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Il garante dell’infanzia e dell’adolescenza nel contesto italiano.

Nel documento Femminicidio e tutela degli orfani. (pagine 130-142)

CAPITOLO QUARTO

4.8 Il garante dell’infanzia e dell’adolescenza.

4.8.2. Il garante dell’infanzia e dell’adolescenza nel contesto italiano.

La Convenzione di Strasburgo attribuisce l’azione di promozione dei diritti dei minori ad una nuova figura indicata come Garante dei diritti del fanciullo277.

Il Garante non garantisce la tutela giurisdizionale dei diritti, che è di competenza del giudice, né esercita attività amministrativa di funzioni assistenziali, piuttosto “promuove una tutela non conflittuale dei diritti della persona, esercitando quel magistero di persuasione che sta al limite fra il principio di legalità e quello di protezione e tutela, facilitando, incoraggiando e sostenendo l’esercizio dei diritti dei bambini; rendendone socialmente visibile la soggettività e le esigenze”278.

275 Ibidem

276 Le informazioni riportate sono consultabili sul sito internet www.ombudsnet.org 277 Ibidem

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La Convenzione ONU, infatti, considera la debolezza della condizione dei bambini, che limita la loro autonomia, rende meno visibili le loro esigenze, più debole la loro voce. Perciò l’articolo 12 stabilisce che la promozione e l’esercizio dei diritti del bambino siano incoraggiati da organi nazionali che avranno tra l’altro la funzione di formulare proposte per rafforzare il dispositivo legislativo relativo all’esercizio dei diritti dei fanciulli, formulare pareri sui progetti legislativi, fornire informazioni generali relative all’esercizio dei diritti dei fanciulli, ai mezzi di comunicazione, al pubblico ed alle persone o agli organi che si occupano di questioni relative ai minori, ricercare l’opinione dei bambini e fornire loro ogni informazione appropriata279.

L’azione del nuovo organo, dunque, si svolge sia sul piano della promozione generale della condizione giuridica e sociale del fanciullo, sia la promozione specifica, utilizzando il metodo dell’inchiesta, l’ascolto di esigenze, opinioni, bisogni, richieste dei bambini cui fornire informazioni e sostegno specifici, eventualmente anche con segnalazioni mirate agli organi competenti.

La tutela dei diritti dei bambini si sostanzia nell’azione di promozione delle garanzie di contesto, fatte di strutture materiali, rapporti sociali, organizzazione dei servizi nel cui ambito si svolge il percorso vitale dei ragazzi e delle ragazze in crescita.

Il compito del Garante è così quello di una magistratura di persuasione, efficace non in forza di un potere coercitivo, ma per la capacità di interloquire con il sistema dei servizi che hanno compiti diretti verso l’infanzia.

L’attitudine privilegiata e particolare del Garante è l’attitudine a promuovere senza atteggiamenti invasivi, di carattere sostitutivo ma con un approccio sussidiario e amichevole. Il compito del Garante non è tanto di mantenere o realizzare un equilibrio tra i diritti dei cittadini e i doveri dell’amministrazione pubblica, quanto di incoraggiare e sostenere l’esercizio dei diritti dei bambini, rendere visibile la loro soggettività, le loro esigenze, e adottare iniziative generali e specifiche con l’obiettivo di facilitare in concreto l’esercizio dei loro diritti.

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Questo è l’ambito in cui si muove il garante: incontrare i bambini, informarsi circa le loro opinioni, fornire loro ogni informazione idonea. In base alla Convenzione, il Garante, riconosciuto a livello nazionale ed internazionale, dovrebbe realizzare una rete facilmente accessibile e vicina ai bambini, alle strutture operative e alle autorità competenti a provvedere alle loro esigenze.

La funzione del Garante dell’infanzia, a differenza di quella del difensore civico che media il conflitto tra pubblica amministrazione e cittadino, è quella di restituire agli operatori il vissuto dei loro utenti. Normalmente il sistema dei servizi sociali, dei consultori, delle scuole è in grado di svolgere bene il proprio lavoro, ma spesso si genera da parte del cittadino insoddisfazione, incomprensione, sfiducia. Questo clima finisce per danneggiare il progetto di recupero individualizzato delle esigenze di un determinato bambino o ragazzo. In questi casi il Garante si pone come un luogo neutro in cui tutti gli operatori coinvolti da una singola situazione di difficoltà possono incontrarsi e riprogettare il proprio intervento collocando al centro il bambino. L’azione del Garante è finalizzata a creare le condizioni affinché chi ha dei compiti di promozione e tutela del minore li svolga al meglio, utilizzando strumenti che vanno ben al di là di una mera azione di controllo.

