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L’educazione familiare come strumento di prevenzione e cura del disagio.

Nel documento Femminicidio e tutela degli orfani. (pagine 67-73)

CAPITOLO DUE

2.6 L’educazione familiare come strumento di prevenzione e cura del disagio.

I servizi di sostegno alla genitorialità partono dalla convinzione che anziché concentrarsi sulla protezione del minore, sia di prioritaria importanza centrare l’intervento sulla protezione della famiglia nella sua totalità. Anche quando il femminicidio porta via con sé le ultime tracce di una

150 Ibidem

151 A cura del CAM, op. cit., p. 84 152 Ibidem

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famiglia, all’apparenza felice, è possibile intervenire con un approccio che incentra l’attenzione su quella parte di famiglia rimasta. L’imputato per il crimine sopradetto è, se ancora in vita, in stato detentivo ma è pur sempre il padre della piccola creatura rimasta orfana dopo un terribile reato come il femminicidio. Pertanto è necessario mettere in atto un percorso educativo sia a favore del padre che della famiglia allargata che si occuperà del bambino privato della propria famiglia biologica.

È questa l’idea che sta alla base degli interventi di sostegno alla genitorialità promossi dalla legge 285/1997.153 Dunque, educare chi educa può rappresentare uno strumento di prevenzione all’allontanamento dei bambini e degli adolescenti dalle famiglie d’appartenenza. La disciplina dell’educazione familiare comprende: i processi educativi che avvengono all’interno della famiglia tra genitori e figli e i processi educativi che si svolgono tra professionisti e genitori nel tentativo di sostenere i genitori nella loro funzione educativa verso i figli. 154

I molteplici interventi finalizzati al sostegno alla genitorialità possono collocarsi nell’ambito della prevenzione primaria, quando sono rivolti a famiglie che non esprimono particolari problemi, nell’ambito della prevenzione secondaria, se le famiglie a cui sono diretti si trovano in una situazione di potenziale problematicità e nell’ambito della prevenzione terziaria, nel caso di interventi con famiglie che attraversano una crisi o un problema conclamato e sono dunque finalizzati ad aiutare i genitori ad affrontare la situazione. Sostenere la genitorialità implica assumere un approccio che va oltre la differenza tra interesse del bambino e interesse della famiglia. I problemi del bambino, infatti, non derivano mai dal bambino stesso o dal genitore, ma sono sempre il risultato di un disfunzionamento nella relazione fra loro.

Supportare la genitorialità recuperando e rafforzando le risorse familiari durante o dopo un evento critico è importante per dare la possibilità alla famiglia di trasformarsi in un sistema sano. È altrettanto importante offrire sostegno alla genitorialità in via preventiva.

153 Ibidem. 154 Ibidem.

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Un efficace lavoro di recupero delle competenze genitoriali si basa sulla presa in carico di tutta la famiglia in difficoltà, nel suo contesto quotidiano di vita. Per favorire realmente il coinvolgimento delle famiglie in difficoltà bisogna considerarle a pieno titolo membri della società, lavorare affinchè non vengono stigmatizzate, permettendo loro di partecipare a decisioni significative, all’elaborazione di progetti che siano pensati per quella determinata famiglia. È importante che i genitori vengano aiutati ad entrare in contatto con i bisogni del loro figlio e per fare questo gli operatori devono compiere un’analisi di ciò di cui necessita per svilupparsi in modo sano, i fattori che influenzano le competenze dei genitori e i fattori ambientali che hanno un impatto sul benessere del bambino.155 Questa lettura dei bisogni aiuta gli operatori ma soprattutto serve ai genitori per apprendere i bisogni del proprio figlio. Il lavoro di sostegno ai genitori rappresenta uno strumento importante per prevenire le disfunzioni familiari e il disagio psicologico di bambini e ragazzi e per rendere le famiglie competenti nell’affrontare i problemi, sostenendo e accrescendo le capacità e le risorse necessarie per crescere ed educare i propri figli. Inoltre per evitare l’emarginazione sociale e il disagio di bambini è centrale rafforzare la loro rete sociale, i legami con la comunità per promuovere l’inclusione sociale, metterli al centro dei processi decisionali, pensando insieme a loro a delle soluzioni praticabili. È importante che le famiglie non vengano lasciate sole. In una società “liquida” per utilizzare la metafora di Bauman, in cui i legami sociali sono in crescente frammentazione, emerge l’esigenza di ricostruire questi legami, promuovendo la solidarietà tra le persone, rinforzando le pratiche sociali quali il volontariato, le reti informali, il no- profit, favorendo occasioni di incontro e confronto tra genitori.156Il lavoro educativo con i genitori, dunque, può rappresentare il punto di riferimento da cui partire per mobilitare le risorse della comunità e per promuovere forme nuove di aiuto, basate sulla solidarietà tra le persone spinta non

