CAPITOLO 5 Gli stakeholder, interessati alla continuità d’impresa
5.4 Procedimento penale ed attività d’impresa
Nell’ambito del procedimento penale non sono previsti generali istituti giurisdizionali che nell’ottica della continuità aziendale si pongono in via alternativa al sequestro e, successivamente, alla confisca. In maniera settoriale, in relazione al delitto di cui all’art. 603 bis c.p. (c.d. “caporalato”), si prevede che al posto del sequestro preventivo “impeditivo” (art. 321, comma 1 c.p.p.) vada disposto il controllo giudiziario dell’azienda, per evitare ripercussioni negative sui livelli occupazionali o di compromettere il valore economico del complesso aziendale (art. 3 l. 29 ottobre 2016, n. 199).
572 Per un’analisi dell’evoluzione e dell’ampiezza della disciplina in materia, si veda N.PARISI-M.L.CHIMENTI, Il ruolo
dell’A.N.AC. nella prevenzione della corruzione in materia di appalti pubblici, in Diritto del commercio internazionale,
2015, 419 ss.
573 Il catalogo comprende i delitti di cui agli articoli 317, 318, 319, 319 bis, 319 ter, 319 quater, 320, 322, 322 bis, 346
bis, 353 e 353 bis c.p.
574 Sono state, tuttavia, già segnalate alcune criticità dell’istituto, soprattutto in relazione al coordinamento con gli altri strumenti in materia ed al pericolo di sovrapposizioni o di eccessiva anticipazione della tutela: sul punto, F.SGUBBI-T. GUERINI, L’art. 32 del decreto legge 24 giugno 2014, n.90. Un primo commento, in www.penalecontemporaneo.it, 24 settembre 2014; G.PIGNATONE, Mafia e corruzione: tra confische, commissariamenti e interdittive, relazione sul tema “Legalità corrotta” al convegno “Le ragioni dell’impresa e le ragioni dell’amministrazione della giustizia. I teatri della
crisi”, tenutosi a Roma il 24 settembre 2015, in www.penalecontemporaneo.it, 24 settembre 2015, 7 ss.; R.GAROFOLI, Il
contrasto ai reati d’impresa nel d. lgs. 231 del 2001 e nel d.l. 90 del 2014: non solo repressione, ma prevenzione e continuità aziendale, relazione svolta al convegno “Le ragioni dell’impresa e le ragioni dell’amministrazione della giustizia”, tenutosi a Roma il 24 settembre 2015, in www.penalecontemporaneo.it, 24 settembre 2015, 13 ss.
178 Viene nominato un amministratore giudiziario che affianca l'imprenditore nella gestione dell'azienda ed autorizza lo svolgimento degli atti di amministrazione utili all'impresa, riferendo al giudice ogni tre mesi, e comunque ogni qualvolta emergano irregolarità circa l'andamento dell'attività aziendale o l’eventuale sfruttamento dei lavoratori. Egli procede alle dovute regolarizzazioni, adottando anche misure diverse da quelle disposte dall’imprenditore/gestore.
In tutti gli altri casi, l’unico modo per evitare un’eccessiva incisione sull’attività produttiva, allora, è la già accennata attenzione dell’Autorità Giudiziaria nella scelta delle cose da vincolare e poi sottrarre all’indagato/imputato/condannato, ove possibile. E’ evidente che nell’ipotesi di confisca diretta, legislativamente prioritaria, l’individuazione dei beni aziendali come provento non permette alcuna selezione. Nelle ipotesi per equivalente, invece, un approccio costituzionalmente orientato esige che vadano privilegiate - se presenti e con significativo valore di mercato - risorse estranee o meno importanti rispetto all’attività produttiva: in questi casi infatti la misura reale non ha come presupposto la verifica della provenienza illecita, né della pericolosità e dunque tutti i cespiti nella disponibilità del destinatario risultano fungibili, a parità di valore.
In questo modo, oltre ad incidere in maniera minore sull’individuo destinatario e su tutti gli
stakeholder d’impresa, vengono anche alleggeriti gli oneri all’interno del procedimento penale: ci
saranno compiti di mera “custodia”, ossia di statica conservazione dei beni per non ridurne il valore e non invece oneri di “amministrazione”, ossia di gestione dinamica di beni che per loro natura si innestano ed assumono valore all’interno di un’attività.
