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Le caratteristiche del settore agroindustriale

4 Il fenomeno dell’invisibilità nell’opinione pubblica

4.1 L’entità del fenomeno

Si conferma una crescita costante degli immigrati rispetto alla popolazione residente superiore alla media nazionale con una forte presenza giovanile di seconda generazione evidente nelle scuole. Le seconde generazioni già rappresentano una porzione importante degli studenti non italiani nelle scuole regionali. Le donne straniere partoriscono quasi il doppio rispetto alle autoctone determinando l’incremento demografico mentre i ragazzi che arrivano per i ricongiungimenti familiari trovano numerosi ostacoli nell’inserimento scolastico.

L’ingresso della Romania nell’Unione Europea ha determinato un cambiamento re- pentino delle proporzioni tra le cittadinanze presenti. Nella provincia di Terni gli anziani albanesi e marocchini sono stati superati dai rumeni che hanno potuto ottenere la resi- denza in modo burocraticamente più veloce mentre, nella provincia di Perugia, sembra persistere la roccaforte albanese.

4.2 Le attività svolte

Per quanto riguarda l’agricoltura si conferma ancora una volta che lavoratori immi- grati già da tempo nella nostra regione e dedicati alle attività di raccolta, dopo aver dato prova di capacità e di affidabilità in quel comparto lavorativo, vengono impiegati nelle suc- cessive fasi di lavorazione dei prodotti.

A causa della crisi contenuta nel tabacco si è prodotta una migrazione interna in altri comparti, come quello zootecnico, di lavoratori, per lo più marocchini, che trovano impie- go soprattutto nella mungitura e nel governo della stalla mentre i rumeni, di recente in- gresso nel comparto zootecnico, sono impiegati prevalentemente nell’allevamento di suini. Lo stesso accade anche nelle attività boschive a causa della scarsa appetibilità della manodopera locale per cui la gran parte dei lavoratori sono immigrati.

La manodopera immigrata rappresenta tra il 70 e l’80% del totale degli occupati nelle aziende vitivinicole, in occasione della potatura, della raccolta e della vendemmia in azien-

de di dimensioni non molto ridotte.

Nel comparto agrituristico la pulizia delle stanze è affidata soprattutto a immigrati provenienti da Ecuador e Perù, la cucina a rumeni e slovacchi, il servizio ai tavoli coinvol- ge stabilmente lavoratori dall’Ecuador, dal Perù e dalla Romania. Gli albanesi si occupano principalmente di manutenzione e, insieme ai Macedoni, di altre attività secondarie. Lavo- ratori rumeni e albanesi sono impiegati spesso come trattoristi per le colture del tabacco e dei cereali.

Il rilevante e continuo aumento di ricongiungimenti familiari, e quindi la conseguen- te femminilizzazione di molti settori produttivi, sta provocando un aumento di manodo- pera femminile, rappresentata da mogli di lavoratori agricoli immigrati, occupate nella raccolta di olive, ortaggi e nella gestione dei magazzini.

4.3 Le provenienze

Nel 2011 le 5 cittadinanze straniere residenti prevalentemente rappresentate sono state le seguenti: Romania Albania Marocco Macedonia Ecuador

I primi ad arrivare in Umbria sono stati i cittadini del Marocco provenienti dalle zone rurali. La prima area in cui si sono insediati è stata l’Alta Valle del Tevere (Umbertide, Città di Castello), dove vengono impiegati come stagionali nella raccolta del tabacco e, in picco- la parte, nel commercio ambulante. Quasi sempre i primi a emigrare sono i capifamiglia, successivamente i giovani.

Alla fine degli anni ottanta il flusso marocchino ha interessato anche giovani di- plomati o laureati provenienti dalle grandi città spinti dal desiderio di migliorare le loro condizioni economiche.

La comunità albanese è particolarmente numerosa nel folignate. Differentemente dalla società marocchina quella albanese è una comunità salda ed ha una visione del mon- do e del vivere omogenea.