La promozione dei diritti del fanciullo richiede un’azione autorevole m non in competizione e conflitto con quella degli organi già esistenti. Il Garante è da intendersi, quindi, più che come un tutore, come sponsor del minore, con i poteri di un’autorità e con l’obiettivo di promuovere compiutamente il diritto di essere minore280.

In Italia non esiste ancora un’istituzione nazionale indipendente a tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, nonostante la sua istituzione sia stata più volte sollecitata dal Comitato sui diritti del fanciullo in base all’art. 18281 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo, ratificata in Italia

280 Strumendo L., op. cit., p. 81.

281 Art. 18 c.2: Al fine di garantire e promuovere i diritti enunciati nella presente Convenzione, gli stati parti accordano gli aiuti appropriati ai genitori e ai rappresentanti legali del fanciullo nell’esercizio della responsabilità che incombe

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con legge n. 176/1991, che ne raccomanda la creazione a livello nazionale, e nonostante la stessa sia stata richiesta anche dalla Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli stipulata a Strasburgo nel 1996 e ratificata dall’Italia con legge n. 77/2003282.

La creazione di tale istituto è richiamata dalla stessa Costituzione all’articolo 31 c.2 che afferma che “la Repubblica protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”283.

Negli ultimi anni i Comitati delle Nazioni Unite, creati per monitorare le Convenzioni ONU ratificate dal nostro Paese, hanno rivolto all’Italia periodiche raccomandazioni nell’intento di sollecitare il Governo a conformarsi al più presto agli impegni sottoscritti con la ratifica delle Convenzioni di New York e di Strasburgo.

Nel 2004 i diversi progetti esistenti in Parlamento sul tema della creazione del Garante nazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, erano confluiti in un testo unico da discutere ed approvare, che però andò a decadere con la fine anticipata di quella Legislatura.

Nel susseguirsi delle Legislature sono stati innumerevoli i disegni di legge presentati in Parlamento sul tema dell’istituzione di un Garante nazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ma l’iter di adozione è stato sempre lento, carico di ostacoli e non è mai giunto a conclusione. Pur apprezzando la volontà di colmare questa lacuna dell’ordinamento italiano, è necessario constatare che i vari progetti di legge non si conformano a quelli che sono gli standard internazionali in materia nonostante la meticolosa attività di approfondimento e di sensibilizzazione svolta negli anni in Italia su questo tema. I punti critici riscontrati sono diversi e riguardano sia la mancanza delle necessarie caratteristiche di indipendenza, sia di adeguate risorse economiche e di personale specializzato, sia di incisività dal punto di vista delle competenze, da formularsi nel rispetto di quelle degli organi già esistenti nel sistema di promozione e garanzia dei diritti dell’infanzia e

loro di allevare il fanciullo e provvedono alla creazione di istituzioni, istituti e servizi incaricati di vigilare sul benessere del fanciullo.

282Strumendo L., op. cit., p. 27. 283 Ibidem

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dell’adolescenza e di quello che deve essere il cosiddetto superiore interesse del minore così come enunciato dalla Convenzione di New York.284

Alla luce di quanto è stato detto si evince che, nonostante i passi avanti fatti in materia di protezione e tutela dell’interesse del minore, in realtà nel contesto italiano non esiste una figura che svolge il ruolo di Garante dei diritti del fanciullo malgrado la ratifica della Convenzione dell’Onu che prevede esplicitamente l’istituzione di tale figura.