Su questo delicato tema, inerente alle modalità di esecuzione del sequestro finalizzato alla confisca575, ha d’altronde posto la sua attenzione negli ultimi anni anche il legislatore.
Originariamente l’art. 104 disp. att. c.p.p. disciplinava l’esecuzione del sequestro preventivo mediante un rinvio alle norme del sequestro probatorio e quindi anche: all’art. 259 c.p.p., che prevede la “custodia” in segreteria/cancelleria o, quando ciò non sia possibile o opportuno, in altro luogo nominando un custode (con eventualmente una cauzione); agli artt. 260 c.p.p. ed 83 disp. att. c.p.p., che prevedono tra l’altro la possibilità di alienazione o distruzione anticipata di cose che possono alterarsi o intrinsecamente illecite, mediante trattativa privata; agli artt. 262 c.p.p. ed 85 disp. att. c.p.p., che prevedono la possibilità di restituzione delle cose sequestrate previa esecuzione di eventuali specifiche prescrizioni e comunque sempre previa prestazione di idonea cauzione576.
575 In realtà il discorso va compiuto anche per il sequestro penale c.d. “impeditivo” di cui all’art. 321, comma 1 c.p.p.: in questi casi, tuttavia, la gestione “dinamica” deve necessariamente essere compatibile con la finalità di prevenire pericoli di reiterazione o aggravamento delle conseguenze dei reati. Su tale compatibilità, cfr. M.TORIELLO, Le modalità di
custodia dell’azienda in sequestro nel procedimento penale ordinario, relazione tenuta a Scandicci il 7 marzo 2017
nell’ambito del corso di formazione permanente organizzato dalla Scuola Superiore della Magistratura “La conservazione
dell’azienda tra sequestri (civili e penali) e fallimento”, in www.scuolamagistratura.it, 10 ss.
576 Il rinvio era operato letteralmente al solo capo VI delle disposizioni attuative, tuttavia pacificamente veniva interpretato in maniera estensiva a tutta la disciplina del sequestro probatorio, in quanto compatibile. Per un’attenta ricostruzione dell’evoluzione normativa, cfr. P. GUALTIERI-G.SPANGHER, L’esecuzione del sequestro preventivo, in G.SPANGHER-A. MARANDOLA-G.GARUTI-L.KALB, Procedura penale: teoria e pratica del processo, tomo II, Misure cautelari reali,
179 Ad emergere è un’ottica prevalentemente “statica” e di vincolo provvisorio, adatta appunto al sequestro probatorio. Per un verso, è una normativa pensata per cose che non necessitato di una vera e propria gestione, ma per le quali è sufficiente una “custodia”. Per altro verso, trattandosi di misura volta unicamente ad assicurare il materiale probatorio e non ad essere acquisita dallo Stato, è contemplata la possibilità che il proprietario continui ad utilizzarla se rispetta accortezze volte a non disperderne la valenza probatoria (prescrizioni) e presta una cauzione: si tratta di una possibilità particolarmente utile proprio per i residui casi di necessità di gestione “dinamica”, che lo Stato non assume in prima persona in ragione della provvisorietà e dell’assenza di profili di pericolosità nell’attività del destinatario.
Una simile impostazione, tuttavia, è risultata di difficile trasposizione alle ipotesi di sequestro preventivo577 e così - con l’art. 2, comma 9 l. 15 luglio 2009, n. 94 - il legislatore ha eliminato il rinvio alle norme in tema di sequestro probatorio, sostituendolo con specifiche modalità di esecuzione del sequestro (art. 104 disp. att. c.p.p.)578. Per quanto riguarda le ipotesi di aziende, società ovvero
beni di cui sia necessario assicurare l’amministrazione, esclusi quelli destinati al FUG, è prevista la
nomina di un amministratore giudiziario scegliendolo tra gli iscritti ad apposito albo, salva la possibilità di motivare la diversa scelta di nominare un custode tra altri soggetti (art. 104 bis disp. att. c.p.p.).
