Il lavoro agricolo
4 l’ indagine Inea
4.8 I punti in discussione nei contratti locali in agricoltura
Le interviste dirette a organizzatori sindacali del comparto agricolo suggeriscono, quanto ai contenuti del presente paragrafo, le seguenti osservazioni, confermate anche per il 2011 con qualche aggiornamento ulteriore:
• nello scorso anno si è intensificata la presenza di cooperative di lavoro/servizi, di pseudo-cooperative di lavoratori (con sede anche all’estero), come anche di agenzie lavoro interinale che svolgono attività per l’agricoltura e per l’indotto. Sono esempi diffusi nelle zone dell’ortofrutta e del vivaismo;
• da alcuni anni si osserva un fenomeno simile, ma limitato all’interno di cooperative di tra-sformazione delle produzioni agricole, in particolare nel settore lattiero-case- ario e della macellazione. Qui, accanto al lavoro svolto tramite propri dipendenti, vi sono ormai interi reparti esternalizzati (porzionamento, confezionamento, lavora- zioni secondarie). Questa presenza si aggiunge ai più ricorrenti interventi di pulizia/ sanificazione degli impianti e alla movimentazione delle merci, appaltati già da di- versi anni. I lavoratori di queste cooperative sono in genere soci, ma in realtà sono dipendenti ai quali viene richiesto di versare le quote sociali e null’altro. Non è raro che queste cooperative chiudano o falliscano e riaprano cambiando ragione sociale. I loro soci-lavoratori hanno più le svariate provenienze e vi trovano impiego anche molte donne. Le nazionalità più frequenti sono Bangladesh, Marocco, Tuni-sia, Gha- na, Albania, Romania, India, Pakistan, Sri Lanka, Cina, Sri Lanka;
• rispetto agli anni precedenti si osserva una riduzione delle ore lavorate, specie nel- la zootecnia. Qui la più modesta redditività d’impresa determina la riduzione degli straordinari e anche la riduzione nel numero di addetti sia nella zootecnia da latte sia nella suinicoltura. Aumentano i contratti a tempo determinato piuttosto che a tem- po indeterminato. La quota di “lavoro grigio” resta comunque legato a tre principali motivi:
a. gli straordinari vengono richiesti ed erogati ma spesso compensati “fuori busta”, così come si verifica, in qualche caso, per i giorni eccedenti le 180 gg lavorative; b. i mancati riposi e le festività non godute sono anch’esse oggetto di compensi “fuori
busta”;
c. l’inquadramento è sottostimato, tanto che sono frequenti i livelli più modesti con uno scarto, valutato in termini di salario, pari a circa il 10% in meno; in ogni caso è diffuso il rispetto del minimo salariale.
• quanto invece ai contratti integrativi sono molto ridotte le norme che interessano e favoriscono i lavoratori extracomunitari tanto che i contratti provinciali (e le loro integrazioni) sono oggi l’occasione per approfondire il confronto su alcuni aspetti rilevanti:
a. in ordine alla casa di abitazione: è in riduzione il numero di aziende agricole che mettono a disposizione l’abitazione per il proprio operaio, immigrato. Anche perché le abitazioni rurali sono sempre meno in regola con le norme igienico-sani- tarie e di sicurezza (es. impianti elettrici). Ma, specie negli allevamenti zootecnici, la richie-sta della casa di abitazione a titolo gratuito è tornata di grande interesse. In numerosi casi i dipendenti, per l’onerosità dei mutui conseguenti alla crisi fi- nanziaria, ha rinunciato ai mutui stessi o preferisce affittare la propria abitazione, spesso acquistata nei centri urbani, mantenendo l’uso della casa in azienda, pres- so l’allevamento. Quanto alla proprietà della casa di abitazione, pur non essendo disponibile il dato aggregato per gli immigrati agricoli, è vero che le abitazioni di proprietà degli im-migrati (totali) in Lombardia sono passate dal 8,5% nel 2001 al 22,1% del 2007 fino al 23,2% del 2010. I contratti d’affitto interessano invece il 50% degli stranieri. Tutto ciò benché la crisi economica abbia determinato un maggior rischio d’irregolarità nella popolazione immigrata dettata dalla disoccupazione e dall’insicurezza di reddito. Nel contempo, nelle campagne lombarde, si riduce il nu-mero di immigrati, specie se soli e senza famiglia, che fanno uso in azienda di pollaio e porcile, mentre sono in molti a coltivare l’orto (soprattutto indiani), in particolare i vegetariani. L’interesse per gli usi e tradizioni della vita contadina
tradizionale dei nostri ambienti è comunque in riduzione. Ancora, si conferma la minore pro-pensione a progetti di recupero delle cascine o dei fabbricati in disuso come abita-zioni di extracomunitari. Tale ipotesi progettuale è ancora in essere ove vi sono grandi esigenze di immigrati per le raccolte stagionali (es. orticole); b. ferie e servizi sostitutivi: festività e riposi sono spesso monetizzati mentre è più
difficile che gli immigrati, specie nella zootecnia, rinuncino alle ferie. È frequente il cumulo di ferie nel biennio in modo da poter godere delle stesse tornando per un congruo tempo nel paese d’origine. È prassi diffusa fra gli indiani. Questo, spesso, determina l’attivazione di uno o più “jolly” che sostituiscono il lavoratore indiano. A volte è un parente, a volte sono persone proposte all’azienda dallo stesso dipen- dente. Modalità che possono favorire l’impiego di irregolari. Ciò è facilitato anche dall’assenza di servizi sostitutivi;
c. garanzia dei diritti: è soprattutto la comunità indiana ad aderire alle centrali sin- da-cali per garantirsi nei propri diritti di lavoratori dipendenti. Questo interessa, in spe-cie, la gestione degli straordinari e delle ferie che gli indiani vogliono trat- tati rego-larmente, senza il ricorso al “fuori busta”. È un’azione particolarmente sviluppata nelle campagne delle province di Brescia e Bergamo.
4.9 Alcuni elementi qualitativi
Fra gli aspetti caratterizzanti i flussi migratori nell’agricoltura lombarda si osserva come l’iscrizione al sindacato sia pratica diffusa, anche fra gli immigrati di prima genera- zione, meno qualificati ma attenti ad ottenere compensi che possano consentire loro il ri- congiungimento con i familiari. Ad esempio, nelle province di Bergamo e Mantova, la CISL segnala come oltre la metà dei propri iscritti alla federazione agricola sia di provenienza extracomunitaria.
Oltre ai sindacati gli enti territoriali, comuni e soprattutto province, si attivano per garantire servizi e assistenza agli immigrati anche per problemi non strettamente legati al lavoro. Largamente diffusa è la presenza della Caritas con centri d’ascolto presenti in ogni diocesi della Regione Lombardia.
L’integrazione, la formazione e il rapporto con la tecnologia, il rispetto del bagaglio di com-petenze, spesso trascurato, la crescente presenza di donne immigrate nel mondo del lavoro, a volte addette a mansioni più specializzate rispetto agli uomini, sono aspetti emergenti nel dibattito sulla presenza degli immigrati nella società lombarda.
4.10 Prospettive per il 2012
Si conferma, anche per l’anno 2012, l’impressione che le prospettive reddituali e quindi occupazionali possano condizionare la presenza degli immigrati in agricoltura, quanto meno dei dipendenti.
La competitività internazionale, destinata ad aumentare la pressione sulle produ- zioni agroalimentari italiane e lombarde, la progressiva minor protezione della PAC, la redditività affidata in particolar modo alle produzioni tipiche o di pregio, caratterizzate da fenomeni di forte concentra-zione territoriale ed aziendale, sono un insieme di fattori
destinati a garantire un equilibrio occupa-zionale senza vistose variazioni quantitative. La domanda di lavoro è prevedibile si sposti dai settori consolidati, come sono la zootecnia da latte e da carne, ai settori emergenti quali risultano essere l’orticoltura, da pieno campo e in serra e il florovivaismo, questo comprendente la gestione del verde pub- blico e privato. È anche prevedibile che continui la diminuzione degli occupati indipenden- ti e che questo favorisca il consolidamento degli occupati dipendenti, categoria dove sono largamente presenti – e in aumento - gli immigrati.
Per queste prestazioni di lavoro dipendente l’offerta è per le operazioni manuali più semplici e pesanti (ad es. raccolta) ma con una progressiva apertura allo svolgimento di operazioni colturali ove è richiesta una maggiore specializzazione. Caso singolare, descrit- to successivamente, è la produzione orticola, di grandi dimensioni, realizzata da un im- prenditore immigrato di origini indiane.
Ulteriore sviluppo dell’occupazione e della presenza di immigrati è prevedibile in tutte quelle attività assimilabili al “terziario agricolo” quali sono l’agriturismo o l’insieme di attività connesse all’agricoltura, oggi definite come espressioni della multifunzionalità agricola.
Più in generale il governo dei flussi migratori dovrà considerare la rivisitazione delle norme e degli strumenti attuativi. Infatti è generalizzata la percezione che i decreti annuali funzionino a posteriori, incapaci di rispondere con sufficiente immediatezza alle esigenze del mondo produttivo, agricoltura compresa.
Da notare che la regolarizzazione è percepita come fattore importante nella produ- zione agri-cola, così come voluta dalla PAC. Questa esige una produzione sostenibile (am- bientalmente, so-cialmente ed economicamente) ovvero una produzione che sia il risultato produttivo di un’agricoltura responsabile. Rispetto a questo obiettivo si orienta la quasi totalità degli imprenditori agricoli lombardi.
Quanto alle prospettive reddituali per i lavoratori dipendenti è in previsione il rinno- vo del contratto collettivo di lavoro che vedrà un ritocco dei compensi, così come verificato con il contratto stipulato il 25 maggio 2010 a Roma.
Le OOPP agricole, Coldiretti, Cia e Congfagricolturaa e le OOSS Fai-Cisl, flai-Cgil, Uila-Uil hanno definito un aumento salariale del 4,1% per gli operai agricoli e i florovivaisti. Questo è riconosciuto per il 2,5% a partire dal 1° maggio 2010 e per l’1,6% dal 1° gennaio 2011. La durata del contratto è di quattro anni.
r
IferImentIbIblIografIcICARITAS/MIGRANTES, Immigrazione. Dossier statistico 2011, 21° Rapporto, Pomezia ottobre 2011.
PIERI R., PRETOLANI R. (a cura di), Il sistema agroalimentare della Lombardia, Rap- porto 2011, FrancoAngeli, Milano, 2011.
PIERI R., PRETOLANI R. (a cura di), Il sistema agroalimentare della Lombardia, Rap- porto 2012, FrancoAngeli, Milano, 2012.
CRPA, Suinicoltura italiana e costo di produzione, Reggio Emilia, Opuscolo CRPA n.2/2012.
OSSERVATORIO REGIONALE PER L’INTEGRAZIONE E LA MULTIETNICITA’, Rapporto 2011. Gli immigrati in Lombardia, Milano 2012, (www.ISMU.org).
RAGNI M., Comunicazione personale, settembre 2012, (pdf).
Giorgia Modolo
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agricoltura, agroindustria e agriturismo
L’ultima indagine censuaria (ISTAT, 2012a) ha evidenziato una diminuzione delle aziende agrico-le attive in Trentino di oltre il 40% rispetto al 2000 (tab. 1).
tab. 1 - aziende e relativa superficie agricola utilizzata nella p.a. di trento nel 2010
aziende sau Var. 2010/00 (%) (n.) (ha) aziende sau
P.A. Trento 16.446 137.219 -41,6 -6,5
Fonte: ISTAT (2012a) - 6° Censimento generale dell’agricoltura
L’importanza crescente delle attività extragricole, il non sempre favorevole andamen- to congiunturale, il mancato ricambio generazionale all’interno della famiglia coltivatrice e le difficili condizioni ambientali in cui operano le aziende di montagna sono tra le cause principali che contribuiscono a spiegare la significativa riduzione delle imprese.
La Superficie Agricola Utilizzata (SAU) ha mostrato delle variazioni più contenute, attestandosi su 137.200 ettari (-6% rispetto al 2000) (tab. 1). Di conseguenza la dimensione media delle aziende trentine è progressivamente aumentata, superando gli 8 ettari rispetto ai 5 del 2000. La Superficie Agricola Totale (SAT) è pari a 408.900 ettari ed è costituita per il 61% da boschi e impianti arborei da legno.
La morfologia e le condizioni climatiche che caratterizzano il territorio provinciale condizionano le tipologie colturali presenti nelle aziende agricole. I seminativi sono ge- neralmente confinati nelle aree più vocate dei fondovalle e costituiscono circa il 2% della SAU, mentre le foraggere permanenti (prati e pascoli) si estendono su oltre 111.000 ettari (81% della SAU) (tab. 2). Gli ordinamenti colturali sono inoltre caratterizzati dalla presen- za di coltivazioni permanenti che interessano quasi 22.800 ettari (17%).
tab. 2 - ripartizione della superficie agricola utilizzata nel 2010
superficie (ha) In % su totale Var. % su 2000
SAU 137.219 100,0 -6,5
- seminativi 3.102 2,3 -23,4
- coltivazioni permanenti 22.781 16,6 0,2
- prati permanenti e pascoli 111.137 81,0 -7,3 Fonte: ISTAT (2012a) - 6° Censimento generale dell’agricoltura
Rispetto al 2000 è stata osservata una sostanziale stabilità della superficie investita a coltivazioni arboree, mentre per le foraggere permanenti è stato registrato un significa-
tivo calo (-7%). La crisi del settore zootecnico e le difficili condizioni nelle quali vengono svolte le attività di allevamento del bestiame e di foraggicoltura nella montagna trentina hanno determinato la chiusura di molte aziende. Per i seminativi la flessione osservata ha superato il 20%, ma tale tipologia colturale si estende su appena 3.100 ettari ed è costituita prevalentemente da foraggere avvicendate (55%) e da ortive (23% compresivo della super- ficie a patata) (tab. 3).
tab. 3 - ripartizione colturale della sau per seminativi e coltivazioni legnose nel 2010
tipologia colturale superficie (ha) % su totale macrocategoria
Cereali 535 17,2 Legumi secchi 5 0,2 Patata 386 12,5 Barbabietola da zucchero 4 0,1 Piante industriali 11 0,4 Ortive 317 10,2
Fiori e piante ornamentali 23 0,8
Piantine 24 0,8 Foraggere avvicendate 1.709 55,1 Terreni a riposo 87 2,8 totale seminativi 3.102 100,0 Vite 10.389 45,6 Olivo 383 1,7 Agrumi 13 0,1 Fruttiferi 11.773 51,7 Vivai 203 0,9
Altre coltivazioni legnose agrarie 17 0,1
Coltivazioni legnose agrarie in serra 4 0,0
totale legnose agrarie 22.781 100,0 Fonte: ISTAT (2012a), 6° Censimento dell’agricoltura.
Vite e frutteti rappresentano invece, rispettivamente, il 46% e il 52% della superficie investita a colture arboree. Secondo i dati disponibili più recenti, il 63% dei meleti è col- tivato a Golden, mentre tra gli altri gruppi varietali risultano significative le superfici di Red Delicious (12%), Gala (8%), Fuji (6%) e Renetta del Canadà (6%) (ISTAT, 2009). Negli ultimi anni i frutticoltori hanno proseguito il rinnovamento degli impianti che ha portato alla parziale sostituzione della Golden con varietà alternative maggiormente richieste dai mercati1 (gruppo Gala, Fuji, ecc.). I vitigni per la produzione di uve a bacca bianca risulta-
no prevalenti: nel 2009 queste cultivar concentravano circa il 69% della superficie totale2
(P.A. Trento, 2010a).
I dati definitivi del 6° Censimento generale dell’agricoltura mostrano un aumento del patrimonio bovino di circa l’1% rispetto al 2000 (45.500 capi), a fronte di una consistente
1 Le aree maggiormente vocate sono la Val di Non, l’Asta dell’Adige e altre valli laterali.
2 Le aree più vocate sono la Val d’Adige, Vallagarina, Valle di Cembra, Bassa Valle del Sarca e Valsugana, con altitu- dini che vanno da 200 a 700 m. In termini produttivi i vitigni principali sono Merlot, Teroldego, Schiava e Cabernet per i rossi, Chardonnay, Pinot grigio, Muller Thurgau e Traminer aromatico per i bianchi.
flessione del numero di allevamenti bovini (-19%). Tale andamento riflette le difficoltà in- contrate dal comparto zootecnico nelle aree montane, che portano spesso all’abbandono di questa attività e, di conseguenza, delle aree (pascoli e malghe) sulle quali viene svolta. Gli ovicaprini si attestano su circa 33.000 capi, con un incremento del 29% rispetto alla precedente indagine censuaria.
La proprietà degli alpeggi è per la maggior parte pubblica (comuni, A.S.U.C.) o col- lettiva (Magnifica Comunità di Fiemme, Regole, Consortele). Le 300 malghe alpeggiate hanno un carico complessivo di circa 8.500 vacche da latte; la trasformazione casearia viene effettuata in circa 80 malghe, mentre il latte prodotto negli altri alpeggi è conferito ai caseifici di valle (Trentino Agricoltura, 2012).
Nel 2010 il settore agrituristico trentino era costituito da 349 aziende, un valore su- periore di circa il 6% rispetto all’anno precedente (ISTAT, 2012b). Nonostante la crescita il comparto presenta ancora un’offerta limitata, soprattutto se il confronto viene effettuato con la vicina provincia di Bolzano. Nel complesso 265 aziende offrono servizi di alloggio e pernottamento, mentre quelle che erogano servizi di ristorazione e/o degustazione sono 213. Le aziende che forniscono servizi e attività di vario genere (equitazione, escursioni- smo, osservazioni naturalistiche, ecc.) sono 483.
Le imprese alimentari, delle bevande e del tabacco iscritte al Registro delle Camere di Commercio nel 2011 erano 329.