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Emanuel Löwy, archeologia classica all'Università di Roma

Con l'arrivo di Löwy a ricoprire la prima cattedra di archeologia classica

33 Ruggero Bonghi (1826-1895) fu un filosofo e giornalista napoletano. Come molti intellettuali liberali della sua epoca pagò la partecipazione militante ai moti del '48 con l'esilio, che scontò a Londra, Parigi e Torino. Nel 1859 ottenne la cattedra di logica all'università di Pavia, in seguito insegnò letteratura latina, storia antica e storia moderna nelle università di Firenze, Roma e Torino. Collaborò con diversi periodici del tempo, tra cui la Nuova Antologia e nel 1866 fondò a Milano il quotidiano La Perseveranza. Dal 1874 al 1876 fu ministro della Pubblica Istruzione nel secondo governo Minghetti.

34 Emanuel Löwy (1857-1938) fu un archeologo austriaco che ottenne la prima cattedra di archeologia classica all'università di Roma (La Sapienza) che mantenne dal 1891 al 1915, il suo arrivo in Italia segnò l'inizio del percorso di formazione universitaria per una nuova generazione di archeologi, e l'importazione della tradizione degli studi dell'antichistica tedesca, che trovò in italia un suo sviluppo autonomo. Vedi M. Barbanera, L'archeologia degli italiani, Roma 1998, pp. 72-77 e M.M. Donato, Archeologia dell'arte; Emanuel Löwy all'università di

all'università di Roma il metodo didattico di tradizione germanica fu definitivamente importato in Italia in maniera sistematica e la formazione di nuovi archeologi poté procedere con basi solide e metodiche, in un'ottica nella quale l'oggetto d'arte antica non era più considerato solo come un monumento, ma anche come un documento del passato, veicolo di informazioni storiche e non isolato nella sua natura artistica “evenemenziale” ma immerso nel tessuto connettivo della produzione materiale, non più frutto di un genio artistico idealizzato, ma espressione di un ambiente sociale.

Emanuel Löwy si era formato a Vienna studiando con Alexander Conze35,

che secondo lo Schlosser36 era da considerarsi come il vero fondatore della scuola

viennese di storia dell'arte, ed ebbe modo di specializzarsi in una missione archeologica in Licia al seguito di Otto Benndorf durante la quale il governo austriaco acquisì i famosi rilievi dell'Heroon di Tyrsa.

Con ulteriori frequenti viaggi in Grecia e Italia perfezionò il suo metodo di scavo e di edizione secondo le metodologie viennesi. Importando il metodo dell'archeologia dell'arte viennese in Italia Löwy aveva la consapevolezza di dover preparare una generazione di archeologi nella storia dell'arte, disciplina che egli stesso riteneva “un elemento dei più importanti per la cultura nazionale” d'Italia e nella tecnica archeologica pratica sia per gli scavi che si sarebbero presto aperti in tutto il paese come nelle missioni archeologiche italiane a Creta.

L'insegnamento di Löwy a Roma educò i nuovi archeologi italiani in maniera modernamente deterministica, ma senza tralasciare il lato spirituale e psicologico

35 Alexander Conze (1831-1914) laureatosi a Gottinga ed allievo a Berlino del fondatore dell'istituto di Corrispondenza Acheologica Edouard Gherard, dedicò i suoi primi anni di attività alla redazione di un corpus di rilievi funerari attici attraverso una serie di viaggi in Grecia. Divenuto professore ordinario a Vienna fondò il seminario di archeologia ed epigrafia. Dal 1873 diresse scavi in Grecia a Samotracia e nel 1877 divenne direttore della Collezione di Antichità di Berlino. Scavò a Pergamo, diresse i musei di Berlino e presiedette l'Istituto Archeologico Germanico dal 1881 al 1905.

