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Il principio di uguaglianza alla luce del diritto comunitario: la discriminazione indiretta in materia tributaria

Nel documento Anno Accademico 2008/2009 (pagine 180-185)

7. …(segue)e misure bilaterali

I CONDIZIONAMENTI ESTERNI SULL’ORDINAMENTO FISCALE ITALIANO IN RELAZIONE AL CRITERIO DELLA

12. Il principio di uguaglianza alla luce del diritto comunitario: la discriminazione indiretta in materia tributaria

Fino ad ora si è osservato che il diritto comunitario influenza la definizione dei principi nazionali. Tra gli altri, ad essere influenzato è il concetto stesso di uguaglianza.

(436) Così, M.CARTABIA, op. cit., 33.; P.MENGOZZI, op. cit., pagg. 236-237.

(437) Così, M.CARTABIA, op. cit., pag. 35. Ma, cfr., anche G.GAJA, Aspetti problematici

della tutela dei diritti fondamentali nell’ordinamento comunitario, in Riv. Dir. Int., 1988,

Il significato assunto da tale principio è stato integrato da parte della Corte di Giustizia andando ben oltre quello attribuito dalla Corte Costituzionale, la quale aveva stabilito che il principio di uguaglianza, tra l’altro, limitasse l’operato del legislatore ordinario nelle ipotesi di discriminazione basate sulla nazionalità.

Come si è osservato, la Corte di Giustizia ha superato la discriminazione fondata sulla nazionalità, considerando la posizione del residente e quella del non residente comparabili. Ha affermato, più precisamente, che nel caso in cui la posizione del non residente sia paragonabile a quella del residente, al non residente spetti il medesimo trattamento previsto per il residente. Come si è avuto modo di sottolineare nel capitolo dedicato al diritto comunitario e, in particolare a commento della sentenza Renneberg, la Corte di Giustizia ha affermato che ci si trova dinnanzi ad una discriminazione laddove ad un non residente, che produce la (quasi) totalità del proprio reddito nel Paese della fonte, sia impedito di utilizzare le perdite (ovverosia un reddito negativo) generato nel Paese della residenza, per compensare i redditi realizzati nel Paese delle fonte. In altre parole, il Paese della fonte dovrà concedere al contribuente non residente lo stesso trattamento previsto per i propri residenti, consistente nella possibilità di determinare il reddito in base alla sua capacità contributiva complessiva, tutte le volte in cui il non residente abbia realizzato la quasi totalità del proprio reddito nel Paese della fonte.

Affinché ciò avvenga è necessario che lo Stato della fonte permetta al contribuente non residente di determinare il proprio reddito complessivo sulla base del principio della tassazione mondiale, nel caso in cui in tale Stato abbia realizzato la quasi totalità dei propri redditi. Questa soluzione è spiegata dalla necessità di valutare il non residente alla stregua del residente e, dunque, di valutare la capacità contributiva complessiva del primo così come lo si farebbe per il secondo.

L’orientamento espresso dalla Corte, laddove trovasse conferma nelle prossime pronunce, porterebbe ad una profonda riflessione sull’attuale assetto del sistema fiscale, fondato sul diverso trattamento del residente, assoggettato a imposizione sulla base del reddito ovunque prodotto, e del non residente comunitario, il quale, attualmente, è assoggettato a imposizione soltanto sui redditi prodotti sul territorio dello Stato.

Di fatto si indurrebbe il legislatore nazionale a modificare le modalità di determinazione del reddito per i non residenti che, a seconda dei casi, potrebbero determinare il loro reddito complessivo in base al principio di territorialità piuttosto che a quello del worldwide taxation principle.

Tale situazione, peraltro, creerebbe un caso di discriminazione a rovescio considerato che, mentre, il non residente potrebbe determinare il proprio reddito, alternativamente, in base al principio della territorialità ovvero a

quello della tassazione su base mondiale, per il residente la determinazione del reddito imponibile verrebbe effettuata soltanto sulla base del reddito mondiale.

12.1 La discriminazione a rovescio.

Nel caso in cui fosse riconosciuta al contribuente non residente la possibilità di determinare, alternativamente, il proprio reddito su base territoriale oppure su base mondiale (salvo la verifica della condizione secondo la quale il non residente deve aver realizzato nel Paese della fonte la quasi totalità dei redditi), mentre per il contribuente residente l’unica modalità ammessa per la determinazione del reddito è quella fondata sulla base della tassazione del reddito mondiale.

Questa situazione crea evidentemente una discriminazione al rovescio, ovvero il non residente risulterebbe avvantaggiato rispetto al residente in forza della pronuncia della Corte di Giustizia (438).

