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Gli effetti dello sviluppo della Grande Distribuzione e i principali risul-

La diffusione di supermercati ed ipermercati è avvenuta dapprima nel Nord del mondo tra gli anni ’70 e ’80 e poi anche nel resto dei paesi solo verso gli anni ’90. Questo perché c’era un’infinita varietà di piccoli negozi che popolavano i centri urbani, soprat- tutto in Italia [Mangiapensa]. Da un punto di vista socio-ambientale, questa situazione creava dei vantaggi e degli svantaggi. Tra i primi si possono evidenziare:

• provenienza locale della maggior parte dei prodotti venduti, con una conseguente riduzione dei trasporti e dell’inquinamento, stimolando anche un’alimentazione differenziata basata sulle biodiversità del proprio territorio;

• meno sprechi di cibo e meno imballaggi; • guadagni più alti per gli agricoltori e allevatori

Gli svantaggi più forti erano legati alla minor varietà di scelta, a controlli igienici me- no standardizzati e prezzi più alti per i compratori. Inoltre la spesa percentuale delle famiglie per i generi alimentari rispetto al totale nell’ultimo decennio è pari al 15%, mentre nel 1970 era il 40%: questo dato cresce fino al 23% se si considerano i consumi extra-domestici, gli unici a crescere durante la crisi economica [Mangiapensa]. Tra i paesi che oggigiorno guidano l’espansione della GDO ci sono Cina, India e Vietnam che controlleranno il 50% del cibo venduto e fanno capo ai colossi stranieri WalMart e Carrefour. L’Italia ha visto aumentare considerevolmente il numero di supermercati e ipermercati a partire dal 1996, tuttavia se confrontati con Francia e Germania sono ancora molto inferiori: ad esempio Coop con 12.2 miliardi di giro di vendite appare di dimensioni ridotte se confrontata con Carrefour che registra 82.2 miliardi, a parità di bacino di popolazione [Mangiapensa]. I vantaggi della diffusione della GDO sono più evidenti rispetto agli svantaggi che rimangono nascosti ma non per questo meno peri- colosi. Un consumatore può percepire subito i primi benefici già all’atto di acquisto perché i prezzi sono più bassi, le condizioni igieniche e di conservazione dei cibi sono più igieniche, ha un’ampia varietà di scelta di prodotti. Purtroppo spesso l’apparenza va oltre la sostanza quindi è doveroso concentrarsi sugli svantaggi che sono insiti in questo modello [Mangiapensa]:

Danni ambientali a causa del consumo di cibo proveniente da tutto il mondo che inci- de gravemente sull’inquinamento atmosferico a fronte dell’aumento dei trasporti e del consumo di petrolio.

Sprechi invisibili le cause sono due: l’allungamento della filiera che costringe il cibo a subire tempi di trasporto e stoccaggio più lunghi; l’alta standardizzazione degli alimenti che provoca il loro scarto se non presentano un aspetto conforme ad attrarre i clienti o sono prossimi alla scadenza.

Induzione a stili di vita dannosi imputabile sia alla GDO sia alle imprese di trasfor- mazione alimentare che ha provocato due fenomeni: la riduzione di acquisto di prodotti freschi preferendo quelli confezionati, prelavorati o precotti; l’aumento di vendite di prodotti non salutari a fronte della pressione pubblicitaria. L’OMS e la FAO hanno stimato che dall’85, anno in cui si è diffusa la GDO, il numero di persone obese e in sovrappeso ha continuato a crescere nell’UE.

Vincola negozianti e agricoltori la GDO costringe alla chiusura i piccoli negozi e questo ha un effetto sociale perché viene a mancare la rete relazionale all’in- terno dei quartieri oltre a creare disoccupazione dato che non c’è un inserimento nella GDO. I contadini subiscono un duplice vincolo che riguarda le condizioni di fornitura (qualità, tempi di consegna, pezzatura degli alimenti) e la pattuizio- ne della remunerazione, non beneficiando quasi mai dell’aumento dei prezzi a livello globale.

