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Esclusione della natura preventiva

CAPITOLO 2 La natura giuridica della confisca dei proventi criminosi

2.3 Una ricostruzione alternativa: la natura ripristinatoria delle ipotesi di confische dei proventi 47

2.3.3 Esclusione della natura preventiva

Non pare potersi sostenere, in primis, l’assunto di una presunzione di pericolosità delle cose derivanti da reato, portato avanti dall’esposta giurisprudenza su confisca diretta, allargata e c.d. di prevenzione, nonché da parte della dottrina anche per la confisca per equivalente.

Una natura (almeno parzialmente) preventiva può affermarsi per le ipotesi di confisca facoltativa (che è la regola di default per quanto riguarda prodotto e profitto del reato), per le quali è previsto uno specifico accertamento del Giudice. Quest’ultimo, infatti, è inteso dall’opinione prevalente quale verifica della concreta pericolosità di reiterazione nei reati che potrebbe derivare dal mantenimento della res nella disponibilità del reo161.

157 In realtà, nel caso in cui si decida di esperire l’azione civile nell’ambito del processo penale, la dichiarazione di colpevolezza dell’imputato diventa un elemento necessario anche per la condanna al risarcimento dei danni (tranne nelle ipotesi eccezionali degli articoli 576 e 578 c.p.p.), ma nella stessa sede può essere responsabile patrimonialmente anche il responsabile civile (pur non penalmente colpevole). Inoltre - per gli stessi identici fini in relazione al medesimo fatto di reato - è possibile agire in sede civile (con il meno rigoroso standard del “più probabile che non”).

158 Nella società pre-industriale non vi erano molti dubbi sulla vigenza, nell'ambito della responsabilità civile, della funzione etico-dissuasiva del “ut nemo laedatur” di Grozio. Con i mutamenti della società industriale e, più in generale, con l’aumento dei rischi leciti consentiti, ha assunto un ruolo crescente anche la funzione di distribuzione del peso economico dei rischi: così ad esempio per le attività pericolose (2050 c.c.) i cui danni sono compensati da chi la compie (ed eventualmente ridistribuiti sul costo finale del prodotto); ancora, in particolari ambiti (ad esempio: responsabilità medica o da circolazione stradale), è il sistema assicurativo obbligatorio il metodo prescelto dal legislatore per distribuire il peso dei danni che possono derivare da attività in sé socialmente indispensabili. Sul punto, cfr. F.GALGANO, Le antiche

e nuove frontiere del danno risarcibile, in Contratto e impresa, 2008, 80 ss. Per una ricostruzione diversa, che sottolinea

la permanenza dell’antigiuridicità, C.M.BIANCA, Diritto Civile, vol. 5, La responsabilità, Milano, 2012, 543 ss.

159 In generale, nell’ambito delle sanzioni amministrative, cfr. F. GOISIS, Verso una nuova nozione di sanzione

amministrativa in senso stretto: il contributo della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2014, 337 ss.

160 Si pensi all’ordine di demolizione di opera abusiva di cui all’art. 31 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

161 Sebbene quella appena prospettata appaia la soluzione maggiormente condivisa, si è molto discusso sulla nozione di pericolosità da far valere in queste ipotesi. A chi ha sostenuto che la pericolosità fosse di natura oggettiva (riferendosi alla “cosa”), c’è chi ha opposto che ad essere pericoloso è il rapporto tra res e persona ed ancora chi ha ritenuto che in sostanza anche qui si valuti – vagliando il possibile utilizzo della cosa – la personalità del reo. Per una chiara e concisa ricognizione del dibattito, P.VENEZIANI, La punibilità. Le conseguenze giuridiche del reato, in C.F.GROSSO-T.PADOVANI-A. PAGLIARO, Trattato di diritto penale. Parte generale, tomo II, Milano, 490, 486 ss. In giurisprudenza, degna di segnalazione è la ricostruzione di Cass. pen., sez. I, 11 novembre-20 dicembre 2011, n. 47312.

52 Lo tesi della natura preventiva non appare predicabile, però, in relazione alle ipotesi di confisca obbligatoria dei proventi criminosi.

In primo luogo, affinché una presunzione assoluta sia legittima occorre che risponda a «dati di

esperienza generalizzati, riassunti nella formula dell’id quod plerumque accidit»: non deve risultare

«agevole formulare ipotesi di accadimenti reali contrari alla generalizzazione posta a base della

presunzione stessa»162. Una simile condizione non può ritenersi soddisfatta per la fattispecie in esame, risultando francamente discutibile l’assunto - portato avanti dall’orientamento che conclude per la natura preventiva - secondo cui «appare realmente difficile, per non dire impossibile, ipotizzare

casi in cui consentire al reo di mantenere i profitti dell’illecito non sia una situazione criminogena»163.

