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2. Il discorso diretto ( DD )

2.1 Esclamazioni con L 1 collettivo (e/o indefinito)

Nella maggior parte dei testi cronachistici considerati un impiego elementare del

DD

consiste nell’espressione di enunciati esclamativi, anche molto brevi, riferiti alla vox

populi, ai «romori» del sollevamento popolare. Si tratta di un uso stereotipato nel quale il

corpo dell’enunciato citato è generalmente un’interiezione di augurio (alla vita, o alla

morte) e che può essere introdotto sia dal verbo dire, sia dalla forma gridare (alla quale

può affiancarsi anche dire). Forme verbali come quest’ultima – di norma all’imperfetto,

al passato remoto o al gerundio – possono introdurre autonomamente il

DD

perché

esprimono un’informazione sul modo in cui è stata pronunciata la frase citata. In questi

casi si ha una ridistribuzione dei tratti del discorso originario: nella fattispecie, nel

passaggio da una situazione enunciativa orale (E

1

) a una situazione enunciativa scritta

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                         

ponviti la mano”» (G. Villani, 8.60 509.23); «Onde meritevolmente i· lloro fu verificato quel proverbio che dice: “chi contro a dDio getta pietra, in capo li ritorna”» (M. Villani, 8.84 242.6). Sul trattamento delle fonti nel Villani, e sull’insorgere di un «atteggiamento critico» reperibile nell’espressione della modalità e dell’evidenzialità, si veda RAGONE (1998: 2-102, cit. p. 35).

169 Scrive Emilia Calaresu: «La funzione del DD di rappresentare “drammaticamente” un punto cruciale o

l’apice del racconto del parlante [...] è una caratteristica dei discorsi di tipo essenzialmente narrativo» (cfr. CALARESU 2004: 56 e BAYNHAM 1996: 71 e segg., a cui la studiosa fa riferimento). Sulla teatralità del DD

cfr. anche CHAFE (1983), LI (1986: 30, 38-42) e MORTARA GARAVELLI (1995b: 77).

170 Sulle strategie evidenziali di tipo indiretto, attuate attraverso strutture formate da verba dicendi +

(E

0

), l’informazione sui caratteri intonativi di E

1

è posta fuori dalla citazione e

mantenuta dall’elemento introduttore (verbo citante) che è parte di E

0

. Si riportano di

séguito alcuni esempi, per un massimo di tre occorrenze del fenomeno per ogni autore,

salvo casi di fenomeni di diverso tipo:

- Giovanni e Matteo Villani:

(1) [...] per la qual cosa in sul palagio della podestà letta la detta prosciogligione, e condannato messer Simone Galastrone delle fedite, il popolo minuto gridò: «Muoia la podestà!»; e uscendo a corsa di palagio, gridando: «A l’arme a l’arme, e viva il popolo!», gran parte del popolo fu in arme, e spezialmente il popolo minuto (G. Villani, 9.8 22.21).

(2) Sentendosi questo per la città, tutta fu in gelosia e sotto l’arme, col consiglio e ordine di sopradetti III cavalieri del popolo, che nn’erano capo; sì vennero molti popolani armati sulla piazza de’ priori gridando: «Viva il popolo, e muoiano i grandi traditori» (G. Villani, 13.19 347.30).

(3) [i briganti] sanza essere sentiti, entrarono tutti nella Scarperia a dì XVII di gennaio del detto anno: e stretti insieme si condussono in sulla piazza, gridando: «Muoiano i forestieri, e vivano i terrazzani!» (M. Villani, 2.55 289.2)

(4) [...] e avendo risposto del no, tutto il popolo si levò a romore, gridando: «Viva il Dalfino, e muoiano i traditori!» (M. Villani, 8.88 247.21).

(5) [...] li terrazzani uomini e ffemine sanza armi corsono alla rottura, e gridarono: «Viva il Comune di Firenze!», ricordando la fede loro data, e lla promessa fatta per lo Comune (M. Villani, 11.19 616.3).

