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La partecipazione dei privati alla Conferenza di serviz

Profili interpretativi dell’istituto: natura giuridica, funzione e partecipazione dei privat

2.4 La partecipazione dei privati alla Conferenza di serviz

Altro aspetto della conferenza di servizi su cui emergono posizioni discordanti sia in ambito dottrinale che in ambito giurisprudenziale, riguarda la possibilità per i soggetti privati di partecipare ai lavori della conferenza.

Secondo una parte della dottrina la partecipazione dei privati sarebbe del tutto estranea alle finalità dell’istituto conferenziale. In particolare, la tesi che esclude tale possibilità (Scoca), sembra basarsi sulla considerazione che la conferenza, data la sua intrinseca funzione decisoria, sia aperta solo a soggetti rappresentanti interessi pubblici, che di regola vengono individuati prima e fuori dalla conferenza stessa. Secondo altri, in linea di principio, valutando le situazioni caso per caso, il privato portatore di interesse pubblico può partecipare alla conferenza istruttoria, in virtù del fatto che non sembra essere necessaria la rappresentazione dell’interesse da parte di un soggetto formalmente pubblico.

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Un esempio sono le associazioni di protezione ambientale, riconosciute dall’art. 18 della l. n. 349/1986, che pur non essendo enti pubblici, sono portatrici di un interesse pubblico, in base a riconoscimento legislativo.48

Tuttavia, per lungo tempo, il fatto che un’associazione perseguisse come fine statuario l’interesse diffuso di tutela dell’ambiente, non è stato considerato dalla giurisprudenza una motivazione valida a radicare nell’associazione posizioni di interesse legittimo49.

La situazione però muta con l’entrata in vigore della l. 241/90, il cui art 9 apre la strada alla partecipazione delle associazioni ambientaliste al procedimento amministrativo, andando ad attribuire tale possibilità anche ai portatori di interessi diffusi, costituiti in comitati o associazioni, e ai quali possa derivare un pregiudizio dal provvedimento.50

Già da tempo la dottrina ha poi rilevato che nulla esclude che anche i soggetti privati possano essere portatori di interessi pubblici e che l’accesso delle associazioni ambientaliste e dei privati in genere alla conferenza di servizi, possa essere

48 M. SANTINI, La conferenza di servizi, 2008

49 A. MAESTRONI, Associazioni ambientaliste e interessi diffusi, n

NESPOR – DE CESARIS (a cura di) Codice dell’ambiente, 2009

50 G. ARIOLLI, La partecipazione delle associazioni ambientaliste al

procedimento amministrativo. Articolo su rivista, in Dir. E giur. Agr. Al. e amb., 1993

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considerata espressione di quella generale trasformazione della concezione stessa dell’interesse pubblico, caratterizzata dal superamento graduale della contrapposizione con l’interesse privato. Oltretutto, proprio nel settore ambientale esistono numerose leggi che prevedono in maniera esplicita la partecipazione del privato alla conferenza di servizi, per poter fornire alle amministrazioni un quadro informativo esaustivo.51

Tuttavia, la l. 69/2009, pur ammettendo la presenza di privati ai lavori della Conferenza, ha ammesso la legittimazione partecipativa solo per determinate categorie di soggetti, escludendone altri, sebbene comunque portatori di interessi diffusi o collettivi, relativi all’opera su cui verte la conferenza. E’ stato osservato a tal proposito in dottrina che “le modifiche

apportate nel 2009 alla disciplina della conferenza di servizi, limitano la partecipazione a talune categorie di soggetti privati, così impedendo, a motivo della parzialità dell’ammissione, di superare la tesi che legittima, di norma, il solo intervento dei portatori di interessi pubblici ed, anzi,

51 G. CUGURRA, La conferenza di servizi: profili generali e aspetti

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suggerendo l’idea di una volontà legislativa di esclusione di quanti non espressamente indicati”52.

La questione sembra essere più problematica se riferita alla conferenza di servizi di tipo decisorio. Una simile apertura, già comunque riconosciuta a livello normativo in materia di Sportello Unico per le attività produttive, andrebbe di certo a collocarsi nella prospettiva di “democratizzazione” della Pubblica Amministrazione.53

Il giudice amministrativo si è espresso a favore di questa possibilità, sebbene ancora in alcune isolate decisioni, come quella del TAR Veneto n.3587 del 2006. Il Tribunale ha qui ritenuto che la partecipazione di un soggetto imprenditoriale, lamentata dalla parte ricorrente, fosse invece del tutto legittima per la sola e quanto mai significativa circostanza di essere titolare di un progetto corredato della dichiarazione di pubblica utilità, che lo collocava in una posizione differenziata rispetto agli altri consociati.

