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Esempi di deroghe alla semplificazione in materia ambientale

Semplificazione amministrativa e tutela ambientale

4.4 Esempi di deroghe alla semplificazione in materia ambientale

Abbiamo evidenziato come la semplificazione amministrativa subisca delle deroghe in presenza di interessi ambientali, proprio per favorirne e garantirne a pieno la tutela. In alcuni casi tale regime derogatorio può considerarsi pienamente efficiente e utile per lo scopo, in altri invece le deroghe alla semplificazione non permettono il raggiungimento del risultato sperato. Esaminiamone qualche esempio:

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L’attività consultiva della Pubblica Amministrazione

Rilevante ai fini dell’analisi del particolare regime riservato agli interessi ambientali, è la deroga che si trova all’interno della legge sul procedimento amministrativo per quanto riguarda il regime relativo ai pareri richiesti dalla Pubblica Amministrazione e che devono essere emanati dalle autorità di tutela ambientale, paesaggistico, territoriale e della salute, rispetto ai pareri emessi dalle autorità di consulenza “ordinaria”.

L’art 16 della legge 241/90 sancisce in via generale, che l’amministrazione che ha richiesto un parere ad un organo consultivo, nel caso non riceva una risposta entro il termine stabilito di venti giorni, possa decidere di procedere anche in assenza dell’espressione del parere. Il comma 3 dello stesso articolo stabilisce però che a tale regola fa eccezione il caso di pareri richiesti in materie sensibili come ambiente, salute e paesaggio e ciò implica che il termine per l’espressione del parere risulti come ordinatorio di modo che l’atto consultivo tardivo non risulti mai inutiliter datum99.

99 V. PARISIO, Tutela dei valori ambientali, paesaggistico-territoriali e

semplificazione dell’azione amministrativa alla luce della legge 7 agsoto, 1990, n.241, in Riv. Giur. Edil., 1991

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Con riguardo all’effettiva utilità della disposizione ai fine di una reale tutela degli interessi ambientali, la dottrina non si è rivelata unanime. C’è chi ha sostenuto che i valori in gioco giustifichino un simile deroga100 e chi invece in essa ha visto

una sorta di norma di privilegio più per le amministrazioni che per gli interessi ambientali. Questi ultimi vengono sì presi in maggiore considerazione in tal modo, ma allo stesso tempo potrebbe sembrare che quasi si premi l’inerzia delle amministrazioni preposte alla loro tutela.101 Altri hanno

osservato come, in caso di pareri facoltativi si finisca quasi per dare una sorta di potere di veto sul procedimento all’amministrazione che dovrebbe presentarlo 102 . A tal

proposito ci si è chiesto se esista davvero una reale necessità di attesa del parere facoltativo, che alla fine in fase decisoria potrà essere disatteso, considerando che ciò alla fine può comportare un grave pregiudizio per le elementari esigenze di buon andamento dell’azione amministrativa.103

Le valutazioni tecniche in ambito ambientale

100 DALFINO, Per un diritto procedimentale dell’ambiente 101 A. RALLO, op.cit

102 G. ROSSI, Diritto dell’ambiente, Torino 2011

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Nell’ipotesi in cui sia necessario acquisire delle valutazioni tecniche per poter adottare un provvedimento, ai sensi dell’art 17, c.2 della l 241/90, nel caso in cui queste debbano provenire da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico territoriale o della salute, non si applicherà l’ordinario procedimento decisionale. Ciò vuol dire che non vi sarà la possibilità per il responsabile del procedimento che non ha provveduto entro i termini, o entro 90 giorni, all’acquisizione delle valutazioni tecniche necessarie, di richiederle ad altri organi della Pubblica Amministrazione o ad enti pubblici ed istituti universitari dotati di pari qualificazione tecnica.

Interrogandosi su questa (e su altre) deroga all’esigenza di semplificazione e sulla sua effettiva utilità per il rafforzamento della tutela ambientale, la dottrina ha dato perlopiù pareri negativi. Nel caso specifico delle valutazioni tecniche, è stato rilevato come l’esclusione della possibilità di ricorrere ad un soggetto di pari capacità rispetto a quello inadempiente, risulti essere difficile da giustificare, dal momento che l’attendibilità della valutazione, tutelerebbe comunque gli interessi ambientali. Inoltre, questa disposizione contempla solo la possibilità di attribuire, nei termini, la funzione ad un soggetto equipollente e non di prescindere dall’esercizio della stessa, per cui non vi sarebbe comunque nessuna alterazione nella tutela degli interessi sensibili, per

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cui con una simile deroga si perpetra solo un privilegio per le amministrazioni che devono occuparsene.

