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francese, innervati dalla storia ecclesiastica; e un secondo che, mettendo insieme il progetto di storia universale d’ascendenza cristiana e le memorie cittadine, produce una vivace tradizione cronachistica che in molti casi si presenta come il “prolungamento” della memorialistica familiare» (GUALDO 2013: 16, il riferimento tra virgolette è a CASAPULLO 1999: 145). Le «costanti fisiologiche» riportate riguardano il secondo filone, ovvero a quelle cronache che s’innestano «naturalmente, ma con maggior consapevolezza politica e culturale, sulla pratica quotidiana dei mercanti di registrare eventi rilevanti per la famiglia: i fatti storici sono esposti secondo schemi lineari, in molti casi assai semplici e fondati su una scansione annalistica che procede con notevole fissità formulare» (Ibid., cit. p. 19).

209 All’origine della definizione di “prosa media” lo stesso Dardano pone il contributo critico sul Novellino

offerto da Salvatore Battaglia, nel quale per la prima volta si riconosce nell’opera l’esito maturo di una tradizione di scrittura colta (DARDANO –TRIFONE 1995: 22).

210 Cfr. Franca Ragone: «Il “genere” cronaca non si serve di un vero e proprio sottocodice narrativo, e

sono state notate in alcuni casi forti contaminazioni con altre scritture, come quella notarile, in particolare, ma anche novellistica e memorialistica; al punto che possiamo collocare la cronaca alla confluenza di diversi moduli, più o meno prettamente letterari, tenuti insieme dal piacere, dall’esperienza e dall’utilità del raccontare» (RAGONE 1998: 120). Si ricordi che anche Dardano segnalava come le differenze tra i testi di tipo pratico e i testi in prosa media, ad esempio, «appaiono più chiaramente se consideriamo le predisposizioni pragmatiche dei testi» (DARDANO –TRIFONE 1995: 18).

Come si è accennato, il contenuto tematico delle cronache si presenta frammentato,

rispecchiando l'episodico ricorrere dei fatti e delle cose notevoli. Si creano così, durante

la narrazione, momenti di passaggio necessari per far procedere il racconto e in grado di

sopperire alla difficoltà descrittiva prodotta dalla simultaneità degli avvenimenti. Non

essendo possibile dare conto della molteplicità degli episodi all'interno di un unico

flusso narrativo, il cronista ricorre spesso a formule di rimando o di ripresa che gli

permettono di mantenere coerente l'intreccio complessivo delle vicende trattate. Com’è

emerso dallo studio degli elementi deittici rintracciabili nei testi cronachistici considerati,

in particolare nell’ambito della deissi testuale, la gestione della materia è spesso

affrontata dai cronisti attraverso il ricorso a espressioni discorsive. Come si è visto si

tratta di momenti enunciativi che si attivano sul versante indessicale del testo, in

presenza di elementi crono- e logo-deittici e di verbi coniugati alla prima persona o

impersonali. Espressioni di questo tipo svolgono nei testi funzioni strutturali di natura

gestionale e acquistano fisionomie formali di tipo formulare.

211

Lasciando sullo sfondo il

valore deittico degli elementi, appare interessante esaminare quali siano quelle forme

verbali che con maggior frequenza acquistano un valore metanarrativo, definendo così

una graduatoria sulle loro specializzazioni funzionali. Si tratta di osservare quali siano le

tipologie verbali impiegate dai cronisti in riferimento alla loro operazione narrativa, così

da cogliere nei termini dell’enunciazione anche eventuali sfumature semantiche sul tipo

di percezione relativa alla pratica storiografica.

212

I verbi esaminati, suggeriti dall’indagine

trasversale condotta sulla deissi, sono di tipo prettamente espositivo, come, dire, scrivere,

divisare, trattare, parlare, raccontare, narrare, ai quali spesso si aggiungono verbi diversi come

tornare, ritornare, riprendere, abbandonare o lasciare.

Come si vedrà questi verbi ricorrono con percentuali diverse, rendendo possibile

ricostruire il rapporto tra l'uso specializzato di un termine e le fisiologiche necessità di

                                                                                                               

211 Sulle formule d’inquadramento testuale cfr. DARDANO (2013: 130-133), in cui si considera - all’interno

di alcuni volgarizzamenti dal francese - l’uso metanarrativo dei verbi dire, lasciare e domandare (quest’ultimo con valore metanarrativo nei confronti non della fonte ma del lettore).

