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Procedimento di prevenzione ed attività d’impresa

CAPITOLO 5 Gli stakeholder, interessati alla continuità d’impresa

5.6 Procedimento di prevenzione ed attività d’impresa

5.6.1 Le misure alternative a sequestro e confisca

Nell’ambito della disciplina antimafia, sin da tempi risalenti il legislatore aveva preso atto della necessità di graduare l’intervento di contrasto in ragione dell’entità della contaminazione criminale. Così, oltre all’ipotesi della sospensione dei beni personali595, era stato introdotta una particolare

species dell’istituto riferita ad i beni impiegati in impresa. Oggi la fattispecie è denominata

“amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche” (art. 34 Cod. Ant.) ed è rivolta a quelle iniziative produttive che, pur non essendo direttamente mafiose, risultino (da un quadro indiziario) gravitare attorno al sodalizio, in uno stato di soggezione o comunque in modo da agevolarne lo sviluppo596. E’ dunque alternativa a sequestro/confisca di prevenzione (dirette a chi partecipa all’organizzazione criminale) e connotata da uno scopo di tipo “terapeutico”, ossia volto a recidere il nesso tra l’impresa e la mafia. Concluso il termine di durata (di massimo 6 mesi, rinnovabili per non più di ulteriori 12 mesi), il Tribunale revoca la misura ma può - da un lato - disporre il controllo giudiziario degli atti compiuti dal titolare nei successivi tre anni e - dall’altro - disporre la confisca dei beni che si ritiene siano frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego597. Ad ulteriore integrazione degli strumenti giurisdizionali, nella riforma del Codice Antimafia di cui alla citata legge 17 ottobre 2017, n. 161 è prevista l’introduzione dell’istituto del “Controllo giudiziario” (il nuovo art. 34 bis Cod. Ant.). Nei casi in cui l’agevolazione a sodalizi criminali appare occasionale, ma vi sia il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose, il Tribunale - pur non interdicendo i titolari dell’impresa e lasciandone la gestione agli stessi - potrà dare stringenti prescrizioni

595 La prima “timida” introduzione di uno strumento di questo tipo è proprio quella compiuta con la legge 22 maggio 1975, n. 152 (pensata in primis per l’emergenza terrorismo), che ha permesso la sospensione dell’amministrazione dei beni di soggetti ritenuti pericolosi ai sensi della legge 575 del 1965 (sulle misure di prevenzione personale). Tuttavia, tale disposizione si riferiva ai soli beni di natura personale (che avrebbero potuto agevolare l’attività socialmente pericolosa) e comunque non comportava un’acquisizione definitiva al patrimonio dello Stato. Sull’introduzione di tale istituto all’art. 22 l. 22 maggio 1975, n. 152, cfr. V.POMPEO, La confisca di prevenzione tra esigenze di sicurezza pubblica e tutela del

diritto di proprietà, Milano, 2013, 11 s. Oggi la disciplina è all’art. 33 Cod. Ant., sul quale cfr. V.MAIELLO, Le singole

misure di prevenzione personali e patrimoniali, in AA. VV., La legislazione penale in materia di criminalità organizzata, misure di prevenzione ed armi, Torino, 2015, 379 ss.

596 A tal proposito, si rinvia alle considerazioni sullo spettro di interrelazioni possibili tra imprese ed organizzazioni criminali, di cui si è effettuata l’analisi nel paragrafo 1.1 e nel paragrafo 5.1.

597 Tale istituto fu originariamente introdotto all’art. 3 quater l. 31 maggio 1965, n. 575 dall'art. 24 d.l. 8 giugno 1992, n.

306, convertito dalla legge 7 agosto 1992, n. 356; esso fu scarsamente utilizzato in passato, ma sta vivendo una stagione

di “nuova vita” negli ultimissimi anni. E’ infatti disposto per ipotesi di «multinazionali e grandi banche in rapporti

economici con la ‘ndrangheta presente in Lombardia; grandi società, sia a capitale pubblico che a capitale privato, con rapporti accertati con cosche di Cosa Nostra e ‘Ndrangheta per lavori da effettuare in Sicilia e Calabria; consorzi di cooperative di rilevanza nazionale in rapporti con l’organizzazione mafiosa romana, Mafia Capitale». Così, G.

