifiutata).

L’8 aprile del 2018 è stato avviato il primo ArcheoFest di Muro Tenente, un programma di eventi e iniziative che ha visto la partecipazione di migliaia di persone. Gli eventi e le iniziative, per la prima volta accompagnati da un servi- zio di somministrazione di alimenti e bevande, hanno contribuito a generare lavoro e a implementare i servizi di gestione ordinaria.

L’Ecomuseo della Via Appia assume sempre più i caratteri di un ‘metaluo- go’, uno spazio ideale di sperimentazione, incontro e aggregazione. Così, da semplice laboratorio ecomuseale, EVA sta diventando un progetto capace di far convergere il capitale sociale, culturale e ambientale del territorio, mettendo in rete attori, risorse e competenze.

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