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Le prime riflessioni dottrinali sulla natura giuridica della Conferenza di serviz

Profili interpretativi dell’istituto: natura giuridica, funzione e partecipazione dei privat

2.1 Le prime riflessioni dottrinali sulla natura giuridica della Conferenza di serviz

Dopo aver delineato le tappe fondamentali relative all’introduzione e all’evoluzione della conferenza di servizi nel nostro ordinamento, possiamo ora soffermarci sul dibattito dottrinale circa la sua natura giuridica.

Certamente la questione della dibattuta natura della conferenza, risente della genericità dell’espressione “conferenza di servizi”, utilizzata dalla legge, in quanto “il

termine conferenza richiama semplicemente l’idea di riunione allo scopo di sviluppare una discussione su temi che gli intervenuti stimano di comune interesse”, invece, “il termine servizi si riferisce genericamente a strutture organizzative di diversa dimensione e diverso livello, dai semplici uffici, articolazioni interne di amministrazioni, ad amministrazioni prese nella loro complessità”. Tale indeterminatezza potrebbe

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legislatore di non pregiudicare l’indagine sulla natura giuridica dell’istituto. 22

Sin dalla fine degli anni Cinquanta, in dottrina, erano emerse opposte concezioni a riguardo, taluni accostando l’istituto ai consorzi amministrativi e ai comitati interministeriali e altri inquadrandolo come strumento di collaborazione non organica.23

Con il tempo sono venute a configurarsi almeno tre principali ricostruzioni teoriche per l’inquadramento della conferenza di servizi:24

 Conferenza come strumento tipizzato per la conclusione di un accordo fra amministrazioni;

 Conferenza come organo autonomo;  Conferenza come modulo procedimentale.

La prima tesi, sostenuta negli anni Novanta da una buona parte della dottrina, fa leva sulla formulazione dell’art 15, c 1, della l 241/90, nella sua versione originaria, laddove, con riferimento alla conclusione di accordi fra amministrazioni, si stabilisce che questi possono essere sempre conclusi in vista

22 F.G. SCOCA, Analisi giuridica della conferenza di servizi, in Dir. Amm.

, 1999

23 F. BENVENUTI, C. STOPPANI in AA.VV, Coordinamento e

collaborazione nella vita degli enti locali, Milano ,1961

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dello svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune. Guardando in quest’ottica alla determinazione finale della conferenza, questa viene ad identificarsi in una figura particolare di accordo organizzatorio, analoga a quella prevista dall’art 15, con cui è quindi in rapporto di specie a genere25.

La ricostruzione teorica c.d. “organicistica”, invece, aveva ricevuto consensi per lo più in passato, nei primi anni Novanta per poi essere ripresa successivamente, dopo le modifiche apportate alla conferenza di servizi dalla l. 340/2000.

In particolare, con il riconoscimento del meccanismo maggioritario di adozione della determinazione finale, sembrava si potesse assimilare la conferenza ad un vero e proprio organo collegiale, sebbene imperfetto.

Aderendo alla tesi che conferisce alla conferenza natura di organo amministrativo collegiale, i provvedimenti adottati dalla conferenza sono da ritenersi esclusivamente imputabili a quest'ultima, legittimata, così, passivamente, in maniera autonoma in sede processuale. Il ricorrente, in questo caso, dovrà chiamare in giudizio la conferenza di servizi stessa, e non l'amministrazione procedente o le amministrazioni decidenti. Ciò finirebbe col privare i membri della conferenza della possibilità di vedere riconosciuti, in ambito processuale,

25 E. STICCHI DAMIANI, La conferenza di servizi, in Aa. Vv., Scritti in

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i motivi di dissenso espressi in quella sede, strettamente collegati alla soggettività amministrativa dei soggetti che siedono in conferenza, rappresentando altrettante autonome amministrazioni e/o uffici.26

A sostegno di tale ricostruzione è stata di recente apposta l’obbligatorietà della convocazione, che, come ha avuto modo di evidenziare Soricelli “costituisce un connotato inconfondibile

della sua collegialità come predeterminazione legale della composizione di interessi”. Tale posizione è da considerare non

univoca, dal momento che la dottrina si mostra incerta se ritenere la conferenza di servizi un organo perfetto o imperfetto ed in altri casi propende apertamente per quest’ultima ipotesi, quale organo anomalo, non istituzionale, disciplinato da regole che risultano incompatibili con quelle proprie degli organi collegiali.27

E’ poi possibile riscontrare nel dettato stesso della legge una critica alla tesi organicistica, laddove il riconoscimento positivo della facoltà dell’amministrazione dissenziente di poter agire giudizialmente per veder riconosciuto il proprio dissenso, elimina radicalmente la riconducibilità della

26 Tar Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 30 dicembre 2009, n. 1359 27 G. CORSO – F. TERESI, Procedimento amministrativo e accesso ai

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conferenza di servizi nel novero degli organi collegiali, dove una simile facoltà è da escludere.

Anche la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha avvallato l’inaccoglibilità della tesi organicistica con alcune importanti decisioni, attraverso le quali si è pronunciata a favore della qualificazione della conferenza di servizi quale istituto generale dell’attività amministrativa, legittimo a livello costituzionale, in quanto rispettoso del riparto di competenze tra Stato e autonomie locali.

La Corte, in particolare, nel caso del presunto contrasto tra la c.d. legge su Roma Capitale e l’art 12828 nel 1993, ha ritenuto

che la conferenza di servizi, non alterando l’ordine legale delle competenze, non può considerarsi invasiva della competenza degli enti locali. Mentre, nel caso di incostituzionalità della legge regionale della Lombardia n.42 del 198929, la Consulta

ha ritenuto i gruppi di valutazione previsti dalla legge, come inadatti ad offrire le garanzie che invece venivano assicurate dalla conferenza di servizi a tutte le amministrazioni partecipanti, in quanto mezzo generale dell’autorità amministrativa.30

28 C.Cost , 8 febbraio 1993, n.62, in Foro amm. , 1993 29 C.Cost, 10 marzo 1996, n.79, in Giur. Cost. , 1996 30 D. D’ORSOGNA, op.cit.

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Come ha osservato Comporti, “ogni considerazione sul profilo

funzionale dell’istituto (…) appare a questo punto superflua, in quanto discendente dai rilievi svolti in ordine al profilo strutturale” e in tal senso inquadra la conferenza di servizi

come “strumento di raccordo, di reciproco coordinamento e di

comune valutazione, anche rimanendo intoccate le competenze proprie di ciascun ente”.31

I principi affermati dalla Corte Costituzionale sono rivolti sicuramente a valorizzare e tutelare lo svolgimento delle funzioni pubbliche in un quadro di pluralismo autonomistico. Questi principi non vengono contraddetti dalla qualificazione della conferenza di servizi come “organo misto” 32 : tale

qualificazione, non assunta dalla Consulta in senso tecnico, non implica, infatti, lo spostamento delle competenze delle amministrazioni partecipanti, ad un organo comune. La stessa giurisprudenza costituzionale ha, infatti, escluso che tale spostamento si verifichi, in quanto il favore mostrato dalla Corte Costituzionale nei confronti della conferenza di servizi, riposa proprio nel “contemperamento fra le necessità della

concentrazione delle funzioni in un’istanza unitaria e le

31 G. COMPORTI, Conferenze, cit. p. 227

32 C. Cost, 31 gennaio 1991, n.37, in Le Regioni, 1992;

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esigenze connesse alla distribuzione delle competenze fra gli enti che vi partecipano”.33

2.2 La Conferenza di Servizi come modulo