In ipotesi come questa, dunque, un siffatto sistema derogatorio va a contraddire l’impianto stesso della legge 241/90, trattandosi di disposizioni che sanciscono posizioni di “mero ostruzionismo” per le amministrazioni che si occupano di interessi ambientali e che si ritorcono sulla tutela stessa, rendendole privilegiate attraverso la non sanzionabilità mediante meccanismi sostitutivi da parte di altre autorità caratterizzate da analoghe competenze tecniche.104

La Segnalazione Certificata di Inizio Attività

A prescindere dal caso delle valutazioni tecniche, che si è dimostrato poco convincente per quanto riguarda gli obiettivi di garanzia di tutela in materia ambientale, in ambito di Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) e di silenzio assenso, le deroghe all’attività semplificatoria si sono rivelate efficaci, anche in quanto incidenti sulla fase decisoria e non istruttoria.

L’art 19 della legge 241/90, fin dalla sua formulazione originaria, prevede la sostituzione del regime autorizzatorio

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amministrativo per l’esercizio di attività economiche private, con apposite dichiarazioni sostitutive da parte dei soggetti interessati, conformemente con il principio di economicità dell’attività amministrativa, sancito dalla legge sul procedimento amministrativo.

In base alla novellata disposizione, “ogni atto di

autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, è sostituito da una segnalazione dell'interessato, con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione della giustizia, all'amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, nonchè di quelli previsti dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche e di quelli imposti dalla normativa comunitaria.”

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La norma incide dunque direttamente sulle qualificazioni soggettive, attribuendo al privato un posizione originaria, in quanto la sua legittimazione non è più fondata sullo schema “norma-potere-effetto”, ma essendo una legittimazione ex lege, lo schema sarà “norma-fatto-effetto”: il soggetto è così abilitato allo svolgimento dell’attività direttamente dalla legge, senza la necessaria intermediazione del potere autorizzatorio della Pubblica Amministrazione.

Una volta avvenuta la denuncia, il soggetto pubblico verifica che i presupposti e i requisiti di legge richiesti sussistano, e in tal caso assume solo un atto interno con cui conferma il positivo riscontro, chiudendo il procedimento. Nel caso in cui la verifica abbia esito negativo, la P.A. , dispone di cessare l’attività e rimuoverne gli effetti. Se vi è la possibilità stabilisce poi un termine entro il quale gli interessati possano conformarsi alla normativa vigente.105

Con la SCIA è possibile iniziare i lavori dalla data di presentazione della segnalazione all’amministrazione preposta, mantenendo comunque la possibilità di quest’ultima di effettuare verifiche in corso d’opera e nell’ipotesi in cui venga accertata una carenza dei requisiti, l’amministrazione può adottare provvedimenti di divieto entro 60 giorni dalla

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segnalazione. Con il decorrere di questo termine l’attività si presumerà legittima, ma tale presunzione non si applica in presenza del rischio di incorrere in danni gravi e irreparabili per l’ambiente oltre che per il patrimonio artistico e culturale, la salute, la sicurezza pubblica.106

La legge 124/2015, all’art 5, in materia di SCIA, stabilisce che

“Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per la precisa individuazione dei procedimenti oggetto di segnalazione certificata di inizio attività o di silenzio assenso”. Si prospetta dunque la necessità per il governo di

stabilire i casi specifici per i quali varrà l’applicazione della SCIA.

Sempre la legge 124 si è posta l’obiettivo di stabilire un termine entro il quale la Pubblica amministrazione possa agire in autotutela in ambito di Segnalazione Certificata di Inizio Attività: all’art 6 si stabilisce infatti che, fermi restando i 60 giorni entro i quali la P.A. può chiudere il procedimento per carenza dei requisiti necessari, essa potrà comunque agire in autotutela al massimo entro 18 mesi quando il provvedimento è illegittimo. Il limite temporale non si applica se l’autotutela

106 P.MAMMARELLA, Manovra, no alla Scia in presenza di vincoli

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consegue a fatti costituenti reati accertati con sentenze passate in giudicato

Il silenzio assenso

Una limitazione analoga all’operatività del modello semplificatorio si ha nell’istituto del silenzio-assenso. O perlomeno si aveva, dal momento che con l’intervento della legge 124/2015 e l’introduzione dell’art 17bis nella legge sul procedimento amministrativo la deroga all’applicazione del silenzio assenso in materia ambientale sembra essere venuta meno, almeno in caso il silenzio intervenga tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici.

