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La Conferenza di Servizi come modulo procedimentale

Profili interpretativi dell’istituto: natura giuridica, funzione e partecipazione dei privat

2.2 La Conferenza di Servizi come modulo procedimentale

Sebbene anche in tempi recenti non siano mancate posizioni fedeli alla tesi organicistica, è stata ritenuta più persuasiva, dalla dottrina più recente, confortata anche dalla giurisprudenza costituzionale, l’idea di dare alla conferenza di servizi il rilievo di “metodo procedimentale”34.

Con la conferenza di servizi, si introduce, infatti, un modo di amministrare innovativo rispetto all’atteggiarsi tradizionale dell’agire amministrativo. Il suo obiettivo primario è da ravvisare “nel coordinamento dei poteri, nel momento del loro

concreto esercizio, strumentale alla composizione dei vari interessi pubblici, ottenuta attraverso la loro valutazione complessiva e contestuale”35, più che nell’accelerazione o

snellimento del procedimento36. Soluzione, questa, originale

33 F.G.SCOCA, Analisi giuridica, cit., p.258 34 C. Cost. , n.79, 1996, cit.

35 F.G. SCOCA, op.cit. , cit. , p.262

36 S. CASSESE, L’arena pubblica, Rivista trimestrale di diritto pubblico,

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poiché consente una ricucitura, a livello procedimentale, del frazionamento delle competenze e della distribuzione degli interessi pubblici.

Inoltre, la tesi del modulo procedimentale poggia anche sulla base di una puntuale confutazione delle argomentazioni fondanti le altre ricostruzioni teoriche.

Tra le motivazioni addotte, si sottolinea anzitutto come lo stesso legislatore già dai primi anni Novanta e in particolare con l’art. 1 della l. n. 537/1993, in tema di interventi correttivi di finanza pubblica, abbia identificato la conferenza di servizi come un istituto alternativo e sostitutivo di una lunga serie di collegi soppressi o da sopprimere. Così “nel decretare il

superamento della stagione della collegialità (in funzione di coordinamento), in sostanza, il legislatore mostrava contestualmente di voler sancire l’inadeguatezza del modulo organizzativo del collegio a rassodare intorno a sé un istituto innovativo quale la conferenza di servizi”.37

A questo si aggiunge il fatto che l’istituto non può essere ritenuto né un organo temporaneo, in quanto le funzioni da esso esercitate sono prive del carattere della temporaneità, né un organo permanente, mancando il requisito della stabilità.38

37 D’ORSOGNA – DEGNI , in PAOLANTONIO – POLICE – ZITO (a cura

di), La Pubblica Amministrazione e la sua azione. Torino, 2005

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Anche la riconduzione della conferenza di servizi alla figura di organo straordinario viene esclusa, per il carattere “fisiologico” e non “patologico” della scelta della sua convocazione, che appunto non è volta a rimediare a situazioni di disfunzionalità delle amministrazioni partecipanti.39

La tesi organicistica vede poi crollare la base normativa su cui si fondava, essendo stato rimodellato, con la l. n. 15/2005, in senso qualitativo - sostanziale il criterio deliberativo maggioritario. In tal modo si è evidenziato il fraintendimento che era venuto a crearsi a seguito dell’acquisita accezione quantitativo – numerica del criterio stesso, che era stata ritenuta non come requisito per l’attivazione del meccanismo di superamento del consenso, ma come rigido criterio per stabilire il quorum volto all’approvazione delle determinazioni finali.40

A favore della tesi della conferenza di servizi come modulo procedimentale, si è anche espresso il Consiglio di Stato, ribadendone tale natura e sottolineando come la conferenza non costituisca un ufficio speciale della Pubblica Amministrazione autonomo rispetto ai partecipanti; per

39 R. MUSONE , op.cit.

40 D. D’ORSOGNA, La conferenza di servizi: il funzionamento, in SCOCA,

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questo motivo, la notifica del ricorso contro l’atto finale della conferenza, deve essere portata a conoscenza delle amministrazioni partecipanti e non anche alla conferenza stessa, considerata un organo inesistente.41

Nel 2003, sempre il Consiglio di Stato ha evidenziato come la conferenza di servizi, per la sua particolare natura, consenta ai soggetti interessati a vario titolo al provvedimento finale, di rendere noto il proprio punto di vista, in base allo schema della partecipazione funzionale e ogni apporto qui, mantiene la propria autonomia. Nella decisione si sottolinea, poi, come la conferenza di servizi possa essere inquadrata come “strumento

procedimentale di emersione e comparazione di interessi pubblici, destinata a sintetizzarsi nel provvedimento finale e non un vero e proprio organo collegiale, ove le singole manifestazioni di volontà si fondono in una”.42

Anche il Tar Toscana, nel 2004, ha avuto modo di precisare che la conferenza di servizi non ha una soggettività giuridica autonoma, ma è uno strumento procedimentale di coordinamento di amministrazioni che comunque mantengono la propria autonomia soggettiva.43

41 C.d.S. , sez. IV, 9 luglio 1999, n.1193 42 C.d.S , sez V, 25 gennaio 2003, n.349 43 Tar Toscana, decisione n.1162, 2004

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Sebbene, dunque, la tesi che esclude il carattere di organo sia la più convincente, si ritiene comunque che il funzionamento della Conferenza di servizi vada regolato utilizzando analogicamente le norme disciplinanti gli organi collegiali, fatta salva la presenza di norme ad hoc.