- Dino Compagni:

(1) [...] e spezialmente gli avversari di messer Corso gridarono a una voce: «Muoia il podestà! Al fuoco, al fuoco!» (Compagni, I.76).

(2) [...] costui fu messer Corso Donato, che per sua superbia fu chiamato il Barone, ché quando passava per la terra molti gridavano «Viva il Barone», e parea la terra sua (Compagni, 2.89).

(3) Chi più dicea: «Muoiano, muoiano i traditori!», colui era il maggiore (Compagni, 2.111).

(1) Giano [...] fece levare a molti romore et grido; et trassero a furore al Palagio gridando: muoja la Podestà, et col fuoco arsero la porta, sicch’elli intraro dentro (Pieri, 58.23).171

(2) Et così, gridando l’una parte: «Viva il popolo et muoiano i grandi!» et l’altra gridava: «Vivano i grandi et muoia il popolo!», crebbe sì i· rromore che le case di forniro et asserralgliossi la terra catuna parte (Pieri, 168.9).

- Anonimo fiorentino:

(1) Sabato, a dì XVIII di genaio si chominciò a gridare: «Viva Parte Ghuelfa», sanza nesuna insegnia, e chorsono e’ ghuelfi per tutta la città sança trovare nesuno intoppo di persona, tutti cholle spade i·mano gridando: «Viva Parte Ghuelfa» (Anonimo fiorentino, 2.64).

(2) E tutte le case fuori le lucerne e chi lumiere, e gridavasi: «Al fuocho a chasa i ghibellini» (Anonimo fiorentino, 9.49).

(3) E questo dì ci ebe letere e lesorsi i·Palagio, chome tutta la Provença s’era levata contro a messer Ugho dal Salto, signore di Provença, e caciatolo via e gridato: «Viva i·re Charllo e Madama e ’l santo Papa Urbano sesto da Roma» (Anonimo fiorentino, 12.157).

- Domenico Lenzi:

(1) Et andavano piangendo e lamentando e bestemmiando sé e la divina potenza chiaramente, et diceano: «Questi ladri ci volliono fare morire di fame!» (Lenzi, 296.11).

(2) [...] erano grande gente e stavansi piangendo dirottamente e gridavano inverso i Sei: «Misericordia! Inchreschiavi di noi, che noi non moiamo di fame per questa sancta Pasqua! Consolateci et aiutateci per amore di Gesò Christo» (Lenzi, 300.3).

(3) E così correndo con disperata provisione quelli poveri sanza novero al maggiore palazzo, dove quelli comandamenti dinanzi erano fatti, giungiendo gridavano: «Misericordia!»; chi: «Al fuocho!»; chi: «Muoia!»; chi una e chi altra, tanto ch’a ssì fatto romore tutta la città corse, e armasi chi può per se medesimo guarentire (Lenzi, 320.20).

- Istorie pistolesi:

                                                                                                               

171 Il testo della citazione è stato ricavato dall’interrogazione del corpus TLIO e fa riferimento all’edizione

(1) [...] il simile feciono delle guardie della porta, e incominciarono a gridare: La terra è de’ Lucchesi (Istorie pistolesi, 44).

(2) La gente de’ Lucchesi, per forza tagliata la porta, entrò dentro, gridando: Vivano i Guelfi e ’l Popolo di Lucca, e muoiano i Ghibellini (Istorie pistolesi, 45).

(3) Costoro, vedendo che non si poteano appressare al palazzo de’ Priori, nè entrare dentro, nè fare neente del loro intendimento, si partirono della piazza, e andavano gridando per Firenze: Viva lo popolo (Istorie pistolesi, 357).

- Ranieri Sardo:

(1) Lo mercholedì decto di sopra, a dì 20 di maggio, tra lla nona e ’ll vespero, si levò in Pisa lo romore diciendo: «viva lo popolo!» e chi dicieva: «muoia lo inperadore!» (Sardo, 127.9).