Il silenzio assenso, al pari della SCIA è ispirato ad una logica di miglioramento dei rapporti tra cittadini e Pubblica Amministrazione, oltre che di semplificazione e liberalizzazione dell’attività dei privati. Nonostante queste affinità, gli istituti presentano vari elementi di differenziazione dal punto di vista strutturale: abbiamo detto infatti che, mentre la SCIA consente ai privati di intraprendere determinate attività economiche semplicemente sulla base di una mera denuncia, l’art 20 della legge 241/90 sul silenzio assenso, non va invece ad incidere sul regime autorizzatorio, derogandolo, come accade per l’art 19.

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Anche il campo d’applicazione è diverso in quanto, mentre la SCIA fa riferimento a materie soggette a provvedimenti autorizzatori di carattere essenzialmente vincolato, il silenzio assenso è applicabile in settori contraddistinti principalmente da autorizzazioni a contenuto discrezionale, che necessitano di una ponderazione degli interessi in questione.

L’art 20 della legge 241/90, così come modificato dalla legge n. 80/2005, prevede che: “fatta salva l’applicazione dell’art 19, il

silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all’interessato, nel termine di cui all’art 2, commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2 del presente articolo”. Con legge 80/2005

il silenzio assenso, da eccezione al principio della conclusione del procedimento con provvedimento espresso, è divenuto regola di applicazione generale e le eventuali eccezioni hanno assunto la caratteristica della tassatività.

L’art 20 esclude l’applicabilità del silenzio assenso, oltre che nei casi espressamente stabiliti da potenziali decreti del Presidente dei Ministri, anche nei casi in cui ci si trovi in presenza di atti e procedimenti finalizzati alla tutela del patrimonio culturale e paesaggistico dell’ambiente, o relativi alla pubblica sicurezza e all’immigrazione, ai casi per i quali la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti

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formali e laddove la legge qualifichi il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza.

Rispetto all’art 19 sulla SCIA, la gamma delle eccezioni è più limitata, non essendo menzionate l’amministrazione della giustizia, quella delle finanze, né tantomeno la tutela della salute e della pubblica incolumità.

Proprio come l’art 19, invece, l’art 20 esclude la possibilità, come si è detto pocanzi, che si possa sostituire il silenzio assenso al rilascio dei provvedimenti delle amministrazioni preposte alla tutela di interessi pubblici particolarmente rilevanti per l’ordinamento, come per l’appunto l’ambiente.107

La presunzione di una valutazione positiva in presenza di attività collegate ad interessi ambientali, determinerebbe, infatti, dei rischi eccessivi e tali forme semplificatorie sono già state ritenute inidonee per la specificità della tutela degli interessi ambientali, sia a livello di giurisprudenza comunitaria che costituzionale.

La Consulta, già in una sentenza del 1988, la n.302, ha affermato l’illegittima costituzionale di quelle disposizioni di legge che, richiedendo dei pareri come condizione necessaria al rilascio della concessione o autorizzazione in sanatoria per le costruzioni in aree soggette a vincolo paesaggistico ambientale

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“tendono a trasformare da silenzio rifiuto, in silenzio assenso la mancata prestazione del parere stesso” 108 . Questo

orientamento è stato ribadito anche successivamente, sempre in sede di Corte Costituzionale, in materia di rifiuti tossici e nocivi, laddove si è esclusa la possibilità di ricorrere al silenzio assenso o ad autorizzazioni tacite e generiche, per poter garantire l’eliminazione di ogni pericolo di degrado ambientale e per la salute, al fine così di predisporre “garanzie idonee e sufficientemente certe e sicure”.109

Parimenti nel 93, sempre la Corte Costituzionale, ha affermato l’impossibilità di ricorrere ad un’autorizzazione tacita, in luogo di quella espressa, per lo stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici, proprio perché in simili materie devono essere imprescindibili per l’autorizzazione, accurate indagini ed accertamenti tecnici, al fine di evitare danni derivanti dalla natura tossica e nociva dei rifiuti accumulati.110