PIGNATONE, Mafia e corruzione cit., 3 s. In giurisprudenza, si veda il decreto n. 6 del 23-24 giugno 2016 del Tribunale di Milano (sezione autonoma misure di prevenzione), con commento di C.VISCONTI, Contro le mafie non solo confisca

ma anche “bonifiche” giudiziarie per imprese infiltrate: l’esempio milanese (working paper), in

www.penalecontemporaneo.it, 20 gennaio 2012. Alcune modifiche, peraltro, sono state introdotte dall’art. 10 legge 17

ottobre 2017, n. 161, che ha riscrittro l’art. 34 Cod. Ant. per risolvere i problemi applicativi verificatisi nella prassi. Cfr. F.MENDITTO, Verso la riforma cit.,37 ss.

185 “terapeutiche”, assegnando eventualmente il controllo del corretto andamento ad un apposito commissario giudiziale598.

5.6.2 La gestione dei beni sequestrati

Nei casi più gravi, il procedimento c.d. di prevenzione reale prende le strade di sequestro e confisca. Per i beni strategici per le attività produttive si ripropongono, allora, problemi analoghi a quelli già esaminati per il procedimento penale. Il Codice Antimafia appresta una disciplina che si pone l’obiettivo di ridurre al minimo gli effetti negativi sulle imprese, sempre che queste ultime presentino prospettive di prosecuzione nell’ambito dell’economia legale: come visto, tale normativa - ormai per scelta legislativa, ma sin da prima quale opzione ermeneutica - è un punto di riferimento anche nell’ambito del procedimento penale.

Già in generale, viene prevista una disciplina sulla custodia e gestione dei beni sequestrati che si svolge contemporaneamente al procedimento finalizzato all’applicazione della confisca, in due fasi.

- Un primo step, a partire dal decreto di sequestro e fino alla confisca di secondo grado599), è quello in cui inizia l’esecuzione del sequestro (con un rinvio alle regole dell’art. 104 disp. att. c.p.p.) e, tramite la polizia giudiziaria, avviene la materiale presa in carico del bene, con l’apprensione materiale e l’immissione nel possesso (art. 21 Cod. Ant.)600, nonché compiendo una serie di scelte volte a non disperderne il valore e già proiettate alla sua destinazione. In questa fase il dominus è il giudice delegato, nominato dal Tribunale nello stesso decreto di sequestro, unitamente ad un amministratore giudiziario601. Quest’ultimo esamina e relaziona,

598 Per dettagli e riflessioni sull’istituto, introdotto dall’art. 11 legge 17 ottobre 2017, n. 161, cfr. G.PIGNATONE, Mafia e

corruzione cit., 9 e F.MENDITTO, Verso la riforma cit., 39 ss. Sui rapporti tra gli istituti giurisdizionali previsti nel codice antimafia e le misure amministrative inerenti alla documentazione antimafia e di poteri dell’Anac, cfr. M.MAZZAMUTO,

Misure giurisdizionali di salvataggio delle imprese versus misure amministrative di completamento dell’appalto: brevi note sulle modifiche in itinere al codice antimafia, in www.penalecontemporaneo.it, 20 aprile 2016, in cui l’Autore ritiene che «il vero punto è che, al di là del coordinamento, tecnicamente sempre risolvibile, vi è un problema ben più

impegnativo di conflitto di rationes, tra l’intervento giurisdizionale, volto al salvataggio, e l’intervento prefettizio, volto al completamento dell’opera. Far prevalere l’uno o l’altro potere significa far prevalere l’una o l’altra ratio».

599 Prima delle modifiche apportate dall’art. 13, comma 5 legge 17 ottobre 2017, n. 161, il momento conclusivo della prima fase era rappresentato dalla confisca di primo grado. Cfr. F.MENDITTO, Verso la riforma cit., 46 s.