Tale discriminazione potrebbe essere sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale che, secondo quanto riferimento in precedenza, in virtù dell’integrazione del significato del principio di uguaglianza, la quale sarebbe chiamata a risolvere un problema di discriminazione a rovescio sorto a seguito proprio della sentenza della Corte di Giustizia, riconoscendo anche al contribuente residente la possibilità di poter assoggettare a imposizione il reddito su base territoriale, laddove il reddito da questi realizzato sia stato prodotto per la quasi totalità in un altro Stato membro. In tal senso, vale la pena ricordare che la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 443 del 30 dicembre 1997 (439), ha già avuto modo di pronunciarsi in un caso di discriminazione a rovescio. Il caso riguardava una norma che limitava la libertà d’impresa in virtù di un divieto posto dall’art. 30 della legge 4 luglio 1967 n. 580, riguardante l’impiego di farine di grano tenero per la produzione di paste alimentari.

Ancor prima del giudizio della Consulta, tale norma era stata censurata dalla Corte di Giustizia europea, la quale aveva dichiarato “incompatibile” la norma poiché in contrasto con il divieto di misure aventi effetti equivalenti alle restrizioni quantitative all’importazione. Tale norma, dunque, veniva disapplicata nei confronti dei non residenti per effetto della pronuncia della Corte di Giustizia, mentre continuava a spiegare i proprie effetti nei confronti dei produttori residenti. Prendendo atto della discriminazione che si era creata a seguito della pronuncia dei giudici comunitari, la Corte

(438) Parla di discriminazione alla rovescia G.TESAURO, Diritto comunitario, cit., pag. 483. (439) Il testo della sentenza è disponibile nel sito internet: www.cortecostituzionale.it.

dichiarò l’illegittimità costituzionale della norma in quanto in contrasto con gli artt. 3 e 41 Cost.. Più in particolare, la Corte osservò che la norma era in contrasto con il principio di “non discriminazione tra imprese che agiscono sullo stesso mercato in rapporto di concorrenza”.

12. Osservazioni conclusive

L’evoluzione dei rapporti tra norme interne, norme internazionali e norme comunitarie ha rimesso in discussione il sistema delle fonti tradizionalmente conosciuto.

Un ruolo decisivo nell’evoluzione del sistema delle fonti di diritto interno deve essere attribuito agli artt. 10, 11 e 117 Cost.. Tali articoli, infatti, permettono l’accesso diretto nell’ordinamento giuridico italiano di norme aventi carattere internazionale e comunitario. Per di più il loro accesso è rafforzato, poiché in caso di contrasto a prevalere dovrebbe essere la norma internazionale o comunitaria.

Tuttavia, l’accesso non è solo consentito alle norme internazionali e comunitarie, ma anche ai principi enucleati a livello internazionale; quelli espressi, più in particolare, dalla Corte di Giustizia, nell’ambito della sua funzione di interprete del Trattato UE. E, infatti, i principi espressi dalla Corte andrebbero ad integrare il significato assunto da certi principi presenti negli ordinamenti statali.

Questo processo di integrazione ha riguardato, più di recente, il principio di uguaglianza, il cui significato – tradizionalmente collegato al divieto di discriminare tra situazioni simili – si è più di recente arricchito di un nuovo elemento, in virtù delle recenti sentenze della Corte di Giustizia europea. Se, infatti, in ambito fiscale il principio era stato interpretato nel senso di vietare ogni forma di discriminazione basata sulla nazionalità dei soggetti coinvolti, ammettendo la possibilità per converso di discriminare in base alla residenza dei contribuenti; a seguito della sentenza della Corte di Giustizia, anche la discriminazione fondata sulla residenza viene posta in discussione poiché – per effetto della pronuncia dei giudici comunitari – al contribuente non residente che abbia realizzato in Italia la quasi totalità dei propri redditi dovrebbe essere riconosciuto il medesimo trattamento previsto per i residenti. In altri termini, il reddito del non residente potrebbe essere determinato sulla base del worldwide taxation principle.

In conclusione, l’integrazione del significato del principio di uguaglianza, da un lato, estende la possibilità di adottare anche per i non residenti, a certe condizioni, la possibilità di adottare il worldwide taxation principle, mentre dall’altro, potrebbe parallelamente determinare una estensione del principio di territorialità anche ai residenti, a patto che questi determinino la quasi

totalità dei propri redditi all’estero, talché si configurerebbe una situazione assimilabile a quella del non residente. In tal senso, si sovvertirebbe la tradizionale diconomia residente/non residente la quale comportava l’adozione di un trattamento fiscale differenziato in funzione della minore o maggiore intensità di collegamento del soggetto passivo con il territorio dello Stato.

CAPITOLO VI CONCLUSIONI

Sommario: 1. L’evoluzione degli studi economici in tema di territorialità; 2. Il principio e

le sua base teorica; 3. Il rapporto tra il principio di territorialità e principio di mondialità nel diritto internazionale; 4. Il rapporto tra principio di territorialità e principio di mondialità nel diritto comunitario; 5. Il rapporto tra principio di territorialità e principio di mondialità nel diritto tributario italiano; 6. Conclusioni

1. L’evoluzione degli studi economici in tema di territorialità

Nel documento Anno Accademico 2008/2009 (pagine 180-185)

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