Esistono poi, a riguardo, una serie di argomenti che fanno protendere per la partecipazione dei privati, senza diritto di voto, certo, nell’ambito delle conferenze decisorie: ad esempio, la partecipazione viene considerata in linea con il principio di

52 S. TATTI, Il privato nella disciplina in tema di conferenza di servizi, in

Riv. Amm, 2011

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semplificazione e di contestualità, dal momento che in questo modo l’amministrazione non sarebbe costretta ad acquisire “fuori conferenza”, le posizioni dei privati direttamente coinvolti e in più, in tal modo, vi sarebbe un’omogeneità di “linguaggio” che è condizione indispensabile per un confronto efficace tra le parti.54

A ciò si aggiunga come, mediante la conferenza, trovi massima effettività il dialogo e la partecipazione tra soggetti pubblici e privati, grazie all’audizione dell’interessato, con la quale il privato è messo in condizione di “interagire” col potere pubblico in modo pieno, attraverso la discussione orale del problema amministrativo.55

E’ possibile, poi, argomentando a contrario, fare riferimento a casi come quello della normativa sullo Sportello Unico sulle attività produttive, per il quale il legislatore ha dovuto esprimersi a livello normativo sulla partecipazione dei privati nella conferenza che, in quanto materia di pianificazione, era necessario renderla esplicitamente possibile. Da qui la conseguenza che non vertendo su atti di pianificazione, per la conferenza ordinaria non sarebbe stata necessaria tale

54 P. BERTINI, La conferenza di servizi

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previsione espressa, desumendosi essa implicitamente da una lettura sistematica e coordinata della legge sul procedimento. In generale, la giurisprudenza sembra essere ancora riluttante nei confronti di un’apertura simile. Ciò si evince da alcune decisioni del Consiglio di Stato, come la n. 8080 del 2003, che indirettamente nega la possibilità per i privati di partecipare alla conferenza di servizi, o la n.3684 del 2003, laddove sostiene l’inesistenza, a carico dell’amministrazione procedente, di un obbligo di invito per il privato interessato. Tuttavia, non sembra che la posizione della giurisprudenza sia di totale chiusura nei confronti della tematica relativa alla partecipazione dei privati alla conferenza, in quanto dalle decisioni dei giudici amministrativi emerge, in realtà, solo l’inesistenza di un obbligo generalizzato della Pubblica Amministrazione, di convocare il privato di sua iniziativa. Ciò non esclude che esista dunque un dovere della P.A. a consentire la presenza del privato in conferenza di servizi, nel caso in cui sia il privato stesso a chiedere formalmente di potervi presenziare, nel rispetto dei principi delle garanzie procedimentali.

Inoltre, anche il dato normativo presente delle aperture in tal senso, laddove, per esempio, all’art 14 ter, comma 2bis della l.241/90 stabilisce che “i soggetti proponenti il progetto dedotto in conferenza” partecipano alla stessa, senza diritto di voto. Altro esempio è dato dal disposto combinato dell’art 14, c. 5

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della legge sul procedimento amministrativo e dell’art 143, c.1, del Codice dei contratti, dove si stabilisce che il concessionario di opere pubbliche può partecipare alla conferenza si servizi che abbia come oggetto l’approvazione dei progetti di sua competenza, senza diritto di voto.

In generale, la tendenza che si denota è quella di un’importanza crescente attribuita soprattutto al concessionario di lavori pubblici e di servizi, che svolge un ruolo fondamentale in ambito di economia dell’appalto.

Consentendo ai privati di partecipare alla conferenza di servizi, si pone però anche il problema relativo agli obblighi di comunicazione che l’amministrazione è tenuta a rispettare. A tal riguardo è intervenuta una nota pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 1999, che impone all’amministrazione procedente di adempiere agli obblighi di comunicazione nei confronti di quei proprietari di aree coinvolte in procedimenti di espropriazione.

Nell’ipotesi in cui però si riscontrino numerosi soggetti interessati, la situazione si complica, in quanto dovrebbe eventualmente essere applicato l’istituto delle cosiddette “comunicazioni di massa”, che ritroviamo espressamente all’art 8, c. 3, della legge generale sul procedimento amministrativo, in base al quale: “qualora per il numero dei

destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l’amministrazione provvede a

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rendere noti gli elementi di cui al comma 2 mediante forme di pubblicità idonee, di volta in volta stabilite dall’amministrazione medesima”.

L’utilizzo di tali forme di pubblicità, con riferimento ai procedimenti relativi alla conferenza di servizi, è stato contestato più volte. Tuttavia il Consiglio di Stato, con un’importante pronuncia, la n. 8219 del 2002 della sesta sezione, ha ritenuto idonea e legittima la suddetta forma di comunicazione. I dubbi applicativi però restano, a causa dell’indeterminatezza e genericità del quadro normativo di riferimento e che in base ai parametri dettati dal Consiglio di Stato dovrebbe portare l’amministrazione a valutare caso per caso, avendo come punti di riferimento tre aspetti: la presenza di una pluralità di destinatari dell’intervento, l’utilizzo della forma di pubblicità più adatta e due principi fondamentali e, a volte, di difficile coordinamento, quali l’economicità e la trasparenza dell’azione amministrativa.56

55 CAPITOLO III