Invero, come si è già avuto modo di rilevare, a livello oggettivo il provento di reato è nella maggior parte dei casi costituito da beni intrinsecamente neutri (come ad esempio il denaro). A livello soggettivo, poi, è sicuramente agevolare ipotizzare numerosi casi in cui la permanenza dei vantaggi economici del reato non possa dirsi criminogena. Non sono rare le ipotesi in cui un soggetto commette un singolo reato per situazioni contingenti (si pensi, in materia fiscale, all’ipotesi di omesso versamento di IVA in caso di crisi di liquidità164) o per ottenere una tantum un soddisfacente profitto, limitandosi poi a goderlo, senza che ci sia più un effettivo pericolo di recidiva. Si pensi, ancora, alle ipotesi di un reato concorsuale (e/o associativo) in cui un correo - che pure ha ottenuto un provento - successivamente si dissoci dal contesto criminoso, fornendo anche informazioni di rilievo all’autorità giudiziaria: un tale comportamento di pentimento potrebbe essere di per sé sintomatico di non pericolosità, nonostante l’eventuale permanenza del provento nella disponibilità del reo.

Ipotesi di assenza di pericolosità possono rinvenirsi anche nell’ambito delle confische per sproporzione (allargata e c.d. di prevenzione). Prima delle citate riforme, infatti, la pericolosità era fondata sulle disponibilità economico-finanziarie di soggetti legati a sodalizi mafiosi o terroristici:

162 Si rinvia a quanto esposto retro nel par. 1.5.5 ed alla giurisprudenza ivi richiamata, tra cui Corte Cost., 14-16 aprile 2010, n.139.

163 In questi termini A.MARCHESELLI, Tecniche di aggressione cit., 8.

164 La tematica in esame comporta problemi interpretativi già sull’an della responsabilità. Ad orientamenti che hanno escluso la colpevolezza per mancanza del dolo o per la sussistenza di una causa di forza maggiore (Trib. Roma, 7 maggio 2013; Trib. Roma, 12 giugno 2013), si è contrapposto (ed affermato in sede di legittimità) un orientamento dogmaticamente più rigoroso che - evidenziando come l’obbligo di versamento sia consequenziale a quello di accantonamento - ritiene sussistente il dolo e dunque punibile il comportamento in esame (Cass. pen., sez. III, 1 dicembre 2010-11 marzo 2011, n. 10120; Cass. pen., Sez. Un., 12 settembre 2013, nn. 37424). Tuttavia, anche tale orientamento - richiamando più o meno esplicitamente la categoria dell’inesigibilità - fa salve le ipotesi in cui effettivamente non sussiste alcuna rimproverabilità all’agente (come nel caso in cui il soggetto non ha mai percepito le somme da accantonare o qualora vi sia stato un avvicendamento nelle cariche sociali tali da far ereditare una situazione già compromessa: sul caso del liquidatore, Cass. pen., sez. III, 6 febbraio 2014, n. 15176; in sede di merito, ci si è spinti anche oltre ad ipotesi di crisi di mercato da dimensioni eccezionali: Trib. Milano, III sez. pen., sent. 15 dicembre 2015-18 febbraio 2016, n. 13701). Per una completa ricostruzione: P. ALDROVANDI, Crisi aziendale e reati di omesso versamento dei tributi, tra

inadeguatezza del dato normativo e “creatività” giurisprudenziale: una paradigmatica esemplificazione del difficile rapporto tra “law in the books” e “law in action”, in L’Indice Penale, 2014, 505 ss.

Se, però, si rientra nelle ipotesi di responsabilità penale, appare realmente difficile ritenere in via assoluta che il provento di una siffatta evasione abbia effetti criminogeni.

53 elidere il patrimonio illecitamente accumulato era chiaramente un metodo per scalfire il “fondo cassa” dell’associazione criminale ed evitarne il reimpiego antisociale. Appare difficile, però, riproporre il ragionamento in relazione ai delinquenti comuni165. Emblematici, oltre alle ipotesi della genuina dissociazione, i casi di soggetti che, essendo privi di reddito, vivano di piccoli espedienti criminali166: una confisca nei loro confronti renderebbe addirittura maggiormente attuali le condizioni di povertà che hanno condotto a delinquere.