155 Ibidem

156 Mazzoli G., Se la famiglia da sola non ce la fa ad essere risorsa. Per un investimento sui rapporti orizzontali nella

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solo dall’altruismo ma nel senso di responsabilità di ognuno di noi nei confronti degli altri.157 Alla luce di quanto è stato detto, si evince che anche quando il minore viene privato di una figura genitoriale importante quale la madre bisogna comunque incentrare l’attenzione sul genitore rimasto attivando un intervento di promozione ed educativo e non semplicemente accusatorio. Difatti l’uomo accusato di femminicidio è pur sempre il padre di quei bambini, vittime indirette di questo terribile evento. Pertanto è bene garantire la continuità della relazione tra padre e figlio per evitare il trauma di una doppia perdita.

2.7 Adozione.

Con il termine adozione si fa riferimento ad un istituto con il quale un soggetto può stabilire un legame di parentela legale, simile al rapporto tra genitori e figli, con chi “sia privato, in maniera definitiva ed irreversibile, di un’adeguata assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi”158. L’adozione rappresenta una soluzione che, talvolta, il Tribunale dei Minori può considerare la più efficace qualora ci siano minori in stato di abbandono a seguito al femminicidio della madre, al suicido del padre e al disinteresse della rete parentale. Anche in questi casi lo stato di abbandono rappresenta dunque l’input con il quale si dà avvio all’adozione, al fine di garantire all’adottato il sano sviluppo psico-fisico, che non può più essere garantito dai genitori e anche i parenti entro il quarto grado non sono interessati a farlo o non vengono ritenuti idonei ad adempiere queste funzioni.

Il concetto di abbandono si fonda sul riconoscimento che vi è da una parte una persona non in grado di badare adeguatamente a se stessa per insufficienze fisiche o mentali o di sviluppo e, dall’altra, qualcuno che, pur avendone il dovere morale, omette di prendersi cura di lei159. Il diritto intende tutelare la persona non solo dalle aggressioni dirette alla sua integrità fisica, ma anche, se il soggetto

157 Ibidem

158 Perlingieri P., Sbordone F., Istituzioni di diritto civile, Napoli: E.S.I., 2003, p. 445. 159 Ibidem.

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è incapace, di gestire compiutamente se stesso, da quelle omissioni che potrebbero egualmente provocargli danni fisici160.

Accertato lo stato di abbandono, il quale viene esaminato in base al caso specifico, all’età, alle condizioni e all’ambiente sociale in cui vive il soggetto adottato, avviene la dichiarazione di adottabilità.

L’adozione, in sintesi, viene definita comunemente come “un provvedimento sociale e giuridico, posto sotto la responsabilità pubblica, per la protezione dei minori, scaturito dal riconoscimento del diritto, universalmente riconosciuto di ciascun bambino a crescere e ad essere educato in una famiglia capace di rispettare i suoi bisogni evolutivi”161. È nel 1942 che fu introdotta per la prima volta l’adozione nei confronti di minori anche se è da sottolineare che, in questo tipo di adozione, non venivano minimamente intaccati i rapporti tra l’adottato e la sua famiglia di origine.

Nel tempo, grazie all’evoluzione scientifica e all’aumento della sensibilità sociale si formò un movimento di opinione che si concretizzò nella l. n. 431 del 5 giugno 1967 sulla adozione speciale162,secondo la quale il bambino privo di una famiglia ha diritto ad averne una nuova. Si assiste, così, ad un cambiamento importantissimo: al centro di tutto, come protagonista della procedura, è posto finalmente il bambino.

