P ER UNA STORIA DELL ’ EMIGRAZIONE ALBANESE
2.1. Emigrazione antica degli Albanesi in terra veneta (1500)
Come è noto dalle ragioni storiche che dettarono la politica e le ambizioni di Venezia in Adriatico e nel Mediterraneo, l‟interesse della Serenissima per il Levante è tradizione maturata da pratiche di scambi commerciali e di interesse, accompagnata da un cosmopolitismo di tolleranza per l‟alterità e di apertura nei confronti dello straniero. Nel periodo di riferimento, i flussi migratori provenienti dalla costa albanica furono consistenti e determinati da eventi bellici. La cessione della città di Scutari (1479) ai turchi segna la fine della lunga resistenza degli albanesi contro l‟invasione ottomana. Secondo diverse fonti, le perdite consecutive all‟avvenuta occupazione di Scutari riguardano la cessione delle terre costituenti l‟Albania Veneta¹ (un‟Albania solo nel nome,
comprendente le Bocche di Cattaro e Budua) all‟impero ottomano. Di conseguenza, vi fu una specie di spostamento massivo della popolazione albanese, dai Balcani verso la Serenissima.
In memoria di quell‟esodo, ripropongo qui un passo di un lungo carme, in esametri latini, che lo scutarino Marino Becichemo, uno tra i massimi rappresentanti della cultura umanistica del tempo, diventato adulto in terra veneta, rivolge al doge Agostino Barbarigo:
"O Scodrae infandos semper miserare dolores/ Inclyte Dux …. […] Abbi pietà, inclito Principe, delle indicibili sofferenze di Scutari e di noi che abbiamo sopportato per terra e per mare le atrocità dei Turchi, di noi che siamo sopravissuti agli orrendi casi delle guerre e delle violenze, che abbiamo subito ogni iniquità, ogni più triste e dura avversità. Soccorri benigno e liberale noi miseri profughi albanesi, gente dispersa nel mondo, perduta la Patria, ferita a morte in una pioggia di lacrime e disperazione, costretta a chiedere; noi che abbiamo combattuto sulle mura alte di Scutari e che abbiamo visto cadavere i nostri Padri; noi pochi destinati a sopravvivere (così vollero gli Dei) che abbiamo scelto spontaneamente di cercare nuovi approdi, di sopportare l‟esilio, di abbandonare le nostre care terre. Al destino incerto degli scutarini, alla loro fedeltà, risponda la clemenza tua, inclito Doge, e del Senato Veneto…" (Codice della Biblioteca Marciana di Venezia, MS Marciano Latino XIV CLXXIII, cfr. Nadin 2008: 18).
Dopo la caduta della città di Scutari, ebbe luogo una ampia diffusione degli albanesi in quasi tutte le terre del dominio veneziano, il che favorì l‟inserimento, la dispersione e l‟assimilazione degli individui nella terra di destinazione. L‟esodo degli albanesi verso le terre della Serenissima, diede inizio ad una nuova pagina di storia condivisa, benché esso fu motivato dalle ragioni e dagli interessi del tempo.
Nella città di Venezia, gli albanesi trovarono accoglienza e ricevettero un trattamento speciale in rispondenza alla loro condizione
sociale di origine; unico nella sua forma e di grande insegnamento per la storia odierna contaminata da eventi di migrazioni internazionali. Dall‟analisi dei livelli di integrazione che caratterizzarono il percorso immigratorio di questa comunità di stranieri all‟interno della popolazione e dell‟area veneta risulterebbe interessante una ricostruzione completa dei fatti, tuttora frammentaria.
Ecco, come viene puntualmente specificato nella lettera del Senato veneziano indirizzata ad Antonio da Lezze, capitano a Scutari: "Tutti quelli che vorranno partire e venirsene da noi, saranno da noi, „recolti favoriti e accomodati con particolare carità e benignità‟ e sempre li proteggeremmo, affinché con le loro famiglie possano vivere sotto la nostra protezione, „come ha meritato la sua fede e constantia‟. […] Intanto il da Lezze faccia pervenire l‟elenco di tutti coloro che lasceranno Scutari per Venezia, specificando gradi e professioni, così da programmarne l‟accoglimento in rapporto allo stato di ognuno" (Archivio di Stato Venezia, ASVE, Senato Mar, Secreta, registro 28, cc. 148v-149v; cfr. Nadin 2008: 20).
Dalla presente Lettera e dai risultati di varie ricerche presso l‟Archivio di Stato di Venezia, si può affermare che il caso degli albanesi a Venezia è unico e rappresentativo, in quanto questi furono generosamente accolti nella società veneta e a distanza di tempo è molto difficile risalire alla loro origine a causa di una forma di assimilazione completa e riuscita.
L‟abbellimento della facciata (1530, tuttora conservata) della Scuola degli albanesi, nell‟edificio accanto alla chiesa di San Maurizio a Venezia, promossa da parte di un gruppo nazionale di cattolici albanesi, rievoca la memoria della tragedia vissuta e, al contempo, è impronta indelebile della presenza di essi a Venezia.
Le migrazioni degli albanesi ebbero inizio nel primo „400 ai tempi di Scanderbeg (il quale muore nel 1468) e videro l‟approdo degli stessi
verso le altre coste marchigiane, pugliesi e siciliane alla caduta della città di Scutari. Gli albanesi emigrarono dunque per via della repressione causata dall‟occupazione ottomana e per l‟islamizzazione forzata del paese, condizione questa che è durata fino alla proclamazione dell‟indipendenza nel 1912, da parte di un gruppo di patrioti albanesi rappresentanti di tutta la stirpe albanese, riunitisi a Valona. Nello stesso tempo, la società albanese conobbe una grave situazione di povertà, per cui iniziarono consistenti flussi migratori che coinvolsero quasi tutti i paesi vicini, i paesi europei e quelli d‟oltreoceano. Gli albanesi si trovarono così in Kurbet in diversi paesi dell‟Europa, negli Stati Uniti, in Canada e in Australia, ecc.
Come notiamo, l‟emigrazione di parti consistenti della popolazione albanese verso terre straniere non è un fenomeno recente. Dopo la seconda guerra mondiale molti albanesi decisero di emigrare per motivi politici in concordanza con le loro convinzioni politiche. La storia della nazione albanese ci insegna che l‟emigrazione è stato un progetto presente nella vita sociale dell‟individuo fino all‟instaurazione del regime di Hoxha il quale la condannò come "atto di dissenso”, ragion per cui l‟emigrazione divenne un‟impresa ardua e impossibile da intraprendere da quel momento in poi. Inoltre, nella memoria collettiva, la propensione degli albanesi ad emigrare all‟estero viene considerata come un fenomeno strettamente legato alla tradizione antica del kurbet, tradizione che venne cancellata con l‟instaurazione della dittatura comunista nel 1945. Di conseguenza, si può parlare di una diaspora albanese molto significativa con insediamenti che, in alcuni casi, risalgono ai tempi antichi.