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I rapporti fra ordinamento comunitario e ordinamento internazionale

Nel documento Anno Accademico 2008/2009 (pagine 152-155)

7. …(segue)e misure bilaterali

TERRITORIALITA’ E DIRITTO COMUNITARIO

8. I rapporti fra ordinamento comunitario e ordinamento internazionale

La ricostruzione dei rapporti fra ordinamento comunitario e quello internazionale è stata condizionata dal riconoscimento dell’autonomia del primo che ha prodotto, quale conseguenza, la separazione dell’ordinamento comunitario rispetto al genus originario.

Oltre all’autonomia dell’ordinamento comunitario, i rapporti con il diritto internazionale sono stati influenzati dal riconoscimento della personalità giuridica internazionale alla Comunità europea, ex art. 208 del Trattato UE (355).

Quale soggetto internazionale, la Comunità europea è vincolata dal diritto internazionale generale (356). Il riconoscimento espresso di tale vincolo appare solo in tempi relativamente recenti nella giurisprudenza comunitaria. Con la sentenza Poulsen del 1992, la Corte afferma che “le competenze della Comunità devono venir esercitate nel rispetto del diritto internazionale e che, perciò, il summenzionato art. 6 va interpretato, e la sua sfera d’applicazione circoscritta, alla luce delle norme pertinenti del diritto marittimo internazionale” (357). Il diritto internazionale generale

(355) La maggior parte della dottrina è orientata a negare, per tale ragione, che l’Unione europea possa considerarsi soggetto internazionale. Si rinvia, per tutti, a D. CURTIN, The

Constitutional Structure of the Union: A Europe of Bits and Pieces, in Com. Mark. Law Rev., 1993, pag. 17 e ss..

(356) L. SICO, Ordinamento comunitario e diritto internazionale: un matrimonio ancora non

a rischio di scioglimento, in Dir. Pubbl. Comp. Eur., 2003, pag. 1704. Nella giurisprudenza

comunitaria, cfr., sentenza 14 luglio 1976, cause riunite 3/76, 4/76 e 6/76, C. Kramer e

altri, in Racc., 1279, para 17 della motivazione. Si veda, anche, G. MAISTO, Le interrelazioni

tra “diritto tributario comunitario” e “diritto tributario internazionale”, in Riv. Dir. Trib.,

2006, I, pagg. 868-869.

(357) Corte di Giustizia europea, sentenza 24 novembre 1992, causa C-286/90,

Anklagemyndigheden v. P.M. Poulsen e Diva Navigation Corp., in Racc., I-6019, para. 9

della motivazione. Cfr., anche, Tribunale di primo grado, sentenza 22 gennaio 1997, causa T-115/94, Opel Austria GmbH v. Consiglio dell’Unione europea, in Racc., II-39, para. 90 della motivazione; Corte di giustizia, sentenza 27 novembre 1997, causa C-27/96, Danisco

produce, dunque, effetti diretti nell’ordinamento comunitario, indipendentemente da qualsiasi attività di adattamento e diviene, quindi, parametro di legittimità degli stessi atti comunitari (358).

Più complessa è la questione se il diritto internazionale generale possa derogare le norme dei trattati.

Ad avviso della dottrina, considerata l’assenza di una specifica norma nei trattati relativa ai rapporti fra diritto comunitario e internazionale generale, la posizione monista della Corte di giustizia rifletterebbe “the common denominator of the constitutional systems encompassed by the Community” (359), collocando, quindi, le norme internazionali generali al vertice dell’ordinamento comunitario in una posizione del tutto analoga a quella dei trattati istitutivi (360). In maniera analoga al rapporto fra norme internazionali generali e ordinamento statale, anche in questo caso, i valori ed i principi fondamentali dell’ordinamento internazionale sono parte dell’ordinamento comunitario, integrando il contenuto e delimitando le competenze. Non si avrebbe quindi ragione di derogare al normale rapporto fra fonti scritte e non scritte dell’ordinamento internazionale. Le norme dei trattati europei sarebbero vincolate al rispetto delle norme internazionali generali cogenti (361), potendo, per converso, derogare tutte le altre (362). Occorre avvertire, tuttavia, che mancano in giurisprudenza indicazioni sul punto.

Nella sentenza Factortame, il giudice comunitario sembra ammettere la prevalenza delle norme consuetudinarie anche rispetto ai principi fondamentali del diritto comunitario – come quello di non discriminazione

Sugar AB v. Allmänna Ombudet, in Racc., I-6653, para. 24 ss.; sentenza 16 giugno 1998,

causa C-162/96, A. Racke GmbH & Co. v. Hauptzollamt Mainz, in Racc., I-3655, para. 45 e 46 della motivazione; sentenza 27 febbraio 2002, causa C-37/00, H. Weber v. Universal

Ogden Services Ltd., in Racc., I-2013, para. 35-36 della motivazione; sentenza 18

novembre 2003, causa C-216/01, Budéjovický Budvar, národní podnik v.Rudolf Ammersin

GmbH, para. 152-153 della motivazione.