Nell’ambito del procedimento penale (quantomeno in relazione ad i sequestri/confische di cui all’art. 12 sexies o disposti in procedimenti per reati ex art. 51, comma 3 bis c.p.p.), il momento che conclude la prima fase è quello conclusivo dell’udienza preliminare, come si evince dal tenore del comma 4 bis dell’art. 12 sexies d.l. 8 giugno 1992, n. 306: «in tali

casi l'Agenzia coadiuva l'autorità giudiziaria nell'amministrazione e nella custodia dei beni sequestrati, sino al provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare e, successivamente a tale provvedimento, amministra i beni medesimi secondo le modalità previste dal citato decreto legislativo n. 159 del 2011». Sul punto, cfr. M.TORIELLO, Le modalità di

custodia dell’azienda cit., 16.

600 Mentre prima della riforma del 2017 il protagonista di tali azioni era l’ufficiale giudiziario, l’art. 5, comma 5, lett. a) della legge 17 ottobre 2017, n. 161 ha apportato una modifica all’art. 21, nel senso che le richiamate modalità esecutive di cui all’art. 104 c.p.p. siano poste in essere dalla polizia giudiziaria, eventualmente con l’ausilio dell’ufficiale giudiziario. Ciò rileva soprattutto ai fini dello sgombero di immobili ed aziende in contesti difficili, il quale viene appositamente disciplinato con commi aggiuntivi. Cfr. F.MENDITTO, Verso la riforma cit., 30 ss.

601 L’amministratore giudiziario, nominato tra gli iscritti ad apposito albo e per il quale sussistono alcune ipotesi di incompatibilità (art. 35, comma 3 Cod. Ant.), riveste la qualifica di pubblico ufficiale ed ha compiti gestori ed obblighi di rendicontazione appositamente individuati dalla legge (in particolare, cfr. artt. 35, 36 e 37 Cod. Ant.). Sul suo ruolo e sulla disciplina transitoria in attesa dell’istituzione dell’Albo degli amministratori giudiziari, cfr. F. MENDITTO, Le

186 custodisce, conserva ed amministra i beni602, coadiuvato da eventuali tecnici/soggetti qualificati e dall’Agenzia Nazionale603, sotto la direzione del giudice delegato604.

- Dopo la confisca di secondo grado, vista la maggiore stabilità del provvedimento e la probabile destinazione allo Stato, è all’Agenzia Nazionale che è autonomamente affidata la gestione dei beni (eventualmente con l’ausilio dell’amministratore giudiziario), anche per dare continuità alla programmazione della destinazione finale che avviene dopo la definitività della confisca605.

Oltre a tale disciplina generale, vi sono apposite disposizioni che si occupano di alcune situazioni peculiari606, tra cui - per quanto qui maggiormente interessa - quelle dei sequestri che implicano la gestione dei beni produttivi.

In primo luogo, occorre prendere atto che il legislatore del Codice Antimafia sembra aver escluso una coincidenza soggettiva necessaria tra amministratore giudiziario e cariche sociali delle società implicate nel procedimento di prevenzione. Se ad essere oggetto di sequestro/confisca sono partecipazioni sociali (e non direttamente l’azienda), infatti, vi sono diverse disposizioni di coordinamento con la disciplina civilistica che escludono l’automaticità del subentro gestorio: tra tutte, l’art. 41, comma 6 prevede che l’amministratore giudiziario può, previa autorizzazione del giudice delegato, convocare l’assemblea per la sostituzione degli amministratori607. Per ovviare ad alcuni problemi applicativi nascenti da ciò, la legge 17 ottobre 2017, n. 161 ha introdotto, all’art. 20,

commi 1 e 2 della legge 17 ottobre 2017, n. 161, nel prevedere una più articolata disciplina per l’amministratore giudiziario ha codificato la prassi di nomina di più amministratori nei casi maggiormente complessi e disciplinato con un nuovo art. 35 bis proprio i profili di responsabilità dell’amministratore giudiziario. Cfr. F.MENDITTO, Verso la riforma

cit., 42 ss.

602 Le norme di riferimento per la figura dell’amministratore giudiziario sono, in primo luogo, gli artt. 35, 36 e 37; inoltre, in ottica dinamica, la gestione viene disciplinata agli artt. 40 ss. Cod. Ant. Cfr. F.MENDITTO, Le confische cit., 81 ss. ed 86 ss.

