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Gli effetti sul piano internazionale dell’adozione del principio di mondialità: la plurima imposizione internazionale

Nel documento Anno Accademico 2008/2009 (pagine 92-98)

IL PRINCIPIO DELLA TERRITORIALITA’ E IL DIRITTO TRIBUTARIO INTERNAZIONALE

5. Gli effetti sul piano internazionale dell’adozione del principio di mondialità: la plurima imposizione internazionale

Uno dei principali problemi generati dall’adozione del principio di tassazione dei redditi su base mondiale è rappresentato dalla doppia imposizione. Gli Stati sottopongono generalmente a tassazione il reddito percepito ovunque prodotto dai soggetti residenti nel proprio territorio; mentre, per i non residenti è prevista l’imposizione dei soli redditi prodotti nel proprio territorio. Nel caso di un contribuente che opera in uno Stato pur essendo residente fiscalmente in un altro, il reddito da questo prodotto sarà assoggettato ad una doppia imposizione: una prima volta, da parte dello Stato (della fonte) presso il quale quel reddito è stato realizzato; e, una

(217) Il modello di convenzione contro le doppie imposizioni si caratterizza, inoltre, per l’assenza di qualsivoglia norma con la quale si individui la residenza del contribuente in uno dei due Stati contraenti. Si rinvia al contributo di TROYA JARAMILLO, La fiscalidad

internacional en la comunidad andina, in Corso di diritto tributario, V. UCKMAR (diretto da), 1999, pag. 805 e ss.

seconda volta, da parte dello Stato di residenza in virtù dell’operare del principio di tassazione su base mondiale. Tale situazione, pertanto, produce sovente l’effetto di assoggettare ad una plurima imposizione i redditi prodotti all’estero.

Più in particolare, occorre osservare che il problema della plurimposizione internazionale (che – come si avrà modo di rilevare nel prosieguo – si configura generalmente in termini di doppia imposizione (218)) si genera allorquando uno stesso soggetto, qualificato come “residente” di due diversi ordinamenti giuridici, o come “residente” in uno e “non residente” nell’altro, in conseguenza della fonte effettiva di produzione del reddito o di qualunque altro fatto di rilevanza giuridica, viene sottoposto contemporaneamente ad una doppia o multipla imposizione (219).

L’individuazione, dunque, delle cause che generano la doppia imposizione sinteticamente individuate, necessità di un ulteriore approfondimento storico e scientifico per comprendere appieno le cause e gli effetti di tale fenomeno. La dottrina (220) ha cercato in modo sistematico di catalogare le cause che generano tale situazione, individuando le ipotesi di seguito descritte:

a) un concorso di pretese da parte di due ordinamenti che considerano il reddito proveniente dalla stessa fattispecie per essere stato prodotto entro i rispettivi territori e, di conseguenza, tassabili da ognuno di essi;

b) un concorso di pretese da parte di due ordinamenti giuridici, con riferimento alla stessa fattispecie, fondate sulla qualifica di “residente” da parte di entrambi gli Stati, quando almeno uno di essi applica il principio della tassazione su base mondiale;

c) un concorso di pretese da parte di due o più ordinamenti quando uno di questi la fonda sul regime di “non residente”, giustificando la tassazione per la presenza della localizzazione territoriale della fonte effettiva della produzione del reddito, e gli altri Stati, sul criterio della “residenza” (o nazionalità) del contribuente;

d) per effetto di diversità d’interpretazioni che per le autorità amministrative o giudiziarie dei Paesi coinvolti possono insorgere per uno stesso concetto

(218) In questo senso, sarà a nostro avviso indifferente fare riferimento alla plurimposizione internazionale ovvero alla doppia imposizione internazionale, considerato che la prima si pone come species rispetto al genus. Peraltro, occorre da subito, distinguere tra plurimposizione giuridica internazionale e plurimposizione economica. La prima, infatti, attiene all’ipotesi in cui il reddito di un medesimo soggetto sia assoggettato a imposizione da due Stati. Diverso è il caso della plurimposizione economica, la quale consiste nella tassazione di un medesimo reddito da parte di due Stati, in relazione a due soggetti giuridici diversi.

(219) H. TAVEIRA TORRES, La plurimposizione internazionale, in Diritto tributario

internazionale, V.UCKMAR (diretto da), Padova, 2005, pag. 228. (220) H.TAVEIRA TORRES, op. cit., pag. 229.

giuridico che costituisca criterio di connessione per un determinato elemento.

