• Non ci sono risultati.

Le norme del Trattato in materia di fiscalità diretta

Nel documento Anno Accademico 2008/2009 (pagine 116-119)

7. …(segue)e misure bilaterali

TERRITORIALITA’ E DIRITTO COMUNITARIO

2. Le norme del Trattato in materia di fiscalità diretta

Sebbene nel Trattato UE possano essere rintracciate alcune norme in materia fiscale, esse sono esigue, attengono principalmente alla fiscalità indiretta e hanno l’obiettivo di incentivare l’integrazione positiva degli ordinamenti.

Nel Trattato UE, infatti, non è attribuita alcuna potestà impositiva autonoma alle istituzioni comunitarie (263). E, invero, nel Trattato sono presenti delle disposizioni che attribuiscono agli organi comunitari la competenza a eliminare, ad esempio, le discriminazioni fiscali derivanti dall’importazione o esportazione di beni o che attribuiscono la possibilità per le istituzioni comunitarie di poter istituire tasse sul carbone e sull’acciaio oppure riconoscono una competenza delle istituzioni comunitarie in materia di accise (264). Tuttavia, come è stato correttamente rilevato da parte della dottrina, l’insieme delle norme fiscali propriamente dette e di quelle norme che hanno portato talmente ampia da interessare anche il settore della fiscalità degli Stati membri (si pensi, soprattutto, alle norme in tema di non discriminazione) conducono ad affermare che l’ordinamento comunitario non può definirsi un sistema compiuto di norme fiscali bensì un sistema di regole a portata fiscale (rectius, i cui effetti possono prodursi anche nell’ambito dell’ordinamento fiscale degli Stati membri) che interessa soltanto taluni settori limitati del sistema fiscale dei singoli Stati (265).

Le poche norme previste dal Trattato non riguardano, in ogni caso, il settore dell’imposizione diretta in ossequio alla ripartizione delle competenze tra istituzioni comunitarie e Stati membri, secondo cui la competenza in tema di

(263) In nessun trattato istitutivo dapprima della Comunità europea e successivamente dell’Unione europea, ossia l’Atto Unico del 1986; il Trattato di Maastricht sull’Unione europea, firmato il 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore l’1 novembre 1993; il Trattato di Amsterdam, firmato il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore l’1 maggio 1999; ed, infine, il Trattato di Nizza del 26 febbraio 2001 ed entrato in vigore l’1 febbraio 2003, non attribuiscono alcuna competenza in materia fiscale.F. FICHERA, Fisco ed Unione europea:

l’acquis communautarie, in Riv. Dir. Fin. Sc. Fin., 2003, I, pag. 429.

(264) In relazione a tale ultima imposta occorre precisare che la competenza in materia IVA si limita a fissare le regole rinviando agli Stati membri il compito di accertare e riscuotere il tributo.

(265) F. ROCCATAGLIATA, Diritto tributario comunitario, in Diritto tributario

fiscalità diretta spetta agli Stati membri. In altre parole, mancano, prima

facie, disposizioni del Trattato che attribuiscono una competenza propria

alle istituzioni comunitarie in tema di imposizione diretta.

La competenza esclusiva in materia di imposizione diretta degli Stati membri non è, tuttavia, né esclusiva né assoluta laddove. Il Consiglio d’Europa, in forza del principio di sussidiarietà, può decidere all’unanimità l’approvazione di norme a contenuto fiscale, in base a quanto previsto dal combinato disposto degli artt. 94 e 95 del Trattato UE (266).

In particolare, secondo l’art. 94 del Trattato, la competenza generale in materia di avvicinamento delle legislazioni diretta all’instaurazione o al funzionamento del mercato comune spetta alle istituzioni comunitarie. Tale competenza si pone quale strumento per l’armonizzazione del settore fiscale dei singoli Stati membri. L’art. 94, dunque, riflette sul piano fiscale quel principio di armonizzazione che, in via generale, viene stabilita dall’art. 3 del Trattato.

L’applicabilità al settore della fiscalità diretta dell’art. 94 del Trattato UE è confermata dall’art. 95, para. 2, del Trattato, che, nel derogare al normale procedimento normativo di co-decisione, con delibera all’unanimità del Consiglio, stabilisce che ciò vale anche per le “disposizioni fiscali”, senza fare alcuna distinzione fra dirette e indirette.

Con tali norme, in sostanza, si attribuisce agli organi comunitari una competenza sussidiaria rispetto a quella degli Stati membri nel settore della fiscalità diretta. Ciò permette agli organi comunitari di avere un ruolo attivo nell’integrazione positiva degli ordinamenti e, nello specifico, permette nell’armonizzazione degli ordinamenti fiscali dei singoli Stati membri (267).

(266) F. VANISTENDAEL, In defence of the European Court of Justice, in European Taxation, 2008, pag. 93. L’autore rileva che “EC Treaty clearly provides in Art. 94 that the EU “has

the competence to approximate the law, regulations or administrative provisions of the Member States, by way of directive, where they directly affect the establishment or functioning of the common market”. Contrary to the measures mentioned in Art. 95, tax directives must be approved unanimously. Art. 96 provides that, when the Commission finds that a difference in national law is distorting competition in the common law, “it shall consult the member states concerned”. If that consultation has no effect, “The Council shall, acting on proposal of the Commission, acting by qualified majority, issue the necessary directives”. There is no exception for taxation. Although the latter provision has never been used for tax purposes, it is clear that the founding fathers of the European Community clearly intended to grant legislative power to the common market. Since it is indisputable that direct taxation has an important bearing on the functioning of the internal market, it is clear that the sovereign taxing power of the Member States is not exclusive; they share the power with EU”.