Al di là dei problemi che erano sorti sulla competenza nella nomina579 e quelli di compatibilità con il sequestro c.d. “impeditivo”580, la novella del 2009 sembra aver compiuto una netta cesura tra mera conservazione ed amministrazione. La prima, che si sostanzia nella «detenzione del bene, a cui si
affianca il compimento di sporadici atti finalizzati ad evitarne la dispersione ed il deterioramento»581,
Milano, 2015, 383 ss.; F.MENDITTO, Le confische di prevenzione e penali. La tutela dei terzi, Milano, 2015, 598 ss. e 637 ss.
577 In questo senso N.PISANI, Responsabilità penale cit., 719.
578 In particolare, l’esecuzione - che durante le indagini preliminari è ad opera del p.m. in virtù di un apposito rinvio all’art. 92 disp att. c.p.p. - avviene: «a) sui mobili e sui crediti, secondo le forme prescritte dal codice di procedura civile
per il pignoramento presso il debitore o presso il terzo in quanto applicabili; b) sugli immobili o mobili registrati, con la trascrizione del provvedimento presso i competenti uffici; c) sui beni aziendali organizzati per l'esercizio di un'impresa, oltre che con le modalità previste per i singoli beni sequestrati, con l'immissione in possesso dell'amministratore, con l'iscrizione del provvedimento nel registro delle imprese presso il quale è iscritta l'impresa; d) sulle azioni e sulle quote sociali, con l'annotazione nei libri sociali e con l'iscrizione nel registro delle imprese; e) sugli strumenti finanziari dematerializzati, ivi compresi i titoli del debito pubblico, con la registrazione nell'apposito conto tenuto dall'intermediario ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213. Si applica l'articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 170». Si è rilevato come non si tratti di disposizioni esaustive, che dunque
lasciano all’organo procedente una discrezionalità in ordine alla nomina ed alle modalità di custodia: cfr. P. GUALTIERI -G.SPANGHER, L’esecuzione cit., 387.
579 La locuzione “autorità giudiziaria” era polisensa e dunque permetteva di includere sia il Giudice sia il Pubblico Ministero. Ciò ha dato vita ad una disputa interpretativa: l’impostazione prevalente andava nel senso della competenza del giudice che ha emesso il decreto di sequestro la soluzione è stata poi codificata anche dalla recente legge 17 ottobre 2017, n. 161 (cfr. i nuovi commi 1 bis ed 1 ter introdotti dall’art. 30, comma 2, lett. b della citata legge n. 161). Sul precedente dibatito, cfr. P. GUALTIERI-G.SPANGHER, L’esecuzione cit., 387; M.TORIELLO, Le modalità di custodia
dell’azienda cit., 15.
580 Cfr. M.TORIELLO, Le modalità di custodia dell’azienda cit., 10.
180 vale unicamente per i beni aventi un carattere statico. Nel caso, invece, di beni con vocazione produttiva, il legislatore prevede che normalmente vadano gestiti da soggetti qualificati (amministratori giudiziari) e che, solo a fronte di esplicite motivazioni contrarie (ad esempio l’opzione liquidatoria pura per mancanza di prospettive di continuità), possa procedersi alla nomina di un semplice custode: quest’ultimo, secondo l’orientamento maggiormente condivisibile, non può fare altro che attività di mera conservazione, dovendosi invece escludere che la norma sia la porta d’ingresso per la “facoltà d’uso” o la restituzione con prescrizioni all’originario titolare582.
Gli eventuali problemi di continuità nella gestione aziendale vanno affrontati anche da altro punto di vista. L’amministratore giudiziario, infatti, non diventa ipso iure un organo sociale o un imprenditore individuale, ma è appunto adibito alla gestione dei cespiti oggetto di sequestro, “per conto di chi spetta” (Stato o indagato/imputato, a seconda degli esiti del giudizio). In questo senso, vale la pena sottolineare l’improprietà del richiamo al “sequestro di società”: la società è un soggetto di diritto e non una “cosa”, neanche nella sua accezione più estensiva. E’ più corretto discorrere, a seconda dei casi, di sequestro di azienda o di partecipazioni sociali, eventualmente maggioritarie o totalitarie: nel primo caso l’amministratore giudiziario deve occuparsi della gestione dell’azienda, anche mediante un eventuale affitto o la nomina di un istitore (anche temporaneamente per dare continuità); nel secondo caso assume la posizione del socio e, nell’esercizio di tali poteri, può anche modificare l’assetto amministrativo, eventualmente nominando il precedente o sé stesso amministratore unico, a seconda dell’opportunità dei singoli casi (ed in accordo con l’Autorità Giudiziaria, con la quale va mantenuto uno stretto rapporto)583.