Tabella 36: Gli alimenti importati che inquinano maggiormente, dati aggiornati al 2010

Fonte: Elaborazioni Coldiretti, * calcoli effettuati sulla base del trasporto aereo a/r http://www.coldiretti.it/News/Pagine/146---28-2-2010.aspx

Ma il modello di business adottato dalla GDO le conferisce veramente un adeguato li- vello di reddito? Una ricerca di GDOnews evidenzia come sono variate le performance finanziarie della GDO tra la fase congiunturale positiva tra il 2005-2008 e quella nega- tiva tra il 2009-2011 [GDOnews]. Partendo dall’evoluzione del margine commerciale rapportato ai ricavi (dato da fatturato+variazione prodotti finiti-consumi), si constata un miglioramento di 1,5 punti percentuali tra i due periodi. Tuttavia non è stato in grado di compensare la contrazione del fatturato e l’aumento dell’incidenza dei costi di gestio- ne e degli oneri finanziari. Infatti sono aumentate le spese generali (costi per servizi, promozioni, affitti) e il costo del lavoro che sommati al contributo minore della gestio- ne non caratteristica (proventi e oneri diversi) hanno inciso negativamente sul fatturato per 1,54 punti percentuali, annullando il presunto miglioramento del margine commer- ciale [GDOnews]. Di conseguenza il risultato della gestione è stato inferiore rispetto al 2005-2008 sia in valore assoluto che in percentuale sui ricavi: il margine operativo netto (cioè ricavi operativi-costi operativi, considerati anche gli ammortamenti e le sva- lutazioni) è passato dall’1,4% all’1% sui ricavi. Normalmente la rotazione dei capitali investiti è un punto di forza delle aziende di questo settore perché riescono a mante- nere un ciclo commerciale48 negativo grazie ai buoni tempi d’incasso, di magazzino e di pagamento: tra il 2009 e 2011 questo dato subisce un lieve peggioramento a causa

48Ciclo commerciale= gg medi giacenza magazzino+gg medi incasso clienti-gg medi pagamento

di un ciclo commerciale che in media si allunga di cinque giorni, a fronte di tempi di pagamento più rapidi ai fornitori e ad una permanenza maggiore delle giacenze. Pecu- liare è il fatto che il rendimento dei mezzi propri (ROE= utile netto/capitale proprio) si sia ridotto in una misura inferiore rispetto all’indicatore di redditività dell’attivo (ROI= margine operativo netto/attivo): questa differenza (21% contro 30%) è dovuta esclusi- vamente all’abbassamento delle aliquote d’imposta dal 2008 (IRES da 33% a 27,5%; IRAP da 4,25% a 3,9%). Infine per terminare l’analisi si devono considerare anche i cambiamenti avvenuti nelle scelte di finanziamento delle imprese della GDO: se prima della crisi il 21% del debito finanziario aveva scadenza a medio-lungo termine, suc- cessivamente questo dato è cresciuto al 37% a fronte di una maggiore attenzione nel pianificare i flussi di cassa e alla ricerca di fonti finanziarie meno costose [GDOnews].

Figura 58: Margine Commerciale, media 2005-2008 vs media 2009-2011

Figura 59: Incidenza spese generali

[GDOnews]

Figura 60: Incidenza costo del lavoro, media 2005-2008 vs media 2009-2011

Figura 61: Ciclo commerciale, media 2005-2008 vs media 2009-2011

(a) Rendimento dei capitali, media 2005-2008 vs media 2009-2011

Figura 62: Debiti finanziari su MOL (anni necessari per rimborsare il debito finan- ziario) e debiti finanziari a medio lungo termine sul totale, media 2005-2008 vs media 2009-2011

Figura 63: Margine operativo netto, media 2005-2008 vs media 2009-2011

Fonte: Articolo rivista “GDOnews”, 2012 [GDOnews]

Figura 64: Analisi congiunta di tutte le variabile della gestione d’impresa, media 2005- 2008 vs media 2009-2011

Fonte: Articolo rivista “GDOnews”, 2012 [GDOnews]