Difatti all’adozione viene affidato lo scopo di dare una famiglia al bambino abbandonato e non di dare un bambino ad una coppia senza figli. Oltre ai requisiti d’età, salute, condizioni economiche e ambiente familiare, vengono valutate anche le capacità psicologiche della coppia ad accogliere un bambino. Si è parlato al riguardo di adozione legittimante, caratterizzata dalla recisione di qualsiasi legame e rapporto giuridico tra l’adottato e la sua famiglia d’origine.

Questo quadro ha resistito per oltre un trentennio, risentendo solo delle innovazioni apportate dalla l. 184 del 1983 quali la disciplina dell’affidamento familiare e l’adozione internazionale.

160 Ibidem.

161Fabbri V., Definizione di “adozione”, Dizionario di Servizio Sociale, Carrocci Editore. 162Perlingieri P., Sbordone F., op. cit., p. 83.

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In merito a quest’ultimo tipo di adozione la Convenzione dell’Aja del 1993 rappresenta un documento fondamentale sulla protezione di minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale.

L’adozione, come istituto a tutela dei minori, rappresenta una soluzione applicabile anche ai casi di abbandono, in cui versano i minori rimasti orfani dopo la morte della madre e al suicidio del padre che si è tolto la vita in seguito all’omicidio della compagna. Sono minori, che se non vengono sostenuti dai parenti fino al quarto grado, si trovano in uno stato evidente di abbondano morale e materiale. Sicuramente l’adozione è un taglio netto con le proprie origini ma in alcuni casi è la soluzione più idonea. Soprattutto per quei minori che a causa di drammatici eventi, quali ad esempio il femminicidio, hanno perso parte o tutti i loro legami familiari, e solo attraverso l’adozione può essere garantito loro il diritto all’appartenenza e ad avere una famiglia.

Un bambino che venga allontanato dai genitori in modo netto e non li veda mai più, può reagire a questo distacco attraverso un meccanismo che porta all’idealizzazione dei genitori perduti. Nessuna famiglia reale, per quanto affettiva, equilibrata, accogliente, potrà mai reggere il confronto con la famiglia idealizzata, e quindi il nuovo vincolo tra il minore e i suoi genitori adottivi fatica a decollare condannando l’adozione al fallimento. È necessario aiutare un minore che deve andare in adozione a compiere un processo di lutto nei confronti dei genitori per prevenire l’idealizzazione nei loro confronti. Questo compito deve essere eseguito da chi accoglie un minore, come un orfano speciale, che ha subìto il distacco netto dai propri genitori. Si tratta di una funzione tanto difficile quanto importante perché la nuova famiglia e anche gli operatori devono riuscire a trasmettere, al bambino, il messaggio che per crescere ha bisogno di avere due genitori. Solo se riesce a rompere il vincolo con i genitori biologici il bambino potrà stringerne uno con i genitori adottivi.163

Per un bambino che perde i propri genitori è fondamentale un appoggio individuale. Bisogna aiutarlo a sciogliere i nodi che lo vincolano al suo passato sia per quanto riguarda le immagini dei

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genitori e i comportamenti che hanno tenuto nei suoi confronti, che per ciò che riguarda l’immagine di sé. Tutto questo è indispensabile se si vuole che il trapianto adottivo non fallisca.164 Ci sono delle situazioni in cui l’adozione non è facilmente applicabile. Un’alternativa a questo istituto può essere l’affido sine riservato ai minori che non risultano adottabili e che potrebbero trovare un’appartenenza stabile nella famiglia affidataria. Anche la comunità può rappresentare un’alternativa utilizzabile qualora ci sia un ritardo della rete dei servizi ad occuparsi di situazioni croniche. Il loro compito sarà quello di sostenere il minore nella presa di distanza dalla sua famiglia, accompagnarlo nel processo di lutto, e rispondere con la propria disponibilità affettiva ai bisogni di questi figli considerati adottivi anche se non lo sono giuridicamente165

Nel documento Femminicidio e tutela degli orfani. (pagine 67-73)