(267) P.BORIA,Diritto tributario europeo, 2005, pag. 61. L’autore distingue, tuttavia, tra

armonizzazione e riavvicinamento, ritenendo che nel caso di imposizione diretta non si tratti di armonizzazione vera e propria bensì di un processo di riavvicinamento delle legislazioni. Egli, infatti, rileva che: “Quanto all’armonizzazione delle imposte dirette trova

Va rilevato, tuttavia, che l’armonizzazione fiscale non persegue finalità di giustizia tributaria (268), intesa nel senso di riparto solidale delle spese pubbliche in funzione distributiva e redistributiva. Non svolge, in particolare, quell’azione positiva diretta a creare le condizioni per una piena realizzazione della persona all’interno della società – così come conosciuta nell’ambito dell’ordinamento interno – perché tale funzione è riconosciuta ed attribuita, almeno in principio, alle sole dinamiche di mercato (269). L’“unificazione” dei mercati nazionali in un unico mercato, con riferimento all’imposizione diretta, è perseguita attraverso l’estensione della disciplina fiscale interna alle fattispecie transfrontaliere (ad esempio, la direttiva madre-figlia) o la previsione di un regime fiscale esclusivo per le fattispecie transfrontaliere (ad esempio, la direttiva sulle riorganizzazioni societarie). Gli interventi operati dalle istituzioni comunitarie, principalmente attraverso l’emanazione di direttive atte a regolare talune tipologie di reddito, hanno finora lasciato agli Stati membri pressoché integra la propria potestà impositiva, salvo dovere modificare alcuni istituti in virtù della salvaguardia

applicazione l’art. 293 (ex 220 del Trattato istitutivo) secondo cui dovranno essere avviati negoziati tra gli Stati membri diretti a garantire l’eliminazione della doppia imposizione fiscale all’interno della Unione europea. Il processo di armonizzazione delle imposte dirette, coinvolgendo aspetti determinanti della sovranità fiscale dei singoli Stati, non è pertanto fissato esplicitamente dalle norme comunitarie, bensì è affidato all’attuazione negoziale attraverso la fitta rete di accordi bilaterali (o comunque pluriraleterali) tra i vari Stati membri. (…) Resta naturalmente applicabile all’armonizzazione delle imposte dirette la regola generale prevista dall’art. 94 del Trattato UE (ex art. 100 del Trattato di Roma), in virtù della quale è possibile procedere al ravvicinamento delle legislazioni nazionali nella misura in cui sia necessario, o comunque utile, rispetto al processo di instaurazione del mercato comune. Tale regola è stata interpretata come il fondamento assiologico della utilizzazione di raccomandazioni ed in genere di meccanismi di soft law rivolti agli Stati membri aventi ad oggetto il progressivo avvicinamento delle disposizioni relative all’imposizione sul reddito (…) Si tratta, evidentemente, di un livello di avvicinamento delle legislazioni naziona di grado inferiore rispetto all’armonizzazione delle imposte dirette”;

P.RUSSO – R.CORDEIRO GUERRA, L’armonizzazione fiscale nella Comunità europea, in

Rass. trib., 1990, pag. 628 e ss.; DE MITA, L’armonizzazione delle imposte dirette, in Riv.

dir. trib., 1991, I, pag. 54; Id, L’armonizzazione delle imposte dirette, in Interesse fiscale e

tutela del contribuente, Milano, 2006, pag. 567 e ss.; C. SACCHETTO, Armonizzazione

fiscale nella Comunità europea, in Enc. Giur. Treccani, III, Roma, 1994, il quale peraltro

collega teleologicamente il principio di armonizzazione al principio di non discriminazione; P.ADONNINO, L’armonizzazione fiscale nella Comunità europea, in Dir. prat. trib., 1989, I, pag. 283 e ss.; nella dottrina internazionalistica, si veda B. J.M. TERRA –P.J.WATTEL,

European Tax Law, Alphen aan den Rijn, 2008, pag. 29 e ss.

(268) A.AMATUCCI, Il conflitto tra norme internazionali ed interne tributarie, in Studi in

onore di V. Uckmar, I, Padova, 1997, pag. 82; C. SACCHETTO, Le fonti del diritto

internazionale tributario, in Corso di diritto tributario internazionale, V.UCKMAR (diretto da), Padova, 2005, pag. 54.

(269) A. LA PERGOLA, Costituzione e adattamento dell’ordinamento interno al diritto

del principio di neutralità, garantito per le operazioni domestiche, nel trattamento di talune operazioni transfrontaliere (o, più esattamente, il trattamento non meno favorevole delle situazioni transfrontaliere rispetto a quelle interne), tipica dei giudizi di non discriminazione.

Un ruolo di assoluta preminenza in tale ambito lo si deve attribuire alla Corte di Giustizia europea che, con ormai una nutrita giurisprudenza ha segnalato i vincoli che gli Stati devono osservare nel regolare le operazioni transfrontaliere.

3. Ulteriori riflessi in merito al processo di armonizzazione

Nel documento Anno Accademico 2008/2009 (pagine 116-119)

Outline

Documenti correlati