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Ecomusei: risorsa per il territorio Il caso di Perugia Tania Cerquiglin

3. L’ecomuseo del Tevere 1 Luogo geografico

Il patrimonio culturale che origina la nascita dell’ecomuseo in questione si sedimenta in Umbria, nella cittadina di Pretola, lungo le pendici della città di Perugia, incastonato tra l’orografia impervia del capoluogo umbro e il versante orientale del fiume Tevere che ne delinea i confini. La storia e i conflitti che si consumarono dal 1300 al 1600 consegnarono al piccolo borgo un mulino e una torre posta come presidio (Fig. 1). Al fiume si legò, negli anni successivi e in

tempi più recenti il lavoro delle lavandaie che, dalla città, portavano i panni a lavare, in un paesaggio che progressivamente si riempiva con distese di filari cangianti. A questo mestiere andava affiancato quello degli uncinatori e dei re-

naioli che recuperavano legname e detriti durante le piene del torrente.

Elementi materiali e immateriali iniziano a comporre l’eredità culturale di una collettività di circa 1000 abitanti, il cui senso d’appartenenza e di identificazio- ne porta a un preciso progetto di valorizzazione e di cura.

Fig. 1 – Veduta dell’Ecomuseo del Tevere a Pretola.

3.2 Iter di formazione

La volontà di creare un museo all’interno della torre medioevale, il Museo della Civiltà del Tevere, seppur ancora lontana da quella dell’ecomuseo, nasce in seno alla comunità di Pretola, all’inizio del 1970. Negli stessi anni, il com- plesso del mulino e della torre, originariamente privato, viene acquistato dall’amministrazione comunale. Tutto l’insieme architettonico subisce con il tempo una serie di interventi di bonifica con un generale recupero degli immo- bili, la creazione di una piazza e di un centro di vita associativa. Nel 2004 si costituisce l’Associazione Ecomuseo del Fiume e della Torre, con l’ambizione di dar vita ad un progetto di fattibilità, sulla scorta delle esperienze ecomuseali delle altre regioni italiane. Nel 2007, la regione Umbria si dota della legge re- gionale n. 34/2007 che disciplina tali istituti. In base a tale normativa la comunità, tramite assemblee cittadine comincia a strutturare il progetto di fat- tibilità in cui vengono inseriti circa 370 beni censiti, 250 iniziative promulgate e 6 mappe di comunità in base alle aree geografiche. Nel 2012 viene presentato il progetto e riconosciuto l’inserimento dell’Ecomuseo del Tevere nella rete re- gionale degli ecomusei. Presenta una superficie di 300 km2, che comprende i comuni di Perugia e Umbertide, i cui confini sono dati dai crinali delle monta-

l’obiettivo di affidare a ciascuna zona un rappresentante della comunità in gra- do di consentirne una gestione dal basso e collettiva. La cittadinanza di Pretola si fa quindi promotrice dell’intero progetto e diviene la sede ufficiale dell’ecomuseo.

Fig. 2 – Area di estensione geografica dell’ecomuseo del Tevere.

3.3 Vita dell’ecomuseo

La spinta e il desiderio di valorizzare il territorio hanno permesso la crea- zione di un centro di documentazione etnografico che espone alcune delle storie relative agli antichi mestieri e alle attività del fiume (Fig. 3-4), il recupero del mulino, dell’itinerario e dei canti popolari. L’ecomuseo svolge dalle 20 alle 30 iniziative l’anno che vedono il coinvolgimento degli operatori economici lo- cali. Le decisioni vengono prese dall’Associazione e in talune circostanze da alcuni membri della comunità. Il Comitato di gestione di cui sono membri permanenti l’Associazione del Fiume e della Torre, il Comune di Perugia e il

Comune di Umbertide, ha sempre visto un’iniziativa marginale da parte dei Comuni, evidenziando invece come componente attiva l’associazione. Impor- tanti nella gestione sono le collaborazioni finora stipulate con l’Università degli Studi di Perugia e quelle con enti privati che consentono l’acceso ai bandi per i finanziamenti.

Fig. 3 – Mestiere dell’uncinatore. Fig. 4 – Antico mestiere della lavandaia.

3.4 Criticità

Recuperando come chiave di lettura il rapporto intrinseco tra l’ecomuseo e gli strumenti di democrazia partecipativa, le difficoltà emerse nella gestione so- no molteplici e talvolta derivanti dal ruolo liminare assunto dai Comuni o da altri enti. Un ruolo che si sostanzia in sporadici e isolati interventi e in una pressoché totale mancanza di reti in grado di garantire continuità e supporto. Tutto ciò si riverbera in tempi burocratici lunghi e dilatati che, in molti casi, conducono ad un progressivo venir meno delle energie inizialmente messe in campo dalle associazioni. La legge prevede che ogni due anni si effettui un convegno sullo stato d’opera degli ecomusei, ma in realtà non c’è una rete che coordini e che coinvolga anche le altre realtà ecomuseali umbre che restano abbastanza svincolate le une dalle altre.

4. Conclusioni

L’analisi finora condotta sul piccolo caso umbro si pone, in questa ricerca, come possibile osservatorio di pratiche partecipative riguardanti la gestione de- gli ecomusei. Vorrebbe essere, altresì, una lente, una piccola fessura, attraverso cui guardare e interrogarsi sulla posizione che questi istituti rivestono (ma che soprattutto potrebbero rivestire all’interno dei nostri territori), tornando all’assunto iniziale che li vede elementi di congiunzione e di sviluppo. É però

necessario un lavoro congiunto, una messa a sistema di più fattori. Fattori che si sostanziano in elementi già presenti sul territorio, come i saperi contestuali che proprio nell’atto di conservare la memoria del luogo ne esercitano al con- tempo un potere di trasmissione e inclusione verso le nuove componenti del paesaggio. In ciò risiede la grande potenzialità dell’ecomuseo, che differisce dallo spazio privato o pubblico a pagamento del museo tradizionale e che me- glio consente la contaminazione e il confronto con forme multietniche. Memori e consapevoli delle esperienze descritte non v’è quindi alcun dubbio riguardo l’importanza dei saperi contestuali la cui completezza risiede però nel- la riconnessione con i saperi esperti, in grado di apportare maggiore capitale sociale e strumenti di gestione condivisa, in una reciproca e generalizzata as- sunzione di responsabilità. La definizione di ecomuseo non può fermarsi o esaurirsi nella concezione dello spazio aperto ma rappresenta bensì l’azione della comunità che si prende cura del patrimonio in funzione dello sviluppo, della creazione di una coscienza e del senso civico. Un’azione che non può es- sere perseguita in maniera unidirezionale e che ha quindi un costante bisogno “dell’incontro fra le istituzioni e le energie sociali del cambiamento” (WAINWRIGHT, 2005, 15). L’ecomuseo è custode del paesaggio, le coscienze della democrazia.

Bibliografia

MAGGI M.,FALLETTI V.(2000), Gli Ecomusei: che cosa sono, che cosa possono diventa-

re, Umberto Allemandi & C., Torino.

WAINWRIGHT H.(2005),Sulla strada della partecipazione. Dal Brasile alla Gran Bre-

Paesaggi culturali, comunità e processi di patrimonializza-