(358) La Corte di giustizia, in campo tributario, ha fatto espresso riferimento al “principio

internazionale” della residenza per valutare la generale legittimità di disposizioni interne

che informano il presupposto del tributo alla residenza dei soggetti. Cfr., sentenza 14 febbraio 1995, causa C-279/93, Schumacker, in Racc., I-225, ove si afferma che “anche il

diritto tributario internazionale, in ispecie il modello di convenzione dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) in materia di doppia imposizione, ammette che in via di principio spetta allo Stato di residenza tassare il contribuente in modo globale, prendendo in considerazione gli elementi inerenti alla sua situazione personale e familiare” (para. 32 della motivazione).

(359) Corte di Giustizia europea, sentenza del 16 giugno 1998, caso C-162/96, A. Racke

GmbH & Co. v. Hauptzollamt Mainz.

(360) L. SICO, op cit., pag. 1706.

(361) V. art. 53 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati. In dottrina, si veda, B. CONFORTI, Diritto internazionale, Napoli, 2008, pag. 165 e ss.

in ragione della nazionalità – rilevando che il diritto statale “potrebbe rilevare soltanto nell’ipotesi in cui le prescrizioni del diritto comunitario relative all’esercizio, da parte degli Stati membri, della competenza loro attribuita in materia di immatricolazione di una nave fossero in conflitto con le norme del diritto internazionale” (363).

Anche nel caso del diritto internazionale generale, la Corte di Giustizia oltre all’impiego quale parametro di legittimità, ha utilizzato tali norme ai fini della formazione di principi non scritti del diritto comunitario (364).

Gli accordi internazionali stipulati dagli Stati membri sono, tuttavia, subordinati (gerarchicamente) alla disposizioni del Trattato. Tale obbligo si estende anche ai trattati stipulati dagli Stati membri con altri Stati membri o Stati terzi (365). Il parametro di legittimità è individuato in senso ampio. Se la violazione riguarda norme “procedurali”, ovvero norme sulla competenza, l’accordo internazionale sarà invalido nella sua totalità. Diversamente, se l’accordo internazionale è incompatibile con norme “sostanziali” dei trattati, la disapplicazione è limitata alle sole norme incompatibili con i trattati comunitari.

A fondamento di tale conclusione la Corte richiama l’art. 10 del Trattato UE che impone agli Stati membri la leale collaborazione nell’esecuzione degli obblighi derivanti dal Trattato (366). Anche in questo caso, si deve

(363) Corte di Giustizia europea, sentenza 25 luglio 1991, caso C-221/89, The Queen v.

Secretary of State for Transport, ex parte Factortame Ltd e altri, in Racc., I-3905, para. 16

della motivazione. Sul punto si vedano le interessanti osservazioni di P. MENGOZZI,

Istituzioni di diritto comunitario e dell’Unione europea, Padova, 2006, pag. 237 e ss.

(364) P. MENGOZZI, op. cit., 240-242. Uno dei casi più recenti è rappresentato dal riconoscimento della responsabilità degli Stati membri nei confronti dei singoli per la violazione del diritto comunitario anche qualora l’azione od omissione illecita siano attribuibili a specifici organi (es. i giudici ordinari) o enti (es. gli enti territoriali) indipendenti sul piano normativo interno.

(365) Sul punto, cfr. la c.d. giurisprudenza Open skies, che ha dichiarato incompatibili con l’art. 52 del Trattato Ce gli accordi in materia di trasporto aereo stipulati da alcuni stati membri con gli Stati Uniti. Corte di Giustizia, sentenza 5 novembre 2002, causa C-466/98,

Commissione delle Ce v. Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, in Racc.,

I-9427, para. 41 della motivazione; caso C-467/98, Commissione delle Ce v. Regno di

Danimarca, in Racc., I-9519, para. 127 della motivazione; sentenza 5 novembre 2002, caso

C-472/98, Commissione delle Ce v. Granducato del Lussemburgo, in Racc., I-9741, para. 127 della motivazione; sentenza 5 novembre 2002, caso C-475/98, Commissione delle Ce v. Repubblica d’Austria, in Racc., I-9797, para. 137; sentenza 5 novembre 2002, caso C-476/98, Commissione delle Ce v. Repubblica federale di Germania, in Racc., I-9855, para. 149 della motivazione. In riferimento alle problematiche di diritto tributario, si veda, principalmente, la sentenza 21 settembre 1999, caso C-307/97, Compagnie de

Saint-Gobain, Zweigniederlassung Deutschland v. Finanzamt Aachen-Innenstadt, in Racc.,

I-6161, para. 59 ss. della motivazione.

(366) Corte di Giustizia europea, sentenza 8 giugno 1971, caso 78/70, Deutsche

aggiungere che l’invalidità sul piano comunitario non si riflette necessariamente su quello internazionale, regolato dall’art. 46, para. 1, della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati.

La sola eccezione all’invalidità degli accordi stipulati in violazione delle norme del Trattato è prevista, in applicazione del principio pacta sunt servanda (367), dal primo para. dell’art. 307 del Trattato UE per i “diritti e gli obblighi derivanti da convenzioni concluse, anteriormente al 1° gennaio 1958 o, per gli Stati aderenti, anteriormente alla data della loro adesione, tra uno o più Stati membri da una parte e uno o più Stati terzi dall’altra” (368).

9. Il diritto comunitario e il principio di territorialità:

Nel documento Anno Accademico 2008/2009 (pagine 152-155)

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