212 In questo senso si vedano gli interessanti rilievi di Franca Ragone sul versante lessicale della definizione

variatio del dettato. Qui di séguito alcuni luoghi indicativi in cui compaiono singole voci

verbali con funzione metanarrativa:

213

- dire

(1) In Arezo era Uguccione da Faggiuola, come è detto, che per alcune sue opere sospette fu rimosso della signoria (Compagni, 2.33 180.33);

(2) E volendo i Cerchi signoreggiare, furono signoreggiati, come innanzi si dirà (Compagni, 1.27 155.16);

(3) E acciò che gli strani possano meglio intendere le cose advenute, dirò la forma della nobile città, la quale è nella provincia di Toscana (Compagni, 1.1 131.19);

(4) De’ quali non dirò il nome per onestà: ma non posso tacere il nome del primo, perchè fu cagion di fare seguitare agli altri, il quale fu il Rosso dello Stroza (Compagni, 2.8 161.22);

(5) E chossì fue facto e acciò che meglio infermiamo el nostro decto diremo del nome d’alquante altre città di Toschana sì chomo ne le storie che nnel parlare si trovono (Libro fiesolano [ms. Orsucci 40], 61.4);

(6) Martedì dì detto, a dì XXV del detto mese d’aprile, i detti Sei mandarono comperatori per lo comune a Fighine e anche ad altri merchati di quali io non vi conto per la lungha materia; il dico forse che si direbbe sì il vero, Io dicho del merchato da Fighine (Lenzi, 300.22);

(7) Io v’avre’ bene contato ogni dì, ma sarebbe troppo lungha materia; dirovvi più inanzi alchuno dì come si vendé e com’elli si diede e con quanti pianti e duoli, e per chenti persone (Lenzi, 338.4);

                                                                                                               

213 Il corpus è stato interrogato digitalmente, effettuando ricerche sia per lemma, sia per forma. Per alcuni

testi, come le Istorie pistolesi e il Diario di Anonimo fiorentino, lo spoglio è stato condotto a mano, selezionando porzioni testuali di riferimento e riportando i fenomeni più notevoli. Riporto in grassetto la forma o le forme verbali di valore metanarrativo e in corsivo il corredo indessicale dello scarto enunciativo.

(8) A die iij d’aghosto in domenicha ano 1343 i quattordici uomeni di Firençe chiamati sopr’a rachonciare la Cità deti di sopra, andarono in sullo Palagio di Priori (Ricordanze, 146.39);

(9) Ma ancora v’era suso il Ducha, ed aveavi suso cho lui i Priori vechi fati da lui, e molti Fiorentini: e questo ch’ò deto ora, fue a dì iij d’aghosto in domenicha (Ricordanze, 146.25);

(10) [...] e ’l palagio rimase ai 14 buoni uomeni e chiamati per insino a Kalendi otobre ano 1343 e a le sei podestadi ch’erano chiamate per fare la Signoria di Firençe, chome ò deto qua adreto (Ricordanze, 147.26);

(11) E lla città di Fiesole fu perciò così chiamata, inperciò che in tutte le parti d’Uropia fu la prima città, sichome detto è di sopra (Libro fiesolano [ms. Magliab. XXV. 505], 94.34);

(12) Bene si raconciarono poi co· llui, come si dirà in altro capitolo innanzi (G. Villani, 13.47, 408.1);

(13) Il fine a cche vennero si dirà inanzi a tempo e luogo, quando saremo sopra la detta matera (G. Villani, 13.69 463.15);

(14) Lasceremo alquanto di questa matera infino alla venuta del re d’Ungheria, e diremo d’altre novità che ne’ detti tempi furono in Roma (G. Villani, 13.104 521.5);

(15) E fatto questo accordo, quale che ssi fosse la cagione, i · rre d’Ungheria non lasciò incontanente i reali che avea prigioni in Ungheria, anzi li tenne insino al settembre prossimo, com’al suo tempo si dirà, ocorrendo prima altre cose che richeggiono il debito alla nostra penna (M. Villani, 2.65 307.20);

