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la presenza migrante in agricoltura, settori d’inserimento e presenza tem porale

Le caratteristiche del settore agroindustriale

3 la presenza migrante in agricoltura, settori d’inserimento e presenza tem porale

Nel 2011 si è registrato un ulteriore incremento del numero di immigrati impiegati in agricoltura, stimabile attorno al 4%. Gli immigrati sono impiegati soprattutto nei com- parti viticolo, ortofrutticolo, florovivaistico, tabacchicolo, zootecnico e silvicolo; le attività principali sono la potatura delle viti e la raccolta dell’uva, la raccolta del tabacco e delle or- ticole, la potatura e la raccolta delle frutticole, la mungitura del bestiame bovino ed ovino, il taglio del bosco e la manutenzione di fossi e strade. L’impiego degli immigrati in agricol- tura è diffuso in tutte le province toscane, ma le zone a prevalente vocazione agricola sono quelle che forniscono maggiori possibilità di lavoro nel settore: a Siena, Grosseto, Firenze ed Arezzo si concentra la quasi totalità degli immigrati occupati in agricoltura.

I lavoratori agricoli extracomunitari impiegati in Toscana sono provenienti dall’Est europeo (Albanesi soprattutto, ma in crescita i Moldavi), dall’Africa (Senegal e Marocco) e da alcuni paesi dell’Asia Centro Meridionale (India, Sri Lanka), con precise suddivisioni

territoriali e per settore produttivo (ad esempio, nel settore florovivaistico del pistoiese la presenza dominante è quella albanese) e anche fra le aziende, che tendono a mantenere una sorta di omogeneità interna, in maniera da ridurre al minimo eventuali conflittualità e incrementare il grado di integrazione. Albanesi, slavi e asiatici vengono impiegati pre- valentemente nel settore zootecnico (pascolo, governo del bestiame e mungitura), i lavo- ratori provenienti dall’Est-europeo nel settore forestale (taglio e cura dei boschi) e nella manutenzione delle strade poderali e dei fossi, mentre marocchini, senegalesi e tunisini soprattutto nella raccolta dei prodotti e in altre attività.

Si segnala, inoltre, la presenza di manodopera extracomunitaria, soprattutto fem- minile e di carattere stagionale, nelle aziende con agriturismo, nelle quali gli immigrati svolgono prevalentemente attività domestiche.

Particolarmente richiesti sono i lavoratori che si sono specializzati in alcune opera- zioni colturali (ad esempio potatura) o nella conduzione di macchine agricole, a seguito anche dell’attivazione di specifici corsi di formazione.

Oltre alla figura del lavoratore occupato alle dipendenze, si sono sviluppate inizia- tive autonome da parte degli immigrati, sia in specifici settori produttivi che nell’offerta di servizi ad aziende agricole, soprattutto dove le barriere all’ingresso risultano modeste. Spesso si tratta di terreni presi in affitto o di avvio di società cooperative che forniscono servizi di terziarizzazione (è questo il caso di cooperative di albanesi che effettuano servizi di potatura o di manutenzione di strade poderali); alcuni immigrati extracomunitari di origine europea, nel giro di alcuni anni, sono diventati da dipendenti autonomi, lavorando per l’azienda di cui erano dipendenti e in breve creandosi un proprio mercato. Spesso, tut- tavia, si tratta di situazioni in cui i titolari si trovano talmente collegati al committente, da configurarsi un rapporto di subordinazione senza le adeguate tutele.

L’avvio di attività indipendenti può costituire una risposta alle aspirazioni di mobi- lità professionale e sociale bloccate nel lavoro dipendente, ma non sempre costituisce un progresso quanto un ripiego, cui gli immigrati sono costretti a ricorrere come forma di au- toimpiego marginale e precario per sfuggire alle difficoltà di accesso al mercato del lavoro.