(2) I chapi del tractato furono: maestro Bernardo, Chele di Giante, Federigho del Mungniaio li quali dovevano levare lo romore et dire: «viva Cieccho Agliata et Piero Ghanbachorta!» et «viva le ghabelle!» et «viva lo popolo minuto!» (Sardo, 149.1). (3) [...] per la qual chosa quelli cittadini che cciò avevano facto furono a misser Ghualtieri

gridando: «libertà!» et che l’uficio dell’anzianaticho tornasse al modo primaio (Sardo, 173.4).172

(4) A armata mano si chorsono alle porti della città di Verona, di che lo popolo di Verona, vedendo ciò, gridarono et dissono: «muoia lo tiranno et viva lo chonte di Vertù!» et chosì ferono lo pacto cholla gente del chonte di dare loro la terra, salvo l’avere e lle persone (Sardo, 241.4).

- Francesco di Giovanni di Durante:

(1) A die xxvj di lulglio ano 1343, il sabato dopo nona, il populo di Firençe e’ grandi corsono Firençe gridando “Viva il populo”, tuti armati a ferro (Ricordanze, 143.13). (2) il populo di Firençe si levò a romore in sul meço die gridando «Viva il popolo»

(Ricordanze, 147.41).

- Cronaca senese:

                                                                                                               

172 Si noti, l’inserimento del relativo subordinante e il passaggio dal DD al DI, retti entrambi dalla

(1) [...] e la note non si restò mai di piovare, e la matina su levare del giorno rizoro la bandiera de’ Sanesi in su la torre maestra della Scharparia e gridavano: Siena, Siena e Lupa, Lupa (Cronaca senese, 149.5).

(2) E quando la giente del chomuno di Siena entrò in Montealcino, d’uomini e donne, grandi e picholini se lo’ fecie inchontra tutto el populo di Montealcino cho’ gli ulivi in testa e in mano, in segno di pacie e gridavano: viva el chomuno di Siena (Cronaca senese, 156.9).

(3) E nel detto anno, a dì 27 di dicenbre furo sette tremoti grandissimi, e furo una domenicha a matina in sul matino ed erano sì grandi, che ogni uomo aveva grande paura, e ogni uomo ’sciva fuore delle loro chase e fugivano nelle chiese gridando: misericordia, misericordia. (Cronaca senese, 157.9).

- Donato Velluti:

(1) [...] subitamente per Porta Rossa da casa gli Strozzi venne moltitudine di popolo minuto, essendo capo messer Andrea di messer Andrea degli Strozzi, gridando: «Viva il popolo minuto!» e vennono in su la Piazza de’ Priori, e poco a questa (Velluti, 167.1).

(2) Dopo la quale entrata il popolo di Pisa corse Pisa, gridando: «Viva lo ’mperadore», e «Libertà»; e riformarono la terra d’Anziani. (Velluti, 264.2).

- Marchionne di Coppo Stefani:

(1) I Lamberti furono quelli che andarono alla casa de’ Trentasei e gridarono: «Fuori, traditori Trentasei» (Stefani, 51.28).

(2) Quando videno in sulle porti i lumi, gridando le guardie: «Viva il popolo, e muoiano gli sbanditi», si tornarono indietro. (Stefani, 133.8).

(3) [...] il popolo cominciò a rugghiare, com’era diliberato ed ordinato per gli traditori, e gridarono: «A vita, a vita; viva il signore duca d’Atene, in tutto sia Signore» (Stefani, 196.16).

Come si vede si tratta di formule stereotipate e scarsamente variabili, trasversali alla

maggior parte della produzione cronachistica del tempo.