Prima della legge 17 ottobre 2017, n. 161, non erano ulteriormente specificate le concrete modalità di custodia ed amministrazione. Rimanevano dunque nella piena discrezionalità degli organi giurisdizionali le considerazioni relative alla tutela di esigenze occupazionali o produttive (ed alla loro meritevolezza, in base alla sussistenza o meno di “buona fede” degli stakeholder), nonché soprattutto alle eventuali regolarizzazioni degli aspetti illeciti, qualora possibili584.
582 In questo senso, criticando le contrarie decisioni giurisprudenziali, P. GUALTIERI-G.SPANGHER, L’esecuzione cit., 390; sulla possibilità di compresenza di un custode e dell’amministratore giudiziario (discorrendo del sequestro preventivo c.d. “impeditivo”), M.TORIELLO, Le modalità di custodia dell’azienda cit., 10.
583 Cfr. M.TORIELLO, Le modalità di custodia dell’azienda cit., 8 s.; N.PISANI, Responsabilità penale cit., 723 ss. Sul punto si veda anche Corte App. Napoli, 25 gennaio 2016, n. 7, con commento di R.RANUCCI, La rappresentanza legale
(limitata) dell’amministratore giudiziario di azienda e di partecipazioni sociali nel sequestro antimafia, in Le società,
2016, n. 7, 869 ss.
584 Cfr. N.PISANI, Responsabilità penale cit., 723. Invero, per la confisca c.d. allargata (12 sexies d.l. Martelli) ed i tipici reati di criminalità organizzata individuati dall’art. 51, comma 3 bis c.p.p., nonché per i sequestri relativi al delitto ex art. 603 bis c.p., già c’era un apposito rinvio alle disposizioni in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati previste dal Codice Antimafia. Sulla stratificazione delle norme di rinvio che - prima delle modifiche introdotte dall’art. 31 legge 17 ottobre 2017, n. 161 - rendevano particolarmente complessa (ma comunque non equivoca) la lettura, cfr. P. GUALTIERI-G.SPANGHER, L’esecuzione cit., 391 ss.; sulla disciplina applicabile si veda anche F. MENDITTO, Le confische cit., 517 ss.; per una chiara ricostruzione delle modalità di applicabilità delle norme del Codice Antimafia al contesto del procedimento penale, M.TORIELLO, Le modalità di custodia dell’azienda cit., 15 ss.
181 Con tale riforma, il legislatore - oltre ad un chiarimento sulla competenza alla nomina dell’amministratore – ha introdotto un espresso rinvio alle norme del Codice Antimafia per tutte le ipotesi di sequestri ex art. 321, comma 2 c.p.p. aventi ad oggetto beni con natura “dinamica”585. Ci si chiede se ciò comporterà anche l’intervento dell’Agenzia Nazionale per i beni sequestrati e confiscati, non espressamente previsto (a differenza di quanto avviene nell’art. 12 sexies)586.
Invero, trattandosi di una disciplina dettagliata ed adattabile anche a contesti diversi da quelli del procedimento c.d. di prevenzione, costantemente la giurisprudenza ne aveva già fatto - più o meno esplicitamente587 - un importante punto di riferimento anche per l’esecuzione dei sequestri finalizzati ad ogni tipo di confisca.
L’opera ermeneutica deve in ogni caso seguire un delicato equilibrio tra regole civilistiche, capacità imprenditoriali588 e contesto della confisca: ad esempio, appare possibile coniugare il concetto di “giusta causa” del licenziamento589 o del recesso in rapporti di durata nei casi di assenza di “buona fede” dello stakeholder (si pensi ad un dipendente che ha beneficiato dei proventi criminosi pur sapendo o potendone sapere la provenienza; ad un cliente professionale che ha fruito di prezzi inferiori a quelli di mercato sapendo o potendo sapere che ciò era conseguenza del flusso di capitali illeciti da riciclare); ancor prima, occorre comprendere dinanzi a quale realtà si sia di fronte e se valga la pena o meno di proseguire l’attività produttiva590.