Ancora, con la sentenza 404/1997 in ambito di strumenti attuativi urbanistici a livello regionale, la Consulta ha ribadito come “nella materia ambientale vige un principio

fondamentale, ricavabile da una serie di disposizioni, da

108 Corte Cost.10 marzo 1988, n.302, in www.cortecostituzionale.it 109 Corte Cost. 13 novembre 1992, n. 437, in www.cortecostituzionale.com 110 Corte Cost. 27 aprile 1993, n.194, in www.cortecostituzionale.com

101

interpretarsi unitariamente nel sistema, secondo cui il silenzio della amministrazione preposta al vincolo ambientale non può avere valore di assenso”.111

La giurisprudenza comunitaria si è posta sulla stessa linea avendo condannato lo Stato italiano come inadempiente per un caso di silenzio assenso in materia ambientale, con riferimento alla direttiva 80/68/CEE sulla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento di sostanze pericolose. La decisione in questione, ribadendo “che il rifiuto, la concessione, o la revoca delle autorizzazioni devono risultare da un provvedimento esplicito e seguire regole procedurali precise”112 e che un’autorizzazione tacita non può considerarsi

rispettosa della direttiva, ha rilevato come la normativa nazionale fosse poco chiara e precisa sul punto.

Nonostante sembri essere stata appurata l’impossibilità di applicare l’istituto del silenzio assenso in presenza di materie sensibili come l’ambiente, la legge 124, recentemente approvata, nell’agosto 2015, ha inserito nella legge sul procedimento amministrativo una disposizione che risulta essere palesemente in contrasto con quanto detto finora.

111 Corte Cost. 10 Dicembre 1997, n. 404

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Tale legge ha infatti introdotto un nuovo articolo, il 17bis, il quale stabilisce, con riferimento ai procedimenti tra Pubbliche Amministrazioni, che nell’ipotesi in cui sia necessaria “l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque

denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici”, non venga rispettato il termine di 30 giorni,

si applicherà l’istituto del silenzio assenso. Ciò varrà anche nei

“casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche. In tali casi, ove disposizioni di legge o i provvedimenti non prevedano un termine diverso, il termine entro il quale le amministrazioni competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta è di novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell'amministrazione procedente. Decorsi i suddetti termini senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito."

Dunque, con quest’ultimo intervento legislativo, si estende anche in materia ambientale l’istituto del silenzio assenso, nonostante sembrasse ormai considerato assodato da giurisprudenza e dottrina, il principio di inapplicabilità dello stesso in tale ambito. In base all’art 5 comma 1 della legge n.

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124 , sarà il Governo, entro dodici mesi, con appositi decreti a stabilire per quali procedimenti sarà necessario applicare le regole sul silenzio assenso e quali invece no.

La nuova normativa solleva sicuramente molti dubbi per ciò che attiene la tutela degli interessi ambientali, in quanto il rischio che si corre è quello di prediligere la celerità del procedimento o altri interessi, trascurando e mettendo in secondo piano interessi pubblici dotati di notevole rilevanza e fondamentali per la società, quali per l’appunto l’ambiente, la salute, i beni culturali e paesaggistici. E’ stato rilevato da più parti e in più occasioni come per queste materie sia fondamentale un’accurata istruttoria che garantisca la giusta ponderazione degli interessi in gioco e la loro tutela.

Anche il presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali e Paesaggistici, in una lettera di qualche mese addietro, indirizzata al Ministro dei Beni e delle attività Culturali e del Turismo, e portata a conoscenza anche del Presidente del Consiglio dei Ministri e ad altri Ministeri, avente ad oggetto il disegno di legge cd. Madia, ha manifestato tutta la sua preoccupazione per questa estensione del silenzio assenso anche alle materie c.d. sensibili, evidenziando come, nonostante l’impegno posto alla riorganizzazione, la causa dell’incapacità di fornire pareri in tempi brevi possa derivare

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dalla carenza di personale, dalla scarsità di mezzi e da sistemi informativi obsoleti.113

La riorganizzazione e il potenziamento della Pubblica Amministrazione potrebbero dunque essere soluzioni più adatte, in vista del rispetto degli interessi pubblici da tutelare in via prioritaria e ciò anche se per raggiungere tale fine si debba ricorrere ad istruttorie più complesse e che richiedono inevitabilmente tempistiche meno celeri.

113 R. CHITARRONI, Regioni e Ambiente, Rivista on line

105 CAPITOLO V

La tutela degli interessi ambientali nella