133 Conclusioni.

In questo lavoro di ricerca è stato evidenziato, attraverso un’attenta analisi della letteratura scientifica, che i progressi a livello giuridico e socio culturale sono serviti a ben poco se ancora l’uomo continua ad agire violenza sulle donne talvolta fino ad ucciderle. Questo è solo l’inizio di un fenomeno molto più vasto che porta con se un lato sottovalutato dalla società, gli orfani. L’analisi realizzata ha permesso di mettere in luce aspetti spesso sconosciuti all’opinione pubblica che continua a manifestare un silenzio assordante nei confronti di una vera emergenza sociale. Siamo di fronte ad un esercito di orfani che gridano aiuto ma che nessuno sembra ascoltare. Non solo la società ma anche la legge italiana che non prevede nessun protocollo, nessun percorso specifico in favore e a tutela di questi soggetti. Serve un mutamento di prospettiva, di mentalità per poter aiutare le donne e i loro figli indifesi. Non bisogna dimenticare che dietro alla maggio parte delle donne ci sono i loro figli che non possono e non devono essere abbandonati soprattutto quando viene meno il loro principale punto di riferimento, la madre. Bisognerebbe investire in favore delle donne e dei bambini vittime, anche se diversamente, del femminicidio. I riconoscimenti e i progressi che sono stati raggiunti, nell’ambito della violenza di genere, non hanno valore quando si assiste ad una continua espansione del fenomeno e ad una difficoltà oggettiva ad affrontarlo adeguatamente. La realtà ci dimostra che nonostante la proclamazione dell’uguaglianza tra uomini e donne alle donne resta ancora una lunga strada da percorrere per collocarsi in posizione di uguaglianza in rapporto agli uomini. Dalle normative nazionali e internazionali analizzate si evince che queste non sono state sufficienti a soffocare il fenomeno. Per contrastarlo bisogna fare in modo che aumenti la consapevolezza da parte di ogni membro della società. La tolleranza nei confronti del problema ha fatto in modo che le vittime non chiedessero aiuto perché credevano che fosse una condizione normale dell’essere donna. Bisogna uscire da questa logica centrata sul possesso della donna da parte dell’uomo. Per fare ciò bisogna apportare dei cambiamenti soprattutto a livello culturale e sociale. È necessaria un’azione globale per eliminare o quanto meno modificare credenze errate e

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pregiudizi. Una possibile soluzione è improntata alla valorizzazione delle differenze di genere e al rispetto reciproco. È necessario accendere un faro sulla prevenzione, destinando risorse ai centri antiviolenza e rafforzando le reti di contrasto della violenza affinchè meno donne possano sentirsi sole e riuscire a superare la paura. Dal punto di vista legislativo è stato raggiunto un importante traguardo con la legge n.119 del 2013 che mira a rendere più incisivi gli strumenti della repressione penale dei fenomeni di maltrattamento in famiglia, violenza sessuale e atti persecutori. Si tratta di norme per il contrasto della violenza di genere che hanno l’obiettivo di prevenire il femminicidio e proteggere le vittime. La legge ha sicuramente introdotto notevoli cambiamenti ma allo stesso tempo continua a considerare la violenza sulle donne in termini di emergenza e quindi include nell’ennesimo pacchetto sicurezza misure urgenti di contrasto non tanto al fenomeno criminale ma all’allarme sociale che esso procura. Fino quando gli interventi in materia di violenza sulle donne saranno incentrati sull’emergenza piuttosto che sulla protezione della donna le azioni adottate saranno del tutto inadeguate a risolvere il problema. Le Convenzioni internazionali a tal proposito impongono di non considerare le donne vittime di violenza soggetti deboli ma soggetti resi vulnerabili dalla violenza subita. La suddetta legge dunque si presenta inadeguata perché il suo obiettivo non è la promozione e la tutela della donna ma la protezione e tutela della sicurezza pubblica. Dunque il primo passo da compiere è non considerare la violenza contro le donne una questione di ordine pubblico ma un problema culturale. Inoltre la legge dimenticata che le donne possono essere delle madri nel momento in cui perdono la vita. Pertanto se non si aiutano le donne e i loro figli gli arresti nei confronti di chi si sporca di questo reato non avranno alcun senso. Dietro alle donne uccise restano invisibili i figli che non ricevono in Italia nessuna tutela specifica ma vengono trattati alla stregua degli altri orfani anche se le loro storie sono completamente diverse. Si tratta di un fenomeno scarsamente considerato dalla letteratura scientifica. Pochi infatti sono i testi o le notizie che esistono in merito agli orfani del femminicidio e l’opinione pubblica pone

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attenzione solo sulla morte della donna, che produce più ascolti, ma mai nessuno si preoccupa di sapere che fine fa un bambino che subisce una atroce violenza, la morte della propria madre.