Sebbene le cause note della doppia o plurima imposizione siano state individuate sotto un aspetto meramente casistico, la dottrina si è da sempre interessata a siffatto problema cercando di sintetizzare quello che di per sé è il fenomeno della doppia imposizione. In altre parole, la dottrina ha cercato di riassumere in un’unica definizione quelli che sono gli elementi caratterizzanti il fenomeno della doppia (o, meglio, plurima) imposizione. Il precursore della problematica della doppia imposizione è il GARELLI, il quale pose la questione della “imposizione plurima” descrivendola nei seguenti termini: “uno stesso fatto, una stessa ricchezza possono essere gravati di tributo da due o più Stati diversi” ovvero in “una stessa persona o una stessa cosa possono essere colpiti due volte da tributo per servigi diversi, resi gli uni all’interno e gli altri all’esterno” (221).

Il FASOLIS, successivamente, torna a chiedersi cosa debba intedersi per plurima imposizione, fornendo una propria definizione del fenomeno, inteso quale “imposizione ripetuta della stessa sorgente fiscale o più particolarmente dello stesso soggetto o dello stesso oggetto di imposta a causa della diversità delle leggi di imposta che mettono a fondamento, nel riguardo oggettivo, ora la sorgente del reddito ora il reddito stesso come tale, e, nel riguardo soggettivo ora la cittadinanza ora il domicilio ora la residenza” (222). Il contributo di tale autore è altrettanto importante laddove opera una distinzione tra doppia tassazione «formale» e doppia tassazione «materiale», fondata sugli aspetti di giustizia fiscale, riconoscendo l’ingiustizia in relazione alla doppia imposizione materiale (223).

L’UDINA, in merito a tale fenomeno, offre una definizione più circoscritta della doppia imposizione, la quale – secondo l’autorevole dottrina – si estrinseca in: “un concorso o (…) una concorrenza di norme tributarie di Stati diversi, dante luogo a doppia o plurima imposizione nei riguardi di presupposti di fatto collegati, per l’uno o l’altro dei loro elementi materiali o personali, ai più Stati medesimi, anziché ad uno soltanto, e causata dalla diversità dei criteri di collegamento adottati da ciascuno di essi, cioè dalla

(221) A. GARELLI, Il diritto internazionale tributario, cit., pag. 59-60. G. SALVIOLI, Le

doppie imposizioni in diritto internazionale, Napoli, 1914, a sua volta, sebbene non abbia in

realtà fornito una propria definizione del fenomeno della doppia imposizione, ha cercato di dare una sistematicità al problema al contempo fornendo una serie di criteri volti alla risoluzione delle suddette problematiche

(222) G.FASOLIS, Le doppie imposizioni, Città di Castello, 1914, pag. 10. A pag. 14, l’autore definisce meglio il suo pensiero rilevando che: “Doppia imposizione è quel fenomeno per il

quale un’attività economica è colpita due volte dal tributo per parte di due diverse autorità impositrici dello stesso ordine e fra loro indipendenti, od anche per parte di due autorità fra loro coordinate e dipendenti da un comune potere supremo”.

diversità degli elementi considerati come decisivi ai fini dell’imposizione” (224).

I contributi di tali autori risultano fondamentali al successivo sviluppo dello studio di siffatto fenomeno, il quale si è arricchito successivamente di ulteriori contributi internazionali.

DORN, infatti, sulla base di un’impostazione sistematico-formale, ritiene che la plurimposizione internazionale nei suoi elementi caratterizzanti possa essere scomposta in quattro parti consistenti in:

a) l’applicazione da parte di due o più Stati sovrani di imposte similari; b) relazione allo stesso presupposto;

c) riferimento allo stesso contribuente;

d) uno stesso periodo di applicazione dell’imposta.

I sostenitori (225) di tale definizione hanno peraltro affermato che la plurimposizione internazionale si verifica quando più titolari di sovranità tributaria, indipendenti tra di loro, sottopongono lo stesso contribuente, in considerazione allo stesso fatto imponibile e contemporaneamente, ad una imposta della stessa specie (226).

La definizione proposta da DORN è stata sottoposta a critica da parte della dottrina. Ad esempio, è stato sostenuto che difficilmente si può riscontrare nella realtà l’identità delle imposte applicate in quanto ogni imposta è creata all’interno di un ordinamento distinto, il quale – per le sue caratteristiche intrinseche – differisce da altri ordinamenti. CROXATTO ha criticato l’impostazione del DORN in relazione alla qualificazione della fattispecie assunta da tale ultimo autore. In particolare, CROXATTO rileva che: “non è corretto affermare che in relazione ad un identico presupposto di fatto sorgono obbligazioni tributarie in due Stati diversi. E’ da rilevare infatti che i presupposti delle due obbligazioni sono concetti giuridici definiti in modo generalmente non identico nei due diversi ordinamenti giuridici. Ciò che può essere identica è la situazione di fatto assunta dalle leggi dei due Stati come presupposto di imposta”.