173

L’uso del verbo gridare

                                                                                                               

173 Al di fuori del corpus qui esaminato, segnalo ad esempio che usi del genere sono presenti anche nella

Cronica di Anonimo romano: «Moite perzone ivano gridanno de notte: “Pane, pane”» (IX 35, 5-6); «Subitamente voce veo: “A l’arme, a l’arme! Puopolo, puopolo!”» (XII 71, 22-23); «Subitamente veo voce

rappresenta una cifra espressiva degna di nota, in un contesto in cui – anche nell’ambito

del

DD

– difficilmente si va oltre l’impiego di forme come dire o rispondere.

174

La ricerca

dell’espressività descrittiva, oltre che nell’indicazione prosodica fornita dal verbo

introduttore, appare anche nella resa di alcune situazioni discorsive multiple.

Nell’esempio (3) del Lenzi, il secondo e il terzo

DD

presentano l’ellissi del verbo

introduttore e l’unico elemento di introduzione è il pronome relativo. Si tratta di una

pratica espressiva comune impiegata soprattutto, come si vedrà, nella resa dei dialoghi:

l’alto livello di interazione spinge il cronista a snellire il sistema introduttivo, rendendo la

descrizione più fluida e vicina alla resa della simultaneità. In casi del genere, la funzione

narrativa espletata dal modulo è quella di ridurre il tempo fisiologico del flusso della

scrittura, limitando le strutture introduttive del

DD

per simulare il tipico sovrapporsi

delle voci durante un tumulto. Nell’ambito del

DI

un simile uso è rintracciabile nei casi

di ipotassi multipla, nell’allineamento delle subordinate completive, ed è vòlto

generalmente alla gestione di più enunciati di un singolo locutore (L

1

). L’ellissi del verbo

introduttore, sostituito non dal pronome ma dalla semplice congiunzione, si riscontra

anche nell’esempio (2) di Ranieri Sardo. In questo caso si dovrà notare, oltre all’uso

dell’infinito del verbo (dire), una particolare relazione tra la situazione enunciativa in

corso (E

0

) e il discorso originario (E

1

). Si tratta di un caso di inversione nei tempi delle

due situazioni enunciative, dove il discorso riportato in E

0

precede il discorso originario.

La resa di discorsi non ancora pronunciati, pur rientrando nei parametri che definiscono

il

DR

, indica ancora una volta l’incerto rapporto che intercorre tra il

DD

e la sua presunta

fedeltà nella resa verbatim delle parole di L

1

. Dal punto di vista dei tempi verbali si nota,

negli esempi, il predominio del gerundio e dell’imperfetto, più raro l’uso del passato

remoto (Compagni (1)) e delle strutture infinitive citazionali (Anonimo fiorentino (1),

Istorie pistolesi (1), Sardo (2)). Interessante l’uso del participio passato nell’esempio (3)

dell’Anonimo fiorentino, motivato dalla presenza di una situazione enunciativa

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                         

gridanno: “Viva lo puopolo, viva lo puopolo”. A questa voce la iente traie per le strade de· llà e de cà. La voce ingrossava, la iente cresceva» (XXVII 193, 30-34).

174 Si veda al riguardo l’osservazione di Gianluca Lauta: «L’impressione di piatta iteratività che il lettore

moderno riceve, particolarmente in corrispondenza dei VIDR [verbi introduttori del discorso riportato ], si deve soprattutto a uno scarso repertorio di verbi appartenenti alla sfera emotivo-affettiva. Parlo di forme come esclamare, fremere, sospirare, ecc., in posizione di VIDR, che in testi moderni appaiono del tutto ovvie e che sono invece rarissime nel testo antico» (LAUTA 2004: 254).

intermedia situata tra E

1

e E

0

: la lettera, letta pubblicamente, che informava degli

avvenuti moti provenzali. In casi come quelli appena visti il contenuto enunciativo dei

DD

è in genere breve e invariabile e la scelta della forma diretta risponde a una funzione

narrativa di tipo espressivo.

175