Bisogna passare il messaggio che nessuna violenza sui bambini è giustificabile ed ogni società deve fermare ogni sua possibile manifestazione avviando soprattutto una trasformazione della mentalità sociale che sta alla base della violenza. La presenza di meccanismi di tutela dei diritti dei bambini si sono rivelati essenziali ma nonostante i progressi raggiunti resta ancora molto da fare. L’intera società ha la propria parte di responsabilità nel condannare e prevenire la violenza sulle donne, la violenza sui bambini e aiutare questi ultimi quando si trovano ad affrontare la condizione di orfano speciale. Gli Stati inoltre dovrebbero aumentare l’attenzione sui diritti dell’infanzia per sensibilizzare l’opinione pubblica sugli effetti della violenza di genere. È opportuno perfezionare le competenze degli operatori che lavorano con donne e bambini attraverso corsi di aggiornamento per diffondere la conoscenza e il rispetto dei diritti umani. Malgrado le raccomandazioni internazionali sul problema della violenza subita indirettamente dai bambini, in Italia non è prevista nessuna forma di intervento in favore degli orfani. Cosi questi bambini vengono lasciati da soli ad affrontare una tragedia che diventerà insopportabile se non vengono adeguatamente sostenuti. È impensabile che questo avvenga in una società che si dice civile. Non ci si può infatti dimenticare di una vittima anche se questa lo è solo indirettamente. L’orfano da femminicidio è una vittima a tutti gli effetti e come tale va sostenuta e aiutata. Solo la regione Basilicata ha presentato una proposta di legge per la concessione di un sostegno economico per bambini che vivono questo dramma. A livello nazionale invece non esiste alcun provvedimento in merito, le uniche soluzioni sono quelle individuate dal Tribunale per i Minorenni: affidamento familiare, tutela legale e adozione. Per gli orfani da femminicidio, qualora entrambi i genitori siano morti, sarebbe preferibile l’adozione poiché la recuperabilità dei genitori è in questi casi impossibile. Per quanto riguarda l’affidamento bisogna evitare di incorrere nell’errore che affidare il bambino ai nonni sia la soluzione migliore, spesso infatti non lo è. Questo può comportare la condivisione di una condizione economica fragile

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e talvolta al limite della povertà. Inoltre non va dimenticato che nel caso di affido ai nonni materni emerge un ulteriore problema perché questi sono anche i genitori della donna uccisa e quindi con estrema difficoltà riusciranno ad aiutare il bambino nell’elaborazione della perdita. Un’altra soluzione prevista dal Tribunale dei Minorenni riguarda l’inserimento del minore in una comunità alloggio dove questi può ricevere le cure e il sostegno di cui necessita. Un’ulteriore lacuna che esiste nel nostro ordinamento riguarda la mancata presenza della figura del Garante dell’infanzia e dell’adolescenza il cui scopo è quello di garantire la tutela e il rispetto dei diritti dei bambini. In Italia non esiste ancora una figura a tutela dell’infanzia e dell’adolescenza nonostante la sua istituzione sia stata più volte sollecitata dal Comitato sui diritti del fanciullo e dalla Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli entrambe ratificate dal nostro Paese. Da tutte queste considerazioni si evince chiaramente che le leggi sono servite e servono a ben poco se ancora un uomo si sente legittimato ad agire violenza sulla propria compagna e se ancora i bambini si trovano costretti ad assistere a tale violenza e a subire le conseguenze della morte della figura più importante per loro. La società deve aprire gli occhi, deve accettare questa realtà, assumerne consapevolezza e fare il possibile per aiutare sia le donne ma anche le vittime invisibili di queste enormi tragedie familiari. Bisogna avviare un processo di cambiamento culturale al fine di eliminare gli stereotipi generazionali e poter dire finalmente che esiste la parità tra uomo e donna e non solo dal punto di vista legislativo. Inoltre è necessario che i mass media concentrino più attenzione sulle vittime indirette e che l’opinione pubblica si renda conto che quando una donna muore probabilmente muore con se, anche se indirettamente, il proprio figlio. Non possiamo tappare le orecchie ne chiudere gli occhi di fronte ad un fenomeno così vasto, di fronte a milioni di orfani che da soli non possono superare le difficoltà legate alla perdita di ogni punto di riferimento. Sono vittime e per lo più indifese e pertanto necessitano di tutto l’aiuto possibile per poter superare il trauma e continuare a vivere serenamente.

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