L’inserimento di lavoratori stranieri in agricoltura costituisce il principale contributo alla tenuta occupazionale di medio periodo del settore e anche al suo ringiovanimento. Il lavoratore extracomunitario è una risorsa indispensabile per le aziende toscane e tende sempre più a specializzarsi in alcune particolari operazioni che richiedono anche una for- mazione da parte dei datori di lavoro. Si deve, comunque, rilevare che in Toscana si tratta soprattutto di lavoro avventizio, sia per la stagionalità di alcune produzioni che per la propensione degli imprenditori verso forme contrattuali flessibili. Di conseguenza il lavoro svolto dagli immigrati è prevalentemente stagionale, con ampia mobilità sul territorio e du- rante l’anno, in sostituzione dell’offerta di lavoro locale. Si segnala, tuttavia, una tendenza crescente verso forme di insediamento stabile da parte di alcune etnie, che ricostituiscono tramite ricongiungimenti il loro nucleo familiare.

Il lavoro degli immigrati è di natura complementare e non concorrenziale e si con- centra nella tarda primavera ed estate per la raccolta di frutta, ortaggi, pomodoro, tabacco ed altre colture industriali, in autunno per le operazioni di vendemmia e raccolta olive, in inverno per la potatura e nel periodo che va da ottobre a marzo per il taglio dei boschi.

I lavoratori vengono assunti generalmente con contratti regolari, ma spesso vengono dichiarate ufficialmente meno ore di quelle effettivamente prestate, per cui il salario medio risulta inferiore a quello sindacale. Nelle grandi aziende con salariati e per i lavori di lunga du-

rata si registra una maggiore tendenza alla formalizzazione dei contratti in maniera regolare, rispetto a quanto avviene nelle piccole aziende diretto-coltivatrici e per le attività stagionali.

Alcuni trend che si possono dunque evidenziare, in continuità con la situazione degli ultimi anni (e cercando di prevedere delle forme di operabilità a riguardo), sono quelli per cui:

- la presenza di lavoratori stranieri nella piena regolarità tende a limitarsi ad aziende di grandi dimensioni, ad esempio grandi tenute viticole. Il mondo delle aziende di mi- nori dimensioni e delle microaziende, che copre la grande maggioranza degli addetti e della superficie agricola, necessita invece di un’analisi più approfondita;

- l’interfaccia dei lavoratori stranieri con il sindacato si riduce alle realtà di piena re- golarità o ai periodi (generalmente febbraio-marzo) di afflusso dei migranti presso le Camere del Lavoro per formalizzare le domande per il sussidio di disoccupazione agricola una volta raggiunto il monte ore minimo da dichiarare;

- l’inserimento dei migranti nelle diverse aree raramente segue la ratio della professio- nalizzazione. Che nella Valtiberina toscana siano impegnate squadre di migranti po- lacchi (come detto, comunitari dell’est) nella raccolta del tabacco è per via di canali informali che vanno costituendosi nel tempo. Ancora rari, sebbene significativi da rilevare ai fini della presente ricerca, sono i casi di stabilizzazione di lungo periodo, come quello che è avvenuto per i migranti albanesi, ormai stanziali, nella zona del Pistoiese, impiegati nel settore florovivaistico. Più frequentemente la specializzazio- ne che si viene a creare si perde nel momento in cui i flussi migratori fanno il loro corso ciclico secondo le stagionalità. L’esperienza del radicamento territoriale gioca a vantaggio sia dei migranti, i quali perdono la precarietà in virtù della creazione di un progetto di vita, sia delle imprese, le quali possono contare su una manovalanza qualificata e professionalizzata;

- è forte la presenza di migranti nel lavoro forestale, in cui la prevalenza di fenomeni di irregolarità e di violazioni è probabilmente maggiore, complici i fattori di isolamento geografico e sociale e l’arretratezza a livello d’innovazione tecnica. D’altra parte, la presenza di maestranze straniere, specialmente balcaniche e sempre meno Nord- africane (tradizionalmente Marocco e Senegal, che restano comunque in forma con- sistente nel lavoro di raccolta di ortaggi e frutta), contribuisce a mantenere vitale tale settore di attività altrimenti seriamente a rischio;

- si assiste alla trasversalità di settori d’impiego dei migranti (dall’agro-economico a quello edile) nelle zone peri-urbane o isolate;

- la prevalenza di un’intermediazione informale tra domanda e offerta di lavoro è spes- so a cura di altrettanto informali rappresentanti (più o meno riconosciuti) delle co- munità migranti, generalmente mono-etniche, che si interfacciano con le singole aziende più che con figure paragonabili ai “caporali” delle aree del Mezzogiorno d’I- talia.