(16) Lasceremo assediata Bibbiena, e a ssuo tempo diremo come fu presa, e diremo alquanto delle cose straniere, che in questi tempi avennono da ffare menzione (M. Villani, 9.52 361.10);

(17) E questo basti in quanto a ragionare delle due sconfitte de’ Fiorentini, l’una fu nell’anno MCCXXX; e l’altra fu ne l’anno MCCLX, cioè della sconfitta detta di sopra; e fu a dì IIII di settenbre l’anno detto (Cronaca senese, 61.28);

(18) El quale contado del comuno di Siena ce l’aveva tolto lo ’mperadore Otto e per lo fatto a lui, come dice qui di sopra, lo rendé a’ Sanesi (Cronaca senese, 44.14); (19) E veduto la santità sua la quale aveva dimostrata in verso di questa città, come disi quando ci venne l’atra volta per cometere la pace tra molta gente e fu ubito e fece gli ordini delle monache del suo ordine (Cronaca senese, 47.21);

(20) [...] e aveva con seco XXII centinaia di chavalieri e più d’altretanti pedoni, ed eravi miser Nicolò Buonsignori, ribello di Siena, come disi la chagione perché fu fatto ribello quando arse la porta a l’Archo, el quale miser Nicolò ghuidava lo ’nperadore a Roma, el quale voleva andare a pigliare la corona a Roma, la quale gl’aveva promesso el papa quando fu eletto inperadore (Cronaca senese, 93.28);214

(21) [...] ed anche poi innanzi che io uscissi de’ Priori, pe’ fatti di Pistoia, avendo balìa di potere ribandire banditi di bando, feci con poco costo che detti Amio ed Iacopo furono tratti di bando. E sopra ciò più non dico (Velluti, 21.11);

(22) Ora diciamo di Mico; e poi diremo del figliuolo, e figliuole, e discendenti. Mico fu [...] (Velluti, 27.4);

(23) Ma perché di detto Gherardo non è oggi niuno descendente , e ’l simile d’Alessandro e Scolaio loro fratelli, e figliuoli del detto Filippo e monna Gemma sua seconda moglie, dirò in prima di loro, e poi [Ø] del detto Lamberto (Velluti, 104, 11);

(24) Et da poi la ditta matina vestite sei nominati li quali erano, come deto è, erano prima fraticelli vestiti, che funo vestiti dallo dicto priore si Sa· Paulo (Storia Mon. Nicosia, 16.11);

(25) Ma comecchè di nostra materia non sia, pure alquanto diremo, come il Papa dicea essere ragione dello re d’Ungaria lo reame (Stefani, 313.6);

(26) Et al dicto stimo si debbono chiamare cittadini 60, ciò è 12 per quartieri, et debonsi partire in cinque parti, ciò è in cinque gite, ciò è 12 per ongni gita; li quali sono questi che noi diremo di socto: la prima gita [...] (Sardo, 242.18);

                                                                                                               

214 Nei passi (18) e (19) è interessante notare la sostituzione dell’elemento indessicale con il richiamo

contenutistico al già detto. In questi casi il cronista sembra fare riferimento al flusso narrativo dal punto di vista della successione dei temi e non al testo nella sua progressione fisica.

La selezione di luoghi appena proposta cerca di dare conto delle formule testuali più

ricorrenti attivate dal valore metanarrativo della forma verbale. Dal punto di vista del

vettore testuale dell’informazione, nei termini della direzione indicata dal rinvio (al «pre-

testo», al «post-testo» o al «con-testo»), l’uso del verbo dire permette la più ampia gamma

di realizzazioni: gli esempi (1) (8) (9) (10) (11) (19) (20) (24) rinviano al «pre-testo», il

tempo del verbo è al passato e gli indicatori indessicali (in corsivo) esprimono

anteriorità; gli esempi (2) (3) (4) (5) (7) (12) (13) (14) (15) (16) (23) (25) (26) rinviano al

«post-testo», il tempo del verbo è al futuro e gli indicatori indessicali esprimono

posteriorità; gli esempi (6) e (21) rinviano invece al “momento contestuale”

dell’enunciazione testuale, segnalato tra l'altro dall’uso del tempo presente. Il verbo dire

ricorre nei testi con una frequenza molto alta ed è la forma verbale più produttiva per la

realizzazione di momenti discorsivi di natura metanarrativa.