36 Julius von Schlosser (1866-1938) è stato l'intellettuale che può essere considerato l'ultimo esponente della scuola dell'arte viennese prima della sua dispersione. Fu allievo di Franz Wickhoff e amico personale, nonché traduttore in tedesco di Benedetto Croce. Dal 1901 fu Direttore delle Collezioni di scultura ed arti applicate del Museo di Storia dell'Arte di Vienna e dal 1922 successe a Max Dvoràk sulla cattedra universitaria di storia dell'arte. I suoi studi incentrati principalmente sull'arte medievale convergono sullo studio di temi iconografici non nella loro accezione formalistica, ma nella loro posizione simbolica all'interno di un sistema storico sociale, individuato principalmente nelle corti medievali.

della produzione artistica (sulla quale certamente aveva influito l'amicizia personale con Sigmund Freud37) e senza chiudersi in un determinismo

esclusivamente materiale come quello propugnato in quegli anni da Gottfried Semper38 nei suoi studi sull'architettura antica.

Durante il suo operato a Roma il giovane professore austriaco si prodigò per la creazione di una gipsoteca a scopo didattico, come era imprescindibile nella tradizione germanica d'insegnamento dell'arte antica. Nel 1892 fu costituito il primo nucleo del museo dei gessi, con pezzi provenienti dall'Istituto di Belle Arti e che andò via via ampliandosi con nuovi calchi e acquisizioni. L'archeologia italiana era dunque all'inizio del Novecento su un trampolino di lancio, con la docenza di Emanuel Löwy era come se si fossero virtualmente seduti sulle cattedre romane Franz Wickoff e Alois Riegl, ma la scuola italiana era ormai libera anche dal filologismo tedesco e volta finalmente all'interpretazione storica della produzione artistica, sebbene con il limite di un archeologia considerata ancora esclusivamente come storia dell'arte.

Dal punto di vista della tecnica e dello scavo le innovazioni principali all'inizio del nuovo secolo giunsero dal modo di operare di Giacomo Boni39, un

archeologo estraneo a una formazione classica o filologica, ma formatosi con studi di architettura e restauro presso l'accademia delle Belle Arti di Venezia, di conseguenza estraneo alle tradizioni archeologiche italiane e germaniche. Boni elaborò un metodo scientifico per lo scavo nel quale la documentazione

37 L'amicizia personale tra Löwy e Freud è nota e testimoniata da scambi epistolari e documentazione fotografica, una influenza da parte del pensiero del padre della psicoanalisi sula metodologia storico-artistica del professore viennese è evidente. A riguardo si veda: H. Jobst, Freud and Archaeology, in “Sigmund Freud house bullettin”, n° 2, 1978, pp. 46 sg. 38 Gottfried Semper (1803-1879) fu un architetto e storico dell'arte tedesco, ebbe la cattedra di

storia dell'arte a Dresda dal 1834. La sua opera principale “Der Stil in den Technischen und

Tektonischen Kunsten, oder praktische Aestetik” (Lo stile nelle arti tecniche e architettoniche)

pubblicata a Francoforte nel 1860 è un lavoro teorico sulla dipendenza delle forme ornamentali dai materiali di costruzione, fortemente influenzato dal primo positivismo comtiano .

39 Giacomo Boni (1859-1925) Autodidatta dal punto di vista della cultura classica frequentò corsi di architettura all'Accademia di Belle Arti di Venezia. La direzione nel 1885 degli scavi nelle fondamenta del campanile di San Marco a Venezia gli permise di applicare in prima persona un tipo di scavo stratigrafico. Nel 1885 divenne ispettore della Direzione Generale di Antichità e dal 1886 al 1911 intraprese scavi in tutta l'area del foro Romano. Si veda A. Carandini, Archeologia e Cultura Materiale, Bari 1979, p. 30; M. Barbanera, L'archeologia

stratigrafica aveva una parte importantissima, per la prima volta applicò i criteri dello scavo stratigrafico nell'indagine delle fondamenta del campanile di S.Marco a Venezia nel 1885.

In seguito venne chiamato a Roma per lavorare come segretario per la Regia Calcografia e poi fu scelto da Giuseppe Fiorelli come ispettore dei monumenti per la Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti. Nel 1898 il Ministro Baccelli40 gli affidò la direzione degli scavi del Foro Romano ai quali