603 L’Agenzia Nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata - originariamente istituita con d.l. 4 febbraio 2010, n. 4, convertito con modificazioni dalla legge 31 marzo 2010, n. 50 – agisce in questa fase quale ausiliario del Giudice, come si evince dagli artt. 38 e 110, lett. b) Cod. Ant. Per il resto, tuttavia, si tratta di un ente pubblico che svolge attività essenzialmente amministrativa, soggiacendo al relativo statuto. Sul punto, cfr. l’esauriente esposizione in M.MAZZAMUTO, L’Agenzia Nazionale cit., 4 ss. e 15 ss.

604 Oltre ad i riferimenti sparsi nell’ambito della disciplina di amministratore giudiziario ed Agenzia Nazionale, il ruolo del giudice delegato è esplicitato dall’art. 40 Cod. Ant., il quale esordisce chiarendo che «il giudice delegato impartisce le direttive generali della gestione dei beni sequestrati, anche tenuto conto degli indirizzi e delle linee guida adottati dal Consiglio direttivo dell’Agenzia medesima ai sensi dell’articolo 112, comma 4, lettera a)» ed il quale articolo continua enucleando i diversi casi in cui è necessaria l’autorizzazione giudiziale, nonché stabilendo una competenza del medesimo giudice delegato sull’impugnazione di atti dell’amministratore giudiziario in violazione del decreto giudiziale. Cfr. F. MENDITTO, Le confische cit., 81 ss.

605 In relazione alla disciplina transitoria, cfr. F.MENDITTO, Le confische cit., 77 ss.

606 Si veda l’art. 40 Cod. Ant., che ad esempio prevede che l’amministratore giudiziario divenga amministratore della comunione indivisa (comma 5) o che alcuni beni mobili a rischio di perdita di valore vengano venduti già nella fase di sequestro, con devoluzione del ricavato al FUG e vincolo del sequestro disposto su tali somme (commi 5 ter, 5 quater e 5 quinquies) o ancora che i beni mobili possano essere affidati a organi di polizia o altri enti pubblici (comma 5 bis). Cfr. F.MENDITTO, Le confische cit., 95 ss.

607 Vi sono poi anche l’art. 36, comma 1, lett. e), che nel caso di sequestro di quote con maggioranze di controllo ex art. 2359 c.c. prevede una relazione sulla sussistenza di concrete possibilità di prosecuzione o ripresa dell’attività; il d.P.R. 7 ottobre 2015 sui compensi agli amministratori giudiziari, che esclude dal campo di applicazione quanto dovuto ad essi per incarichi conferiti dalla società. Cfr. F.MENDITTO, Le confische cit., 99 s.

187 un automatismo tra sequestro di partecipazioni totalitarie e quello dei relativi beni costituiti in azienda, con conseguenti riflessi anche sull’oggetto dell’amministrazione giudiziaria608.

Ciò detto, va rilevata un’attenzione alle prospettive imprenditoriali sia medianti appositi riferimenti nella disciplina generale, sia mediante un articolo a ciò dedicato.

Nel primo senso, viene esplicitato tra i doveri dell’amministratore giudiziario l’agire con il fine di incrementare la redditività dei beni (esplicitato all’art. 35, comma 5). Nella relazione dello stesso amministratore (art. 36) vengono richiesti particolari aggiuntivi relativi ai beni aziendali (documentazione reperita ed eventuali difformità) ed «una dettagliata analisi sulla sussistenza di

concrete possibilità di prosecuzione o di ripresa dell’attività, tenuto conto del grado di caratterizzazione della stessa con il proposto ed i familiari, delle modalità e dell’ambiente in cui è svolta, della forza lavoro occupata, della capacità produttiva e del mercato di riferimento»609. L’art. 41, poi, contiene ulteriori disposizioni peculiari, tra cui l’individuazione dell’amministratore giudiziario nella sezione esperti dell’albo nel caso di gestione di aziende, tempi e dettagli diversi per la relazione dello stesso, la disciplina degli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione, un rinvio alla normativa civilistica per i rapporti in essere. La legge 17 ottobre 2017, n. 161 ha effettuato numerose interpolazioni, con l’obiettivo di superare le precedenti criticità.