CROXATTO, a sua volta, afferma che: “Si ha doppia imposizione

internazionale pertanto quando una stessa situazione di fatto è assunta da due ordinamenti giuridici statuali come presupposto di una obbligazione tributaria, allo stesso od analogo titolo e per il medesimo evento o periodo di tempo” (227).

(224) M.UDINA, Diritto internazionale tributario, cit., pag. 253-254.

(225) Tra gli altri, condivide tale impostazione V. UCKMAR, Trattati internazionali in

materia tributaria, in Trattato di diritto tributario, A. AMATUCCI (diretto da), Padova, 2001, pag. 409.

(226) H.DORN, Diritto finanziario e questioni fondamentali sulle doppie imposizioni, in Riv.

dir. fin., 1938, pag. 131.

Altra parte della dottrina, considerata l’assenza di una definizione giuridica del fenomeno, svaluta l’elemento soggettivo (ossia l’identificazione del soggetto) dando rilevanza piuttosto al carico fiscale sopportato dal contribuente. Questa è la posizione di FANTOZZI e VOGEL, i quali, infatti, ritengono che la plurimposizione internazionale “si verifica quando due o più Stati applicano imposte uguali o analoghe con riferimento allo stesso fatto imponibile, se la tassazione totale risultante supera quella che deriverebbe dalla tassazione totale da parte isolatamente di ogni Stato coinvolto” (228).

ADONNINO, a sua volta, si sofferma sul punto, affermando che “La doppia imposizione è, in generale, causata dal fatto che i criteri fissati da due o più ordinamenti giuridici per la tassabilità di una determinata fattispecie la rendono tassabile allo stesso tempo anche nell’ambito dei diversi ordinamenti” (229).

Preso atto, pertanto, di una visione non unitaria del fenomeno della plurimposizione, bisogna rilevare come gli interventi più recenti sul tema si soffermino sulla natura stessa del fenomeno della plurima imposizione. MIRAULO (230), infatti, assimila la plurimposizione internazionale ad un dato empirico e non come un istituto giuridico. Altra parte della dottrina ritiene che tale fenomeno assurga a istituto giuridico solo quando viene

(228) A.FANTOZZI –K.VOGEL, Doppia imposizione internazionale, in Dig. disp. Priv. – sez.

comm., Torino, 1989, vol. V, pagg. 186-187. Vedi anche K.VOGEL,Il diritto tributario internazionale, in Trattato di diritto tributario, A. AMATUCCI (coordinato da), Padova, 1994, pag. 713, il quale rileva che “La doppia imposizione è dunque la riscossione di

imposte comparabile in due o più Stati per lo stesso oggetto imponibile, nel caso in cui l’ammontare complessivo delle imposte riscosse è più altro di quello che si realizzerebbe nel caso di imposizione di ciascun singolo Stato interessato”. Tale definizione è condivisa

anche dal Comitato fiscale dell’OCSE. L’impostazione data dagli autori evidentemente permea di contenuti finanziari.

(229) P.ADONNINO, Doppia imposizione, in Enc. Giur. Treccani, vol. XXX, pag. 2.

(230) A.MIRAULO, Doppia imposizione internazionale, Milano, 1990, pag. 12-13. L’autrice, infatti, si esprime in questi termini: “Un fenomeno giuridicamente rilevante assurge alla

qualifica di «istituto» allorché viene disciplinato, con proprie specifiche connotazioni, in un determinato ordinamento positivo. Questi elementi non sono tuttavia sufficienti o adeguati a formulare l’ipotesi (…) che la doppia imposizione, o meglio il complesso normativo che la concerne, costituisca un istituto giuridico proprio dell’ordinamento stesso; ciò neppure ove tale regolamentazione trovi fondamento in una disposizione di principio, anche di natura costituzionale, che imponga il divieto di doppia imposizione” e,

ancora, “In questo contesto, invero, il divieto di principio della doppia imposizione, come

la sua stessa definizione e le norme per evitarla o reprimerla, sono infatti in definitiva riferibili al fenomeno accidentale della duplicazione d’imposta; la illiceità o illegittimità, così come la prevalente economicità della doppia imposizione interna, portano ad escludere che il fenomeno possa assurgere alla qualifica di istituto, malgrado la sua disciplina normativa si collochi nell’ambito di un ordinamento positivo”.

disciplinato, con specifiche qualifiche e secondo particolari previsioni normative (231).

GARBARINO, adottando un approccio per molti versi comune a quello adottato da FANTOZZI e VOGEL, ritiene che non sia possibile assumere una definizione sufficientemente adatta a riassumere tutti i modi di manifestazione del fenomeno (232), cosicché per l’autore è del tutto inutile fornire una definizione di doppia imposizione poiché, in questa ipotesi, occorrerebbe procedere all’analisi dei sistemi tributari in concorso e del fatto imponibile che determina la formazione del concorso delle varie pretese impositive.

Secondo l’autore la nozione giuridica di doppia imposizione internazionale deve essere valutata in base a concrete pretese impositive concorrenti e con riguardo a specifici fatti imponibili. Ciò comporta l’analisi comparata delle pretese impositive di due Stati che considerano come oggetto un determinato fatto reddituale.

Critico nei confronti della tesi di GARBARINO è TAVEIRA TORRES (233), secondo il quale la tesi del primo – pur essendo originale – non impedisce all’interprete di elaborare una definizione di doppia imposizione internazionale più ampia e generale del fenomeno. In tal modo, l’autore

(231) H.TAVEIRA TORRES, op. cit., pag. 230. L’Autore, invero, rileva che: “Ciò porta ad

escludere che le convenzioni internazionali per evitare la doppia imposizione, possono essere considerate come un «istituto giuridico», perché la preoccupazione centrale degli studiosi è rivolta verso la definizione della competenza degli Stati coinvolti per ripartire le pretese attraverso accordi per il trattamento dei redditi transnazionali, mediante limitazioni ai rispettivi poteri di tassazione”. K.VOGEL, Il diritto tributario internazionale,

cit., pag. 385, rileva che: “Il concetto di doppia imposizione non è contenuto in una norma giuridica che attribuisce conseguenze giuridiche. Esso non svolge una funzione costitutiva, bensì solo dichiarativa, evidenziando i fatti (o meglio dovendo evidenziarli), la cui sussistenza, secondo la normativa di fonte interna e convenzionale, provoca conseguenze giuridiche: le misure attraverso le quali una doppia imposizione internazionale deve essere eliminata”.

(232) C.GARBARINO, op. cit., pagg. 397-398. L’autore, infatti, sostiene che: “Una nozione

giuridica di doppia imposizione internazionale può dunque essere delineata in relazione a specifiche fattispecie impositive e con riguardo all’effettivo concorso o conflitto di pretese impositive che insorge tra due Stati sovrani dotati di potestà impositiva illimitata”. Vedi,

anche, H.TAVEIRA TORRES, op. cit., pag. 235.

(233) H.TAVEIRA TORRES, op. cit., pag. 237. L’autore, in merito alla tesi del GARBARINO, osserva: “Questa tesi, permeata di originalità, e con una certa influenza della dottrina

anglosassone, non ci sembra del tutto sostenibile, principalmente perché, allo scopo della costruzione di una definizione del fenomeno di plurimposizione, le analisi topiche, fattuali e concrete, degli elementi che provocano la sua nascita appaiono con relativo valore gnosologico. Accettare la plurimposizione come risultato di un’analisi comparata dell’incidenza di pretese avanzate da più Stati per un determinato atto generatore, ha la sua importanza, ma, secondo il nostro parere, soltanto in un secondo momento: quando si passa al rispettivo trattamento, cercando la soppressione o la riduzione degli effetti provocati dalla sua occorrenza”.

propone una propria definizione di plurimposizione internazionale, la quale si esplica in un “concorso di pretese impositive da parte di due o più Stati, nei confronti dello stesso soggetto passivo, mediante atti di accertamento di crediti tributari conseguenti all’applicazione di tributi sostanzialmente simili, con riguardo ad una stessa fattispecie” (234). In altri termini, si ha plurimposizione quando la stessa fattispecie è considerata come presupposto per la formazione di due o più relazioni giuridiche tributarie, mediante due o più norme individuali e concrete, pertinenti ai differenti sistemi giuridici in concorso.

Sebbene, pertanto, ci siano alcune differenze nel definire il fenomeno della plurimposizione tributaria, vi è concordanza nel ritenere pienamente legittima la stessa, posto che non esistono allo stato attuale norme internazionali, neppure di natura consuetudinaria, miranti a vietare il suo manifestarsi (235).

Occorre ancora osservare che, nonostante siano state approntate delle misure – unilaterali o bilaterali – per contrastare il fenomeno della plurimposizione, essa si può riscontrare, inoltre, ogni qualvolta la “pretesa di imposte equivalenti da parte di due Stati in relazione allo stesso presupposto di imposta, [genera una doppia (plurima) imposizione laddove] l’ammontare complessivo delle imposte sia più elevato di quello che si realizzerebbe nel caso di sottoposizione ad imposta da parte di un solo Stato” (236).

6. I rimedi per evitare la plurima imposizione: misure unilaterali.

Nel documento Anno Accademico 2008/2009 (pagine 92-98)

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