L’immigrazione ecuadoregna è un fenomeno degli ultimi 10 anni e ha interessato particolarmente il territorio di Umbertide. Questi migranti americani sono per tradizione piuttosto individualisti. Hanno compiuto percorsi migratori simili e si caratterizzano per una visione del vivere in società e del rapportarsi con la comunità di accoglienza alquanto disomogenea. Gli uomini trovano impiego come operai, le donne invece come operaie, badanti e colf.

Gli Ivoriani in Umbria non sono molto numerosi, la loro presenza si concentra quasi tutta tra Perugia e Bastia Umbra. A Bastia Umbra risiedono quegli ivoriani che hanno av- viato un progetto stanziale. Costituiscono una comunità abbastanza coesa e integrata con il tessuto cittadino. La gran parte sono di religione cristiana. I primi sono arrivati alla fine degli anni ottanta per studiare e poi ritornare in patria. Negli anni novanta la crisi politica ed economica e la guerra civile in Costa d’Avorio hanno contribuito a cambiare le motiva-

zioni dei flussi migratori, che sono diventati sempre più consistenti.

Nella provincia di Terni si rilevano 7.962 stranieri provenienti dai paesi comunitari ed extracomunitari. La maggior parte di essi è occupata in lavori di attività assistenziali, convivono con i datori di lavoro circa 1.815 unità. Infine, si annoverano 886 stranieri pro- venienti da paesi UE ed extra UE che hanno trovato lavoro nell’ agricoltura, nella silvicol- tura e nella pesca.

A Terni nel 2011 tra le nazionalità straniere emergenti occupa il primo posto quel- la Rumena seguita da quella Macedone, Indiana, Albanese e Ucraina. Nella provincia di Terni è rilevante il numero degli immigrati dediti ai lavori agricoli soprattutto nelle zone del comprensorio Orvietano e Amerino dove la coltivazione della vite ha da sempre carat- terizzato il territorio.

La concentrazione degli immigrati in agricoltura nella provincia di Perugia può es- sere individuata nelle seguenti zone: Lago Trasimeno e territori limitrofi, dove operano numerose cooperative nei vari settori produttivi. Sono presenti in particolare lavoratori albanesi; Comprensorio di Montefalco, Gualdo Cattaneo, Bevagna, Giano dell’Umbria, ter- ritori a grande vocazione vinicola e olivicola, dove gli immigrati raggiungono punte anche del 40% in occasione della potatura e della raccolta; Alta valle del Tevere (Città di Castello e Umbertide), dove la gran parte degli immigrati sono utilizzati per l’aratura, la semina e la raccolta del tabacco; Foligno, Trevi, Spoleto, territori a grande vocazione olivicola, dove gli immigrati raggiungono punte elevate in occasione della potatura e della raccolta.

4.4 Periodi e orari di lavoro

Si conferma che nei comparti nei quali si pratica il lavoro meccanizzato è possibile riscontrare casi di lavoro “grigio”, ossia solo parzialmente regolarizzato. Nel caso in cui il pagamento è a giornata, i lavoratori possono essere costretti a prestare la loro opera per un numero di ore superiore al limite fissato per contratto.

Nella trasformazione e nella commercializzazione, al contrario, l’orario di lavoro ef- fettivo non supera generalmente quello previsto dal contratto.

4.5 Contratti e retribuzioni

Nel 2011 non era previsto dai contratti di lavoro per i comparti agricoli alcun aumen- to pertanto i compensi sono rimasti quelli del 2010 e precisamente:

- operai qualificati e specializzati € 10,42/ 11,25; - operai comuni € 8,77 / 10,09;

- operai giornalieri € 5,89 / 6,82.

Bisogna però ricordare che lavoratori immigrati qualificati e specializzati sono si- gnificativamente presenti solo nel florovivaismo, negli agriturismi e nella zootecnia, in quest’ultimo comparto per le attività di mungitura e tosatura.

I sindacati rilevano alcune irregolarità retributive, in cui figurano buste paga al mi- nimo salariale per mansioni specializzate. Per il lavoro “grigio”, invece, in alcuni casi la retribuzione è sottodimensionata rispetto alle giornate effettivamente svolte.

Secondo i dati INPS 2008 si registra in Umbria un diminuzione dei contratti a tem- po indeterminato che vede coinvolti cittadini comunitari. Infatti da 2.305 (2008) siamo passati a 2.279 (2009) fino ad arrivare a 2.253 (2010). Sono diminuiti anche i contratti a tempo determinato: da 7.899(2008) siamo passati a 7.588 (2009) fino ad arrivare a 7.577 (2010). Per i contratti a tempo indeterminato che vedono come parte i cittadini prove- nienti dai paesi extracomunitari si è avuto un leggero decremento: da 542 (2008) siamo passati a 470 (2009) a 375 (2010); i contratti a tempo determinato hanno un avuto un lieve incremento: da 2.774 (2008) siamo passati a 2.959 (2009) fino ad arrivare a 3.260 (2010).

4.6 Alcuni elementi qualitativi

Le migrazioni internazionali hanno ormai raggiunto dimensioni sconosciute rispetto ai secoli precedenti, grazie in parte allo sviluppo dei mezzi di comunicazione e dei trasporti.

Le cause che spingono ad abbandonare il proprio paese sono molteplici: - mancanza di prospettive per il futuro;

- guerre civili;

- peggioramento delle condizioni di vita; - cause economiche;

- equilibrio nel mercato del lavoro; - degrado ambientale;

- cause demografiche;

- disgregazione della struttura sociale tradizionale; - instabilità politica;

- violazione dei diritti umani.

Anche le cause di attrazione verso un altro paese sono altrettanto varie: - aspettative di migliori condizioni di vita;

- maggiori opportunità di lavoro;

- conoscenza di modelli di vita occidentali e di sviluppo industriale; - maggiore modernizzazione.

È ormai assodato che la maggior parte degli immigrati sono venuti nella nostra regio- ne spinti da motivi economici e con l’aspettativa di migliorare le proprie condizioni di vita attraverso il lavoro. Il 50% dichiara di volersi stabilire definitivamente in Umbria, il 12% ha precisato che non intende rimanervi, il restante 38% vi si stabilirà solo se troverà lavoro.

I problemi maggiori che incontrano gli immigrati nella nostra regione sono il repe- rimento di un posto di lavoro e la mancanza di conoscenza della lingua italiana. Di essi il 20% abita in una casa di proprietà, il 50% conduce una casa in affitto e il restante 30% abita presso il datore di lavoro come nel caso delle badanti.

Per la risoluzione dei problemi quotidiani il 60% si avvale della solidarietà dei fami- liari o di altri emigrati, il 30% cerca aiuto presso i sindacati o le Caritas e il restante 10% si rivolge ai connazionali.

Gli immigrati in Umbria prestano il loro lavoro per lo più nel terziario, nell’edilizia, nell’agricoltura, nell’industria e nell’assistenza agli anziani. Per quest’ultima tipologia di impiego non si hanno stime precise, stante la natura instabile del lavoro assistenziale delle

persone anziane. Tuttavia, il 90% di coloro che svolgono tale mansione è costituito da don- ne, provenienti per lo più dall’Est-europeo.

In Umbria il complesso degli immigrati costituisce un mosaico di nazionalità. Il plu- rilinguismo degli emigrati fa emergere il problema della integrazione anche linguistica con la popolazione autoctona. Il rapporto badanti e anziani, di conseguenza, non è sempre age- vole e la lingua è certamente l’ostacolo principale che, insieme con le differenza culturali, è causa di incomunicabilità e quindi di intolleranza reciproca.

4.7 Prospettive per il 2012

Secondo i dati ISTAT il primo gennaio 2011 in Umbria vi sono 99.849 stranieri (di cui 45.395 maschi e 54.454 femmine); ciò colloca l’Umbria al primo posto in Italia della classifica delle regioni per residenti, insieme alla Emilia-Romagna.

Nel gennaio 2012 gli stranieri sono saliti a 106.000 e, secondo gli studi svolti dall’ISTAT, si prospetta che nel 2017 l’Umbria sarà ancora tra i primissimi posti della classifica delle regioni per residenti.

Uno dei problemi principali che gli immigrati si trovano a dover affrontare è quello dell’a- bitazione: sovraffollamento, cattiva qualità degli alloggi, canoni di affitto troppo esosi , diffi- denza da parte dei proprietari e atteggiamenti ostili da parte delle comunità locali. Il governo umbro, particolarmente sensibile alla problematica abitativa , ha cercato di puntare sull’edilizia residenziale pubblica assegnando loro le così dette case popolari generando malcontento tra coloro che si sono visti privare di un diritto loro spettante. Malcontento che sicuramente au- menterà nei prossimi anni tenuto conto della grave crisi che caratterizza in negativo il nostro paese e del fatto che sono in aumento le famiglie con problemi economici che si andranno a collocare sulla fascia cosiddetta di “povertà”.

Con l’aumento del numero di stranieri così significativo in Umbria si sono generati pro- blemi di coesione e di integrazione con la popolazione autoctona, problemi che il piano trien- nale, approvato nel 2009, e i diversi accordi intercorsi tra le strutture che operano a livello re- gionale, tendono a risolvere, favorendo l’integrazione e la multiculturalità, costruendo relazioni positive tra cittadini italiani e immigrati.

Di non minore importanza è il sostegno al rientro volontario di immigrati nel paese di origine attraverso l’individuazione e l’attivazione di strumenti idonei a tale scopo in modo da ridurre la pressione migratoria nel nostro paese.

4.8 Imprenditoria agricola straniera

Secondo i dati di Unioncamere, relative all’imprenditoria degli immigrati, l’Umbria si colloca al di sotto della media nazionale. Ciò perché il tessuto imprenditoriale umbro è costituito prevalentemente da piccole e medie imprese e anche perché la retribuzione di un lavoratore dipendente straniero è di poco inferiore a quella di un analogo prestatore d’o- pera italiano. Nella nostra regione la situazione, secondo i dati della Camera di commercio aggiornati al 31 dicembre 2011, risultano diminuite rispetto all’anno precedente come di seguito riportato nel seguente prospetto:

Imprese agrIcole attIVe anno 2011

CLASSE DI NATURA GIURIDICA PERUGIA TERNI totale

Societa’ di capitale 242 83 325

Societa’ di persone 1.628 287 1.915

Imprese individuali 12.182 3.498 15.680

Altre forme 147 26 173

r

IferImentIbIblIografIcI Primo Rapporto sull’immigrazione in Umbria.

Dossier Caritas Migrantes 2011. Il Mercato del Lavoro in Umbria 2011.

12° programma regionale di iniziativa concernenti l’immigrazione ai sensi dell’art.45 del D.Lgs. n.286/98.

DPCM del 13 Marzo 2012 relativo ai flussi dei lavoratori extracomunitari non stagionali per l’anno 2012.

FIGLIOLI V.: Vite sospese, 2009.

MORO M. ROSE: I nostri bambini domani. Per una società multiculturale, 2011

s

ItIInternetconsultatI www.censis.it www.umbriaeconomia.it www.anci.it www.regioneumbria.it www.cnel.it www.provincia.perugia.it www.isfol.it www.provincia.terni.it www.stranieriinitalia.it www.cidisonlus.org www.meltingpot.org www.immigrazioneinumbria.it www.uila.it www.stranieriinitalia.it www.cueim.it www.museodeltabacco.org www.unioncamere.it www.aul.it www.istat.it

Marco Tonnarelli

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agricoltura, agroindustria e agriturismo

L’agricoltura marchigiana rappresenta una quota contenuta del PIL regionale (meno del 3% negli ultimi anni). In base ai dati ISTAT (valore aggiunto ai prezzi di base dell’a- gricoltura per regione), la produzione totale agricola marchigiana si caratterizza per una composizione per oltre il 70% proveniente da produzioni vegetali e per meno del 30% da allevamenti. Fra le produzioni vegetali, le erbacee coprono oltre la metà della produzione totale, con valori mediamente in crescita negli ultimi anni; fra queste i cereali e gli ortaggi hanno la maggiore rilevanza.

Le coltivazioni legnose vedono la prevalenza dei prodotti vitivinicoli e della frutta. Gli allevamenti sono in prevalenza da carne.

L’industria alimentare assume un ruolo contenuto nell’ambito dell’economia regiona- le, ma significative realtà sono presenti nella lavorazione delle carni e dei prodotti orticoli, nonché nella trasformazione e conservazione (surgelazione)1: si rimanda ai paragrafi suc-

cessivi per un riscontro in termini di occupazione degli immigrati.

Sono tuttora in via di elaborazione i risultati del sesto censimento generale dell’agri- coltura, svoltosi tra il 24 ottobre 2010 e il 31 gennaio 2011. Tuttavia, sono state recente- mente presentate alcune analisi sui primi dati definitivi che consentono di delineare, a die- ci anni di distanza dall’ultima rilevazione censuaria, uno scenario delle tendenze inerenti all’agricoltura marchigiana attuale e alle circa 45.000 aziende in cui si articola2.

Dalle elaborazioni sui primi dati definitivi, effettuate dal Sistema informativo statisti- co della Regione Marche sui dati ISTAT, emerge una consistente contrazione del numero di aziende attive rispetto al censimento del 2000 (da 60.707 a 44.866). La tendenza riguarda l’intero paese, ma il patrimonio aziendale marchigiano, calando del 26,1%, manifesta una dinamica decrescente meno accentuata rispetto al livello nazionale (-32,4%) e del Centro (-40,4%). La superficie agricola utilizzata complessiva è diminuita del 4,2%, valore non molto distante da quello nazionale, ma inferiore a quello medio dell’Italia Centrale, pari a -10%. Il quadro conferma il forte ruolo del settore agricolo nel presidio del territorio e del paesaggio regionale: quasi il 70% della superficie nelle Marche è gestita da aziende agricole. Interessante è l’aumento della dimensione media delle aziende marchigiane, segno che gli imprenditori agricoli stanno strutturando le proprie aziende, con effetti positivi sulle eco- nomie di scala e la produttività3. Altro dato rilevante appare la spiccata vocazione marchi-

giana all’utilizzo dei terreni come seminativi: l’87,5% delle aziende agricole utilizza infatti

1 Per una ampia trattazione sulla produzione agricola marchigiana e una lettura della situazione che emerge dai dati statistici, si rimanda a: Osservatorio agroalimentare delle Marche - Regione Marche - INEA (a cura di Andrea Arzeni), Il sistema agricolo e alimentare nelle Marche – Rapporto 2009, Ancona, novembre 2010.

2 Per i primi dati definitivi emersi dal Censimento e un confronto con la situazione nel 2000 e con il quadro nazio- nale e del Centro, si rimanda anche alla recentissima lettura (25 luglio 2012) disponibile al link:

http://statistica.regione.marche.it/LinkClick.aspx?fileticket=t7LnBD7Dbd8%3d&tabid=36&mid=408 3 Il valore della SAU media regionale nel 2010 è pari a 10,5 ettari, mentre era di 8,1 ettari nel 2000.

in questo modo i propri terreni, molto al di sopra della media nazionale pari al 51,1%. Per quanto riguarda la tipologia di coltivazione effettuata, i dati disponibili del censimento evi- denziano un peso percentuale delle aziende con coltivazioni a vite (il 31,6% delle aziende) maggiore rispetto alla media nazionale (24%) e del Centro (28,6%), nonostante il vistoso calo della numerosità assoluta come in tutte le regioni italiane (circa dimezzati i numeri di aziende). Nella media, invece, la percentuale di aziende di allevamento, pari al 14,5% del totale.

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norme e accordi locali

A livello nazionale, anche nel 2011 è stato autorizzato l’ingresso di decine di migliaia di lavoratori stagionali extracomunitari, attesi nelle campagne in funzione dei lavori di preparazione e raccolta. Come in passato, le organizzazioni di categoria avevano solleci- tato la rapida pubblicazione del provvedimento in Gazzetta Ufficiale e la ripartizione delle autorizzazioni di ingresso tra le Regioni “poiché la mancanza di personale rischia di danneggiare settori rilevanti per il Made in Italy agroalimentare”4.

Considerazioni analoghe sono state ribadite, fra gli altri, da Coldiretti riguardo al ruolo del lavoro degli immigrati e nella consapevolezza che il 9,5% del PIL italiano è diret- tamente o indirettamente legato all’immigrazione5. In questo quadro, secondo una recente

stima fornita da Unioncamere, le Marche sono la terza regione in Italia per incidenza del valore aggiunto prodotto da occupati stranieri, con un valore pari a 11,5%, subito dopo Veneto ed Emilia Romagna6.

Come si evidenzierà nel paragrafo 4.7, tuttavia, l’esigenza di un consistente flusso per il 2012 si è fortemente ridotta rispetto agli scorsi anni.

Sia pure senza particolare riferimento agli occupati in agricoltura, si riportano i se- guenti aspetti di contesto, relativi a norme e accordi locali, riferiti alle Marche:

- secondo i periodici indici di integrazione degli immigrati in Italia, le Marche figurano fra le regioni nella parte più elevata della classifica sulla integrazione degli immigra- ti, con particolare enfasi sulle quote di ricongiungimento familiare e sull’impegno dei centri per l’impiego nella collocazione e ricollocazione dei lavoratori immigrati7;

risultati simili sono indicati dal più recente “Rapporto sulla Qualità regionale dello Sviluppo” (QUARS), promosso dalla campagna “Sbilanciamoci!” e presentato a fine 20108;

- La Regione Marche dispone della vigente legge regionale n. 13 del 26 maggio 2009 “Disposizioni a sostegno dei diritti e dell’integrazione dei cittadini stranieri immigra- ti”, che prevede una serie di elementi di contesto volti alla migliore integrazione degli stranieri, sia pure senza accenni specifici a quanti operano nel comparto agricolo; - Con la delibera di Giunta Regionale n. 1327 del 10 ottobre 2011 è stato approvato il

4 La citazione è tratta da una dichiarazione di Coldiretti.

5 Secondo la Coldiretti “(…) senza gli immigrati non sarebbe possibile la produzione di numerose eccellenze del Made in Italy alimentare, dalla raccolta delle mele della Val di Non alla mungitura delle mucche per il parmigiano reggiano, dalla vendemmia dei vini doc alla cura delle greggi per il pecorino romano”: tratto da: “Gli immigrati si fermano per un giorno” in: Corriere della Sera, 2 marzo 2010.

6 I dati percentuali sono riportati dal XIX Rapporto Caritas - Migrantes (2009) a pagina 391.

7 Si veda il citato XIX Rapporto Caritas - Migrantes (2009) a pagina 324: secondo i dati CNEL le Marche si posizio- nano al sesto posto in Italia rispetto al criterio assoluto e al secondo in base al criterio comparativo.

“Piano annuale regionale degli interventi a sostegno dei diritti degli immigrati per l’anno 2011” con una dotazione finanziaria di 747.960 euro (di cui 300.000 dal Fondo Nazionale Politiche Sociali per la gestione dei flussi migratori): vengono sostenute azioni considerate prioritarie a livello territoriale. Non sono presenti filoni di inter- vento specificamente destinati ai lavoratori nel settore primario né sono stati assunti ulteriori atti di programmazione in tale ambito, in tempi più recenti.

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I dati ufficiali

Secondo i più recenti dati di fonte ISTAT, nelle Marche gli stranieri presenti costitu- iscono nel 2011 circa l’8,5% della popolazione9.

A livello nazionale, i dati INPS sui lavoratori extracomunitari per il 2010 indicano un ulteriore aumento nel numero totale rispetto all’anno precedente (Tab. 1). La variazione appare, tuttavia, concentrata fra gli occupati a tempo determinato (OTD) e in particolare