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Spazi sociali e autogestioni come luogo di produzione di al ternative socioeconomiche: analisi delle proposte maturate

3. Gestione, organizzazione e criticità

L’organizzazione del GAS è strettamente legata alla gestione dell’intero spa- zio sociale dal quale trae gli stimoli progettuali e i soggetti che si adoperano per il suo progredire. Il tutto è gestito in maniera assembleare con la modalità del consenso unanime e senza una particolare figura di riferimento. Si cerca attra- verso il dibattito di trovare un equilibrio fra le esigenze dello spazio sociale, quelle dei soci e quelle dei produttori. L’intento è quello di stimolare la parteci-

pazione attiva, elaborando proposte che possano fornire nuovi stimoli, cioè promozione sociale e una diversa visione del territorio.

La scelta della centralità assembleare, impone tempi spesso lenti, ma del tut- to necessari a comprendere forme di organizzazione non convenzionali. Ciò costituisce un filtro dissuasivo per coloro i quali vedono nel percorso intrapre- so la sola opportunità economica, senza considerare le ricadute territoriali. È chiaro che talune sensibilità maturano col tempo, ma si è notato che l’impellenza di soddisfare interessi materiali riduce la disponibilità al dialogo. Il tempo del confronto e delle analisi non è considerato un buon investimento da alcuni, a questo viene preferito il tempo investito nell’organizzazione pratica di eventi e distribuzioni perché più remunerativi. Questa è una delle maggiori cri- ticità dei circuiti informali (BELLANCA, 2008) che, per loro intrinseca natura, abbattono i costi consentendo maggiori introiti al produttore e un minore esborso per il compratore. In periodi di crisi socioeconomica la filiera corta in- formale proposta da molti GAS, ha agito da calmiere per le mancate vendite su mercati più grossi dirottando sul progetto un certo interesse di natura mera- mente economica.

La Tabella 2 evidenzia la variazione del numero di GAS iscritti al sito econo-

miasolidale.net, pur rappresentando solo una parte della complessa costellazione

di GAS, il grafico evidenzia una tendenza crescente molto pronunciata dal 2003 in poi (Tab. 2a). Considerando la variazione su base pluriennale (2003-2007 e 2007-2011) si evidenzia un aumento repentino negli anni centrali della crisi fi- nanziaria globale (Tab.2b). Questo tipo di interesse ha avuto un esito duplice, ha svolto il ruolo di attrattore, ma ha attirato indiscriminatamente varie sensibi- lità. Per cui se da un lato c’è stata la possibilità di relazionarsi con un certo numero di soggetti, dall’altro la condivisione del percorso non è stata piena e completa, con la conseguente esclusione di quegli elementi che dimostravano solo interessi economici e non all’intero progetto. La difficile fase economica ha quindi contribuito a creare una certa ‘permeabilità’ rispetto all’economia in- formale, autorganizzazione e autoproduzione. Per quanto concerne le risposte a breve termine che questi strumenti possono offrire, si devono segnalare al- cune criticità intrinseche e altre estrinseche.

L’economia informale, quando non è ‘settore informale’, ossia struttural- mente inserita in un contesto produttivo o economico (PORTES-SASSEN,1987), è vista più come un ripiego d’emergenza che come reale alternativa strutturata. Per rendere queste strategie concretamente percorribili sono necessari alcuni sforzi organizzativi per colmare alcuni gap o per superare alcuni ostacoli, in termini di capacità di immaginare forme di reddito non convenzionali. La mag- gior parte delle difficoltà derivano, quindi, sia dalla natura informale in sé sia

dall’approccio che molti soggetti manifestano, ossia con marcati tratti di indi- vidualismo.

Sperimentazioni di questo tipo, presuppongono non solo una base organiz- zativa efficiente ma soprattutto la condivisione degli obiettivi che non sono di natura meramente reddituale.

Tab. 2 - Variazione annua del numero di GAS censiti dal sito economiasolidale.net

Per superare il maggior numero possibile di ostacoli, i promotori del proget- to GAS Felce e Mirtillo, hanno dovuto stilare un codice etico per delineare i limiti del coinvolgimento e i requisiti minimi per l’adesione.

Il GAS si è quindi fatto garante del rispetto del codice di condotta, con so- pralluoghi nelle aree di produzione affinché si fosse certi che non si usassero pesticidi inquinanti o metodologie di allevamento industriali; il tutto per garan-

2 3 8 15 17 32 44 54 81 112 160 233 304 358 501 599 599 839 920 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 Tab. 2.1 variazione del numero dei GAS su base annua

112

358

839

2003 2007 2011

Tab- 2.2 variazione del numero di GAS nel periodo della crisi

tire la genuinità tanto dei prodotti quanto del progetto.

Pur con tutti i limiti del caso, la forma organizzativa attraverso decisione as- sembleare ha consentito un dibattito interno sufficientemente ricco da riuscire a far cambiare prospettiva ad alcuni produttori, i quali hanno progressivamente abbracciato forme di produzione maggiormente sostenibili ed etiche.

Un altro punto di criticità è la relazione con le istituzioni, tanto lo spazio sociale quanto il gruppo d’acquisto solidale sono improntati sull’informalità, il che confligge con quasi tutto l’ordinamento giuridico in termini di affidamento di spazi pubblici, commercio, produzione et similia. Il dato interessante è che il risparmio generato dall’autogestione del Parco Cartella, compresa la sua riaper- tura alla fruizione del quartiere, ha indotto una sorta di pax fra lo spazio sociale e la pubblica amministrazione. La consapevolezza maturata nella cittadinanza che la fruibilità del parco è legata alla sua occupazione ha generato una sorta di riconoscibilità del lavoro svolto in oltre 16 anni di autogestione.

Questo dato fornisce un interessante spunto di riflessione circa i rapporti reali tra istituzioni e spazi sociali. Tali rapporti tendono ad assumere i connotati della surroga, in quanto tali esperienze creano micro-tessuti sociali che si sosti- tuiscono, almeno in parte, alla pubblica amministrazione. Le autogestioni di aree abbandonate innescano processi di riciclo urbano ‘spontaneo’, il che spes- so si traduce in un risparmio per la pubblica amministrazione.

4. Conclusioni

Il mutamento delle istituzioni che da garanti di diritti sono ‘evolute’ in sog- getti altri, il cui scopo primario è quello di attivare investimenti territoriali, ha creato dei cortocircuiti a livello locale, soprattutto per quanto concerne i servizi e il welfare. Emerge quindi che l’elemento base dei rapporti tra le esperienze sociali autorganizzate e le pubbliche amministrazioni è di natura economica ancor prima che amministrativa; i rapporti economici dettano i principi che re- golano le dinamiche urbane, determinando finanche le modalità dell’interazione sociale. L’autorganizzazione, quindi, stimola la fuoriuscita dall’isolamento e dalla delega incondizionata alle istituzioni, aspetti molto im- portanti in una società in profonda crisi di rappresentanza politica. Sul versante della proposta di forme di autogoverno territoriale, la produzione di beni e ser- vizi all’interno di circuiti informali, ha giocato un ruolo sociale importante nell’esperienza delle fabbriche autogestite in Argentina. Queste forme di auto- gestione hanno salvato l’economia locale, riuscendo a reinvestire nei quartieri parte del ricavato per fornire servizi primari spariti dopo la crisi del 2001.

L’autogestione di spazi urbani degradati ha fornito una sede per piccole at- tività artigiane o di microimprese le quali, attraverso il risparmio dovuto alla condivisione delle spese, hanno potuto fornire microfinanziamenti ad altri sog- getti per aprire una piccola attività, come nel caso del CSOA Forte Prenestino a Roma.

Bibliografia

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Le cooperative di comunità nelle aree interne: buone pratiche