215

Si tratta del verbo

espositivo principale e dal punto di vista semantico non presenta una marcatura in grado

di fare luce sulla percezione dell’atto narrativo da parte dal cronista.

216

L’uso di dire

acquista un valore semanticamente neutro, diverso da quello riscontrabile in altre forme

verbali più specializzate e si presta, meglio di altri, alle funzioni di gestione. In merito

agli esempi riportati occorre però fare un'ultima annotazione, in particolare riguardo ai

casi (4), (6) e (7), dove la funzione di raccordo, pur presente, lascia il passo a un uso

retorico notevole. In questi casi i cronisti si adeguano alla componente di preterizione

della tradizione, orientando o dichiarando – ancora più marcatamente – di saltare un

                                                                                                               

215 Si consideri che solo per la forma diremo, per la quale il valore metanarrativo è il principale, si hanno

almeno 177 occorrenze nel corpus, attestate soprattutto nei testi di Giovanni Villani (118 occorrenze), di Matteo Villani (22 occorrenze), dello Stefani (20 occorrenze) e del Velluti (9 occorrenze). Si ricordi, al riguardo, come l’espressione formulare dell’autore collettivo (noi diremo) sia un tratto tipico del testo villaniano. La formula impersonale del verbo, ovvero il tipo (come si) dirà ricorre in maniera nettamente inferiore, fermandosi alle 12 occorrenze complessive, di cui 3 in Giovanni Villani (Compagni 4, Libro fiesolano [ms. Orsucci 40] 1, M. Villani 1, Stefani 2, Sardo 1). La forma del verbo al passato, nelle espressioni come detto è, come detto avemo, arriva invece alle 300 occorrenze complessive.

216 Allo stesso modo, un altro verbo neutro e per così dire tecnico è divisare che compare solo due volte

nel corpus, entrambe con valore di rinvio al «post-testo»: «Poi si partì di quello luogo, ed andosene in camera, la quale trovò così parata con un’altra più picola a lato a quella, come qui si diviserà (Conviti, 7.18)»; «[...] a tanto erano condotte per lo secco, che se non fosse la maniffesta grazia che Madonna fece alla procissione dell’antica tavola della sua effigie di Santa Maria in Pineta, come al suo tempo si diviserà, erano i popoli di Toscana fuori della speranza di ricogliere grano» (M. Villani, 3.104 458.14).

pezzo della storia. Risulta ben visibile, in questi casi, l'elemento di scelta della narrazione

storica e le soluzioni, talvolta raffinate, adottate dai cronisti per risolverne le implicazioni

narrative.

Se attraverso l’uso di dire si manifestano alcune formule discorsive di gestione della

materia trasversali all’intero corpus, anche nel caso del verbo scrivere si segnalano

numerose attestazioni.

217

Ecco alcuni luoghi:

- scrivere

(1) Perciò che gli uomini naturalmente son vaghi, et desiderano d’udire, et di sapere le antiche cose passate, per ricordanza scriveronne aliquante (Pieri, 1.7); (2) Come quivi fu ricieuto ed in quanti modi onorato, ed in quante diversità d’onori, se non saprò scrivere, no fia maraviglia (Conviti, 6.8);

(3) Qui furono nove vivande tripricate, che furono ventisette, di tante diversitadi, che a volerle scrivere non ò memoria; e a questa penna perderebe la temperatura; però ch’ò a scrivere molte altre cose: ma in soma, qui fu d’ogni cosa che si può pensare che fosse cara, bona, migliore e ottima (Conviti, 10.6);218

                                                                                                               