Boni si dedicò per 13 anni con scoperte anche singolari che gli fruttarono grande fama anche internazionale, come nel caso del Lapis Niger o il Lacus Curtius, che in virtù di una sua passione per il paganesimo antico onorò con libagioni di rito romano insieme al suo amico, lo storico scozzese Horatio Brown41. La passione

per l'antica religione romana e per l'esoterismo furono un tratto peculiare della personalità di Giacomo Boni, che lo portarono a compiere riti e libagioni sul palatino, a purificare il tempio di Iuppiter Victor. Negli anni 20 aderì al fascismo supportandone quella componente misticheggiante che sognava una rinascita della cultura e della religione antica, tanto che per il primo anniversario della marcia su Roma realizzò un programma che prevedeva richiami a diverse cerimonie pagane, collaborò con il drammaturgo Roggero Musmeci Ferrari Bravo, più noto con lo pseudonimo di Ignis42, nella realizzazione della tragedia celebrativa della

40 Guido Baccelli (1830-1916) medico, appassionato di antichità fu per sei volte dal 1881 al 1900 ministro della Pubblica Istruzione (in seguito fu ancora una volta ministro ma dell'Agricoltura, Industria e Commercio). Fu un fervente sostenitore di una sorta di restaurazione della gloria di Roma sotto il governo sabaudo, a questo scopo da ministro della Pubblica Istruzione intraprese progetti volti a rilanciare l'immagine della capitale come testimonianza di un passato ideale. I progetti più rilevanti furono i restauri del Pantheon e la realizzazione della Passeggiata Archeologica.

41 Horatio Brown (1854-1926) fu uno storico scozzese che passò gran parte della sua vita a Venezia dove conobbe Giacomo Boni, del quale divenne intimo amico per tutta la vita.

42 La figura di Musmeci Ferrari Bravo (1868-1937), in arte Ignis è un curioso esempio di artista- intellettuale dalla vasta cultura, perso in un fanatismo fatalista nel quale i resti dell'antichità brillano di un'aura mistica ai limiti del sovrannaturale. Si trattò di uno scultore, poeta e drammaturgo la cui passione per il mondo antico sconfinò in una profonda irrazionalità romantica. Di origine siciliana si laureò a Roma sia in giurisprudenza che in medicina, dedicandosi in seguito alla stesura di composizioni poetiche e opere teatrali a tema esoterico e patriottico durante le fumose vicende della Grande Guerra appena cominciata per la quale invocava il risveglio di Roma dopo secoli di torpore. Visse una vita di eccessi e duelli, dilapidando gli averi della famiglia per poi sparire nella miseria più nera nel 1937. Non è difficile collocare Ignis alle sorgenti di quella corrente mistico-tradizionalista che venne a crearsi in Italia a partire dal “Gruppo di Ur” ed ebbe i maggiori sviluppi nel pensiero di Julius

fondazione di Roma “Rumon43” lavorando sia sul testo che sui caratteri della

locandina oltre che al disegno degli arredi scenici. Giacomo Boni era solito attribuire un valore al limite del soprannaturale alle sue ricerche, frequentatore degli ambienti culturali neopagani della capitale talvolta raccontava di sogni premonitori e visioni che anticipavano i successi dei suoi scavi44.

Nonostante questa componente esoterica ed irrazionale del suo spirito Boni fu un archeologo tecnicamente all'avanguardia capace di importare nel campo dell'archeologia classica le tecniche dello scavo stratigrafico, che finora erano state applicate esclusivamente nell'ambito dell'archeologia preistorica, estendendo l'attenzione anche ai materiali apparentemente meno significativi, come frammenti di vasellame o altri resti della cultura materiale che venendo inclusi nel contesto stratigrafico guadagnavano finalmente la dignità di reperti archeologici45. Durante l'importante campagna di scavo condotta da Boni nel Foro

fu realizzata una accurata planimetria degli edifici antichi tra il Colosseo e il Tabularium, in modo da ottenere una visione complessiva dell'insieme urbano utilizzando anche per la prima volta rilievi topografici aerei realizzati tramite un pallone aerostatico. Appare piuttosto significativo il fatto che le principali innovazioni alla tecnica e alla documentazione degli scavi del primo decennio del

Evola tutt'ora preso in considerazione come da frange neofasciste italiane e non. L'argomento, per quanto legato alla creazione di un complesso culturale fondato sulla rimodellazione di frammenti del passato, esula dall'oggetto di questa tesi, tuttavia è un ulteriore campo nel quale osservare con estrema chiarezza in quanti molteplici modi l'interpretazione del passato plasmato in modo opportuno giochi un ruolo attivo nel presente. Sulla mistica fascista si vedano (tenendo ben presente che le pubblicazioni qua citate sono da consultare con la massima cautela in quanto recanti per lo più considerazioni “agiografiche” e impregnate esse stesse di una componente irrazionale) R. Del Ponte, Evola e il magico Gruppo di Ur. Studi e

documenti per servire alla storia di Ur-Krur, Sear edizioni 1994; la raccolta di saggi curata da