Coerentemente con ciò, la convocazione della conferenza deve avvenire con un congruo anticipo, valutando il numero delle Pubbliche Amministrazioni partecipanti e la complessità del procedimento; I singoli rappresentanti delle varie PP.AA. devono ottenere l’autorizzazione ad esprimere la volontà dell’ente e l’oggetto dell’ordine del giorno deve essere chiaro, senza possibilità di mutarlo, se non con l’assenso di tutte le amministrazioni convocate; nel verbale, inoltre, devono palesarsi le ragioni che hanno portato all’indizione della conferenza e le motivazioni che hanno legittimato i singoli rappresentanti.

2.3 La funzione dell’istituto

In quanto modulo procedimentale volto all’adozione di un provvedimento amministrativo e alla valutazione contestuale di interessi pubblici differenti, la conferenza di servizi non può non essere considerata come un istituto avente una principale funzione di coordinamento. Ciò è riscontrabile tanto in sede di conferenza decisoria, laddove le determinazioni concordate

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possono sostituire intese e concerti, atti, questi, ritenuti tradizionalmente di coordinamento, quanto in sede di conferenza istruttoria, laddove ritroviamo una ricognizione informale di distinti interessi pubblici.

Il grande rilievo concreto del coordinamento dei diversi poteri, all’interno della conferenza di servizi, può cogliersi solo rendendosi conto del grande cambiamento che si produce sulla modalità d’agire dell’amministrazione con il passare ad una valutazione contestuale dei vari aspetti di interesse pubblico. Tale concetto è stato efficacemente sintetizzato dalla dottrina:

“la differenza non sta affatto nella sede della valutazione o nelle sue forme esteriori; risiede invece nel criterio delle valutazioni, le quali, se compiute separatamente, si orientano necessariamente verso l’assolutizzazione del singolo profilo di interesse pubblico; mentre, se compiute contestualmente, divengono valutazioni necessariamente comparative, di ponderazione equilibrata dei vari profili di interesse pubblico, l’uno con gli altri e l’uno contro gli altri considerato”.44

La conferenza appare, poi, come un modello giuridico capace di operare una sorta di congiunzione tra questa forma di coordinamento e le garanzie del procedimento. In tale istituto sembrano convergere sia i profili dell’acquisizione di tutti i

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fatti e degli interessi coinvolti, sia quelli relativi all’economicità, per il risparmio di tempo, di durata dell’impiego di mezzi e risorse, nella trattazione dei singoli affari. L’istituto gravita anche intorno al principio dell’efficacia, laddove esso si presuppone come istituto dotato della capacità di amplificare la possibilità di conseguire, attraverso una discussione informale, il perfezionamento di procedimenti anche molto complessi.

La conferenza sembra andare a toccare così, direttamente, le coordinate che ci vengono fornite dall’art 97 Cost.: l’efficienza, l’efficacia e l’economicità dell’azione, oltre che l’imparzialità, intesa come modalità con la quale la decisione viene assunta.45

In un simile quadro il risultato dovrebbe essere una decisione, il cui contenuto, sebbene formato in tempi celeri, tenda ad aumentare la capacità di soddisfazione di tutti gli interessi, anche quelli ritenuti secondari, attraverso la discussione diretta tra i rispettivi rappresentanti.

Si può arrivare allora a trovare la vera essenza dell’istituto, non tanto nell’accelerazione o nella semplificazione dei procedimenti, spesso interpretata riduttivamente come risolventesi nella compressione delle esigenze di valutazione

degli interessi in gioco, bensì nel fatto che ricompattare le

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competenze nell’esercizio dei vari poteri amministrativi, favorisce la valutazione contestuale di quegli interessi, siano essi pubblici o privati, interferenti nella concreta fattispecie.46

In base alla teoria della c.d. discrezionalità amministrativa, è stato evidenziato che l’apprezzamento discrezionale da parte della P.A. consiste “in una comparazione, qualitativa e

quantitativa degli interessi pubblici e privati che concorrono in una situazione sociale oggettiva, in modo che ciascuno di essi venga soddisfatto secondo il valore che l’autorità ritiene abbia nella fattispecie” 47 e dal momento che nessun interesse

pubblico esiste isolatamente, è necessario che si tenga conto anche degli altri interessi concorrenti e definiti secondari. La ragione di tale distinzione tra interessi primari e secondari, viene però meno nel momento in cui alla scelta discrezionale partecipano tutti i soggetti che hanno in cura detti interessi. E’ qui che si coglie la vera innovazione apportata dalla conferenza di servizi al tradizionale modo di operare della Pubblica Amministrazione. La conferenza, infatti, rompe la

“solitudine” dell’autorità tenuta a decidere nella dinamica

procedimentale, favorendo una valutazione unica, contestuale e globale di tutti quegli aspetti che possono essere di interesse

46 D. D’ORSOGNA, op.cit.

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pubblico. Ciò porta non più ad assolutizzare il singolo profilo di interesse pubblico di cui ciascuna autorità è portatrice, ma ad una ponderazione equilibrata e realmente comparativa dei vari profili interessati.

2.4 La partecipazione dei privati alla Conferenza di