217 Le attestazioni della forma infinita scrivere sono 102 e di queste 70 hanno valore metanarrativo, secondo

le proporzioni indicate di séguito: 4/5 Conviti; 8/11 Compagni (di cui 3 solo nel prologo, altre 3 secondo la formula «proposi di scrivere», 1 «non è mia intenzione scrivere», 1 «non intendo scrivere»); 1/7 G. Villani; 19/32 M. Villani (di cui una nel prologo, alcuni usi ricorrenti delle formule «vergognomi di scrivere» e «appresso scrivere dovemo»); 30/32 Velluti (costante, spesso in posizione iniziale, l’espressione «seguita di scrivere di»); 1/8 Stefani («che non è di necessità a nostra materia tutto scrivere»); 1/1 Sardo («li quali si sare’ lungho a scrivere»); 6/6 Lenzi (per la forma schrivere). L’uso del participio passato scritto conta 95 occorrenze di cui 35 pertinenti secondo le seguenti proporzioni: 3/4 Pieri (2 occorrenze dell’espressione «e perciò l’ho scritto», 1 «de’ quali è scritto addietro due anni»); 0/3 Compagni; 8/9 Lenzi; 4/19 G. Villani; 0/6 Cronaca senese; 9/19 M. Villani (ricorrente l’uso «Vergognomi avere scritto» e i rimandi al pre-testo «com’è scritto adietro» e «scritto avemo di sopra»); 8/15 Velluti (diffuse le espressioni «come ò scritto» e «Avendo scritto», iniziale); 3/19 Stefani. Il futuro scriveremo conta 10 occorrenze, di cui 1 M. Villani, 7 Lenzi e 2 Stefani. Il passato scrivemo (o scrivemmo) 6 occorrenze, di cui 1 G. Villani e 5 M. Villani. Il gerundio scrivendo 5 occorrenze, di cui con valore metanarrativo 1/2 Lenzi, 0/2 G. Villani, 1/1 Velluti.

218 Il passo è notevole anche per l'allusione al mezzo scrittorio, ovvero alla «temperatura della penna» (cfr.

(4) Le ricordanze dell’antiche istorie lungamente ànno stimolata la mente mia di scrivere i pericolosi advenimenti non prosperevoli, i quali ha sostenuti la nobile città figliuola di Roma (Compagni, Premessa 131.4);

(5) Lasceremo a dire più di questa guerra, e torneremo a dire come il re d’Inghilterra passò in Normandia sopra il re di Francia ch’assai ne cresce matera di scrivere (G. Villani, 13.62 443.10);

(6) Tornando a nostra materia dell’assedio de la città di Lucca per gli Fiorentini, come lasciammo nel quinto capitolo scritto adietro, per la partita de’ cavalieri tedeschi che n’uscirono [...] (G. Villani, 11.170 733.5);

(7) Aimè! ch’io non posso tanto schrivere quanto da schrivere io ò! Fralle altre adunque tue ingratitudini, questa si pruova così, che pattovito per lo Fiorentino al tempo della già tanto schritta fame e charestia teco CCCCmoggia di grano (Lenzi, 351.24).

(8) Ma perciò che talora aviene che chi sa cognoscere per sé con fighura non sa forse leggere, e per più d’infamia a tanto male rapportare e gloria e honore perpetuo a la mia Firenza sopraporre e agiungere, nella presente pintura si dimostra più propio che si può le già schritte cose di Siena e lla verace benivollienza verso i poveri della detta nobile città fiorentina (Lenzi, 323.5).

(9) Ma per mellio dare a intendere, però che a questo pane di comune correva e cittadini e contadini e etiandio de’ forestieri e funne calcha, si schriverrà oltre più ordinatamente che adietro non è fatto del mese di giugno che seguita, non ostante che le dette canove fossono cominciate di febbraio passato come di sopra è detto (Lenzi, 323.17).

(10) Ed essendo chiamati nuovi Sei e huficiali alla detta piazza per buoni huomini per lo comune, perché proveghano sopra il grano e lla biada, qui a presso sono scritti (Lenzi, 303.21).

(11) [...] a lo honore di quali indubitantemente alla presente povera faticha mi mecto e lloro priegho con divota petitione ch’a questa opera di questo librecto intitolato Specchi’ umano - ove si tracterà l’anno e ’l mese e ’l die quanto è venduto il grano e altra biada in sulla piazza d’Orto Samichele, e alchuno crudele karo e fame sentiti in quella già decta mia patria e in tucte l’altre sue circustanti

cictadi, e altre più e diverse parti, scrivendo tra esse d’altre schoncissime cose adoperte e commesse contra quella Fiorenza [...] (Lenzi, 158.15).219

(12) [...] che quello che catuno doveva desiderare per grande e onorevole acrescimento della sua patria, avendo molti contrari al segreto squittino, si vinse solo per una fava nera; vergognomi avere scritto, con tanto vituperio de’ miei cittadini (M. Villani, 3.73 413.1).