G. De Turris, Esoterismo e fascismo, Roma 1996.

43 La tragedia Rumon, completata da Ignis nel 1914 è la sua opera principale ha come argomento la fondazione di Roma. Fu rappresentata una sola volta, sul Palatino alla presenza di Mussolini nel 1923, all'allestimento collaborò G. Boni. S. Arcella “Il mistero di Rumon: un rito sacro per

rifondare Roma”, in G. De Turris, Esoterismo e Fascismo. Roma, 2006 pp.173-182.

44 I danni della componente irrazionale presente in alcuni momenti dell'archeologia romana sono perfettamente descritti nelle parole di Ranuccio Bianchi Bandinelli “come sempre avviene, la venerazione impedisce o ritarda la visione storica e sospinge alla creazione del mito. Questo, a sua volta, respingendo l'orizzonte critico, tende a cristallizzare una situazione in forme di mentalità provinciale [...]” alla voce Roma dell' enciclopedia dell'Arte Antica, p. 764.

Novecento siano dovute all'apporto di uno studioso arrivato nel campo dell'archeologia come outsider, sprovvisto di quella formazione filologica e storico artistica che tradizionalmente era ritenuta imprescindibile per qualsiasi studioso delle antichità, forse per questa sua provenienza estranea agli ambienti alle sue ricerche non seguì un'opera di pubblicazione e divulgazione altrettanto meticolosa.

Come Giacomo Boni anche un'altra figura significativa per la tecnica archeologica come Rodolfo Lanciani46 giunse all'archeologia con una formazione

non classica ma ingegneristica. Anche Lanciani lavorò a Roma negli ultimi anni dell'Ottocento come ingegnere presso la Direzione Generale dei Musei e degli Scavi, il suo principale apporto alla tecnica archeologica fu quello di applicare le conoscenze topografiche sviluppate con gli studi e l'esercizio della professione di ingegnere allo studio dei monumenti antichi, divenendo l'iniziatore degli studi sulla topografia antica di Roma, un interesse che aveva già ampiamente dimostrato con la pubblicazione all'età di 32 anni di una monografia a carattere topografico sugli acquedotti romani47. Approcciando i monumenti antichi tramite

il rilievo topografico Lanciani introdusse in archeologia una nuovo spiraglio dal quale trarre informazioni sulla vita dei complessi architettonici del mondo antico, ancora una volta una innovazione prettamente tecnica fu apportata al mondo degli studi del mondo antico da un archeologo formatosi sul campo, senza una preparazione accademica antichistica.

Dopo il primo decennio del Novecento, con il meccanismo della Scuola di Archeologia ormai rodato e le ricerche estese anche fuori dall'Italia (in particolare ad Atene e a Creta48) una nuova generazione di archeologi aveva preso forma

46 Rodolfo Lanciani (1845-1929) dopo aver conseguito una laurea i filosofia e matematica e una in ingegneria a Roma volse il suo interesse intellettuale all'archeologia, venne nominato giovanissimo segretario della Commissione Archeologica Comunale lo stesso anno che venne istituita, e nel 1987 entrò nella Direzione Generale dei Musei e Scavi in qualità di ingegnere. I suoi studi furono incentrati sulla topografia dell'antica Roma nei decenni della sua più profonda esplorazione, ottenne la cattedra di Topografia Romana all'università che fu creata appositamente per lui. Si veda l'esauriente testo di D. Palombi, Rodolfo Lanciani.

L'archeologia a Roma tra Ottocento e Novecento, Roma 2006.

47 R. Lanciani, I Commentari di Frontino sulle acque e gli acquedotti , Roma 1880.

48 Per gli inizi dell'archeologia italiana oltreconfine si veda V. La Rosa (a cura di), l'archeologia

garantendo ormai autonomia di sviluppo alle scienze archeologiche in Italia.

CAPITOLO II: