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Le principali forme di adozione.

Nel documento Femminicidio e tutela degli orfani. (pagine 75-82)

CAPITOLO DUE

2.9 Le principali forme di adozione.

Nel codice civile del 1942 era prevista una sola figura di adozione.

Questa riconosceva ad una persona che avesse compiuto i 50 anni, priva di figli, la possibilità di assumere come figlio una persona, di età inferiore ai 18 anni, cui trasmettere il proprio nome e i propri beni. Passano gli anni e cambiano anche le finalità di questa istituzione che non è più basata

171Cassese A., op. cit., p. 49. 172 Ibidem

173Dogliotti M., op. cit., p. 487.

174 Articolo 70 comma 1 della legge 184/1983. 175 Articolo 328 del Codice penale.

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sul dare un discendente ma sul dare una famiglia a chi ne è privo. La sensibilità sul tema da parte dell’opinione pubblica portò a dei risultati positivi soprattutto per quanto riguarda tutti quei bambini ricoverati negli istituti che avevano solo nel nome la concezione dell’assistenza all’infanzia ma che, in realtà, erano luoghi in cui i bambini sono stati spesso protagonisti di oppressione e violenza. Nel 1967 si assiste al successo di una nuova legge che ristruttura l’istituto dell’adozione e ne fa sorgere una nuova concezione: «sono dichiarati in stato di adottabilità i minori di età inferiore ad anni otto privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o di parenti tenuti a provvedervi»176, e viene introdotto l’istituto della cosiddetta adozione speciale, rivolta specificatamente a persone coniugate o conviventi nei confronti di minori di anni 8, privi di assistenza morale e materiale. Segue nel 1975 la riforma del diritto di famiglia, l’anno successivo la Convenzione internazionale di Strasburgo in materia di adozione dei minori e nel 1983 la legge n.184 che definisce adozione normale quella che nel 1967 era considerata speciale. A seguito di quest’ultima legge si possono oggi distinguere quattro diverse forme di adozione: adozione di persone maggiori di età, adozione di minori, adozione internazionale, adozione in casi particolari. L’adozione dei maggiori di età è detta anche adozione non legittimante perché fa acquistare all’adottato la posizione di figlio adottivo e non legittimo. Da tale rapporto scaturiscono, pertanto, diritti e doveri coincidenti, solo in parte, con quelli dell’adozione legittimante.

La richiesta di adozione deve essere presentata dall’adottante presso il Tribunale ordinario, non per i Minorenni, del luogo di residenza del richiedente.177

È necessario dimostrare che l’adozione sia vantaggiosa per l’adottando e che venga espresso il consenso: dell’adottato, del coniuge dell’adottato, se presente, dell’adottante e della famiglia legittima. In questo tipo di adozione restano in vita quelli che sono i rapporti con la famiglia di origine anche se l’adottato assume il cognome dell’adottante che antepone al proprio178.

176 Legge n.431 del 1967. 177 Dogliotti M., op. cit. p. 448. 178 Sistema del doppio cognome.

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Lo scopo principale dell’adozione di maggiorenni è quello di perpetuare nome e patrimonio per chi non ha figli e qualora questi siano presenti, l’adottato gode dei loro stessi diritti.

Un’ altra forma di adozione è quella dei minori, detta anche legittimante179.

Possono ricorrervi solo coniugi uniti in matrimonio da almeno 3 anni180 anche se, in un secondo momento, è stato compreso in questi anni, il periodo di convivenza more uxorio, sempre previa accertata continuità e stabilità da parte del Tribunale dei minori. Condizione necessaria, infatti, è l’assoluta assenza di una separazione nemmeno di fatto e che la coppia sia giudicata idonea ad educare ed istruire i minori che intende adottare, nonché in grado di mantenerli.181

La l. n. 184 richiedeva anche che i coniugi, per l’adozione, non potevano avere un’età superiore ai 40 anni, rispetto all’adottato.

Il procedimento da seguire, nel caso dell’adozione legittimante dei minori è complesso e si articola in più fasi.

Prima fase: dichiarazione di adottabilità, pronunciata dal Tribunale per i minorenni, fatti una serie di accertamenti dai quali risulti lo stato di abbandono del minore perché privo di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi. Ciò si verifica anche quando il minore si trovi presso istituti di assistenza, comunità di tipo familiare o nel caso esso sia stato dato in affidamento.

L’affidamento preadottivo costituisce la seconda fase del procedimento di adozione.

Successivamente, il magistrato affida ai servizi sociali il compito di procedere alle indagini sull’effettiva adeguatezza dei coniugi ad essere genitori adottivi: la loro situazione personale ed economica, la loro salute, l’ambiente familiare, i motivi per cui essi intendono procedere all’adozione.182

179 Articoli 6-28 della legge 184/1983. 180 Articolo 6 della legge 184/1983. 181 Ibidem .

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Concluso questo iter, ascoltato il minore che abbia compiuto i 12 anni e ottenuto il consenso espresso del minore che abbia compiuto i 14 anni, il Tribunale dispone, in caso di esito positivo, l’affidamento preadottivo. Trascorsi 12 mesi, durante i quali i servizi sociali hanno l’obbligo di sorvegliare e quindi di effettuare i controlli affinché la situazione sia vantaggiosa sia per il minore che per la famiglia il Tribunale per i minorenni provvede con sentenza in camera di consiglio decidendo di dar luogo o meno all’adozione.

Divenuta definitiva, la sentenza di adozione viene trascritta su apposito registro e annotata a margine dell’atto di nascita dell’adottato, ad opera dell’ufficiale di stato civile. Per effetto dell’adozione, il minore acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti, di cui assume il cognome, mentre cessano i suoi rapporti con la famiglia di origine.

Per quanto riguarda l’adozione internazionale nel 1998, con la l. n. 446, in Italia si comincia ad avere una regolamentazione ben precisa. Con essa viene istituita una Commissione Internazionale che rappresenta l’autorità centrale in grado di coordinare la cooperazione tra Stati di origine dei minori e che si occupa solo di adozioni internazionali ed ha sede presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

La Commissione attribuisce competenze specifiche in materia di adozioni internazionali ad enti autorizzati che non hanno finalità di lucro.

L’ente prescelto si occupa di effettuare i contatti con il Paese straniero e ha il dovere di contattare le coppie per informarle sul procedimento di adozione e sulle reali possibilità di realizzazione dello stesso. Successivamente l’ente trasmette tutta la documentazione all’Autorità straniera che si occupa di adozioni. Si informano anche i genitori del minore, qualora vi siano, e iniziano i primi contatti. A questo punto l’Autorità straniera pronuncia il provvedimento di adozione e affida il minore ai genitori adottivi e provvede, mediante l’ente, a darne comunicazione sia al Tribunale che ai servizi sociali e alla Commissione.183 Infine, quest’ultima, valutato tutto l’iter procedurale,

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autorizza l’ingresso e la permanenza del minore in Italia, il quale, diventa figlio legittimo e acquista la cittadinanza italiana per effetto della trascrizione del provvedimento dell’adozione nei registri dello stato civile.

Rientra tra le forme di adozione anche quella dei minori in casi particolari184.

Sono casi particolari l’adozione: da parte di persone unite al minore da vincoli di parentela fino al sesto grado o da rapporto stabile e duraturo preesistente alla perdita dei genitori. Questo tipo di adozione risponde all’esigenze del minore rimasto orfano in seguito all’omicidio della madre. Inoltre abbiamo l’adozione da parte del coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell’altro coniuge e ancora quando vi sia l’impossibilità di affidamento preadottivo ad esempio nel caso di minore portatore di handicap.

Tra adottato ed adottante deve sempre esserci una differenza di età compresa tra i 18 e i 45 anni.185 Alla luce di quanto detto si evince che la disciplina dell’adozione nel corso degli anni ha subito profondi mutamenti, espressioni del cambiamento culturale che ha travolto l’intera materia della filiazione. Ma la vera rivoluzione dell’istituto dell’adozione si ha con la legge n.219 del 2012186 che apporta delle modifiche al codice civile. In particolare sancisce che ovunque nel codice civile ricorrano le parole “figli naturali” e “figli legittimi” siano sostituite dalla parola figli. Si assiste in questo modo ad una parificazione dello stato giuridico di tutti i figli, siano essi nati nell’ambito o fuori del matrimonio, siano essi adottivi. Inoltre la riforma del 2012 dichiara che il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti187. L’adozione è pertanto sottesa a dare al minore una famiglia di cui ne sia privo o perché orfano o perché la sua famiglia biologica rappresenta un ambiente pregiudizievole per il suo sviluppo. In questi casi risulta indispensabile provvedere ad una sostituzione al fine di garantire una famiglia al minore che ne è privo.

184 Articoli 44-57 legge 184/1983 185 Dogliotti M., op. cit. p. 450.

186 Le informazioni riportate sono consultabili al sito internet www.comparazionedirittocivile.it 187 Modifica dell’articolo 315 del codice civile.

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2.10 Il diritto dell’adottato a conoscere le proprie origini.

È, ormai, consolidata l’idea che per completare il proprio sviluppo e costruire una propria identità personale, completa, l’individuo deve conoscere non solo la realtà in cui è inserito e in cui dovrà vivere nel futuro, ma anche il suo passato: le sue origini, la sua storia personale, i suoi affetti. Questo processo gli permette di trovare delle risposte ai classici dubbi esistenziali: chi sono?, da dove vengo?, cosa ci faccio qui?.

Come tutti gli individui, quindi, anche coloro che sono stati adottati hanno il diritto di conoscere il loro status di figlio adottivo e di accedere alle informazioni relative alla propria nascita, quindi alle generalità dei propri genitori biologici.

Deve essere però valutato: quale tipo di reazione può provocare sul soggetto adottato la conoscenza delle proprie origini, a quali rischi va incontro il rapporto tra famiglia adottiva e soggetto adottato nel momento in cui quest’ultimo vuole ristabilire un contatto con la propria famiglia di origine, fino a che punto vengono lesi i diritti personali dei genitori biologici i quali hanno acconsentito all’interruzione di qualsiasi rapporto con il figlio lasciando che altri si prendessero cura di lui. Solo a partire degli anni 70, nell’ambito dell’adozione, si comincia a considerare importante non solo il dato sociale ma anche il fattore biologico. Certamente un individuo deve crescere in condizioni di vita ottimali, ma il fattore genetico non è assolutamente un dato secondario. Solo conoscendo le proprie origini si può completare il processo di identità che non dovrebbe essere negato a nessuno. La propria storia familiare deve essere chiara a tutti poiché è solo conoscendo il nostro passato che possiamo vivere pienamente il presente e, così, proiettarci nel futuro. In definitiva va sostenuta la causa secondo la quale ogni adottato deve avere la possibilità di accedere alle informazioni circa la sua origine sia familiare che genetica.

In un Paese come l’Italia questo modo di pensare non si è ancora affatto radicato anche se qualche passo verso questa direzione è stato intrapreso come dimostra la modifica all’art. 28 della l. n. 184/1983, che tutelava il riserbo assoluto in merito alle origini del minore, il cui stato adottivo non

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doveva essere menzionato in alcuna attestazione di stato civile, avvenuta con la l. n. 149/2001. Viene riconosciuto allora, e finalmente, per tutte quelle persone che sono venute a conoscenza della loro natura di adottato, il diritto a conoscere il proprio passato. Anche gli orfani da femminicidio hanno il diritto di conoscere quello che è stato il proprio passato e le proprie origini.

Tuttavia non mancano dei limiti a questo tipo di riconoscimento che spesso influiscono sulla possibilità dell’adottato di avere le informazioni che lo riguardano. Limiti quali l’età per poter accedere alle informazioni, le circostanze che devono verificarsi, la volontà dei genitori biologici di mantenere l’anonimato.

Una volta superati questi limiti è estremamente opportuno che l’adottato goda di un forte sostegno psicologico che lo aiuti ad accettare quello che rappresenta uno dei più grandi traumi per un adottato, scoprire ad esempio il perché è stato abbandonato. Per un bambino il semplice riconoscimento del proprio stato di figlio adottivo rappresenta di per sé un trauma che diventa ancora più difficile da sostenere quando il motivo dell’adozione è da associare alla morte della propria madre e a quella del padre che si è tolto la vita dopo aver realizzato un vero e proprio massacro. Per tutte queste ragioni è indispensabile che il minore sia sostenuto opportunamente in quella che è la scelta di conoscere il proprio passato. Questo, infatti, influenzerà notevolmente il futuro di un bambino che ha si una nuova famiglia, grazie all’adozione, ma allo stesso tempo porta con se un passato che segnerà il resto della sua vita.

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Nel documento Femminicidio e tutela degli orfani. (pagine 75-82)