La logica di fondo, dunque, è quella di procedere ad una scelta ben precisa: se l’analisi dell’amministratore sottoposta al vaglio del Giudice conduce ad escludere possibilità di prosecuzione mediante una “legalizzazione” dell’attività imprenditoriale, allora si procede ad una liquidazione del patrimonio aziendale; se invece, espunti i profili criminali, l’attività produttiva ha prospettive di affermazione nel mercato, allora si procede ad una gestione dinamica volta a non disperderne le potenzialità ed a ridurre così l’impatto sociale del sequestro e della futura confisca. Non ha senso, infatti, continuare a tenere in piedi attività che ad esempio funzionavano unicamente grazie al flusso di proventi criminali, riciclandoli, oppure che avevano la meglio sul mercato grazie all’esercizio del c.d. “metodo mafioso” o di altre tecniche illecite.

608 Si veda il nuovo testo dell’art. 20, comma 1, dal secondo al quarto periodo, come modificato dall’art. 5, comma 4 legge 17 ottobre 2017, n. 161. Sul punto, cfr. F.MENDITTO, Verso la riforma cit., 27 s.

609 Sul tema, CONSIGLIO NAZIONALE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI ED ESPERTI CONTABILI, Linee guida cit., 64 s.: «il

piano industriale è il documento/strumento di cui l’A.G. si servirà, in relazione alle caratteristiche organizzative e dimensionali di alcune aziende, per relazionare al Tribunale così come previsto dall’art. 41 del D. Lgs. n. 159/2011. In esso saranno illustrati: - Il posizionamento sul mercato: individuazione del segmento di mercato di appartenenza dell’azienda per effetto delle scelte ante sequestro; - Le intenzioni strategiche: scelte assunte in relazione agli obiettivi di crescita, di ruolo, sociali che si intende perseguire; - Il piano d’azione per il raggiungimento degli obiettivi strategici: insieme di azioni che consentono la realizzazione delle intenzioni strategiche, con la specifica dell’impatto in termini economico-finanziario e della tempistica necessaria; - Le ipotesi e i dati finanziari prospettici: l’insieme dei prospetti economici, patrimoniali e finanziari, coerenti con le scelte strategiche e il piano di azione, corredato da ipotesi di fondo su grandezze macroeconomiche, sviluppo dei ricavi, costi diretti e indiretti, oneri finanziari e della fiscalità, struttura finanziaria e copertura di eventuale fabbisogno; - La sostenibilità finanziaria: condizione di equilibrio tra le diverse fonti di finanziamento e gli impieghi; 65 - La coerenza: tutte le componenti del piano (strategia, realtà di partenza, piano di azione, ipotesi e previsioni economico-finanziarie) devono essere tra di loro coerenti, e il piano di azione deve essere realizzabile; - L’attendibilità: formulato su ipotesi realistiche e giustificabili (compatibilità con le dinamiche del contesto competitivo, confrontabilità con i risultati storici, visibilità dei dati previsionali)».

188 In relazione alla gestione vera e propria, non vi sono punti di riferimento normativi per le direttive del giudice delegato, le linee guida dell’Agenzia Nazionale e l’opera dell’amministratore giudiziario. Di base, si seguono le normali regole civilistiche ed economiche. Così, è possibile ribadire la possibilità, già affermata per la gestione dei beni sequestrati nel procedimento penale, di coniugare nella specifica situazione concreta gli strumenti ordinari: ad esempio, deve ritenersi integrata la “giusta causa” di licenziamento nel caso di dipendenti che non possono dirsi in “buona fede” rispetto alla commissione dei reati i cui proventi sono oggetto di sequestro/confisca. Inoltre, in maniera specifica l’art. 56 Cod. Ant. prevede la sospensione dei rapporti pendenti inerenti all’azienda fino a quando l’amministratore giudiziario non dichiari di voler subentrare: in questo modo, è possibile eliminare rapporti non utili all’impresa; la controparte potrà far valere il suo credito per mancato adempimento solo alle condizioni di cui all’art. 52 e quindi, tra le altre cose, nel caso di non strumentalità del credito all’attività illecita o comunque di prova della buona fede.

Vi è infine un obbligo di rendicontazione finale per l’amministratore giudiziario all’esito della procedura o comunque in tutti i casi in cui il suo incarico cessi per qualsiasi motivo610.

Occorre infine dare atto dell’introduzione, con la più volte richiamata riforma del 2017, di un nuovo art. 41 bis che prevede forme di sostegno alla gestione di aziende sequestrate mediante apposite sezioni nel fondo di garanzia per le piccole e medie imprese e nel fondo per la crescita sostenibile; una forma di amministrazione giudiziaria per i sequestri/confische di aziende di straordinario interesse socio-economico, tenuto conto della consistenza patrimoniale e del numero degli occupati, o aziende concessionarie pubbliche o che gestiscono servizi pubblici, affidate alla società INVITALIA s.p.a.; una delega al governo per l’individuazione di ulteriori forme di sostegno; un nuovo art. 41 ter in tema di tavoli di coordinamento provinciale permanente tra istituzioni; un nuovo art. 41 quater volto a raccogliere il sostegno di imprenditori attivi nel medesimo settore; norme volte a tutelare in maniera prioritaria i crediti indispensabili per la prosecuzione dell’attività d’impresa611. 5.6.2 La destinazione dei beni confiscati

Una volta che la confisca diviene definitiva i beni sono acquisiti al patrimonio dello Stato a titolo originario, «privi di oneri e pesi»612. E’ questo il momento in cui, terminata l’attività giurisdizionale, comincia l’attività squisitamente amministrativa di scelta dell’impiego dei beni acquisiti, nel modo maggiormente conforme agli interessi pubblici portati avanti dall’Agenzia Nazionale.

Anche su questo aspetto il legislatore del 2011 (e dei successivi interventi correttivi) ha predisposto una disciplina che tenesse conto delle peculiarità di alcune categorie di beni613, tra cui i beni aziendali.

610 Per un esame più dettagliato delle norme (artt. 42, 43 e 51 Cod. Ant.) in tema di spese, compensi, rimborsi, oneri fiscali e rendicontazione finale, cfr. F.MENDITTO, Le confische cit., 93 ss. e 100 ss.

611 Tali disposizioni sono state introdotte dagli articoli 15 e 16 della legge 17 ottobre 2017, n. 161. Cfr. F.MENDITTO,

Verso la riforma cit., 55 ss.

612 Sul punto, cfr., retro, i paragrafi 3.6 e 4.4.

613 Ad occuparsi della destinazione, disposta con provvedimento del Consiglio direttivo dell’Agenzia, sono gli articoli 47 e 48 Cod. Ant.: così si prevede la destinazione di una serie di somme al FUG, peculiari utilizzi e destinazione dei beni immobili, in modo da realizzare finalità pubblicistiche e sociali e restituirli idealmente alla collettività; la destinazione

189 Oltre ad escludere la devoluzione al FUG delle somme comunque connesse all’attività di beni aziendali (art. 48, comma 2), per essi, vi è una triplice alternativa (art. 48, comma 8).

Una prima opzione è quella dell’affitto, privilegiando le soluzioni che garantiscono i livelli occupazionali: si tratterà di affitto a titolo oneroso nel caso che il conduttore sia un’impresa o società, pubblica o privata; nessun canone, invece, è previsto per l’ipotesi - con tratti simbolici rafforzati - di affitto a cooperative di lavoratori dipendenti dell’impresa (non praticabile nel caso in cui vi siano parenti del proposto o comunque soggetti socialmente pericolosi in base all’art. 15 l. 19 marzo 1990, n. 55).

Una seconda alternativa è quella della vendita in blocco dell’azienda (così salvaguardando l’attività produttiva ed i relativi riflessi sociali), da preferire nei casi in cui sia maggiormente rispondente all’interesse pubblico o al ristoro delle vittime della mafia mediante il relativo ricavato. Se disposta al termine di un contratto di affitto, è prevista apposita prelazione per il conduttore.

Infine, nelle ipotesi in cui la prosecuzione dell’impresa appare più ardua, vi è la meno soddisfacente strada della liquidazione, con vendita dei beni aziendali anche singolarmente.

In tutti e tre i casi si segue il procedimento di licitazione privata, salve eccezionali ragioni che impongano la trattativa privata (art. 48, comma 11); il ricavato finisce al FUG, nel rispetto delle finalità di ristoro delle vittime delle organizzazioni criminali (art. 48, comma 9).