2.4 Futuri trend nel mercato della GDO
2.4.1 Obiettivi e strategie delle aziende distributive
Tra marzo e aprile del 2013, KPMG e The Consumer Goods Forum intervistarono 442 aziende leader nella produzione o vendita di beni/servizi per i consumatori in vari settori tra cui quello agroalimentare [KPMG]. L’indagine aiuta a capire quali sono gli obiettivi principali delle aziende e quali sono gli impatti sul loro profitto, sulla loro crescita e sulle scelte strategiche da adottare per gli anni successivi. Oltre il 90% dei
rispondenti è Chief Executive Officers oppure Senior Management Executives e il 55% delle aziende è produttrice mentre il 45% è venditore, con una quota delle vendite che si aggira per tutte intorno ai 250 milioni di dollari. Le indicazioni che le varie imprese possono trarre a loro vantaggio sono essenzialmente quattro [KPMG]:
1. Collaborare insieme per una futura ripresa dei consumi: per determinare la giu- sta strategia di crescita non è sufficiente investire in ricerche di mercato, ma è fondamentale instaurare delle partnership che consentiranno ad entrambe le parti di accedere più facilmente alle informazioni, a nuovi mercati e ad essere più efficienti. Scegliere i partner migliori è cruciale e possono essere suppliers, technology providers, consumatori e anche i nostri competitors.
2. Capire in profondità il nuovo consumatore digitale: l’82% degli intervistati af- ferma di essere particolarmente abili a capire le preferenze dei consumatori e i loro atteggiamenti di consumo, dato che il 77% misura la customers satisfaction. Riguardo alla loro capacità di capire il loro ROI in marketing le certezze comin- ciano a vacillare: il 64% è convinto di misurare accuratamente il ROI sulla loro attività complessiva di marketing, ma solo il 50% afferma lo stesso per quanto ri- guarda i social media. Il settore del retail ha la grande possibilità di sfruttare delle tecnologie dirompenti come quelle dei social media, predisponendo ad esempio delle piattaforme cloud-based che uniscono il social con applicazioni reali sul proprio dispositivo elettronico, in modo da misurare costantemente le opinioni e le tendenze di consumo.
3. Innovare per incontrare le aspettative dei consumatori: si possono sempre sfrut- tare le collaborazioni instaurate con gli altri attori per studiare nuovi prodotti che incontrano i bisogni dei consumatori. È doveroso predisporre dei piani d’inve- stimento, dando priorità all’area di sviluppo dei prodotti, come ha dichiarato la metà degli intervistati, seguita da quella marketing, della supply chain e dalla distribuzione. Ciò che stupisce è che solo il 38% dichiara di aver predisposto degli investimenti di priorità nell’e-commerce perché molte si focalizzano trop- po sui mezzi tradizionali, mentre i veri vantaggi sono racchiusi in queste nuove tecnologie sottovalutate.
4. Avere una visione globale: attraverso un’adeguata preparazione in merito a come aprirsi ai nuovi mercati, altrimenti la crescita delle vendite non è assicurata.
Tabella 34: Top of mind issues
Fonte: Elaborazioni KPMG e CGF [KPMG]
Le imprese per essere orientate al mercato devono identificare i segnali che gli vengo- no inviati sviluppando una certa sensibilità nell’interpretarli e nel definire il processo di formazione della domanda per riuscire a predisporre un’adeguata risposta. Quest’ap- proccio rende obsolete le teorie degli ultimi 30 anni della prima e seconda generazione di pionieri della supply chain. Tendenzialmente le imprese si dimenticano della do- manda e si concentrano sul re-design del processo di offerta per diventare più affida- bili, flessibili e ricettivi: maggiore efficienza nella produzione, riduzione della durata del ciclo produttivo, migliore gestione degli ordini e ridefinizione dei flussi distributivi [Bricks matter]. Il vero segreto per costruire una supply chain eccellente è una buona esperienza nei processi di demand management. I sistemi di demand management sono stati progettati per le supply chains degli anni 90, quando c’era una minore complessità nel gestire l’attività dell’impresa: oggigiorno le supply chain sono diventate molto ar-
ticolate a causa delle frequenti acquisizioni a fronte della globalizzazione e purtroppo queste pratiche non sono state rinnovate. La definizione di demand management può essere ricondotta all’uso di tecniche di previsione coniugando l’attenzione ai bisogni espressi dai consumatori (demand sensing) e contemporaneamente la loro stimolazione (demand shaping) per plasmare e riconfigurare la propria supply chain (demand trans- lation, demand orchestration) [Bricks matter]. Al pari dei modelli matematici, nelle imprese orientate al mercato si deve massimizzare l’abilità ad interpretare i segnali provenienti dalla domanda per impostare adeguatamente la propria offerta ed eliminare i casi di misunderstanding dovuti ad una sovrastima o ad una sottostima, attraverso: incentivi l’organizzazione delle vendite e del marketing deve essere basata su dei para-
metri che contribuiranno a pianificare le esigenze della domanda e ad accrescere il profitto delle vendite, invece del loro volume;
cambiare la tradizionale visione di supply chain è necessario riuscire a gestire la do- manda per capire come impostare la propria organizzazione;
focus dall’esterno verso l’interno riuscendo ad interpretare gli input ricevuti, il tutto inserito in un processo orizzontale, in cui è presente un’organizzazione centrale; importanza delle relazioni invece dell’efficienza delle transazioni, come l’acquisto e la vendita. Si deve sfruttare il grande valore che le relazioni riescono a crea- re in termini di accellerazione dei tempi di commercializzazione grazie all’in- novazione, nuovi modi di operare all’insegna sostenibilità e la condivisione di informazioni;
previsioni su molteplici aspetti dell’organizzazione (vendite, finanza, produzione, sup- ply chain, approvvigionamenti) che devono essere sapientemente utilizzati insie- me per creare un’organizzazione market-driven e riuscire a gestire in tempo i vari trend della domanda;
dati in una visione tradizionale in cui è centrale l’offerta, i dati più comunemente usati come input sono gli acquisti dei clienti e la richiesta di alcuni prodotti. Invece stanno crescendo di importanza, grazie alla frequenza e alla facile disponibilità, i dati di mercato relativi al point-of-sale (POS) e ai canali d’acquisto preferiti, rimasti inutilizzati fino ad oggi in circa il 95% delle aziende.
Figura 54: Market-driven demand management process
Fonte: Bricks Matter [Bricks matter]