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ComuniTerrae Dai Luoghi alla Comunità

2. Il progetto Mappe di comunità delle terre di mezzo 1 Le terre di mezzo

Definiamo terre di mezzo quei territori compresi tra i 300 e i 900 mt di altitu- dine, intermedi rispetto al fondovalle e alle terre alte, estesi sui territori di 10 Comuni a creare una corona a ovest e a sud del Parco Val Grande, anello di congiunzione tra la wilderness e il paesaggio contemporaneo del fondovalle ur- banizzato e produttivo.

Qui, i tanti piccoli nuclei abitati disseminati sui ripidi pendii, animati un tempo da un senso di comunità forte, oggi subiscono l’eredità dello spopola- mento iniziato negli anni ’50. I residenti sono in costante diminuzione, poche persone coltivano ancora la terra, l’età media è sempre più elevata e l’incolto sta celando lentamente le tracce del passato. Si perde di generazione in generazio- ne il senso dell’abitare, della comunità, dell’appartenenza a un luogo ed alla sua storia, nonostante in rari casi inizino ad attestarsi inversioni di tendenza.

Sono terre fragili, provate dalla storia ma con una linfa vitale ancora attiva, una tenacia ed un attaccamento al proprio territorio che può essere in grado di ripartire verso nuove direzioni. Come agire per raccogliere le energie delle co- munità e indirizzarle nel senso di una riappropriazione dei propri luoghi, in una logica di co-progettazione e costruzione condivisa di un futuro sostenibile?

2.2 La costruzione delle Mappe di comunità

L’Ente Parco si è fatto carico di questa missione partendo da un primo obiettivo: costruire una visione collettiva del paesaggio e del patrimonio territo- riale. Tale passo è stato affrontato utilizzando lo strumento delle Mappe di

comunità con un processo partecipato di coinvolgimento, aggregazione e attiva-

zione degli abitanti, veri custodi del patrimonio culturale del territorio.

Il processo ha preso avvio nel novembre 2016; le mappe sono state presen- tate pubblicamente nel novembre 2018. Un percorso di 24 mesi che ha coinvolto un totale di 250 abitanti di 10 comunità, suddivisi inizialmente in 4 gruppi di lavoro territoriali, in 50 appuntamenti complessivi tra presentazioni pubbliche, incontri di lavoro, riunioni operative e serate di restituzione, con il

coordinamento e la mediazione di una facilitatrice.

Fin da subito è stato posto come elemento metodologico costante la co- progettazione, escludendo qualsiasi decisione presa in anticipo senza il coinvol- gimento degli abitanti, a favore di una piena apertura nell’accogliere richieste e istanze delle comunità. Le stesse mappe in questo senso sono state un’incognita fino alla loro redazione finale, esatta rappresentazione della visio- ne che gli abitanti hanno del loro territorio, in cui passato, presente e futuro si uniscono, costruendo sulla storia dei luoghi il loro stesso nuovo sviluppo.

Inoltre, la metodologia di lavoro individuata ha permesso di garantire la pie- na neutralità nell’elaborazione del lavoro delle comunità, non banale in contesti partecipativi in cui entrano in gioco relazioni sociali complesse. La stessa scelta di una facilitatrice non appartenente al territorio ha permesso di mantenere il suo ruolo neutrale e oggettivo, anche se tutt’altro che distaccato, potendo rac- cogliere e riordinare senza pregiudizi e preconcetti ciò che è emerso, indirizzando virtuosamente le energie delle comunità.

Il lavoro con gli abitanti ha seguito fasi successive, approfondendo gra- dualmente, con attività diverse, il livello di riflessione e indagine. Con l’obiettivo di favorire la conoscenza di temi di non semplice interpretazione, si sono proposte nei mesi riflessioni su concetti quali il patrimonio, il paesaggio, la materialità e l’intangibilità, l’appartenenza, la sostenibilità, lo sviluppo locale. Si è cercato così di aumentare la consapevolezza del ruolo che ogni individuo ha all’interno delle comunità e dell’importanza del condividere la propria cono- scenza per la conservazione di una memoria e di una visione collettiva.

Si è ragionato sulle percezioni degli abitanti riguardo le trasformazioni del territorio8, raccogliendo i valori, le preoccupazioni e i desideri relativi al proprio contesto sociale e culturale, impostando una discussione sul futuro del proprio patrimonio in cui, più che le risposte, è stato importante porsi delle domande condivise e cercare di impostare sopra ad esse un ragionamento comune. Il la- voro in gruppi territoriali flessibili ha permesso di aggregare, attorno a temi collettivi, attori locali di diversa natura: istituzioni, amministrazioni comunali, associazioni di diverso tipo, singoli abitanti di tutte le età, hanno, volontaria- mente, ‘agito localmente’ per trovare una linea di azione condivisa per tutelare la propria identità, rispettando gli interessi di tutti.

Obiettivo non semplice, soprattutto considerando il campanilismo presente

8 Ai partecipanti è stato chiesto di riflettere su cosa nel tempo fosse peggiorato, scomparso, migliorato,

trasformato; che cosa mancherebbe se non ci fosse più, cosa oggi percepiscono come a rischio e cosa do- vrebbe essere tutelato perché non scompaia o si trasformi. Inoltre, è stato chiesto loro di indicare alcune peculiarità delle terre di mezzo e dell’abitare in esse: il risultato è stata una visione che unisce oggettività a emozione, distacco e affetto, preoccupazione e speranza, di un territorio fragile ma ancora vitale.

su tutto il territorio: il percorso partecipato vuole cercare, più che le differenze tra i paesi, i loro punti di contatto, gli aspetti del patrimonio condivisi sui quali costruire progettualità attraverso la collaborazione, costruendo idealmente un nuovo paesaggio culturale che va oltre le divisioni comunali: quello delle terre di

mezzo.

L’attività di base portata avanti nei mesi è stata la mappatura degli elementi identitari del patrimonio culturale del territorio, materiali e immateriali, condot- ta con l’apporto del sapere di 135 abitanti di tutte le età che, seduti allo stesso tavolo, hanno dovuto fare delle scelte, motivate, riguardo cosa reputare signifi- cativo e identitario e cosa trascurabile (Fig. 1).

Fig. 1 – Un momento del lavoro di mappatura del patrimonio con gli abitanti.

Dalla prima fase il risultato è stata l’individuazione cartografica di centinaia di luoghi-simbolo per le comunità: una mappatura fitta, ricca e preziosa di un patrimonio in gran parte a rischio, fondamentale per qualsiasi ipotesi proget- tuale che voglia considerare la visione di chi vive il territorio.

Il delicato passaggio da tale individuazione puntuale della consistenza cultu- rale del patrimonio a una sintesi-visione collettiva del paesaggio culturale e del territorio necessitava di una piena garanzia di oggettività: come fare in modo che la mappa finale fosse davvero il risultato della combinazione di centinaia di visioni, messe tutte sullo stesso piano? È stato scelto di prendere in prestito

dall’ambito della pianificazione territoriale e strategica un metodo tecnico- analitico da applicare al percorso partecipato: un’analisi multicriteri9. 235 que- stionari sono stati sottoposti agli abitanti di ogni comune: ognuno ha dovuto immedesimarsi, come decisore del proprio patrimonio, in cinque situazioni che chiedevano di considerare il diverso valore che un patrimonio può assumere (turistico, comunitario, storico-artistico, economico, affettivo), selezionando per ognuna una graduatoria di 5 componenti del patrimonio del proprio co- mune. Infine, ognuno ha assegnato un peso ai 5 valori-criteri prima citati, ragionando sullo scopo da dare alla mappa e, quindi, sul tipo di elementi da rappresentare. Aiutati da domande molto pratiche, 235 abitanti hanno così rea- lizzato una pesatura analitica delle componenti mappate: i dati, rielaborati dal software apposito, hanno restituito una sintesi oggettiva della visione delle co- munità sotto forma di graduatorie complessive degli elementi mappati in ordine di importanza: solo i primi per ogni comune sono stati così rappresenta- ti nelle mappe finali (Fig. 2).

Fig. 2 – Un’abitante impegnata nella compilazione del questionario di selezione e pesatura.

9 Il metodo di analisi multicriteri utilizzato è il metodo outranking PROMETHEE - Preference Ranking Organiza-

All’ultima fase di analisi critica dei risultati e di selezione finale dei luoghi da rappresentare ha partecipato anche l’illustratrice, scelta attraverso un bando pubblico, che ha discusso con i partecipanti anche le modalità di rappresenta- zione.

Le mappe realizzate, 1 complessiva delle terre di mezzo più 1 per ogni comu- ne (in totale 10), sono un prodotto creativo inedito, artistico, riconoscibile e strettamente identitario, ragionato e meditato. Un prodotto spendibile sia all’interno della comunità, come oggetto condiviso in cui riconoscersi e da cui partire per costruire nuove progettualità, sia nei confronti di chi viene da fuori, per potersi raccontare. È un terreno fertile frutto di due anni di lavoro, su cui impostare un ragionamento condiviso di sviluppo futuro (Fig. 3).

Fig.3 – La mappa di comunità delle terre di mezzo illustrata da Marianna Carazzai.

2.3 Dalla rappresentazione alla realizzazione

Già durante lo stesso percorso di costruzione della mappa sono nate dalle energie dei partecipanti, e con il supporto dell’organizzazione, alcune iniziative sperimentali di attivazione di pratiche condivise, soprattutto nell’ottica del turi- smo sostenibile, emerso come settore principale in cui gli abitanti ripongono gran parte delle speranze di sviluppo locale.

delle mappe in cui sono stati gli stessi abitanti a ideare, organizzare e gestire le visite facendo da guide-ciceroni del proprio territorio, con l’apporto di racconti e aneddoti vissuti in prima persona o ereditati dal passato (Fig. 4).

Fig. 4 – Gli abitanti fanno da guide-ciceroni del loro patrimonio in una delle tappe del ComuniTour. Con questa e altre azioni in corso, ciò che si sta creando è un’attivazione graduale dei gruppi di comunità nell’ideazione e gestione di nuove iniziative che proseguano, da un lato, il percorso di conoscenza e scambio tra gli abitanti di tutto il territorio compreso nel progetto e, contestualmente, di apertura ver- so un potenziale pubblico di visitatori esterni.

3. Conclusioni

Si è detto, in apertura, di come l’esperienza delle mappe di comunità del progetto ecomuseale di ComuniTerrae sia da riferire a quelle forme ‘pattizie’ che un’istituzione può intraprendere in un contesto di promozione del governo dei beni comuni e del patrimonio culturale in particolare. Per chi lavora nel territo- rio, come è per un parco nazionale, incentrare la priorità sul patrimonio culturale significa estendere la propria azione, assumere nei confronti del terri- torio una responsabilità maggiore, riconsiderare il proprio ruolo e le proprie

funzioni in relazione agli obiettivi di tutela, conservazione e valorizzazione at- traverso l’incontro con i cittadini. La conoscenza e la rappresentazione di un’identità di comunità, con l’Ente Parco come ‘facilitatore’, gradualmente de- vono ora passare alla fase di individuazione e di realizzazione della migliore forma organizzativa affinché il processo partecipativo acquisti sempre maggio- re autonomia. Attraverso lo strumento delle mappe, il percorso intrapreso ha cercato di indirizzare, nella prospettiva del progetto ecomuseale, un’esperienza di comunità verso la gestione dei beni comuni, ovvero cercando di collegare “la comprensione dei valori di un territorio con l’elaborazione di una visone per il suo futuro”, così come enunciato dalla nuova legge regionale del Piemonte su- gli ecomusei (la L.R. 3 agosto 2018, n. 13), e sperimentando dunque con anticipo una delle sue finalità, ovvero la partecipazione e il coinvolgimento degli abitanti, della società civile e delle istituzioni,

promuovendo laboratori di cittadinanza attiva per la costruzione di Mappe di comunità o di analoghi strumenti efficaci nell’integrare i diversi punti di vista in un percorso condiviso di riconoscimento, comprensione, cura e rigenerazione coerente e sostenibile dei patrimoni mate- riali e immateriali peculiari di ogni luogo (art. 3, comma 2, lettera b).

Accanto a tale modello di coinvolgimento attivo delle diverse componenti delle comunità locali, nella stessa legge regionale troviamo infine anche il pos- sibile modello di autonomia decisionale laddove, nel riconoscimento degli ecomusei, si propongono tra i soggetti gestionali le associazioni, fondazioni culturali e ambientaliste e altri organismi senza scopo di lucro, oltre agli enti di gestione delle aree protette. Nella misura in cui si implementerà appieno il pro- cesso partecipato, ad esempio con forme autorganizzate delle comunità di lavoro, esso può essere riconosciuto dalla istituzione regionale (e dal parco) come parte integrante del procedimento di formazione dell’ecomuseo e della sua gestione.

Bibliografia

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DE VARINE H. (2005), Le radici del futuro. Clueb Editore, Bologna.

PORPORATO D. (a cura di) (2010), Nuove pratiche di comunità, Omega Edizioni, Settimo Torinese.

SCANDURRA E. (2007), Un paese ci vuole. Ripartire dai luoghi, Città aperta Edizioni, Enna.

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Sitografia

<https://ecomuseipiemonte.files.wordpress.com/2014/06/convenzione-di- faro.pdf> (ultima visita: ottobre 2018).

<http://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/allegati/biodiversita /conference_ncc_carta_roma_ita.pdf> (ultima visita: ottobre 2018).

<http://www.regione.piemonte.it/governo/bollettino/abbonati/2018/32/atta ch/aa_aa_regione%20piemonte%20-%20legge%20regionale_2018-08- 06_64525.pdf> (ultima visita: ottobre 2018).

<http://www.univco.it/uploads/Valgrande/Relazione_finale_19MB.pdf> (ul- tima visita: ottobre 2018).

Ecomuseo della Via Appia: un progetto di sviluppo sostenibi-