Tutti questi casi fanno emergere situazioni distoniche rispetto all’asserita presunzione legale di pericolosità iuris et de iure: ciò renderebbe la stessa, in base ai parametri elaborati dalla Corte Costituzionale, irragionevole. Per tale motivo, è obbligo per l’interprete trovare una lettura maggiormente conforme alla Carta fondamentale, escludendo così l’ipotesi della natura preventiva. D’altronde, in senso contrario va anche la disposizione in base alla quale la confisca “tradizionale” può essere disposta anche in caso di concessione della sospensione condizionale, ovvero quando è stata fatta un’apposita prognosi soggettiva di non reiterazione nel reato167. Analogamente, la confisca

ex art. 24 Cod. Ant. può prescindere dall’attuale pericolosità del soggetto destinatario ed estendersi

anche a suoi aventi causa, come nel caso dell’erede: appare una forzatura ritenere in via generale ed astratta che un soggetto né condannato né valutato pericoloso utilizzerà per fini criminosi denaro, immobili, aziende che pure abbiano una derivazione illecita168.

Ulteriore nota di incompatibilità della tesi preventiva è il carattere definitivo e perpetuo della confisca: le misure preventive, generalmente, possono essere revocate nel momento in cui il pericolo venga meno169. Se, come avuto modo di vedere, il pericolo non è insito nel provento ma correlato al suo possibile utilizzo, è evidente che un’eventuale successo del percorso rieducativo dovrebbe condurre a rimuovere anche il presidio di prevenzione. Così non è, proprio perché evidentemente lo scopo della confisca dei proventi non è sempre e comunque preventivo, pur potendo talvolta concorrere anche questo effetto.

165 Cfr. retro 1.2 (ed in particolare le note nn. 49, 50 e 51).

166 Essi ben rientrano nella nozione di persone “abitualmente dedite a traffici criminali” o che “vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose” (cfr. art. 4, comma 1, lett. c), in relazione all’art. 1, lett. a) e b) d, lgs, 159/2011).

167 Non pare cogliere nel segno la considerazione (su cui A.MARCHESELLI, Tecniche di aggressione cit., 9) secondo cui tale prognosi potrebbe derivare proprio dall’apprensione dei proventi, la quale eliminerebbe lo strumento in ragione del quale il soggetto sarebbe propenso a delinquere. Eliminare il profitto del reato, infatti, non implica per forza l’eliminazione di ogni disponibilità economica (o di beni comunque analoghi a quelli derivati dal reato) e dunque di un’astratta analoga pericolosità.

168 Si pensi ad ipotesi in cui la successione ereditaria coinvolga lontani parenti, istituto religiosi od umanitari (come nel caso di soggetti che sentano un simile dovere di "emenda morale") o comunque persone per qualsiasi motivo estranee al circuito criminale.

169 Così avviene, ad esempio, per le misure di sicurezza personale. Un esame della pericolosità è previsto sia al momento dell’applicazione (che spesso non coincide con il momento in cui la misura è stata disposta; art. 222 c.p., come modificato dagli interventi additivi della Corte Costituzionale: cfr. Corte Cost., 27 luglio 1982, n. 139) sia periodicamente decorso il periodo minimo di durata (art. 208 c.p.). In maniera più ampia, P.VENEZIANI, La punibilità cit., 407 ss.

54 Nello stesso senso deve rispondersi a chi fa emergere l’efficacia deterrente dell’apprensione dei profitti illeciti da parte dello Stato, per far passare il messaggio secondo cui “il crimine non paga”. Una simile finalità appare accessoria e non qualificante rispetto al vero fondamento della natura. Da un lato, infatti, non si tratta di un carattere necessitato: se l’unica conseguenza di un reato fosse quella di non poterne godere i frutti, ben potrebbe verificarsi che un soggetto decida di commetterlo, rischiando al massimo di non ottenere quello che comunque non avrebbe avuto agendo secundum

legem. Dall’altro lato, analoghe finalità general-preventive possono rinvenirsi nella logica tipica della

responsabilità civile secondo cui, banalmente, “chi rompe paga”. Nonostante ciò, risulta pacifico che la vera funzione del risarcimento dei danni sia (non preventiva, ma) compensativo-riparatoria170. Così, mutatis mutandis, non si può far discendere dall’effetto deterrente correlato alla confisca una natura prettamente preventiva dello stesso istituto.

In questo senso, con riferimento alla confisca c.d. antimafia (anche nell’ultima versione), si è espressa peraltro la Corte Costituzionale che, pur non arrivando a definirne espressamente la natura, ha rimarcato l’eccedenza rispetto allo scopo preventivo, vista la più ampia ratio di sottrazione perpetua dei beni dal circuito economico d’origine171.