585 L’art. 30, comma 2, lett. b) della legge 17 ottobre 2017, n. 161 - oltre ad aggiornare il riferimento all’albo degli amministratori giudiziari (oggi previsto dall’art. 35 d. lgs. 159/2011) prevede l’introduzione all’art. 104 bis di due nuovi commi: 1 bis. Il giudice che dispone il sequestro nomina un amministratore giudiziario ai fini della gestione. Si applicano
le norme di cui al libro I, titolo III del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e successive modificazioni. 1 ter. I compiti del giudice delegato alla procedura sono svolti nel corso di tutto il procedimento dal giudice che ha emesso il decreto di sequestro ovvero, nel caso di provvedimento emesso da organo collegiale, dal giudice delegato nominato ai sensi e per gli effetti dell’articolo 35, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e successive modificazioni.
586 In senso contrario, ritenendo tale parte della normativa incompatibile, in assenza di un riferimento esplicito analogo a quello previsto al comma 4 bis dell’art. 12 sexies d.l. 8 giugno 1992, n. 306 per i sequestri finalizzati alla confisca allargata o comunque disposti in procedimenti per reati ex art. 51, comma 3 bis c.p.p., F.MENDITTO, Verso la riforma del d. lgs.
n. 159/2011 (c.d. Codice Antimafia) e della confisca allargata, in www.penalecontemporaneo.it, 22 dicembre 2015, 75.
587 In questo senso, M.TORIELLO, Le modalità di custodia dell’azienda cit., 4 s. e 14 s.
588 Sul punto, si veda CONSIGLIO NAZIONALE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI ED ESPERTI CONTABILI, Linee guida in
materia di amministrazione giudiziaria dei beni sequestrati e confiscati, a cura del Gruppo ristretto Amministrazione
Giudiziaria e Misure di Prevenzione e della Commissione Amministrazione Giudiziaria dei Beni Sequestrati e Confiscati, in www.commercialisti.it, 2 novembre 2015
589 La “giusta causa” che permette il recesso unilaterale del rapporto di lavoro è, in base all’art. 2119 c.c. quella che «non
consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto» ed in tal senso la giurisprudenza valorizza molto la rottura
del rapporto di fiducia; in questo senso, oltre ad essere riferibile a comportamenti più gravi ed intollerabili, anche extra lavorativi, è dunque una nozione più ampia di quella di “giustificato motivo” (soggettivo) di cui all’art. 1 l. 15 luglio 1966, n. 604, definito dall’art. 3 come «notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro». In questo contesto, occorre rimarcare ancora una volta come la tutela dei lavoratori sia pur sempre vincolata ad un loro contributo al progresso materiale e spirituale della società, non ravvisabile quando la loro opera era consapevolmente strumentale ad attività criminose.
590 In relazione a tale tematica (meglio sviluppata dal Codice Antimafia, di cui si dirà nel prossimo par. 5.6.2), è interessante l’analisi in CONSIGLIO NAZIONALE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI ED ESPERTI CONTABILI, Linee guida cit., 61: «le tipologie di “realtà aziendale” dinanzi alle quali il professionista può trovarsi sono le seguenti: - Impresa non
operativa, in quanto da sempre utilizzata come cartiera o magari per operazioni di riciclaggio; l’identificazione di tale tipologia di impresa, ovviamente, non consente né richiede alcuna attività gestionale effettiva, potendo l’amministratore
182 Per i casi diversi, la norma di riferimento per la destinazione rimane l’art. 86 disp. att. c.p.p., che prevede la vendita quale ipotesi ordinaria, fatte salve ipotesi tipiche (il denaro al FUG591, i beni informatici/telematici ad organi di polizia o a p.a. che ne facciano richiesta, ecc.) o di distruzione (quando non sia opportuna la vendita o ciò sia espressamente previsto: es. sostanze stupefacenti, ecc.).