(13) Fermata la lega tra santa Chiesa e’ signiori di Lombardia, come scritto è di sopra, anzi che altro movimento per li collegati si facesse, messer Bernabò mandò sue genti sopra il signore di Verona (M. Villani, 10.99 577.3);

(14) [...] però che facendo, i nostri passati, traffichi di mercatantia in tanti parti, come di sopra scrissi (Velluti, 29.8);

(15) E tornando alla nostra materia, a volere scrivere de’ detti Donato Bonaccorso e Cristiano ch’erano rimasi, e de’ loro figliuoli ch’erano rimasi, e morti poi i detti Donato e Cristiano, che non trovo e non so in che tempo morirono, ma dimostra per certe scritture morissero innanzi edificassino que’ ch’erano rimasi il detto palagio (Velluti, 9.18).220

(16) De’ quali per ordine scriveremo; e prima di Bernardo. Bernardo di Matteo nacque [...] (Velluti, 40.5);

(17) [...] ma perchè la detta monna Filippa loro madre è anche morta, in prima scriverò di lei. La detta monna Filippa [...] (Velluti, 47.4);221

(18) Della detta monna Lisa à già tre figliuoli maschi, Matteo, Antonio, e Taddeo; ed è tutto dì per farne colla speranza di Dio. Quello seguirà per lo ’nnanzi

                                                                                                               

219 Si noti come il Lenzi, oltre ad essere tra i pochi cronisti, insieme a Giovanni Villani, a dare un titolo alla

propria opera, ne collochi il titolo (Specchio umano) nell’incipit al fine di evitarne la caduta (cfr. RAGONE

1998: 111).

220 Interessanti gli elementi lessicali che rimandano alle modalità di ricerca delle informazioni da parte del

cronista, come il «non trovo» e le non meglio precisate «certe scritture». Si ricordi che i verbi cercare e trovare rappresentano le espressioni di uso più consueto per indicare il reperimento delle fonti, sebbene «sembrerebbero rimandare a tecniche di indagine ancora poco affinate, dominate dalla casualità e dall’improvvisazione, condizionate da un accesso seriale alle fonti» (cfr. RAGONE 1998: 113).

221 L’uso al futuro della prima persona singolare del verbo (scriverò) è attestato unicamente nel Velluti (10

io o altri lo scrivverà; chè assai ne potrà avere, essendo d’età di meno di XXXV anni, e sano e gagliardo e atante egli e la moglie, con la bontà che in lei regna (Velluti, 44.1);

(19) Ora seguita di scrivere, vogliendo tornare a nostra materia, avendo scritto del parentado di nostra madre, di scrivere de’ miei frategli e me e nostri discendenti, e parentadi per noi aquistati (Velluti, 141.2);

(20) [...] considerando che chi vorrà leggere sarà molto ammaestrato, e dal reggimento passato se in ciò si diletterà per lo futuro potrà esemplo prendere; e perché così il laico come il litterato di ciò possa prendere frutto in volgare latino scriveremo (Stefani, Preambolo, 1.19);

(21) Lo seguente dì feciono poi li priori, li quali furono questi e i gonfalonieri e i Dodici, i quali qui appiè sieno, e scriverolli per ordine, come si danno, e traggono; i maggiori di sopra e quelli delle minori di sotto (Stefani, 326.7);

(22) Come per addietro è scritto, rubrica 871, fu posto per la morte di messer Giovanni di Mone, ambasciadore del Comune in Arezzo, che quegli da Panzano fussero ribelli, se non ammazzassono, infra uno anno, o facean morire, Tommasino (Stefani, 387.20) [rubrica 889]

(23) [...] Jachopo Grasso, Bartolomeo di Falduccio et infiniti degli altri assai li quali sarebbe [troppo lungo] iscrivere (Sardo, 158.22).

L’uso metanarrativo del verbo scrivere compare nei testi dei Villani e dello Stefani, in

quelli del Pieri e del Compagni, nel testo dei Conviti fatti a papa Clemente V, nel Libro del